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Torino: detenuta 31enne di origine slava si suicida in cella
Il Manifesto, 14 maggio 2005
Una detenuta di 31 anni di origine slava si è suicidata nel carcere torinese delle Vallette. È avvenuto martedì scorso ma si è saputo soltanto ieri. La donna si è impiccata nella sua cella con un lembo di lenzuolo. La detenuta, che in passato aveva ingoiato delle pile e aveva fatto altri gesti analoghi, lunedì scorso avrebbe litigato con la sua compagna di cella. Per questo motivo era stata trasferita in un’altra cella. Dove il giorno dopo si è uccisa. Antigone: l’affollamento in cella è ai limiti dell’ingestibile
Ansa, 14 maggio 2005
Un mix rischiosissimo di tagli alla sanità penitenziaria e di affollamento in cella "ai limiti dell’ingestibile". È questa una prima fotografia scattata da Antigone, l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale che ha avviato una mobilitazione straordinaria per monitorare le condizioni di vita nelle carceri italiane.Ventisette gli istituti penitenziari visitati, ai quali se ne aggiungeranno altri nei prossimi giorni. A Civitavecchia - segnala Antigone - ci sono 200 persone in più rispetto ai 340 posti letto regolamentari; a Viterbo i detenuti sono oltre 650 contro i 423 della capienza regolamentare; alle Sughere di Livorno si sfiora quota 400 contro i 237 regolamentari; a Milano-San Vittore le persone in più sono 300 rispetto ai 1.015 posti letto; a Ivrea 100 detenuti in più rispetto ai 200 regolamentari; a Bari sono presenti 450 detenuti mentre i posti letto sono 269; a Sulmona (nonostante il recente sfollamento che ha fatto seguito all’ennesimo suicidio in cella) vi sono ancora 100 detenuti in più contro i 270 posti disponibili. E ancora: in molti istituti le ore di chiusura in cella superano le 18 al giorno; l’assistenza psicologica e quella psichiatrica - denuncia Antigone - sono ridotte a poche ore mensili a causa della mancanza di fondi. Senza contare che il regolamento di esecuzione approvato nel 2000 prevedeva che le carceri dovessero adeguarsi ad alcune modifiche strutturali entro il 2005 (luce naturale e doccia in cella, bidet per le donne, una cucina ogni 200 detenuti, area verde per i colloqui): in molti degli istituti visitati non vi è stato adeguamento. Immigrazione: Miraglia (Arci); attacco ai diritti dei migranti
Redattore Sociale, 14 maggio 2005
"Il ministro Pisanu ha scelto la cerimonia in occasione del 153° anniversario della Polizia per lanciare l’ennesimo vergognoso attacco ai diritti dei migranti. Condendolo di falsità. L’ultima trovata è che quell’oasi del diritto rappresentata dai Cpt troverebbe ostacoli ad espandersi a causa delle pressioni di gruppi violenti, che li contrasterebbero per "motivi ideologici". È la dichiarazione di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci. "Noi siamo tra coloro che chiedono la chiusura dei Centri di permanenza temporanea, li consideriamo un orrore giuridico, luoghi in cui vige una sospensione del diritto. Portiamo avanti questa battaglia con metodi assolutamente pacifici e in buona compagnia, visto che sono decine le prese di posizione di illustri giuristi che la pensano come noi, oltre che la gran parte dell’opinione pubblica. Non solo. Ricordiamo allo smemorato ministro che appena qualche giorno fa la Corte Europea, chiedendo all’Italia di bloccare le deportazioni in Libia, ha sottolineato come ai detenuti nei Cpt non venga garantito il diritto alla difesa". Secondo Miraglia è una falsità raccontare agli italiani che la Bossi-Fini è strumento efficace per contrastare la clandestinità. "Oltre a ribadire ancora una volta che sono proprio le scelte proibizioniste a favorire gli ingressi illegali e i trafficanti di vite umane, vorremmo ricordare a Pisanu che le 400.000 domande di lavoratori stranieri con chiamata nominativa diretta stanno lì a dimostrare che oggi in Italia c’è una presenza di almeno 500.000 irregolari, visto che queste chiamate incrociano un’offerta presente sul territorio ha concluso - Insomma, un fallimento su tutta la linea, di cui solo il governo pare non voglia prendere atto, visto che i cittadini italiani hanno dimostrato, anche nelle recenti tornate elettorali, di esserne invece ben consapevoli". Sanità: Sicilia; cura detenuti tossicodipendenti passa a Regione
Asca, 14 maggio 2005
Alla Regione siciliana, in ottemperanza a quanto previsto dalla legge di riordino della medicina penitenziaria (n. 230 del 1999), vengono trasferite le funzioni sanitarie svolte dall’Amministrazione penitenziaria con riferimento ai soli settori della prevenzione e dell’assistenza ai detenuti ed agli internati tossicodipendenti. I decreti sono stati predisposti dalle apposite Commissioni paritetiche. Latina: detenuto sotto processo per avere picchiato tre agenti
Altre Notizie, 14 maggio 2005
Davanti al giudice monocratico Laura Campoli, si discuteva il processo a carico di un uomo, detenuto presso la casa circondariale di Latina, accusato di aver provocato - a ben tre agenti di polizia penitenziaria - delle lesioni. Le tre parti offese, rispondevano alle domande del pubblico ministero Simona Gentile e spiegavano di come l’imputato fosse un po’ alticcio e per questo aveva cominciato a litigare con il suo compagno di cella. In seguito la lite era degenerata e loro erano entrati nella cella per dividere i due ma l’ira dell’imputato si era scaricata verso gli agenti costretti a farsi refertare per i colpi ricevuti. Vista la necessità di ascoltare anche l’imputato il processo veniva aggiornato a nuova data. Brescia: l'ex imam detenuto; vitto è inadeguato per i musulmani
Giornale di Brescia, 14 maggio 2005
Conta poco che la moglie sia lì, a pochi metri, con un velo che la copre da capo a piedi come un chador. Mourad Trabelsi si appella ai diritti civili, spiega ai giudici della Corte d’Assise che ciò che gli accade in carcere è indegno di uno Stato civile come l’Italia e annuncia che farà lo sciopero della fame. Il problema è il cibo, perché in carcere non si va tanto per il sottile e capita che quando il menù prevede arrosto di maiale per gli islamici non ci sia alternativa al digiuno. L’ex imam della moschea di Cremona spiega che fino a pochi mesi fa nel carcere di Brescia i parenti potevano portare cibo, oppure si potevano comprare pietanze che non contenessero ingredienti proibiti dal Corano. Ma da qualche mese ciò è impossibile e Mourad Trabelsi ha deciso di digiunare, visto che la situazione attuale gli impone di vivere praticamente a pane ed acqua. Se nell’aula delle Assise del vecchio palazzo di giustizia di Cremona si sta svolgendo un processo che riflette in qualche modo uno scontro di civiltà, la protesta dell’ex imam è stato il momento clou dell’udienza di ieri, insieme allo strano "balletto" intorno al consenso alle riprese televisive. I quattro imputati presenti hanno infatti dato il loro consenso alle riprese televisive in aula da parte di varie emittenti pubbliche e private. Ma successivamente è giunta ai giudici della Corte anche la richiesta di Telepadania. A nome di tutti gli imputati, Khalid Khamlich ha detto no a Telepadania: "Perché sappiamo che ci linceranno" ha spiegato, ma i giudici non hanno potuto accogliere i "distinguo" per quanto fondati ed hanno autorizzato tutte le telecamere, mentre gli avvocati spiegavano agli imputati che non si possono fare differenze in tema di libertà di stampa e di espressione. Ovviamente in uno Stato di diritto. Venezia: le detenute nel film-documentario "Donne in sospeso"
Redattore Sociale, 14 maggio 2005
Saranno le detenute del carcere della Giudecca di Venezia le protagoniste di "Donne in sospeso" il documento filmato che "Racconti di vita sera" propone in seconda serata su Raitre, lunedì 16 maggio, alle 23,40. Il filmato, per la regia di Anna Carini, racconta la storia di Katarina, Veronica, Slaviza, Giulia, "donne in sospeso" che in carcere tentano di non rinunciare alla loro voglia di vivere e di esprimersi in attesa di riannodare i fili delle loro esistenze e dei loro affetti. Intorno alla preparazione di una sfilata con costumi ispirati a dipinti di celebri artisti veneti, queste donne parleranno di quotidianità dietro le sbarre ma anche di piccoli e grandi eventi che interrompono la routine. Dalla visita di un figlio ad un esame universitario, da un compleanno ad una fine pena. In appendice al filmato Giovanni Anversa proporrà l’incredibile vicenda di una madre e di un figlio coinvolti in un grave reato che li ha portati in carcere entrambi. Previsti interventi di Giovanni Anversa direttamente dal carcere. Roma: 5mila senzatetto, 4mila abusivi, 15mila famiglie sfrattate
Redattore Sociale, 14 maggio 2005
Nella capitale vivono 5mila senzatetto, 4mila abusivi, e sono 15mila le famiglie con provvedimenti di sfratto in corso (in 1.873 casi già eseguito); 17mila all’anno le richieste per il buono-casa, 26.500 le domande per l’assegnazione dell’alloggio popolare, quindi in lista d’attesa. "La gravità della situazione alloggiativa a Roma dal 31 marzo, data di scadenza della proroga degli sfratti, è tornata pesantemente alla ribalta delle cronache", sottolinea la Comunità di Sant’Egidio, che oggi ha promosso a Palazzo Leopardi una conferenza stampa sul tema "L’emergenza casa a Roma ha i capelli grigi". "Negli ultimi anni si è pesantemente aggravato il disagio abitativo metropolitano prodotto dalla concomitanza di fattori diversi: alla contrazione dell’offerta di alloggi in locazione ha corrisposto la caduta dell’offerta di edilizia economica e popolare, così come alla progressiva crescita dei prezzi del mercato immobiliare residenziale ha coinciso il notevole aumento degli affitti - nota Sant’Egidio -. A questo si aggiunga che Roma è la città italiana maggiormente interessata dal processo di cartolarizzazione del patrimonio immobiliare abitativo. A fronte di tutto ciò il numero degli sfratti è aumentato". "Si tratta di un problema nazionale, che tocca le giovani coppie ma anche gli anziani", ha osservato Mario Marazziti, portavoce della Comunità. Mentre gli Enti locali si muovono per arginare e contenere l’emergenza, Sant’Egidio intende contribuire alla risoluzione di questi problemi con alcune proposte utili a rispondere specificatamente all’emergenza alloggiativa. Al momento 1.500 persone godono dell’assistenza alloggiativa comunale; 1.700 gli alloggi comunali assegnati durante l’amministrazione Veltroni, mentre sono 26.900 le case comunali di edilizia residenziale pubblica; complessivamente, il Comune stima che gli interventi necessari in questo ambito siano 25mila; 12mila gli interventi finora programmati. Ad aprile di quest’anno è stato siglato un protocollo d’intesa tra Comune di Roma e Regione Lazio, che hanno stanziato 150 milioni di euro per avviare il secondo piano straordinario per l’emergenza alloggiativa nella città. Firenze: carcere e archeologia, Etruschi dietro le sbarre
Ansa, 14 maggio 2005
I detenuti della casa circondariale maschile Mario Gozzini di Firenze, della casa circondariale femminile di Empoli e dell’Opg di Montelupo Fiorentino partecipano dallo scorso mese di marzo ad un seminario di approfondimento sulla storia e sulla civiltà degli etruschi, messo a punto dalla direttrice del carcere Sollicciano 2, Maria Grazia Grazioso. L’iniziativa culturale si inserisce nel progetto didattico annuale per l’Anno europeo delle persone con disabilità, promosso dalla Mediateca regionale e dalla Soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana. Fino al 25 maggio prossimo, il seminario permette, anche attraverso visite guidate ai siti archeologici, di approfondire la conoscenza dell’antica civiltà etrusca e del mestiere dell’archeologo. Izzo: comunicato dell’Unione Cristiana Evangelica Battista
ICN News, 14 maggio 2005
In seguito alle vicende legate al "caso Izzo" a Campobasso, ci sono pervenuti il 6 maggio due comunicati stampa, uno dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi), l’altro della Tavola valdese, che di seguito pubblichiamo. "La presidente dell’Ucebi, pastora Anna Maffei, fortemente preoccupata dal diffondersi ad opera di alcune testate giornalistiche di notizie incontrollate su presunte attività illecite della Associazione "Città futura" di Campobasso, presieduta dal pastore Dario Saccomani, nella fiducia che presto sia fatta piena luce sull’accaduto e che le illazioni che riguardano eventuali responsabilità del pastore risultino totalmente infondate specifica quanto segue: che l’Associazione Città futura non ha alcun legame organico con le chiese dell’Ucebi; che il ruolo che il pastore esercita nell’Associazione riveste carattere personale e volontario e non coinvolge le chiese di cui è pastore; che il pastore Saccomani non ha fino al momento attuale ricevuto alcun avviso di garanzia e pertanto non risulta sottoposto ad alcuna indagine giudiziaria; che comunque per correttezza professionale e senso di responsabilità che il suo delicato ministero implica, il pastore Saccomani si è auto sospeso dal servizio pastorale presso le chiese molisane per un periodo imprecisato e almeno fino a quando ogni questione che lo riguarda direttamente o indirettamente sia del tutto chiarita. Nonostante il raccapricciante fatto di cronaca, la presidente, in una lettera inviata nei giorni scorsi alle chiese battiste, aveva comunque affermato la necessità che le associazioni laiche e religiose continuino ad impegnarsi per il reinserimento sociale dei detenuti. Le chiese dell’Ucebi, nella scia spirituale e ideale di Martin Luther King, pastore battista, premio Nobel per la pace, sono impegnate sul territorio italiano con vari progetti nel recupero delle marginalità e nell’assistenza spirituale ai detenuti". Amnistia: lunedì 16 i parenti dei detenuti davanti al Parlamento
Agenzia Radicale, 14 maggio 2005
Dichiarazione di Irene Testa segretario dell’associazione radicale "Il Detenuto Ignoto" e membro della giunta di Radicali Italiani. Tante storie diverse, tante ingiustizie, tante umiliazioni piccole e grandi. Tante richieste e interrogativi sono il bagaglio che ognuno di loro porterà a Montecitorio. Sul DDL sull’amnistia è ormai calato il silenzio, la riunione della Commissione Giustizia, che avrebbe dovuto tenersi il 20 aprile scorso, per cominciare a discutere sul provvedimento, è slittata e non se ne sa più niente. Intanto le urgenze da affrontare nelle carceri e nelle aule dei tribunali restano tante. Lunedì 16 maggio le mogli, le madri e i parenti dei detenuti manifesteranno, dalle ore 11.00, a Roma davanti alla sede del Parlamento, in cerca di un dialogo con la politica e le istituzioni, chiedendo che, anche attraverso una seria discussione sull’amnistia, venga presa in considerazione l’esigenza di legalità e di giustizia sociale che impone provvedimenti non più rimandabili contro lo stato di degrado in cui versa il sistema penale italiano. L’associazione Radicale "Il Detenuto Ignoto" sarà con queste persone, con l’impegno di proseguire le iniziative, per invocare che questo dialogo avvenga e sia produttivo. Perché questa gente, insieme a tutti gli altri cittadini, tornino ad avere fiducia nella Giustizia italiana. Napoli: analfabeta e senza avvocato, a 86 anni va in carcere
Ansa, 14 maggio 2005
Un uomo di 86 anni, analfabeta e senza avvocato, è finito in cella a Poggioreale: condannato a quattro mesi di carcere per contrabbando di sigarette, non ha presentato domanda di sospensione della pena. La vicenda di Giuseppe Mango, questo il nome dell’uomo, è apparsa oggi sul quotidiano Il Mattino. L’anziano, arrestato mentre ritirava la pensione, ha già scontato dieci giorni di carcere e appare particolarmente provato. "In cella - ha detto nel corso di un’intervista - mi trattano bene, ma sono stanco mandatemi a casa". Mango ha poi spiegato di non aver potuto pagare l’avvocato con la sua pensione. Secondo il giudice Aldo Policastro, quella di Mango è "una storia kafkiana" e invita la Sorveglianza ad esaminare il caso. Lavoro forzato: dodici milioni di vittime in tutto il mondo
Redattore Sociale, 14 maggio 2005
Almeno 12.3 milioni di persone nel mondo sono vittime del lavoro forzato; lo denuncia l’Organizzazione internazionale del Lavoro (Oil) in un rapporto pubblicato ieri dal titolo "Un’alleanza contro il lavoro forzato". Secondo lo studio questa "piaga sociale" riguarda soprattutto il continente asiatico (9.5 milioni di persone forzate al lavoro), ma il fenomeno sembra essersi sviluppato in tutto in mondo nell’assoluta impunità. America Latina e Caraibi contano 1,3 milioni di lavoratori forzati, l’Africa sub sahariana 660 mila, il Medio Oriente e l’Africa del Nord 260 mila. Oltre 360 mila nei Paesi industrializzati e 210 mila nei Paesi con economia in transizione (ex Paesi dell’Est Europa). Il 56% dei forzati al lavoro sono donne e il 40% minori sotto i 18 anni. Il lavoro forzato è definito da una convenzione internazionale come una forma di lavoro non volontario imposto sotto la minaccia di una sanzione. Questa definizione include anche i detenuti in campi di lavoro, sia la servitù a causa di debito o i lavoratori i cui padroni trattengono i salari o i documenti di identità per impedire al lavoratore di andarsene. "Al momento non esiste alcun inchiesta né alcun procedimento in corso nel mondo contro i responsabili del lavoro forzato - spiega Roger Plant, che ha diretto lo studio -. Il lavoro forzato è l’altra faccia della mondializzazione". "È un insulto ai diritti e alla dignità degli esseri umani", commenta il direttore generale dell’Oil, Juan Somavia. Secondo il rapporto la maggior parte delle vittime (9.8 milioni) sono sfruttati da soggetti privati, come domestici o come lavoratori agricoli, e 2,4 milioni sono vittime della tratta di essere umani. Un affare che frutta 32 miliardi di dollari ogni anno agli sfruttatori. Anche nelle multinazionali e nelle imprese tradizionali si insinua il lavoro forzato, grazie al sub appalto incontrollato. In Asia il problema principale che porta al lavoro forzato è quello delle persone povere che si indebitano e sono forzati al lavoro dai loro creditori, principalmente in Nepal, India e Pakistan. Il rapporto Oil, che sarà discusso durante la Conferenza mondiale del lavoro nel giugno prossimo, dimostra che quello del lavoro forzato è un "problema mondiale col quale si devono confrontare tutti i Paesi, tutte le regioni del monde e tutti i tipi di economia". Se da un lato il lavoro forzato è presente come attività clandestina, si insinua invece in maniera subdola anche nell’economia tradizionale attraverso i contratti di sub appalto a cui si ricorre per ridurre al minimo il costo del lavoro per accrescere la competitività delle imprese. "Abbiamo identificato settore dove il lavoro forzato rischia di innestarsi nella catena di approvvigionamento della forza lavoro dei gruppi privati, compresi i grandi gruppi multinazionali" dichiara Roger Plant. Un quinto di tutti i lavoratori forzati è vittima della tratta ma la proporzione varia da regione a regione, constata il rapporto. In Asia, in America Latina e in Africa Sub sahariana, scende al 20% ma sale al 75% nei paesi industrializzati e in quelli con economia in transizione, nel Medio Oriente e in Africa del Nord. Il rapporto segnale il ruolo giocato dai fenomeni migratori, in particolari quelli clandestini, e denuncia i controlli inadatti e superficiali sui "reclutatori" e sui sistemi si sub appalto, oltre alla inefficacia delle ispezioni sui luoghi del lavoro che favoriscono il lavoro forzato. Il rapporto dell’Oil richiama i governi a rinforzare l’arsenale legislativo contro questa forma di sfruttamento e in particolare ai settori "alle radici del lavoro forzato come l’agricoltura o il malfunzionamento del mercato e delle politiche del lavoro mondiali". Amnesty: Usa; ad un anno da Abu Ghraib ancora rischi torture
Ansa, 14 maggio 2005
A un anno dallo scandalo delle torture ad Abu Ghraib le condizioni dei detenuti stranieri nelle carceri Usa restano immutate, denuncia Amnesty. Secondo l’organizzazione, ad Abu Ghraib, Guantanamo, Afghanistan, Iraq o centri di detenzione segreti il rischio torture o maltrattamenti è ancora alto. Per Amnesty, ipocrisia, mentalità bellica predominante e rifiuto di aderire agli standard internazionali continuano a caratterizzare l’approccio degli Usa al problema detenzioni nella "guerra al terrore". Amnistia: lettera dal carcere di Brescia... le attese dei detenuti
Giornale di Brescia, 14 maggio 2005
Caro direttore, ci troviamo nuovamente nella condizione di dover chiedere ospitalità sulle pagine del quotidiano da lei diretto. Ci creda, l’unica cosa che non vogliamo è di apparire pedanti e pronti a lamentarci ad ogni minima cosa, ma ora siamo al limite. Partiamo dalla buffonata e dalla solita figura che l’Italia sta facendo rispetto all’Ue ed al resto del mondo, in relazione alla concessione di un "gesto di clemenza nei riguardi dei detenuti", richiesto in Parlamento nel 2002 dal defunto Giovanni Paolo II. Le telecamere avevano ben mostrato a noi italiani i volti consenzienti e sorridenti dei parlamentari che applaudivano in seguito a tale richiesta. Di tutto ciò, nulla ebbe seguito, dimostrandoci così per l’ennesima volta di quali voltafaccia siano capaci i nostri timonieri. Ora Giovanni Paolo II è morto, esaudire un problema che cresce vistosamente di giorno in giorno in segno di rispetto verso un uomo di tale potere e carisma era il minimo. Invece ancora nulla, se non i soliti rinvii che ormai ci hanno portato alla nausea ed altro (vedi Sulmona). In segno di rispetto per la grandezza di quest’uomo re Mohamed VI ha concesso la libertà a 10.000 detenuti comuni. E, ricordate, stiamo parlando di un Paese musulmano. La Francia sempre per onorare Karol Wojtyla ha concesso 6 mesi di sconto. Noi (Italia) il Paese che da sempre ospita il Vaticano, niente. Ottima prova di considerazione verso una persona che ha lasciato un profondissimo segno in tutti i cittadini del mondo, cattolici e non. Il secondo punto è per fare una "innocua" precisazione circa la morte del detenuto tunisino avvenuta la mattina presto del venerdì 06/05. La notizia è stata diffusa come un probabile suicidio. La realtà è che il ragazzo, padre di due bimbi, sarebbe morto per overdose. Le regole interne che vengono citate nel regolamento penitenziario, restano spesso inapplicate. Vengono solo aumentate di giorno in giorno le restrizioni con disguidi a catena che si ripercuotono in primo sui detenuti e conseguentemente sui familiari. Fiduciosi di pubblicazione della presente e in attesa di una visita come quella compiuta dagli esponenti radicali (gli unici), cordialmente salutiamo.
I detenuti di Canton Mombello
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