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Giustizia: Cisl penitenziari, ex Cirielli dannosa per carceri
Ansa, 7 luglio 2005
"La prospettiva di approvazione della ex Cirielli risulta pericolosa e dannosa per tutti gli operatori di polizia penitenziaria che già oggi operano in condizioni di assoluta precarietà ed incertezza". A scriverlo, in una lettera inviata al presidente del Senato Marcello Pera e ai capigruppo di Palazzo Madama, è la Cisl-Fps. Il sindacato penitenziario mette in guardia dalla previsione contenuta nel provvedimento ora al Senato di non concedere più benefici alternativi al carcere ai detenuti recidivi: ciò avrebbe "ripercussioni drammatiche sull’attività lavorativa dell’operatore penitenziario che - afferma Marco Mammucari, responsabile della Cisl-Fps - vedrebbe moltiplicato il suo lavoro, la sua responsabilità quotidiana su una popolazione detentiva raddoppiata, triplicata, quadruplicata....". La Cisl "chiede pertanto un attento riesame della questione per non approvare una legge che potrebbe creare più danni che benefici". Roma: inaugurato il Giardino nella sezione nido di Rebibbia
Redattore Sociale, 7 luglio 2005
È stato inaugurato questa mattina alla presenza dell’Assessore alle Politiche Sociali e Promozione della Salute del Comune di Roma, Raffaela Milano, il nuovo Giardino dedicato ai bambini dai 0 ai tre anni ospitati insieme alle loro mamme nella sezione nido del Carcere femminile di Rebibbia. A partecipare alla cerimonia Lucia Zainaghi, Direttrice della Casa circondariale femminile "Rebibbia", Ettore Ziccone Provveditore del Lazio Ministero di Giustizia, Luigi Di Mauro Presidente della Consulta permanente cittadina per i problemi penitenziari, Leda Colombini Presidente dell’Associazione "A Roma insieme", Maria Pia Ruffilli Direttore esecutivo della Pfizer Italia che ha sostenuto la realizzazione del progetto. La realizzazione di questo giardino si inserisce nel più ampio Piano Cittadino per il carcere e ha l’obiettivo di offrire ai bambini, ospitati in carcere con le loro mamme, uno spazio aperto organizzato, ludico e privo di pericoli come quello che la maggior parte dei loro coetanei è abituato a vivere. Il giardino che sorge in un’area di circa 1200 metri quadrati, è costituito da un circuito di forma geometrica, composto da due ottagoni sovrapposti; nello spazio centrale l’area a verde recupera la vegetazione preesistente (pini e arbusti) mentre sono state eliminate le essenze tossiche che, se inconsapevolmente ingerite dai bambini, potevano arrecare loro danno. Lungo il percorso attrezzato con una serie di rampe per assicurare la completa fruibilità sia da parte dei bambini che delle mamme, sono presenti aree di diversa forma, un triangolo, un ottagono ed un quadrato, destinate al gioco dei più piccoli. La realizzazione di spazi diversi che si generano lungo il percorso permette la vivibilità contemporanea di diverse esigenze: quelle legate al riposo dei piccoli, offrendo quindi aree maggiormente appartate, e quelle dove gli stessi possono giocare, evitando comunque di creare zone non controllabili visivamente dagli operatori in qualsiasi punto essi si trovino. Il giardino è allo stesso tempo sede di un laboratorio per le madri che potranno essere coinvolte nella sua manutenzione e nella trasformazione delle aiuole mediante una piantumazione stagionale. Le essenze floreali presenti sia nell’area centrale che in quella laterale infatti sono state scelte in maniera tale da garantire una costante presenza di fiori tutto l’anno. All’interno del giardino è stato realizzato un gazebo, la cui forma quadrata riprende quella dell’area di gioco con la sabbia, per favorire la socializzazione e creare un luogo di aggregazione. I materiali utilizzati per la pavimentazione sono le betonelle, a forma e colore dei sampietrini per meglio richiamare ed inserirsi nel contesto della città. "Il nostro obiettivo è che nessun bambino varchi più la soglia di un carcere. - ha dichiarato l’Assessore alle Politiche Sociali e Promozione della Salute Raffaela Milano -. Per questo abbiamo dato vita a strutture di accoglienza dedicate alle mamme che possono usufruire delle misure alternative al carcere, come previsto dalla legge Finocchiaro. Purtroppo però questo avviene ancora solo in rari casi. È per questo motivo che, in attesa di una revisione legislativa, è necessario che all’interno del carcere vi siano luoghi come questo giardino, realizzato grazie al contributo della Pfizer, in cui questi bambini e le loro mamme possano trascorrere serenamente il loro tempo." "Pfizer, in questo progetto con il Comune di Roma ha investito nella riqualificazione della sezione nido dell’Istituto sia attraverso il contributo alla ristrutturazione dell’area verde, sia attraverso iniziative di solidarietà dei nostri dipendenti - ha dichiarato Maria Pia Ruffilli Direttore esecutivo Pfizer Italia -. L’obiettivo condiviso è stato quello di produrre salute in risposta a specifici bisogni della comunità in cui operiamo. Qualità della vita, benessere e cura della salute sono diritti ed irrinunciabili priorità sia dentro che fuori da un istituto penitenziario". Gonnella (Antigone): contro la proposta di legge Cirielli-Vitali
Redattore Sociale, 7 luglio 2005
"Se passa la Cirielli-Vitali le carceri italiane saranno ingestibili. Con le norme sulla recidiva presenti nella proposta di legge abbiamo stimato che in pochi mesi le galere italiane si riempiranno di almeno ventimila persone. Dove saranno collocate? Come saranno gestite? Sono previste risorse per il personale medico, socio educativo, di polizia? Si rischia il caos. Altro che amnistia". Va giù duro Patrizio Gonnella, presidente nazionale dell’associazione Antigone. Gonnella commenta in una nota proprio il ddl "ex Cirielli", in discussione al parlamento. "La Cirielli-Vitali sotto la maschera della salva-Previti è invece l’ammazza Gozzini - continua Gonnella -. È incostituzionale perché nega la funzione risocializzante della pena prevista all’articolo 27 della Costituzione. Lanciamo un appello a tutte le forze politiche dell’opposizione, a quei pochi garantisti autentici della maggioranza, al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ai sindacati penitenziari e della giustizia, all’articolato mondo cattolico affinché si mettano di traverso a una proposta di legge che renderà il sovraffollamento tragico e impossibile ogni riforma in futuro. Il tutto proprio all’inizio dell’estate, quando i problemi in carcere diventano più evidenti e più gravi. Solo nel mese di giugno sono morte cinque persone negli istituti di pena italiani". "Basta a preoccuparci di Previti - conclude Gonnella - e pensiamo a quelle migliaia di persone, tossicodipendenti in primis, che così verranno definitivamente sbattute in galera senza speranza." Castelli: piano governo preoccupa sovraffollamento carceri
Ansa, 7 luglio 2005
"Preoccupa" il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, l’attuale sovraffollamento delle carceri italiane, che ospitano oltre 60 mila persone. Una "situazione di difficoltà" che l’attuale Governo - ha detto il ministro - sta cercando di superare con un piano che prevede la costruzione di nuove strutture penitenziarie e la ristrutturazione di alcune di esse. Nel suo intervento di stamani durante l’inaugurazione del nuovo carcere di Perugia, il Guardasigilli ha ribadito che "uno stato democratico ha tutto il diritto di togliere la libertà a chi sbaglia, ma non certo la dignità". Dopo aver ricordato che negli anni Novanta "i Governi avevano programmato la costruzione di un solo nuovo carcere, quello di Bollate", Castelli ha ribadito che l’attuale esecutivo sta cercando di colmare questo "vuoto programmatico", e ha precisato che attualmente sono circa 4.000 i posti in ristrutturazione. Castelli ha concluso elogiando "la crescita qualitativa del personale che lavora nelle carceri italiane, che ha permesso di conseguire un traguardo importante: da quando sono io ministro - ha detto - non si è avuta alcuna protesta negli istituti penitenziari italiani". Pescara: troppi detenuti, poco personale; le carceri scoppiano
Il Messaggero, 7 luglio 2005
"Le carceri abruzzesi scoppiano. Il sistema penitenziario, nonostante le vertenze in corso ormai da anni, attraversa uno stato di crisi senza soluzione". Inizia così il duro documento della Uil, che ha proclamato lo stato di agitazione di tutto il personale della polizia penitenziaria, e deciso di indire ulteriori iniziative per far conoscere all’opinione pubblico lo stato drammatico in cui versano soprattutto le carceri di Pescara, Lanciano e Teramo. "Il sovraffollamento degli istituti - si legge nella nota firmata dal segretario regionale Uil penitenziari, Giuseppe Giancola, e dal suo vice Mauro Nardella -, in continua e preoccupante ascesa, determina carichi di lavoro insopportabili e soprattutto l’esigenza di reperire nuove strutture dove ospitare la popolazione detenuta, come la nuova sezione detentiva a Pescara (costata milioni e che per fortuna non è ancora stata aperta vista appunto la mancanza di personale), continuando con quella per gli psicolabili a Lanciano e finendo con la gestione da parte del carcere di Teramo di tutte le incombenze che riguardano la popolazione detenuta femminile, che allo stato attuale risulta l’unica d’Abruzzo, dopo la chiusura di quella di Pescara". Secondo il coordinamento regionale Uil (segretario regionale Roberto Campo, quello provinciale Giampiero Fattore e i segretari degli istituti di Teramo, Pescara e Lanciano) l’assenza di volontà e l’incapacità di proporre un progetto complessivo di gestione, ha reso precario e frammentario l’intero sistema: "Si sta così instaurando un sistema che dissangua il servizio istituzionale nel campo delle risorse umane e aumenta i disagi e la sofferenza di coloro che, in un modo o nell’altro, stanno vivendo un ergastolo bianco in virtù dei tanti anni costretti a passare, seppur in regime lavorativo, all’interno di un istituto di pena. L’amministrazione penitenziaria, a tutti i livelli, non è riuscita a garantire un’organizzazione al passo con i tempi, una gestione omogenea ed imparziale del personale, sia esso di polizia penitenziaria che amministrativo-contabile. La determinazione delle piante organiche, mai condivisa dal sindacato, unita al deficit di personale del comparto ministeri aggrava ulteriormente la carenza della polizia penitenziaria chiamata a coprire i vuoti di personale amministrativo negli uffici. Copertura che continua nonostante l’accordo quadro che prevedeva la restituzione ai compiti istituzionali del personale di polizia penitenziaria impiegato in mansioni amministrative e contabili". L’assenza di risorse umane, sommata al sovraffollamento ed alla mancanza di risorse economiche adeguate, di mezzi e strumenti di lavoro e di strutture spesso inadeguate (mancano reparti ospedalieri attrezzati per il contenimento di pericolosi criminali), "diventa una miscela esplosiva che mette a repentaglio anche l’ordine pubblico. A tutto questo - conclude il documento - la Uil dice basta. Basta alla carenza di personale degli istituti abruzzesi, basta all’apertura di nuovi reparti detentivi senza l’integrazione di personale, basta alla drammatica situazione in fatto di elargizione di diritti soggettivi soprattutto nelle sedi di Lanciano, Pescara e Teramo (il personale non ancora riesce a smaltire ancora le ferie del 2002), basta a contrattazioni disattese, a sovraccarichi di lavoro". Roma: dal carcere alla casa-famiglia, ma gli mancano le cure
Il Manifesto, 7 luglio 2005
"In un mese di domiciliari ho già avuto due emorragie, non ho farmaci e non posso farmi visitare, mi stanno facendo morire". È questa la denuncia disperata di Massimo Biondi, detenuto di 49 anni affetto da un tumore al midollo osseo e trasferito, il 30 maggio scorso, dal carcere di Regina Coeli alla casa famiglia "i Delfini" a causa delle sue gravi condizioni di salute. Biondi avrebbe bisogno di andare in farmacia quotidianamente e di farsi visitare al centro oncologico dell’ospedale Fatebenefratelli, ma non ha i permessi per allontanarsi dalla sua nuova residenza. E nessuno sembra interessato alla sua causa, nonostante le lettere inviate venti giorni fa al tribunale di Sorveglianza e alla corte d’Appello. Adesso, mentre la malattia lo divora, chiede che qualcuno lo ascolti. È stato il garante per i diritti dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, a mobilitarsi per lui: "Ancora una volta dobbiamo constatare che quello alla salute è uno dei diritti più violati nelle carceri". L’agonia di Massimo ha inizio cinque anni fa, con la scoperta della malattia. Poi iniziano i viaggi alla ricerca di una cura miracolosa: Milano e la Francia, fino alle apparizioni televisive come testimonial della terapia Di Bella. Il 5 maggio del 2003 - a suo dire "inaspettatamente" - arriva l’arresto. In carcere Massimo ci arriva quando le sue condizioni di salute sono già gravissime: il 25 agosto il magistrato di Sorveglianza gli concede gli arresti domiciliari e due ore al giorno di permesso per sottoporsi alla chemioterapia. La perizia medica non lascia dubbi: "Totale incompatibilità con le condizioni di detenzione carceraria". "Totale - sottolinea Massimo - significa che le mie condizioni erano già in uno stato irreversibile. In carcere non ci sarei dovuto stare né allora né dopo". E invece ci torna, a febbraio, per via di un "incidente di esecuzione" del tribunale. Lì viene costretto a interrompere la cura appena iniziata: "Il 31 dicembre 2004 avevo cominciato questa cura che, nonostante non ci fosse più niente da fare, almeno mi permetteva di stare un po’ meglio". Ad aggiungersi alla malattia e agli errori giudiziari, anche la beffa dello sfratto: "oltre a dover affrontare le spese mediche dovevo pagare all’Inpdap 450 euro di affitto, cioè quasi il doppio della pensione di invalidità di 238 euro che ricevevo dallo Stato". L’11 febbraio due agenti si presentano alla sua porta: "La sua pena è definitiva". Massimo viene portato a Rebibbia, ma già il giorno dopo all’interno del penitenziario si rendono conto dell’errore: Massimo aveva presentato ricorso in Cassazione. "Avevi ragione tu, mi ha detto il maresciallo, appena arriva la scorta ti riportiamo a casa". Una scorta che non arriva fino al 22 marzo quando Massimo una casa non ce l’ha più per via di uno sfratto esecutivo. Intanto le sue condizioni si aggravano di giorno in giorno e non serve a niente il trasferimento da Rebibbia a Regina Coeli: "Quando mi ha visto il professor Franceschini, dirigente sanitario di Regina Coeli, non mi voleva accettare. Diceva che in quelle condizioni assolutamente non potevo stare in carcere perché avevo bisogno di essere seguito da un ematologo. Mi hanno tenuto sequestrato per quattro mesi". Ora Massimo, grazie all’intervento del tribunale dei Diritti, è fuori dal carcere. In attesa che la corte d’Appello gli conceda due ore al giorno per ricevere un’assistenza adeguata. Volterra: attori-detenuti in tournee estiva in tutta Italia
Asca, 7 luglio 2005
Gli attori detenuti della Compagnia della Fortezza del carcere di Volterra (Pisa) in tournee in Italia. La compagnia, spiega il regista Armando Punzo, ha potuto usufruire dell’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario che regola il lavoro esterno al carcere e grazie a speciali permessi potrà portare in giro lo spettacolo. I detenuti-attori saranno tra l’altro tra i protagonisti del festival Volterrateatro (18 al 31 luglio) con due spettacoli. A completare il programma molti eventi teatrali e musicali (come il concerto di Les Anarchistes, che si esibiranno insieme ad artisti della Compagnia della Fortezza e a Pippo Pollina), spettacoli per bambini, laboratori, incontri e presentazioni, mostre, spettacoli di danza (tra cui Sorelline, portato in scena dalla Compagnia Caterina Sagna e ispirato al romanzo Piccole donne) e la festa cittadina Benvenuti in Banda! con Alessandro Benvenuti e la Banda Improvvisa. "Il festival di Volterra ha raggiunto risultati importanti - commenta l’assessore regionale alla cultura Mariella Zoppi - sia dal punto di vista sociale che da quello artistico e culturale. Partendo dal lavoro della Compagnia della Fortezza, una tra le esperienze più significative sostenute dal progetto Teatro in carcere della Regione Toscana, ha sviluppato un sistema di sinergie con altre realtà e il risultato è una manifestazione in continua crescita". Corte dei Conti: inutile costruire nuovi istituti penitenziari
Il Gazzettino, 7 luglio 2005
"Inutile costruire nuovi istituti. Non è aggiungendo altre case circondariali che si risolve il problema del sistema penitenziario". Se non venisse dalla Corte dei conti, il parere sulla costruzione delle nuove carceri in Italia, contenuto nella relazione all’indagine su "Edilizia penitenziaria: investimenti, ristrutturazioni e dismissioni" potrebbe tranquillamente essere scambiato per una delle "code" al dibattito che da poco ha visto protagonista la città sull’ipotesi di realizzare una nuova casa penitenziaria a est del centro urbano lungo il Ceresolo. Invece il giudizio espresso dall’organo contabile della finanza statale ha il peso di una pietra angolare sui programmi futuri di intervento. La Corte dei conti parte dal presupposto che per 4 detenuti su 10 la custodia cautelare sia troppo lunga, diventando principale causa del fenomeno del sovraffollamento al quale, del resto, contribuiscono anche i tumultuosi effetti dei reati connessi ai flussi migratori. In pratica l’organo contabile dello Stato boccia la costruzione di altre carceri che potrebbero rivelarsi alla fine controproducenti sulla soluzione del problema che pretenderebbero di risolvere, fallendo l’obiettivo del miglioramento della vivibilità e dell’umanizzazione della pena detentiva. "E una rilevazione decisiva che arriva a pochi giorni dal trentennale della legge quadro sul sistema penitenziario datata 26 luglio 1975». Chi parla è Livio Ferrari, direttore del Centro francescano di ascolto, esperto di problemi carcerari e convinto assertore del no al nuovo carcere di Rovigo già espresso nel convegno alla Gran guardia. "Da 30 anni è evidente il senso vendicativo che la pena conserva nel nostro sistema - spiega Ferrari - Prevale l’accanimento persecutorio invece della rieducazione, senza alcun risarcimento morale alle vittime. La mia contrarietà a un carcere a Rovigo come quello concepito si colloca su più livelli. Innanzitutto, i numeri troppo alti dei reclusi. Condizioni di vivibilità adeguate in strutture che accolgano tra i 150 e i 250 detenuti sono impensabili. In via Verdi, ambiente di cui tutti conoscono i limiti e le mancanze, le condizioni di vita rimangono accettabili perché è ancora forte il senso di identità dei singoli. Ogni recluso è una persona conosciuta. Piegare questo concetto alle ragioni economiche (carceri più grandi per spendere meno) è aberrante. Inoltre la distanza dalla città rescinderà quei legami logistici indispensabili per i parenti in visita. Purtroppo la scelta e la collocazione del nuovo carcere sono state fatte senza un sondaggio sul territorio".
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