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Pescara: detenuto morto per overdose, indagini in carcere
Il Centro, 16 luglio 2005
Il blitz è scattato dopo il responso su una morte per overdose in cella. Gli uomini della squadra mobile, con al guinzaglio i cani antidroga, hanno passato al setaccio il carcere, ispezionando ogni angolo e perquisendo oltre 200 detenuti. L’operazione ha portato alla scoperta di sostanze stupefacenti, anche se in quantità limitate, di cui la polizia sta cercando d’individuare la provenienza. A far scattare il maxi controllo, avvenuto nei giorni scorsi ma di cui si è saputo solo ieri, è stato il ritrovamento del corpo di un giovane nomade morto in cella diversi mesi fa, dopo gli arresti per l’operazione Silente. Ma qualche giorno fa è stato reso noto l’esito dell’autopsia che ha confermato le cause della morte per overdose. Così gli agenti, guidati dal dirigente Nicola Zupo, si sono presentati davanti ai cancelli del San Donato con i cani antidroga pronti a lanciarsi nella caccia di stupefacenti. Nel carcere si spaccia. Si è trattato di un’operazione senza precedenti, soprattutto per la portata della verifica, nel corso della quale sono state controllate le celle. Oltre a individuare piccoli quantitativi di droga, gli uomini della squadra mobile hanno anche raccolto elementi utili a scoprire il meccanismo con il quale gli stupefacenti sono stati introdotti in carcere. Nel corso dei controlli, tra l’altro, il comandante della polizia penitenziaria Valentino Di Bartolomeo è stato vittima di un incidente. È stato morso a un fianco da uno dei cani impegnati nell’operazione, ma a quanto pare se l’è cavata con una ferita lieve. L’animale si è avventato a causa di un gesto brusco fatto da Di Bartolomeo durante l’apertura dei cancelli. Al San Donato è in corso anche una protesta da parte del personale amministrativo per le condizioni degli uffici della direzione. "Da dieci anni stiamo aspettando i lavori di ristrutturazione", spiega Paolo Di Berardino, esponente della Csil nella rappresentanza sindacale unitaria (rsu) dell’istituto penitenziario, "sulle pareti ci sono ancora i segni lasciati dall’acqua durante l’alluvione". Il sindacalista sottolinea che tutti gli uffici sono stati ristrutturati, tranne quelli che ospitano la direzione. "Abbiamo segnalato la cosa al provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria", conclude Di Berardino, "ma non si è fatto ancora nulla per risolvere il problema".
Detenuto di 40 anni muore nel sonno (Il Centro, 21 marzo 2005)
È morto nel sonno, nella cella che condivideva con altre cinque persone tra cui anche alcuni suoi fratelli. Ieri mattina Giuseppe Spinelli, 40 anni, rom originario di Ortona, detenuto nel carcere di San Donato per droga, non ha risposto al consueto appello degli agenti di polizia penitenziaria, nè agli inviti dei compagni. Sarà l’autopsia prevista per oggi a chiarire le cause della sua morte. L’allarme è scattato alle sette di ieri mattina. Nell’ala nuova dell’istituto penitenziario è in atto la "sveglia" dei detenuti. Come spiega il comandante della polizia penitenziaria, Valentino Di Bartolomeo, gli zingari solitamente sono i più rispettosi degli orari. Ieri mattina, però, Spinelli non si alza. Immediatamente i fratelli in cella con lui gli vanno vicino, lo scuotono, ma invano. Scatta l’allarme. Viene allertata la direzione. Arrivano il magistrato e il medico del carcere. Per Spinelli non c’è nulla da fare tanto che lo stesso pm, Gennaro Varone, chiede l’intervento del medico legale e dispone l’autopsia, assegnata all’anatomopatologo Cristian D’Ovidio. Arriva anche la polizia scientifica, ma nella cella non viene ritrovato nulla che possa fare pensare a un gesto autolesionistico della vittima. Da una prima ricostruizione sembra trattarsi di morte naturale. Dal carcere allertano il legale di Giuseppe Spinelli, l’avvocato Fabio Corradini chiamato a dare la notizia alla famiglia. "Vista la tragedia", racconta dispiaciuto il comandante Di Bartolomeo, "abbiamo evitato di dare la comunicazione per telefono". La salma di Giuseppe Spinelli viene portata all’obitorio di Popoli, dove questa mattina è previsto l’esame autoptico che chiarirà le cause della morte improvvisa, stabilendo anche se siano incorsi eventuali problemi di salute. Spinelli era stato arrestato dopo l’operazione Silente della Mobile il 18 gennaio, su ordine di custodia cautelare richiesta dal pm Varone, lo stesso che ieri è andato a constatarne la morte. Giustizia: legge Meduri, soddisfazione dei direttori penitenziari
Comunicato stampa, 16 luglio 2005
Il Si.Di.Pe. ringrazia il Senato, e con esso tutta la maggioranza ed il governo Berlusconi, per avere approvato, in tempi davvero rapidi, il ddl 1184-b "c.d. Meduri", sulla dirigenza penitenziaria. La cosa assume un particolare valore se soltanto si tiene conto che da parte di altri settori della giustizia provengono, invece, durissime critiche verso l’azione riformatrice del governo e della sua maggioranza, colpevoli di cercare finalmente possibili soluzioni dopo decenni di immobilismo e di conservatorismo che hanno consentito il formarsi di posizioni di rendita e, frequentemente, disfunzioni del sistema giustizia. Con la Meduri, i direttori penitenziari d’istituto, dei centri per l’esecuzione penale esterna e degli ospedali psichiatrici, tradotti in un unico ruolo dirigenziale, vedono il riconoscimento anche formale di ciò che sempre sono stati, cioè dei dirigenti di speciale, complessa e poliedrica competenza. Avere, per troppo tempo e colpevolmente, fatto finta di non accorgersene costituirà una responsabilità imperdonabile per i precedenti governi e maggioranze di centro sinistra le quali, solo a parole, volevano un sistema penitenziario rispettoso dei diritti umani, mentre, in realtà, procedevano in una loro trasformazione verso modelli non corrispondenti ad una sensibilità diffusa che vuole ordine e sicurezza, insieme ad una reale umanizzazione delle pene. La scarsa attenzione data ad un reale piano delle opere che prevedesse la realizzazione di nuove, moderne e dignitose strutture penitenziarie ne è la prova più evidente. L’apodittico principio ideologico che dovesse ridursi la necessita di nuove carceri, invece che essere realizzato attraverso l’aumento delle possibilità di lavoro e di sviluppo della società italiana, ripeteva la nenia, in negativo, della c.d. "riduzione del danno" che tante vittime ha mietuto e sta mietendo nella triste realtà della tossicodipendenza. Oggi assistiamo ad un cambio di tendenza, ed i direttori penitenziari faranno la loro parte sia in ambito strettamente penitenziario che in quello dell’esecuzione penale esterna. il nostro ringraziamento va, pertanto, verso tutte le forze politiche della maggioranza che hanno voluto il cambiamento, per le altre è già tanto una inevitabile indifferenza.
Il Segretario Nazionale del si. Di. Pe. - aff. Cisl-fps (Sindacato dei Direttori e Dirigenti Penitenziari) Dr. Enrico Sbriglia Usa: Corte Appello Federale; via libera a processi Guantanamo
Agi, 16 luglio 2005
Prosegue la battaglia nei tribunali statunitensi sulla legalità dei processi speciali ai detenuti "per terrorismo" che si trovano a Guantanamo. Oggi una corte federale d’appello ha deliberato che il processo a carico di un uomo accusato di essere stato una delle guardie del corpo di Osama bin Laden si può celebrare, capovolgendo la sentenza della corte di prima istanza, che invece l’aveva bloccato nel novembre scorso. La sentenza della corte d’appello è una vittoria per il dipartimento di giustizia, che aveva presentato ricorso contro la sentenza di primo grado. Il giudice distrettuale aveva bloccato il processo affermando che l’imputato, Salim Ahmed Hamden, aveva il diritto di invocare la normativa sui prigionieri di guerra prevista dalle Convenzioni di Ginevra. La Corte d’Appello ha invece deciso che all’imputato non si può applicare la definizione di "prigioniero di guerra", perché questa definizione - come sostiene l’amministrazione Bush, che li definisce "nemici combattenti" - non si applica ad al Qaeda e ai suoi componenti. Ci sono circa 520 detenuti nel carcere di massima sicurezza nella base navale Usa di Guantanamo, Cuba, la maggior parte dei quali da oltre tre anni. Dodici di loro erano stati deferiti alle "commissioni militari" (corti marziali) ma tre sono stati rimandati nei loro paesi di origine. Torino: volley e solidarietà all’Ipm "Ferrante Aporti"
L’Eco del Chisone, 16 luglio 2005
Sport e solidarietà ancora una volta si coniugano. L’esperienza questa volta è stata vissuta dalle atlete dell’associazione cumianese "Falco Volley Cumiana" che hanno accettato di giocare con le detenute dell’istituto penale minorile "Ferrante Aporti". È già successo due volte, l’11 aprile e il 13 giugno scorsi, proprio al "Ferrante Aporti", tra le ragazze dell’istituto di pena - tutte tra i 14 e i 18 anni - e le ragazze Under 17 Uisp dell’associazione pallavolistica di Cumiana. Incontri all’insegna dello sport e, perché no, dell’amicizia e della reciproca conoscenza. Ragazze con storie diverse alle spalle, ragazze rom, detenute nel carcere minorile torinese, in campo con le ragazze cumianesi, per un’esperienza "straordinaria". Un’ora e mezza di gioco a squadre miste, poi tutto come prima, si torna a casa: "Il primo incontro non è stato dei più espansivi, ma quando si è in campo tutto cambia e non si pensa più ai problemi, ma solo a giocare e a divertirsi" affermano le ragazze cumianesi. Incontri importanti, che lasciano il segno, che aiutano a capire la sofferenza, la privazione della libertà. "Siamo entusiaste di aver fatto questa esperienza - continuano le ragazze della Falco Volley -, è bello poter donare a ragazze più sfortunate di noi, almeno per un attimo, il sorriso, la felicità". Il grande merito nell’organizzazione di questi incontri va a Maurizio Turinetto, rappresentante della Uisp di Torino che negli anni scorsi aveva già portato a disputare partite di calcio con i ragazzi del "Ferrante" la squadra della Cumianese Menna, la squadra Allievi del Cumiana calcio e del Pinerolo calcio. "Sono convinto del valore sociale dello sport e del confronto con l’altro: tutti devono rispettare le stesse regole. Lo sport rappresenta anche una valvola di sfogo per i ragazzi. L’impatto con l’istituto penitenziario è molto duro per chi viene da "fuori", ma questa esperienza ha rappresentato un’occasione di maturazione per le ragazze detenute e per le ragazze di Cumiana, che possono rendersi conto delle conseguenze di eventuali sbagli". Cassazione: se la marijuana è poco "tossica" coltivarla non è reato
Il Gazzettino, 16 luglio 2005
Avere in casa canapa indiana non è reato, se il principio attivo presente nell’erba non supera i parametri prestabiliti. Un 37enne sanvitese, all’epoca dei fatti residente a Casarsa della Delizia, accusato di coltivare cannabis, si è visto accogliere dalla Cassazione la tesi avanzata dal proprio difensore, ritenendo che la sentenza della Corte d’Appello di Trieste non fosse sufficientemente motivata in ordine al quantitativo di principio attivo e quindi della tossicità, presente nella sostanza sequestrata. Il tutto è ora rinviato nuovamente alla Corte d’Appello. I fatti risalgono al 1998, quando gli investigatori dell’Arma di Casarsa furono i protagonisti di un blitz che fece cadere nella loro rete due casarsesi. Pesanti le ipotesi d’accusa prospettate dai carabinieri di Casarsa (confermate allora dal pubblico ministero Federico Facchin) nei confronti di P. Z., 30 anni, e della convivente L.Z., 33 anni, entrambi di Casarsa. I due erano stati accusati di produzione di sostanze stupefacenti, ricettazione, furto e detenzione di armi da guerra. I carabinieri, durante la perquisizione, trovarono nascoste in soffitta, 71 piantine di canapa indiana che erano state collocate in 13 vasi. Per L.Z. la vicenda si chiuse dopo qualche tempo quando il giudice (in udienza preliminare) si pronunciò per il non luogo a procedere. Il giovane fu invece rinviato a giudizio. Nel 2000, il Tribunale di Pordenone, lo assolse perché "il fatto non costituisce reato". In sostanza coltivare "erba" non è reato, basta che non venga spacciata a terzi. Il sostituto procuratore Federico Facchin, però, decise d’impugnare la sentenza e la Corte d’Appello di Trieste nel 2002 ritenne responsabile P.Z. dei reati ascritti e fu condannato a 8 mesi di carcere e ad una multa di 723 euro. Contro questa sentenza, ha fatto ricorso alla Cassazione l’avvocato Francesco Gasparinetti, che difende P.Z., e la Corte ha accolto la tesi della difesa ritenendo che la sentenza della Corte d’Appello, non fosse sufficientemente motivata in ordine al quantitativo di principio attivo e quindi della tossicità della sostanza sequestrata. Sicurezza: il Cdm non approva il "Pacchetto" proposto da Pisanu
Ansa, 16 luglio 2005
Il Consiglio dei ministri non ha approvato il pacchetto sulla sicurezza proposto dal ministro dell’Interno Pisanu. Lo ha annunciato il ministro Castelli. Martedì riunione con i responsabili giustizia di tutte le componenti della CdL "perché - ha spiegato Castelli - sono misure sulle quali va trovata unanimità politica". Sul trattato di Schengen, invece, "al momento - ha detto Castelli - non sembra immediatamente da mettere in atto, ma non è escluso che lo si possa fare" Sicurezza: Pisanu si arrende alla Lega, che chiede norme più dure
Provincia di Como, 16 luglio 2005
L’annuncio lo ha dato il ministro della Giustizia Roberto Castelli, che dal primo momento aveva manifestato contrarietà all’approvazione di un pacchetto sicurezza elaborato dal solo ministro dell’Interno Beppe Pisanu. Il Consiglio dei ministri non aveva approvato nulla, e le nuove misure antiterrorismo, rese necessarie dopo gli attentati a Londra del 7 luglio, saranno l’oggetto martedì di una riunione con Fini, Pisanu, Martino, Castelli e Lunardi, che poi porteranno il risultato del loro lavoro ad un successivo Cdm. Una mezza soddisfazione il ministro leghista se l’è tolta anche per quanto riguarda il trattato di Schengen, che lui aveva chiesto di congelare come ha fatto la Francia, mentre tutti gli altri alleati gli avevano risposto che era sbagliato. Il Cdm non ha deciso di seguire l’esempio di Parigi, ma Castelli ha potuto sottolineare che questo orientamento vale "per ora", e che "però non si è neanche escluso che in caso di necessità ciò si possa fare". Immediata la reazione dell’opposizione che, con toni durissimi, ha rimproverato al governo la mancata decisione. "Un rinvio indecoroso", ha detto il verde Pecoraro. "La sicurezza degli italiani non può attendere", gli ha fatto eco Maurizio Fistarol della Margherita. Ma le accuse sono state respinte con sdegno, a partire da Silvio Berlusconi, negando che ci sia stato un rinvio. Il governo, è stato detto, ha approvato la relazione di Pisanu ("all’unanimità", ha sottolineato Carlo Giovanardi), ed ora si devono tradurre le idee in atti concreti, per cui ci vuole ancora un po’ di tempo. "Non riteniamo che ci sia un pericolo imminente", ha dichiarato il premier, spiegando così la ragione per cui non ci si è precipitati a varare nuove misure. "Quel che dobbiamo fare è solo elaborare norme legislative ulteriori. Non dobbiamo decidere nulla sull’approntamento delle misure di prevenzione e contrasto - ha d’altra parte ricordato Pisanu - che sono state attivate pochi minuti dopo la notizia delle esplosioni di Londra". Il problema è individuare i nuovi strumenti di cui dotarsi per un più efficace contrasto del terrorismo internazionale, e a questo servirà la riunione interministeriale di martedì. Ma la Lega ci arriverà con le sue proposte, che saranno definite il giorno prima da una riunione della segreteria del partito con Umberto Bossi. In questi giorni è apparso evidente che il Carroccio vorrebbe misure molto più drastiche di quelle che il ministro dell’Interno ritiene utili e giuste. E potrebbe essere rilanciata anche l’idea di sospendere il trattato di Schengen, sebbene tutti gli altri partiti della coalizione non siano per nulla d’accordo. Pisanu ha ripetuto anche oggi che una misura di questo genere secondo lui non è necessaria, e il ministro della Salute Francesco Storace l’ha buttata sul ridere: "Schengen? Dove, in Padania?". Ma dietro lo slittamento, c’è una sottile opera di mediazione che ha evitato in extremis la spaccatura nel governo. Un pre-vertice tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu e i ministri della Lega ha così consentito di prevenire lo scontro in Consiglio dei ministri e di evitare la spaccatura. A quanto si apprende, è stato Berlusconi a promuovere la riunione per chiarire le rispettive posizioni e far scendere la tensione degli ultimi giorni. Durante l’incontro, il premier, Fini, Pisanu e anche il ministro Rocco Buttiglione per l’Udc, si sarebbero dimostrati pronti al varo del "pacchetto" sicurezza già da ieri sera. Ma la Lega avrebbe ribadito la propria indisponibilità ad approvare misure ritenute troppo blande e non sufficientemente condivise. Non era mai capitato - avrebbe detto un esponente del Carroccio - che un ministro dell’Interno andasse avanti su un tema delicato come quello della sicurezza senza concordare una linea comune d’azione con gli altri. La Lega avrebbe chiesto in particolare di aumentare i tempi del fermo di polizia. Successivamente, nel corso del Consiglio dei ministri, Pisanu ha svolto una relazione sulla situazione della sicurezza in Italia. E, per quanto riguarda in particolare l’atteggiamento da tenere sul trattato di Schengen, si sarebbe detto "personalmente" contrario alla sospensione degli accordi europei, ma avrebbe aggiunto di non poterla escludere per il futuro. Una passaggio molto gradito dai ministri leghisti. Sicurezza: ma il pericolo non aspetta, di Massimo Giannini
Repubblica, 16 luglio 2005
"Il terrorismo bussa alle porte dell’Italia", aveva detto Giuseppe Pisanu martedì scorso, illustrando al Parlamento il pacchetto di misure urgenti sulla sicurezza predisposte dal Viminale dopo l’attentato di Londra. "In Italia ci sono cellule di Al Qaeda pronte a colpire", ha ribadito il direttore del Sismi Niccolò Pollari, nella sua audizione al Copaco dell’altro ieri. In questo clima di allarme crescente, al culmine di quella "globalizzazione del terrore" che ormai attraversa tutti i Paesi occidentali, Italia inclusa, il governo ha fatto la scelta più grave, insensata e irresponsabile che si potesse immaginare. Invece di approvare in fretta quei provvedimenti (efficaci o troppo blandi che fossero, il punto non è questo) ha rinviato tutto alla prossima settimana. Il solito, vergognoso ricatto della Lega ha pesato più di ogni altra cosa. Più dei morti della capitale inglese. Più delle inquietanti informative dell’Intelligence. E dunque, alla fine, più della sicurezza dei cittadini, colpevolmente sacrificata in nome della "ragion politica", o della "logica di coalizione". "C’è bisogno di unanimità", ha spiegato Roberto Castelli, ministro della Giustizia padano che si è incaricato di far pesare il veto leghista in Consiglio dei ministri. "Martedì faremo un vertice di maggioranza, e delle misure si occuperanno quattro saggi della Cdl". Questa la spiegazione, stupefacente, dell’ingegnere Guardasigilli. Come se la posta in gioco non fosse, stavolta, tragicamente elevata: cioè la vita delle persone. Come se in ballo non ci fossero uomini-bomba che si fanno esplodere su un autobus, o cellule capaci di usare bombe chimiche tra la popolazione civile. Ma routinarie e banalissime beghe da Montecitorio, come le nomine alla Rai o le riforme istituzionali, da scrivere bevendo un po’ di grappa in una qualsiasi baita di Lorenzago. Cavalcando in senso contrario a quella dei terroristi la "comunicazione della paura", la Lega conferma la sua natura primitiva, incosciente e populista. Anche in un frangente così insidioso per i destini dell’Occidente e così pericoloso per l’ordine pubblico dell’Italia. Chiede tutto: le leggi eccezionali e il ministero contro il terrorismo, la rinuncia all’accordo di Schengen e la dichiarazione dello stato di guerra. E in questo modo non produce niente. Il vero dramma è che Berlusconi - ancora una volta, ma stavolta con moventi odiosi e con effetti intollerabili - cede al ricatto. E fornisce spiegazioni che, se non fossero tragiche data la circostanza, sarebbero ridicole. Una settimana fa aveva dichiarato che "anche l’Italia è nel mirino dei terroristi". Ora spiega che "non c’è una particolare emergenza, non c’è un pericolo incombente". Domenica scorsa aveva preannunciato la mobilitazione del governo, proprio sul terreno della sicurezza. Ora dice che "sulla sicurezza non si può fare molto di più", e che comunque, testualmente, "c’è sempre un lasso di tempo tra un attentato e l’altro". Parole agghiaccianti. Contraddizioni inaccettabili, che nascondono solo la malafede e l’impotenza di chi non sa decidere. Di chi, per ripararsi nella politica dell’immobilità, rifiuta ormai sistematicamente anche l’etica della responsabilità. E a niente, davvero a niente serve che lo stesso premier, per compensare l’ennesimo smacco subito dal partito di Bossi, cerchi una rivincita tirando fuori a freddo (e con ritardo grottesco rispetto all’accaduto) una nota di solidarietà con il presidente della Repubblica, per gli attacchi che la Lega ha riservato a Ciampi nel suo discorso all’Europarlamento di una settimana fa. È una toppa strumentale e indegna. Ed è addirittura peggiore del buco che vorrebbe coprire. Si consuma così quello che mercoledì scorso, su queste colonne, Giuseppe D’Avanzo aveva profeticamente definito "il dramma di Pisanu". Ministro solo. Dato in pasto alle fameliche camicie verdi dal suo stesso presidente del Consiglio, se è vero che ieri il responsabile del Viminale era sul punto di dimettersi. Costretto a cercare una sponda più negli oppositori di ieri (quegli "ex comunisti" che negli anni del terrorismo rosso e del rapimento Moro seppero garantire al Paese l’unità nazionale) che non negli alleati di oggi (quegli ex democristiani confluiti dentro Forza Italia, inerti al cospetto delle spallate anti-sistema della Lega e incapaci di esprimere anche solo un briciolo di quel senso dello Stato che fu proprio della vecchia Dc). Ma rischia di consumarsi, così, anche il dramma di un Paese guidato da un non-governo di pavidi e di opportunisti, che ormai giocano non solo sulla tolda di una nave che affonda, ma anche (e addirittura) sulla pelle dei cittadini. Il terrorismo bussa alle porte dell’Italia. Ma nella Casa delle Libertà nessuno può sentirlo. Gli "inquilini" sono troppo impegnati a litigare. A questo punto, dopo aver detto "siamo tutti americani" l’11 settembre 2001, "siamo tutti madrileni" l’11 marzo 2005, "siamo tutti inglesi" il 7 luglio 2005, ci resta solo una speranza: che non arrivi mai quel giorno in cui, con la morte nel cuore, ci toccherà anche dire "siamo tutti italiani". Sicurezza: scontro a Palazzo Chigi, Pisanu minaccia le dimissioni
Repubblica, 16 luglio 2005
"Se fai così, caro Castelli, io me ne vado. Se le cose stanno come le hai messe tu, allora vi dico che io non sono in grado di garantire quanto abbiamo stabilito". La parola dimissioni non l’ha mai pronunciata, ma il tono del suo discorso di sicuro la evocava. Il titolare dell’Interno, Beppe Pisanu, ieri in consiglio dei ministri ha proprio perso le staffe. È andato su tutte le furie quando il collega della Giustizia, Roberto Castelli, è sceso tra i giornalisti per annunciare che il pacchetto antiterrorismo era stato rinviato. Così nel momento in cui il Guardasigilli è tornato nella sala del governo, Pisanu non ha perso un attimo. Si è alzato in piedi, ha sbattuto un faldone sul tavolo ed è partito. "A questo punto devo chiedere solidarietà all’intero consiglio dei ministri - è scattato quasi urlando -. Non si può decidere una cosa e comunicarne un’altra alla stampa. Sulle misure che io avevo annunciato voglio che ci sia un’esplicita presa di posizione". La tensione a quel punto si è alzata improvvisamente. Silvio Berlusconi in un primo momento è rimasto ad ascoltare. Intanto, il governo si spaccava in due. Gianfranco Fini, e tutta An, insieme a Rocco Buttiglione e all’Udc si schieravano al fianco dell’inquilino del Viminale. I leghisti, insieme al vice premier Giulio Tremonti, con il Guardasigilli. Le parole di Pisanu sono state come una miccia. "Io veramente - ha cercato di scusarsi Castelli - ho solo risposta ad una domanda dei giornalisti. Mi hanno chiesto del decreto e...". Chiarimento che non ha convinto i presenti. Del resto, la riunione di governo era stata preceduta da un vertice nello studio del Cavaliere con lo stesso Berlusconi, Fini, Pisanu, Calderoli, Castelli e Buttiglione. E già lì il confronto era stato aspro. L’intesa trovata solo sul filo di lana. Un accordo che faceva perno sulla totale depurazione dalla relazione del ministro dell’Interno di tutte le misure concrete e il loro rinvio - che rischia di essere sine die - ad un comitato interministeriale. "A noi - ha minacciato il leghista Calderoli nel pre-consiglio - non può star bene che queste misure siano decise dai tecnici di un ministero e basta. Si decide tutti insieme o non si decide". Pisanu ha provato a insistere, spalleggiato da Fini. Ma non c’è stato niente da fare. Con fatica il Cavaliere è riuscito a trovare una mediazione in extremis. "Tutti hanno detto una parola di troppo in questa vicenda - ha osservato - ma qualcosa dobbiamo fare. Un segnale dobbiamo darlo". Il segnale doveva essere la relazione del Viminale, seppur depurata, ma con alcune leggere aperture anche alla sospensione del Trattato di Schengen. Pisanu ha accettato e ha letto la sua relazione. Molto politica ma con dei punti innovativi. A cominciare dalla super-procura. "Io - sono state le sue parole - sono aperto all’istituzione di una procura antiterrorismo. Purché non si leda l’autonomia delle forze di polizia e la centralizzazione del comando al ministero degli Interni in caso di attacco terroristico". Pisanu ha poi letto le caratteristiche degli obiettivi sensibili in Italia e fatto riferimento ad un "aggiornamento dei piani di emergenza". Ma con una premessa: "si sappia che lo standard medio dei controlli nel nostro paese è decisamente più severo che in Gran Bretagna. Insomma non siamo impreparati". Poi un durissimo attacco al presidente del Copaco, Enzo Bianco: "Bisogna attivare le presidenze della Camere perché quello lancia segnali di debolezza anche rispetto all’azione di governo". E quasi per sintetizzare il suo discorso ha presentato i risultati di un sondaggio. "I cittadini - ha riferito - si sentono più sicuri se le forze politiche, tutte le forze politiche, sono unite". Dalla stessa ricerca è emersa l’attenzione degli italiani all’immigrazione clandestina. "Ma tu - lo ha interrotto Calderoli - sei in grado di assicurare i controlli alle frontiere? E su Schengen che pensi?". "Io penso che non sia necessario sospendere il Trattato - è stata la sua risposta - ma non posso nemmeno escluderlo. I controlli, che io garantisco, sono molto più importanti rispetto all’idea di dover chiedere il passaporto ai francesi o agli austriaci". Questa mediazione, però, è saltata poco dopo. La sala del governo si è trasformata in una pentola in ebollizione. "Per noi - ha poi ribadito Fini quando Pisanu ha chiesto la solidarietà ai colleghi - il pacchetto è fondamentale. Anzi decisivo. Ed è decisivo anche cercare il consenso di tutti, opposizione compresa". "Guardate - gli ha risposto il ministro delle riforme - che un conto sono le misure, un’altra l’immagine di forza e decisione che dobbiamo dare. E noi dobbiamo dare questa immagine". Per dirla come Giulio Tremonti: "Una cosa è la razionalità delle misure studiate da Pisanu, un’altra la necessità che ci viene dalla comunicazione". Ossia, i provvedimenti devono essere anche calati nella realtà della campagna elettorale. Solo a questo punto, il premier ha provato a mediare difendendo Pisanu. "Non diamo messaggi di rottura. In questa fase l’unità è fondamentale. E il ministro Pisanu ha ragione. Una risposta dobbiamo darla". Per ora, però, il pacchetto anti-terrorismo è rinviato. Se il governo sceglierà la via del decreto, allora l’ultimo consiglio dei ministri prima delle ferie sarà quello giusto. Altrimenti tutto slitterà sine die. Sicurezza: Castelli; gli accordi di Schengen non saranno sospesi
Gazzetta del Sud, 16 luglio 2005
Divisione era, e per ora divisione resta. Tanto che per superare l’impasse sul "pacchetto sicurezza" deve scendere in campo Berlusconi in persona, che annunzia: "Dalla prossima settimana lavoreranno insieme i ministri Pisanu, Castelli, Fini, Martino e Lunardi. E io ho accettato di essere il regista". Ma in Consiglio dei ministri è emersa anche l’esigenza di dare corso a norme condivise non solo dalla maggioranza ma da tutto il Parlamento. "Sul terrorismo - avverte Berlusconi - sono assolutamente aperto a tutti i suggerimenti che possano venire dall’opposizione. Quando c’è in ballo la sicurezza nazionale, non ci devono essere atteggiamenti partigiani ma atteggiamenti che comprendano tutte le parti politiche, opposizione in testa". Che a Palazzo Chigi non fosse semplice trovare subito un intesa, alla luce delle posizioni espresse in questi giorni, sembrava pacifico. E infatti. Beppe Pisanu, forte dell’appoggio di Berlusconi e Forza Italia, dell’Udc, di Fini e di parte di An incassa come previsto il "no" alla sospensione di Shengen ("abbiamo convenuto sul fatto che al momento non si vede la necessità di sospenderlo"). Ma la Lega, e la parte di An che chiede misure più incisive contro il terrorismo, ottengono però che il pacchetto sicurezza slitti alla prossima settimana. Certo, nessuno ci sta a metterla in questi termini. Tutti, sfumano. Castelli che con Maroni aveva posto la questione Shengen, in primis. "Non si è impuntato nessuno. Ma queste cose vanno valutate attentamente da un punto di vista tecnico, va trovata l’unanimità da un punto di vista politico e ci vuole del tempo. Martedì si vedranno i responsabili giustizia della Casa delle Libertà, noi presenteremo delle proposte e troveremo delle soluzioni assolutamente condivise perché è chiaro che dovranno essere condivise all’unanimità". E infatti la Lega non intende abbassare la propria bandiera dato che lunedì in segreteria voterà una mozione su Schengen. Per ora niente unanimità sul merito quindi? Al Viminale contestano questa interpretazione. "Il Consiglio - osserva Pisanu - ha ascoltato e approvato la mia relazione, dando mandato al sottoscritto e ai ministri della Difesa, della Giustizia, degli Esteri e a quello delle Infrastrutture di riunirsi a partire dalla prossima settimana e individuare altre ulteriori norme legislative per aumentare il livello di sicurezza". E aggiunge che "le misure di prevenzione e di contrasto contro la minaccia terroristica erano state attivate già pochi minuti dopo" la notizia dell’attentato di Londra. Ora si tratta di "elaborare norme legislative ulteriori. Dobbiamo prendere decisioni che, per quanto mi riguarda, ho già indicato sommariamente al Parlamento". Silvio Berlusconi confermerà aggiungendo un particolare decisivo. "Il presidente del Consiglio sollecitato dall’intervento di un ministro ha accettato di essere il regista di questa operazione. E lo faremo nella prossima settimana: se i ministri competenti avranno terminato il lavoro il pacchetto sicurezza potrà essere approvato venerdì prossimo". "Tuttavia – aggiungerà – non c’è urgenza, i pericoli non sono incombenti. Noi crediamo che nell’immediato non ci sia da temere un attentato, dato che finora fra gli attacchi c’è sempre stato un lasso di tempo. Ci sentiamo relativamente sicuri". "È però chiaro – ammetterà il primo ministro – che di fronte alla follia terroristica nessuno può essere sicuro fino in fondo. Ma nell’ambito delle cose possibili, riteniamo di avere steso una rete di protezione, che ad oggi ci appare la migliore possibile". Dura l’opposizione. "È evidente – osserva il capogruppo Ds alla Camera, Violante – un dissenso nel governo su queste misure. Ed è inaudito che di fronte ai rischi che corriamo il governo non trovi un minimo di unità per salvaguardare la sicurezza dei cittadini". Giustizia: 3 anni nelle carceri della Romania per uno spinello
Agenzia Radicale, 16 luglio 2005
La Romania e le sue carceri finalmente alle spalle. Maurizio Trotta è stato estradato in Italia e ora si trova a Roma, in un luogo di detenzione fine a ieri sera ancora imprecisato. 2 agosto 2002: Trotta entrò nel carcere di Craiova per undici grammi di hashish. 12 luglio 2005: Trotta viene riportato in patria dall’Interpol. Gli hanno risparmiato il terzo compleanno in una prigione rumena. È la fine di un incubo, per l’imprenditore edile reggiano di 36 anni che in questi ultimi tempi "sentiva" prossima la liberazione ed era quindi tornato su di morale dopo mesi e mesi di depressione. La sua anziana madre ha subito chiesto di poterlo riabbracciare. Quasi tre anni dopo. Il fratello Salvatore, infermiere del Santa Maria Nuova, che si è battuto come un leone per lui e tante volte è andato in Romania a trovarlo, assieme all’avvocato Liborio Cataliotti, ieri si trovava in ferie in Egitto. Ha detto: "Mi dispiace tanto di essermi trovato lontano dall’Italia proprio il giorno che Maurizio è tornato in Italia. Il suo ritorno a Roma è già un bel passo. Ma siamo contenti a cinquanta. Io lo volevo a Reggio, non a Roma. Appena ritorno dall’Egitto, prendo il treno e vado da lui". L’avvocato Cataliotti, che ieri era impegnato in un delicato processo a Gorizia, ha detto che a quanto gli consta il carcere di Reggio dovrebbe avere posto, quindi nel giro di qualche giorno Maurizio Trotta dovrebbe essere riportato nel carcere della sua città. Per scontare tutta la pena come ha stabilito la sentenza emessa in Romania, cinque anni per detenzione di stupefacenti e induzioni al consumo di hashish: anche se appena possibile il difensore chiederà una misura alternativa. In Italia, ricordiamo, Trotta per uno spinello non sarebbe neppure finito in carcere. Tutt’al più il suo nome sarebbe stato segnalato in prefettura. L’esperienza di Maurizio Trotta è stata drammatica. Fu arrestato il giorno del suo compleanno. La legge rumena è durissima nei confronti dei detentori di droga, anche se si tratta di una piccola quantità di fumo. In carcere a Craiova, Trotta ha vissuto in celle sovraffollate a contatto a stretto contatto con assassini, dormendo in due nei letti. Dichiarò in un’intervista telefonica a Radio Radicale, poco prima dell’ultimo Natale: "Qui è un regime militare. Di mattina devi stare quasi sull’attenti. Qua sono tutti zingari. Ognuno pensa di essere il padrone di tutto, devi abituarti alla loro mentalità. Ogni giorno c’è il pericolo di essere accoltellato. E con le guardie, se prendi rapporto, ti puoi fare cinque o sei mesi in più di carcere. Devo essere operato e non riesco a farlo. Quando vai in infermeria, se chiedi una pastiglia per il mal di testa te ne danno una per le emorroidi. Una cosa assurda". Ieri la Farnesina ha spiegato che il trasferimento in Italia del connazionale è avvenuto in conformità alla Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983. L’iter, hanno fatto notare al ministero degli Esteri, ha visto "il costante, prersonale impegno del sottosegretario Margherita Boniver, degli uffici competenti della Farnesina e dell’ambasciata d’Italia a Bucarest. La Farnesina ha posto in essere ogni possibile intervento sulle massime autorità rumene al fine di agevolare l’espletamento delle complesse procedure prescritte dalla Convenzione per il trasferimento". Non è stato facile aiutare Maurizio Trotta. "Si potrebbe scrivere un libro" dice l’avvocato Liborio Cataliotti, suo difensore, e diventa un fiume in piena. "Sono rimasto stupefatto - dice - dalla scarsissima professionalità in Romania degli operatori della giustizia in cui mi sono imbattuto, difensori compresi. È stato eclatante". Il primo avvocato rumeno di Trotta "gli consigliò una dichiarazione che gli valse l’accusa di traffico internazionale. Il secondo andava avanti a forza di rinvii. Solo il terzo ha fatto il suo dovere". Quando Cataliotti andava in Romania coi familiari di Trotta per la causa e gli incontri col detenuto, tutti proponevano loro di pagare: "Conosco il perito, il giudice, il poliziotto, dicevano, dai i soldi a me che ci penso io". Ma i Trotta non hanno voluto corrompere nessuno. Sono andati avanti con la giustizia e basta. Ma quali difficoltà: "Pm e giudice - rivela Cataliotti - parlottavano in aula. Ho dovuto farmi tradurre io il codice rumeno per trovare norme di buona condotta e di procedura che potessero aiutare il mio assistito". E non è tutto. Nel primo viaggio in Romania, l’autista rubò la macchina di Maurizio che il legale era riuscito a far dissequestrare. L’autista sparì. I Trotta fecero denuncia, facendo arrestare l’autista e recuperando l’auto. Esultano i Radicali Italiani, che hanno condotto la battaglia per il ritorno in Italia di Maurizio Trotta ricorrendo anche allo sciopero della fame. In prima linea, Rita Bernardini, tesoriera del partito, braccio destro di Marco Pannella, una delle principali protagoniste italiane della battaglia antiproibizionista che per lei ha significato 22 disobbedienze civili, altrettanti processi e due condanne definitive. I Radicali riuscirono a intervistare Maurizio Trotta al cellulare grazie a un sistema singolare. Un compagno di cella di Trotta, un americano finito in galera in Romania per lo stesso motivo, quando fu estradato regalò il cellulare che aveva ottenuto per vie traverse ai suoi compagni detenuti. Fu così che Maurizio Trotta parlò con l’Italia. Fu una telefonata straziante. Volterrateatro: XIX edizione, il Festival si trasforma in agorà
Teatro on-line, 16 luglio 2005
Sceglie la dimensione della piazza, Volterrateatro, per la sua XIX edizione, in scena dal 18 al 31 luglio. Il festival, diretto da Armando Punzo e organizzato dall’associazione Carte Blanche, si avvicina al ventennale esplorando una nuova dimensione, quella dell’agorà, luogo privilegiato di scambi di idee, sensazioni, esperienze. Anche la Compagnia della Fortezza, il gruppo teatrale composto da detenuti del carcere di Volterra, nel nuovo spettacolo in prima nazionale (Appunti per un film) cercherà di raccontare al pubblico la propria realtà, disperata e quasi irreale, prima di scendere fisicamente in piazza, in una serata di spettacolo fuori dalle mura della prigione, nel cuore della città. "Il festival di Volterra ha raggiunto risultati importanti – dice l’assessore regionale alla cultura, Mariella Zoppi – sia dal punto di vista sociale che da quello artistico e culturale. Partendo dal lavoro della Compagnia della Fortezza, una tra le esperienze più significative sostenute dal progetto Teatro in carcere della Regione Toscana, ha sviluppato un sistema di sinergie con altre realtà come il festival Armunia Costa degli Etruschi, il Teatro stabile Mestastasio, il Premio Scenario per giovani attori. Il risultato è una manifestazione in continua crescita, che trova sempre nuovi orizzonti e che ha fatto di questa dinamicità una delle sue principali caratteristiche". L’edizione 2005 del festival è intitolata ‘Volterra teatro del nuovo mondò e la poetica della ricerca di un mondo nuovo, fatto di grandi ideali e libero da distinzioni di sesso, razza e religione, percorre tutto il programma. Le manifestazioni saranno come sempre molte e spazieranno dal teatro alla musica, alla danza alla poesia, dalla proiezione di video alla realizzazione di incontri e dibattiti. Gli eventi si terranno nei Comuni di Volterra, Pomarance, Castelnuovo Val di Cecina, Montecatini Val di Cecina e Monteverdi Martittimo. La Compagnia della Fortezza andrà in scena dal 25 al 28 luglio con il nuovo spettacolo diretto da Punzo, ma il 31 luglio sarà protagonista anche di un altro evento, P. P. Pasolini ovvero l’elogio al disimpegno, installazione che si terrà sul palcoscenico Agorà, in piazza dei Priori, e vedrà coinvolti oltre ai detenuti anche personaggi del mondo dell’arte e della cultura tra cui lo scrittore Stefano Benni, lo scienziato Renzo Tomatis, il poeta arabo Adonis, il regista Marco Martinelli, il drammaturgo spagnolo Fernando Arrabal. Tra le attività da segnalare, la presenza della street tv T.V.T.B. Ti voglio tanto bene, un progetto di video itinerante che userà lo strumento televisivo come occhio cinico e irriverente puntato su artisti e spettatori del festival, e il progetto speciale Spada, Chiti, Notturno e Susina – quattro percorsi di memoria nella vita partigiana, percorsi in jeep nella Val di Cecina con partigiani come guide d’eccezione, escursioni curate dai Teatri della Resistenza e realizzate in collaborazione con Slow Food. A completare il programma molti eventi teatrali e musicali (come il concerto di Les Anarchistes, che si esibiranno insieme ad artisti della Compagnia della Fortezza ed a Pippo Pollina), spettacoli per bambini, laboratori, incontri e presentazioni, mostre, spettacoli di danza (tra cui Sorelline, portato in scena dalla Compagnia Caterina Sagna e ispirato al romanzo Piccole donne) e la festa cittadina Benvenuti in Banda! con Alessandro Benvenuti e la Banda Improvvisa (29 luglio, Piazza dè Priori). Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito internet www.volterrateatro.it. Sicurezza: Mantovano; il Pacchetto del Viminale passerà
Apcom, 16 luglio 2005
"Pisanu non è andato a Palazzo Chigi con l’articolato già in tasca, ma con le proposte di massima che aveva illustrato alla Camera. I tecnici dell’Interno e della Giustizia stanno lavorando per un successivo appuntamento politico. La partita legislativa è complessa, non si poteva chiudere su due piedi". Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, smorza la polemica sul pacchetto anticrimine affermando in un’intervista rilasciata a La Repubblica che "uno stop può esserci solo di fronte a un testo già scritto, con tanto di norme". "Misure delicate non possono essere prese da un solo ministero, vanno concordate, le approva il governo - continua Mantovano -, le vaglia il Parlamento" e se "vengono varate ora o tra sette giorni non ci sono mutamenti epocali". Il sottosegretario non esclude che si possa procedere con un decreto legge e assicura che le misure "ci saranno, vedremo cosa starà fuori e cosa dentro".
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