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Carceri mai così affollate: 59.012 detenuti al 1° giugno
Ansa, 9 giugno 2005
Le carceri italiane non sono state mai così sovraffollate da 10 anni: risulta dai dati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Al 1 giugno i detenuti nelle 206 carceri erano 59.012. In 8 regioni (Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli, Liguria, Toscana, Campania, Puglia) è stato superato il limite "tollerabile". Ma c’è qualche buona notizia: da ottobre saranno operativi 2 reparti ospedalieri (al Pertini di Roma e al Belcolle di Viterbo) per i detenuti delle carceri del centro-sud. Sanità: 1 detenuto su 10 ha l’hiv, ma 2 su 3 non fanno il test
Medicina News, 9 giugno 2005
Le carceri italiane non sono mai state così affollate: il 1° giugno 2005 è stato toccato il picco nella storia nazionale con 59.012 persone detenute in 286 istituti di pena, di cui ben 5.691 nelle 18 carceri in Lazio, cui vanno aggiunte quelle in regime di semilibertà, con obbligo di firma e sottoposte a misure alternative per un totale di oltre 100.000 persone. Numeri impressionanti che acuiscono sempre più l’emergenza socio-sanitaria e in particolare la diffusione di gravi malattie come tumori ma anche Aids ed epatiti, infezioni sottostimate dai dati ufficiali. Per cercare di migliorare questa situazione esplosiva parte il progetto "Curare insieme in carcere e in ospedale" (Cico) ideato da Vic e realizzato grazie al supporto di Roche e alla collaborazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) del Ministero di Grazia e Giustizia e della Simspe. "Le infezioni in carcere - spiega Giovanni Rezza, direttore del Centro operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità, intervenendo alla presentazione del progetto Cico avvenuta oggi al residence di Ripetta a Roma - rappresentano un problema di sanità pubblica rilevante a causa della particolare composizione della popolazione detenuta. La diagnosi precoce e il monitoraggio di tali infezioni è importante ai fini dell’adozione di adeguate misure di trattamento, prevenzione e controllo". "Il progetto Cico - spiega don Sandro Spriano, presidente di Vic - prevede l’apertura dei primi due padiglioni, dedicati esclusivamente ai pazienti detenuti, con 40 posti letto complessivi presso gli ospedali Pertini di Roma e Belcolle di Viterbo, oltre che la formazione di medici, infermieri, agenti di custodia. Questo perché per garantire il diritto alla salute dei detenuti occorrono strutture dedicate e una formazione ad hoc del personale". Appello verso un approccio globale alle problematiche dei pazienti reclusi accolto sia dalle Istituzioni che dal privato. "La nostra azienda è da tempo impegnata a fianco degli specialisti che operano in realtà difficili - spiega Maurizio de Cicco, amministratore delegato di Roche Italia – Già dal 2004 con Simspe portiamo avanti il progetto Tappo, Terapia Anti epatite nei Penitenziari: pari Opportunità. Contribuire alla diffusione dei progressi medici anche nelle realtà più carenti è un impegno che proseguirà nell’anno in corso e, riteniamo, anche per il futuro, nella consapevolezza che il diritto di tutti alla salute e l’accesso ai farmaci più innovativi è parte integrante della nostra mission". "In una fase di cronica riduzione e razionalizzazione dei capitoli di bilancio ministeriali - aggiunge Sergio Babudieri del Dipartimento Malattie Infettive dell’Università di Sassari - l’apporto di risorse private in parallelo a quelle istituzionali appare come un valore aggiunto, indispensabile per standardizzare anche nelle carceri la terapia delle infezioni da virus dell’Aids e delle epatiti B e C". Secondo le stime di uno studio pubblicato lo scorso mese sul Journal of Medical Virology e condotto in una decina di carceri italiani, i detenuti sieropositivi nel nostro Paese sono quasi l’8% (4.500) a fronte dei 1.500 ufficialmente registrati nel 2004. Un ‘sommersò enorme: quasi un detenuto su 10 ha l’hiv ma nei 2/3 dei casi nessuno lo sa perché oggi nemmeno 1 recluso su 3 accetta di eseguire il test, mentre all’inizio degli anni ‘90 erano il 50%. Va anche peggio per i contagi da virus dell’epatite C e B che infettano in media il 12% dei detenuti italiani contro il 2-3% della popolazione generale. Quello dell’epatite C è il più aggressivo: colpisce ben 4 detenuti su 10 e il rischio è 3 volte più elevato per chi si sottopone a tatuaggi. Quella del carcere è una realtà sempre più a tinte fosche: 30% di tossicodipendenti o ex-tossicodipendenti e 30% di extracomunitari con punte superiori al 50% al Nord. "Aids ed epatite C - puntualizza il dr. Rezza - sono associate alla tossicodipendenza, fattore di rischio estremamente comune fra coloro che entrano in carcere. Comunque, anche escludendo i tossicodipendenti, la prevalenza di positività per Hiv tra i detenuti risulta almeno 10 volte più elevata rispetto a quella stimata per la popolazione generale in Italia". Per Giulio Starnini, presidente della Simspe, "il sovraffollamento e la composizione della popolazione carceraria rappresentano una miscela esplosiva, che ha acuito le problematiche socio-sanitarie e che l’Istituzione Penitenziaria da sola non è in grado di affrontare". Oggi in corsia può anche capitare di trovare pazienti detenuti piantonati a vista da agenti armati. "Una situazione francamente insostenibile - commenta Starnini - che a volte causa il rientro anticipato al carcere e si riflette sulla durata ottimale del ricovero. L’obiettivo dei reparti specifici per detenuti, che non devono diventare dei lazzaretti, è offrire la qualità dell’assistenza ospedaliera mantenendo condizioni ottimali di sicurezza e privacy". "La formazione degli operatori – aggiunge Giampiero D’Offizi, infettivologo della Simspe - ha un duplice obiettivo: il successo degli interventi terapeutici, spesso interrotti o modificati arbitrariamente dal detenuto, e la riduzione delle possibilità di trasmissione dell’infezione una volta riacquistata la libertà". "Dei 728 detenuti sieropositivi in terapia lo scorso anno – conclude il prof. Babudieri - solo un terzo la assume correttamente ottenendo un successo terapeutico; la maggioranza non l’assume o l’assume male utilizzando la malattia per ottenere benefici di pena". Infezioni in carcere: il sostegno del privato per sconfiggerle
Salute Europa, 9 giugno 2005
"Le infezioni in carcere rappresentano un rilevante problema di sanità pubblica a causa della particolare composizione della popolazione detenuta. La diagnosi precoce ed il monitoraggio di tali infezioni è importante ai fini dell’adozione di adeguate misure di trattamento, prevenzione e controllo - ha affermato questa mattina a Roma Giovanni Rezza, direttore del Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità, nel corso di un incontro che ha voluto richiamare l’attenzione sul progetto "Curare insieme in carcere ed in ospedale" (Cico) ideato dall’Associazione Volontari in Carcere (Vic) e realizzato grazie al supporto di Roche ed alla collaborazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero di Grazia e Giustizia e della Simspe. Al 1° giugno u.s. ammontava a 59.012 il numero di detenuti più elevato registrato nella storia sia repubblicana che del Regno d’Italia e questa cifra impressionante preoccupa la comunità poiché a causa del superaffollamento delle carceri viene ad acuirsi sempre più l’emergenza socio-sanitaria a causa della diffusione di gravi malattie. Nel Lazio i detenuti sono 5691, in grande maggioranza uomini (5251) e 440 donne (il 7,7%) nei carceri femminili di Rebibbia e Civitavecchia. Complessivamente in Italia le donne sono poco meno del 5% (2851) contro 55.537 uomini. Nelle carceri italiane transitano però ogni anno il 30-40% dei detenuti in più per cui si superano complessivamente le 100mila presenze distribuite in 386 istituti penitenziari, di cui 18 nel Lazio. Gli organici sono però rimasti gli stessi di 10 anni fa quando i reclusi erano 37.000 per cui vi è stato un considerevole aumento del 58% che ha fatto esplodere problematiche socio sanitarie acuite da una composizione della popolazione carceraria che vede il 30% di tossicodipendenti o ex-tossicodipendenti ed il 30% di extra-comunitari con punte superiori al 50% nel nord. Le problematiche che ne derivano, sia sociali che soprattutto sanitarie, sono molto complesse e richiedono risposte atte a fronteggiarle, risposte adeguate che l’Istituzione Penitenziaria da sola non è in grado di fornire per cui è necessario l’intervento di altri organi istituzionali e del volontariato. "Questo progetto - ha sottolineato don Sandro Spriano, presidente Vic - prevede l’apertura dei primi due padiglioni dedicati esclusivamente ai pazienti detenuti, con 40 posti letto presso gli ospedali Pertini di Roma e Belcolle di Viterbo, oltre che la formazione di medici, infermieri e agenti di custodia. Questo perché per garantire il diritto alla salute dei detenuti occorrono strutture dedicate ed una formazione "ad hoc" del personale". "La nostra Azienda è da tempo impegnata a fianco degli specialisti che operano in realtà difficili - ha spiegato Maurizio De Cicco, amministratore delegato di Roche Italia - già dal 2004 con la Società Italiana di Medicina Penitenziaria (Simspe) portiamo avanti il progetto Tappo (Terapia Antiepatite nei Penitenziari: pari opportunità). Contribuire alla diffusione dei progressi medici anche nelle realtà più carenti è un impegno che proseguirà nell’anno in corso e riteniamo, anche per il futuro, nella consapevolezza che il diritto di tutti alla salute e l’accesso ai farmaci più innovativi è parte integrante della nostra missione". Sergio Babudieri del Dipartimento Malattie Infettive dell’Università di Sassari, ha messo in evidenza come in una fase di cronica riduzione e razionalizzazione dei capitoli di bilancio ministeriali l’apporto di risorse private in parallelo a quelle istituzionali appaia come un valore aggiunto, indispensabile per standardizzare anche nelle carceri la terapia delle infezioni da virus dell’Aids e delle epatiti B e C. Secondo le stime di uno studio pubblicate lo scorso mese sul Journal of Medical Virology e condotto in una decina di carceri italiani, i detenuti sieropositivi nel nostro Paese sono quasi l’8% (4500) a fronte dei 1500 ufficialmente registrati nel 2004. Si tratta di un "sommerso" enorme: infatti quasi un detenuto su 10 ha l’hiv ma nei 2/3 dei casi nessuno lo sa perché oggi nemmeno 1 recluso su 3 accetta di eseguire il test, mentre all’inizio degli anni ‘50 erano il 50%. Anche peggiore è la situazione concernente i contagi da virus dell’epatite C e B che infettano, in media, il 12% dei detenuti italiani contro il 2-3% della popolazione generale. Quello dell’epatite C, come noto, è il più aggressivo e colpisce ben 4 detenuti su 10 ed il rischio è 3 volte più elevato per chi si sottopone a tatuaggi. L’Associazione Volontari Italiani Carcere (Vic) opera da più di 10 anni negli istituti penitenziari Romani ed è la più grande realtà di questo genere impegnata nel settore carceri: conta più di 100 volontari, tra le altre attività, gestisce centri di ascolto e di sensibilizzazione della cittadinanza promovendo iniziative comunitarie. "Come associazione, con questo progetto intendiamo fornire a tutti gli operatori impegnati nel settore, sia quelli istituzionali che volontari - ha detto Don Sandro Spriano - la possibilità di formarsi sul tema salute e sanità in carcere e sull’applicazione delle cure migliori ai detenuti." Ascoli: realizzato un Cd con le storie dal carcere
Corriere Adriatico, 9 giugno 2005
Notevole e variegata è l’attività degli studenti dell’Itis Merloni. E ieri mattina c’è stato modo di fornire in merito degli esempi lampanti. Oltre alla realizzazione del giornalino "Mercurius", illustrata da Lorenzo Biagini e da Tamara Torcellini, i ragazzi del Merloni hanno sviluppato di recente la tematica relativa all’educazione alla legalità. Si tratta di un progetto regionale che ha portato gli studenti dell’Itis a visitare delle carceri, ad intervistare alcune detenute e a "confezionare", poi, un cd fotografico di grande importanza, che ieri è stato proiettato nel corso del convegno tenutosi all’aula magna dell’istituto. E l’assessore Ugo Ascoli, sociologo di fama, ha avuto parole di apprezzamento per il lavoro di questi giovani. "Di carceri - ha sottolineato Ascoli - nelle Marche ne abbiamo diverse, ma sono davvero in pochi a conoscere le situazioni al loro interno. Questo cd costituisce un documento di grosso rilievo, molto prezioso e merita, per questo, di essere fatto conoscere. Che un Itis, oltre che della questione del lavoro, si occupi anche delle problematiche sociali è un aspetto di grande qualità". Progetto spiagge pulite: detenuti al lavoro in tutta Italia
Ansa, 9 giugno 2005
Un permesso premio speciale ai detenuti per utilità sociale, trascorrendo un’intera giornata a pulire gli arenili più belli d’Italia. Parte da Vasto l’operazione spiagge pulite promossa dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Via via, nel corso dell’estate, il copione sarà lo stesso sulle più belle spiagge di Sicilia, Sardegna, Campania, Toscana, Liguria, Calabria, Basilicata, Puglia, Marche, Molise, Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia. L’iniziativa non è nuova: lo scorso anno, grazie a un protocollo d’intesa tra i Ministeri della Giustizia e dell’Ambiente, alcune decine di detenuti del carcere di Verbania ripulirono, in agosto, prima il parco nazionale della Val Grande e poi la spiaggia di Arona. A Natale, invece, i permessi furono un migliaio, per risistemare boschi o aree verdi in città di tutta Italia. Macerata: "Fattoria Pitinum", esperienza pilota per i detenuti
Corriere Adriatico, 9 giugno 2005
Avrà luogo questa mattina alle 111 l’inaugurazione della "Fattoria Pitinum", la struttura realizzata presso la casa mandamentale di Macerata Feltria, che permetterà a cinque detenuti di essere ammessi al lavoro esterno, come previsto dall’ordinamento penitenziario. Si tratta di una esperienza senza precedenti nelle Marche, sostenuta dal Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria dottor Raffaele Iannace e dall’attuale dirigente della casa circondariale di Pesaro dottoressa Maria Benassi. La fattoria è costituita da 5.000 metri quadri di terreno, con una serra di 500 metri quadri, oltre a un laboratorio per la lavorazione del miele. qui i cinque detenuti svolgeranno l’attività di orto floricoltura, frutticoltura e apicoltura, seguiti dagli operatori della cooperativa La Ginestra di Pesaro, cui si deve anche la fase preparatori attraverso i corsi di formazione in agricoltura e apicoltura. Il progetto della "Fattoria Pitinum" non riguarda solo la produzione o coltivazione di prodotti destinati al pubblico o da utilizzare all’interno dell’istituto stesso, ma è stato concepito con l’obiettivo di favorire l’inserimento dei detenuti nel mondo del lavoro, una volta ultimato il periodo di detenzione. L’intera iniziativa, proprio per il suo valore educativo e per il fatto di costituire una esperienza-pilota a livello nazionale, potrà contare sulla collaborazione del personale dell’Amministrazione penitenziaria, a iniziare da quello addetto alla casa mandamentale di Macerata Feltria e con il supporto dei responsabili di settore del Provveditorato regionale delle Marche. Alla inaugurazione odierna interverranno anche i. rappresentanti del Comune. Ancona: calcio a otto a Montacuto, evento riuscitissimo
Corriere Adriatico, 9 giugno 2005
La quarta sezione della casa circondariale di Montacuto si è aggiudicato sul filo di lana la vittoria del tradizionale torneo di calcio a 8. È servita la differenza reti per scegliere la squadra vincitrice del torneo di questa edizione targata 2005 a riprova che l’alto contenuto agonistico e qualitativo delle sfide in campo. Anche quest’anno, dunque, all’interno della casa circondariale di Montacuto si è svolto il tradizionale torneo di calcio a 8 fra le quattro sezioni. È stato organizzato dalla Direzione e dall’ufficio educatori con la collaborazione della polizia penitenziaria e la presenza di un volontario Caritas. Il torneo si è giocato con sportività e grande impegno e vista la presenza di molti stranieri si può anche parlare di torneo internazionale. La quarta sezione si è aggiudicata la vittoria per differenza reti. A tutti i partecipanti è stata consegnata una medaglia e al capocannoniere con 19 reti una targa ricordo. Il torneo di calcio a 8 è soltanto una delle iniziative della casa circondariale di Montacuto, domani infatti ancora una volta sport in primo piano, toccherà a sacerdoti e seminaristi sfidarsi con i detenuti della casa circondariale. Proprio qualche giorno fa, inoltre, Caritas e carcere avevano lavorato insieme per la redazione della relazione che è stata presentata nel convegno con tema "Il rispetto della dignità umana". Usa: iniezione letale vietata per i cani, permessa per gli uomini
Ansa, 9 giugno 2005
Un uomo condannato per omicidio alla pena capitale sfida il metodo dell’iniezione letale per le esecuzioni nel Tennessee, sostenendo che la sostanza iniettata ai condannati a morte è vietata per l’eutanasia degli animali. Un legale di Abu-Ali Abdur Rahman, 54 anni, sosterrà oggi la questione davanti alla Corte Suprema. Abdur Rahman chiede alla Corte di ordinare al dipartimento penitenziario dello Stato di modificare il modo in cui avvengono le esecuzioni. Tra le modifiche richieste, il divieto di usare il pancuronium bromide, o Pavulon, nelle iniezioni usate per giustiziare i condannati. Il Pavulon non è consentito dall’American Veterinary Medical Association per l’eutanasia degli animali, poiché può causare estrema sofferenza non visibile dai presenti a causa del suo effetto paralizzante. I dipartimenti penitenziari del Paese sostengono invece che non ci sono prove che i farmaci usati nell’iniezione letale, compreso il Pavulon, causino altro che una morte relativamente indolore. Ma Abdur Rahman, attraverso il suo avvocato Bradley MacLean, pone questa domanda ai giudici: "Lo sapete che stanno per giustiziarmi con qualcosa che non potrebbero usare su un cane?". L’uomo è stato condannato alla pena capitale nel 1987 per avere ucciso a coltellate un uomo l’anno precedente. Contro la sentenza si erano mobilitate diverse associazioni per i diritti dei carcerati che sostenevano che l’uomo non avesse avuto, durante il processo, una difesa adeguata. E, in particolare, che non fossero state prese in considerazione delle attenuanti legate alla sua infanzia turbolenta. Da piccolo era infatti sottoposto a percosse e violenze da parte del padre, un poliziotto militare, che era arrivato a fargli ingoiare un pacchetto di sigarette come punizione per aver fumato e, non contento, dopo che il giovane aveva rigettato lo aveva costretto a ingoiare il suo stesso vomito. Abdur Rahman aveva anche vissuto il trauma del suicidio del fratello e di diversi tentati suicidi da parte della sorella. Tutti elementi che però non hanno modificato la sentenza. Ora dunque l’estremo tentativo di ritardare l’esecuzione o, quantomeno, di renderla meno cruenta. Il mese scorso un detenuto dell’Indiana aveva invece chiesto di rinviare l’esecuzione per sottoporsi ad un intervento chirurgico per donare il fegato alla sorella gravemente malata. La richiesta non era però stata accolta essendo risultato, il suo fegato, non idoneo per la donazione. Palermo: personale Ucciardone protesta contro carenze
La Sicilia, 9 giugno 2005
Il personale del carcere Ucciardone di Palermo, che aderisce ai sindacati Uilpa, Cisl, Cgil, Fps, Osapp e Sinappe, protesterà oggi contro le carenze nell’organico della polizia penitenziaria e l’ipotesi di chiusura del penitenziario, chiesta ieri dal Sappe. I sindacati manifesteranno dalle 9 alle 11 davanti al carcere per poi spostarsi alle 12 all’Ufficio territoriale di governo, richiedendo un incontro con il prefetto e con il presidente della regione Salvatore Cuffaro. "La necessità di chiudere l’Ucciardone - si legge in una nota dei sindacati - è avanzata perché secondo il Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria) mancano i soldi per mantenere funzionale la struttura. Immigrazione: rivolta in centro di identificazione a Foggia
Il Manifesto, 9 giugno 2005
Tre poliziotti feriti e una quarantina di persone in fuga. È successo due giorni fa a Borgo Mezzanone, centro di prima identificazione in provincia di Foggia, dove ben 380 immigrati erano stati affidati in custodia a cinque poliziotti. "Stavamo procedendo all’identificazione di 140 immigrati", dice uno dei poliziotti, "quando, probabilmente perché hanno intuito che c’era la possibilità di fuggire, è cominciata la rissa. Due immigrati sono rimasti lievemente feriti, mentre una mia collega è stata colpita violentemente al volto, spinta con la testa dentro un vetro, ed è stata giudicata guaribile in dieci giorni". La maggior parte degli immigrati erano eritrei ed etiopi: "Non immaginavano forse", continua il poliziotto, "che avevano probabilmente diritto allo status di rifugiato". Dopo il tentativo di fuga sono arrivati i rinforzi, all’incirca una trentina di poliziotti, che hanno sedato gli animi mentre il personale della Croce rossa ha accompagnato gli immigrati nelle stanze del centro di prima identificazione. Le donne e i bambini, invece, hanno trascorso la notte nell’area destinata a centro di permanenza temporanea, un’area che peraltro non è ancora stata giudicata agibile. "Non è possibile che affidino 400 persone a cinque soli poliziotti", dice Michele Pellegrino, segretario provinciale Silp (Sindacato italiano lavoratori di polizia) di Foggia. Come se non bastasse, aggiunge Pellegrino, il personale della Croce rossa, terminato l’orario di lavoro, s’è allontanato chiudendo gli uffici e senza lasciare le chiavi ai poliziotti in servizio, molti dei quali, per esempio, non hanno potuto utilizzare i bagni e sono rimasti senz’acqua. Non è la prima volta che la polizia denuncia le difficili condizioni di lavoro nel centro di Borgo Mezzanone: "Viviamo spesso in uno stato d’abbandono", dice un poliziotto, che ammette: "Quando vado nel centro", ammette un poliziotto, "preferisco lasciare altrove l’arma di ordinanza: se in una delle tante fughe, mentre scoppia una rissa, qualcuno dovesse disarmarmi, non so cosa potrebbe accadere: si tratta di gente disperata, le reazioni possono essere imprevedibili". Francia: a Bordeaux detenuti baschi in sciopero della fame
Ansa, 9 giugno 2005
L’associazione per la difesa dei prigionieri politici baschi, Askatasuna, ha reso noto che Felix Alberto de la Calle, alias Mobutù, uno dei presunti dirigenti dell’Eta, sta osservando uno sciopero della fame da quasi 2 settimane nella prigione di Meaux, località Seine-et-Marne vicino a Bordeaux. Mobutu ha iniziato lo sciopero della fame insieme ai compagni detenuti, Oier Goitia e Haymar Altuna, perché la prigione di Meaux si rifiuta di riunirli nello stesso settore. Askatasuna sottolinea che i tre detenuti sono intenzionati a proseguire lo sciopero fin quando non sarà abrogata questa misura. Svizzera: secondo Consiglio Europa molte carceri sono inadeguate
Swiss Info, 9 giugno 2005
Il Dipartimento delle istituzioni, ha preso atto dei contenuti del rapporto presentato questa mattina dal Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa Alvaro Gil-Robles all’attenzione del Comitato dei Ministri, relativo alla sua visita in Svizzera dello scorso anno, che ha pure interessato il nostro Cantone. Il Commissario per i diritti umani, ha in primo luogo apprezzato il buon funzionamento del penitenziario cantonale, presso il quale ha potuto verificare il rispetto di tutte le direttive internazionali vigenti in materia di protezione dei diritti dei detenuti. In relazione alle osservazioni formulate nella gestione del comparto destinato ai minorenni in seno al Penitenziario, il Dipartimento già in precedenza aveva formulato alcune precisazioni per meglio comprendere, contenuti e tempi di questo intervento a carattere provvisorio e destinato ad essere concluso con la prossima apertura del nuovo carcere giudiziario. Le stesse sono del seguente tenore: i minorenni non eseguono le pene presso il Penitenziario La Stampa, ma in istituti specializzati se del caso fuori cantone. Alla Stampa sono detenuti unicamente dei minori che devono essere fermati per le esigenze d’inchiesta e per evitare pericoli sia alla società che a loro stessi. Si tratta quindi ed unicamente di detenzione preventiva e cioè prima del giudizio del giudice competente; la stessa è di breve durata e volta unicamente a garantire un corretto svolgimento dell’inchiesta da parte del Magistrato competente. In media i minorenni sono incarcerati per 2/3 settimane e non superano mai le 6 unità; per lunghi periodi il comparto per minori in seno al Penitenziario è vuoto; appena conclusa l’inchiesta i minori sono liberati oppure trasferiti in istituti specializzate per l’esecuzione della pena; il personale attribuito al controllo dei minori è effettivamente al servizio della polizia, ma si tratta di unità formate sia a livello teorico che pratico, quali agenti di custodia alla medesima stregua degli agenti di servizio presso il Penitenziario Cantonale. In generale si tratta appunto di agenti di custodia che vengono trasferiti per questioni di competenza alla Polizia Cantonale e che svolgono unicamente il compito di agenti di custodia. Si sottolinea pure che questi agenti hanno ricevuto da parte della Magistrata dei Minorenni, competente anche per l’esecuzione della pena, una formazione specializzata proprio per gestire i minori in carcere. Per quel che riguarda l’impiego di educatori, ritenuto che la detenzione alla Stampa avviene solo a titolo preventivo, non si dispone di un educatore fisso in carcere, in compenso la Magistrata dei Minorenni dispone di un proprio servizio sociale con educatori e psicologi specializzati, che seguono i minori sia in carcere che fuori. La presa a carico dei detenuti minorenni è quindi garantita. Per quel che attiene all’aspetto logistico, si ribadisce che quella adottata è una soluzione provvisoria e transitoria, che verrà definitivamente abbandonata con l’entrata in funzione del nuovo Carcere Giudiziario, prevista per il primo trimestre del 2006. In questa nuova struttura, troverà spazio un moderno comparto per minorenni e risponde agli standard di carcerazione nazionali ed internazionali. In merito alle celle pretoriali, si riconferma, come già comunicato al Commissario, che con l’apertura del nuovo Carcere Giudiziario le celle Pretoriali di Bellinzona saranno chiuse. Il Dipartimento intraprenderà comunque immediatamente tutto il possibile per dare seguito alle indicazioni contenute nel rapporto del Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa. Mandato è già stato dato in questo senso ai servizi competenti. Usa: Bush non esclude la chiusura del carcere di Guantanamo
Reuters, 9 giugno 2005
Il presidente George W. Bush ha aperto la porta ad una eventuale chiusura del centro di detenzione di Guantanamo Bay dopo le crescenti proteste per il trattamento dei detenuti, tra cui quella dell’ex presidente Usa e paladino dei diritti umani Jimmy Carter. "Stiamo esplorando tutte le alternative per raggiungere al meglio il principale obiettivo, che è quello di proteggere l’America. Ciò che non vogliamo è di lasciare fuori qualcuno che possa tornare e colpirci", ha detto Bush in un’intervista a Fox News, alla domanda se Guantanamo andasse chiuso. Gli appelli per la chiusura del carcere speciale per stranieri sospettati di terrorismo nella base Usa Cuba si sono raddoppiati negli ultimi giorni, dopo che Amnesty International ha definito lo scorso mese il centro "un gulag", paragonandolo ai campi di lavori forzato dell’Unione Sovietica dove sono morte milioni di persone. Il segretario internazionale di Amnesty, Irene Khan, ha detto in un comunicato a Londra di avere accolto "con interesse" il commento di Bush e di averlo invitato "a chiudere la prigione e applicare ai detenuti la legge Usa davanti a tribunali statunitensi o di rilasciarli, poiché questa prigione è una vergogna per i valori americani e la legge internazionale". Ancona: detenuto ancora in coma dopo tentativo di suicidio
Il Messaggero, 9 giugno 2005
Non avrebbe tentato di uccidersi durante uno dei suoi soliti momenti di delirio e di instabilità mentale, anzi l’esatto contrario. Andrea Novelli avrebbe tentato di suicidarsi in un momento di lucidità estrema, visto la maniera in cui avrebbe progettato l’intero piano. Novelli intanto rimane ricoverato presso la clinica di rianimazione di Torrette. Le sue condizioni sono ancora gravissime e le speranze di salvarlo rimangono appese ad un filo. Stando alle prime ricostruzioni, dunque, l’assassino di Sirolo avrebbe tentato di uccidersi in un momento di lucidità mentale. C’è un particolare di certo non trascurabile che lascia presupporre per questa tesi: Andrea avrebbe atteso il momento opportuno per compiere il gesto estremo, quando cioè che il proprio compagno di cella era uscito per l’ora d’aria. Uscito il compagno, Novelli ha legato le lenzuola d’ordinanza fornite dal carcere alle sbarre e, con un nodo da montanaro, ha cercato di impiccarsi. Lo hanno salvato gli agenti della polizia penitenziaria prima che fosse troppo tardi. A credere che il gesto sia stato compiuto in un momento di lucidità mentale è il legale che ha difeso in primo e secondo appello l’assassino di Fanco Barbadoro. "Credo che il suo gesto - sostiene l’avvocato Gianni Marasca - sia da ricondurre alla condizione di reclusione. Novelli era abituato a stare all’aperto, e nel carcere pativa evidentemente la limitazione degli spazi. Per questo avevamo chiesto che venisse trasferito in strutture come quella di Castiglione delle Stiviere. Ma non è stato così. Con questo comunque - precisa Marasca - non voglio dire che quanto accaduto sia colpa dei giudici". Sull’accaduto verrà a breve aperta un’indagine interna da parte delle carceri. Andrea Novelli il 7 settembre 2002 uccise con un bastone Franco Barbadoro detto "il gigante buono" per vendicarsi di un presunto dissidio avuto alcuni giorni prima. Dissidio completamente inventato e frutto della mente malata di Novelli, il quale fu riconosciuto seminfermo di mente e condannato a 14 anni di carcere. Immigrazione: Pisanu; non faremo altri centri di permanenza
La Repubblica, 9 giugno 2005
"Non apriremo più centri di permanenza temporanea". Lo ha detto il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, in una conferenza stampa con i giornalisti stranieri accreditati in Italia. "Il nostro problema - ha spiegato - è di evitare che i clandestini partano e quindi continueremo a lavorare con accordi bilaterali con i paesi di origine e transito". Il ministro ha comunque sottolineato che i Cpt "sono strutture indispensabili per controllare i clandestini già arrivati". "Nel 2004 - ha proseguito il responsabile del Viminale - in Italia sono state arrestate 237.229 persone che erano extracomunitari irregolari o persone di cittadinanza ignota o apolidi: essi costituiscono, nella media nazionale, il 38,8 per cento degli arrestati nel nostro Paese". Pisanu ha ricordato anche che "il 30,84 per cento della popolazione carceraria italiana è rappresentato da extracomunitari, quasi tutti irregolari: questo dà la dimensione di un fenomeno che chiede lo scrupolo e l’impegno che io personalmente dedico al problema". "Il fatturato annuo dei trafficanti di clandestini - ha proseguito il ministro - è ormai paragonabile al fatturato mondiale della droga". Un business che "cresce di anno in anno". "Il traghettamento dalla Libia all’Italia che l’anno scorso ad un immigrato clandestino costava mediamente da 1.200 a 1.500 dollari quest’anno costa da 2.200 a 2.500 dollari", ha rivelato Pisanu riconoscendo gli sforzi dell’amministrazione Gheddafi per arginare il fenomeno. Alle frontiere libiche, ha detto ancora il ministro, "si riversa gran parte dei flussi migratori provenienti da Egitto, Corno d’Africa, Sahel e Africa Subsahariana in generale". "Questa pressione - ha spiegato Pisanu - sta aumentando fortemente in questi mesi perché c’è stato un anno di povertà nei raccolti e la fame spinge questi disperati. Fino a qualche mese fa il 65-80% di quanti arrivavano via mare erano egiziani, mentre gli altri provenivano da vari paesi africani. In questi giorni è diminuito drasticamente il numero degli egiziani ed è aumentato notevolmente il numero di quanti arrivano dal Corno d’Africa e dall’Africa Subsahariana". L’annuncio di Pisanu sulla rinuncia a realizzare nuovi centri di permanenza è stata accolta con soddisfazione da Rifondazione. "Lo riteniamo una prima, importante vittoria della campagna contro i Cpt che movimenti, associazioni laiche e cattoliche, forze sociali e politiche, parlamentari hanno da tempo condotto", ha commentato il parlamentare comunista Giovanni Russo Spena. Scetticismo trapela invece dalla reazione dei Verdi. "L’annuncio di non procedere all’apertura di nuovi Cpt andrà verificata nei fatti - ha spiegato il deputato Paolo Cento - ma comunque conferma quanto giusta è la mobilitazione che associazioni, movimenti, no global e forze politiche hanno attivato in questi mesi contro questa mostruosità giuridica e istituzionale, ora bisogna proseguire la battaglia per chiudere i Cpt esistenti".
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