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Napoli: morto un giovane detenuto, il 22 dicembre scorso?
Avvocato Trupiano, 5 gennaio 2004
Un giovane di appena 22 anni sarebbe stato trovato morto, completamente nudo, in data 22 dicembre 2004, nel carcere napoletano di Secondigliano. Lo abbiamo appreso dal detenuto Francesco Catgiu, di recente trasferito, da Spoleto, proprio a Secondigliano. Se ne ignorano nazionalità, nome, insomma tutto al di fuori del fatto, appunto, che sarebbe morto.
Nota di "Ristretti": Chi avesse notizie ulteriori su questa vicenda è pregato di farcele avere. Sulmona: il direttore; il suicidio è un fenomeno di emulazione
Il Messaggero, 5 gennaio 2004
A vederlo ha un aspetto mite, il nuovo direttore Giacinto Siciliano. Fu lui ad assumere nel 2003 la difficile eredità di una struttura penitenziaria, fortemente scossa dal suicidio della direttrice,Armida Miserere, su cui gravava la fama di essere un carcere "duro" per i metodi di una donna abituata a gestire realtà estreme con polso di ferro. Eppure a pensarci bene, fino a quel momento non era successo niente. "Ogni suicidio reca con sé una forte carica di emulazione. Noi parliamo di effetto "volano": dopo un suicidio, ne segue un altro. Il suicidio della direttrice era legato a una tragedia personale, ma qualcuno ha pensato: se ci è riuscita lei, lo posso fare anch’io".
Qualche cautela va presa. Quasi tutti, qui dentro, si sono uccisi con i lacci delle scarpe o no? "Esiste un regolamento, noi dobbiamo applicarlo. Non solo i lacci sono consentiti, anche la cintura di pelle che è un cappio perfetto. I detenuti non possono essere espropriati della propria identità. E poi chi vuole uccidersi, alla fine ci riesce. Ricordo un recluso che riuscì a strangolarsi con gli slip, un altro sbattendo la testa contro un muro. Non possiamo adottare la camicia di forza, né controllarli 24 ore su 24. Quando si uccise il sindaco, ricordo che fu Adriano Sofri a cogliere l’aspetto reale, perché conosce la realtà carceraria. Scrisse, se ricordo bene, che per impedire un suicidio occorre rendere la vita impossibile a chi sta dentro. E a volte non basta".
Eppure Valentini era appena arrivato, sotto choc. Non va garantita più attenzione almeno nei primi giorni? "La detenzione con questo suicidio non c’entra davvero nulla. Il sindaco non l’ha neppure visto il carcere, era in una camera di sicurezza, trattato con riguardo com’era giusto che fosse. Era più fragile di come appariva. Chi avrebbe detto che Cercola pensava di uccidersi? Non manifestava disagio, in una certa fase lo psicologo cercò di dialogare con lui. Si stupì: sto benissimo, che succede? Sono venuti parlamentari, associazioni, faranno così anche stavolta. Non abbiamo niente da nascondere. Questo è un carcere di sicurezza, collocato in una città che lo ignora. Una ventina di detenuti hanno esposto quadri in una galleria: pochi sono andati a vederli, nessuno li ha comprati. È la fine del rapporto con l’esterno, la fine della speranza". Sulmona: il medico; in queste celle suicidio è fisiologico
Il Messaggero, 5 gennaio 2004
Tutti gli occhi sono ormai puntati sul carcere. Il plumbeo penitenziario di via Lamaccio, che negli ultimi due anni ha inghiottito la vita di quattro detenuti e una direttrice: la ferrea Armida Miserere che a Pasqua del 2003 ha aperto la triste sequenza di morti violente con un colpo di pistola nell’alloggio di servizio. Il corpo di Guido Cercola è ancora all’obitorio, in attesa che un’ex moglie polacca e una giovane figlia autorizzino l’autopsia. Per ora non ci sono dubbi: il boss, condannato all’ergastolo per la strage al treno 904, si è suicidato. Come il sindaco di Roccaraso Camillo Valentini, l’estate scorsa, come altri detenuti mafiosi prima di lui. Nessun mistero. Il pm Aura Scarsella ha aperto un fascicolo, pura formalità, inevitabile quanto inutile. Dice: "Certo se non si trattasse di suicidio sarebbe storia seria. Ma al momento non ci sono dubbi: Cercola era solo in cella, ha mangiato, poi ha avuto un momento di sconforto e ha deciso di farla finita. Non sarebbe mai uscito dal carcere e lo sapeva". Una storia semplice. Non ci sono altre ecchimosi oltre a quelle lasciate dai lacci delle scarpe che Cercola ha stretto attorno al collo. Se non fosse un uomo dai mille misteri, la sua morte sarebbe passata sotto silenzio: invece quella prima strage di mafia, 16 morti alla vigilia di Natale del 1984, è ancora un enigma. Prima di mettere la parola fine, occorre aspettare i risultati dell’autopsia e magari leggere dietro le righe del messaggio per capire se si tratta davvero dell’addio di un suicida. "La sua morte ha colto di sorpresa tutti i detenuti del braccio", spiega il responsabile sanitario del carcere Fabio Federico. Poi: "Cercola era uno "stabilizzato", come diciamo noi: la sua vita ruotava attorno ad abitudini fisse, giocava a calcetto tre volte a settimana, ci teneva moltissimo. Trascorreva molto tempo da solo, è vero, ma gli ergastolani hanno diritto alla singola quando è possibile. Con noi non si è mai lamentato". Eppure il suo avvocato afferma che quattro mesi fa aveva già tentato il suicidio di tagliarsi le vene. "Sinceramente a noi non risulta, non era neppure il tipo di fare una cosa del genere: roba da extracomunitari, gesti dimostrativi di chi non pensa affatto a uccidersi. Nel suo incartamento c’è un accenno ad un tentativo di suicidio, ma risale a molti anni fa, prima che fosse trasferito a Sulmona". Ma cosa c’è in questo carcere che non funziona? Risponde il medico: "La verità è che si tratta di una struttura difficile, con ospiti senza speranza di riscatto. Un certo numero di suicidi è fisiologico". Non tutti ne sono convinti: l’amministrazione penitenziaria ha deciso di aprire un’indagine. E c’è chi chiede di chiudere subito il carcere di Sulmona. Lo fa il Codacons, in una lettera inviata al ministro Castelli. "Il quarto suicidio in due anni - scrive il presidente Carlo Rienzi - fa nascere troppi sospetti e domande. In attesa che la magistratura accerti i fatti si proceda a una chiusura cautelativa". Giustizia: Borrelli; prescrizione più breve ingolferà i tribunali
Ansa, 5 gennaio 2004
"La riduzione della prescrizione incentiva a tirare in lungo i processi. Se uno sa che trovando cavilli su cavilli può rinviare la sentenza fino alla prescrizione, cerca di far impantanare i processi. E il lavoro della magistratura si ingolfa ancora di più". L’ex procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli si schiera contro la riduzione della prescrizione in un’intervista a Vanity Fair, in edicola domani. E segnala la "disparità" che viene così a crearsi "tra ricchi e poveri: chi può permettersi avvocati che sanno rallentare i processi, riesce ad arrivare alla prescrizione e farla franca. I poveracci patteggiano perché non si possono pagare un avvocato". Nella sua prima lunga intervista da quando tre anni fa ha lasciato la magistratura, Borrelli parla anche degli anni di Mani Pulite e della enorme popolarità raggiunta allora da Antonio Di Pietro. "Lui ha perso un po’ la testa - dice Borrelli dell’ex pm - Non ha retto e ha lasciato la magistratura. Non so se lo ha fatto perché era sotto inchiesta o perché voleva capitalizzare la notorietà entrando in politica. Gli dissi in faccia che consideravo le sue dimissioni una diserzione. Se ne andò dopo l’avviso di garanzia a Berlusconi, proprio mentre doveva proseguire il processo". E sul fatto che poco dopo Berlusconi disse in tv che gli risultava che Di Pietro fosse stato contrario a quell’avviso di garanzia, Borrelli aggiunge: "Telefonai subito a Di Pietro sul cellulare e gli dissi: o smentisci subito o non ti fai più vedere a Palazzo di Giustizia perché ti faccio volare giù dalle scale". Infine l’ex procuratore torna sul suo "resistere, resistere, resistere" per dire: "non è stata un’idea mia, ho solo copiato. Era una frase di Vittorio Emanuele Orlando, presidente del Consiglio nel 1917, che dopo il disastro di Caporetto fece scrivere "resistere, resistere, resistere" su quelle cartoline giallognole che si usavano allora. Dissi che bisognava resistere come se fossimo sulla linea del Piave". Torino: delitto di Novi Ligure, Omar potrà avere permessi
Corriere della Sera, 5 gennaio 2004
Omar Favaro, 21 anni, potrà lasciare il carcere in permesso premio purché presenti un progetto di volontariato. Il giovane, quasi quattro anni fa, con l’allora fidanzata Erika, uccise la madre e il fratello di lei. La decisione è stata presa dal tribunale di sorveglianza dei minori di Torino, accogliendo il ricorso contro il provvedimento del giudice che aveva negato al ragazzo la possibilità di trascorrere il Natale a casa. Omar potrebbe chiedere di svolgere attività di volontariato in una parrocchia o in un ospedale, un buon proposito che aveva già espresso durante il processo d’appello, quando aveva detto ai giudici: "Fatemi lavorare, voglio rendermi utile". "È un aspetto positivo della legislazione minorile - sostengono gli avvocati del giovane - perché va nell’ interesse della rieducazione del ragazzo, che è preminente rispetto a ogni altra esigenza. Nello stesso tempo diventa uno stimolo per Omar a non interrompere il processo di rieducazione iniziato da tempo". Omar ha ripreso in mano i libri con buoni risultati: in estate ha sostenuto l’ esame per passare dal corso di perito tecnico a ragioneria, fa parte del gruppo di studio dei detenuti, collabora a tutte le attività carcerarie compresa la redazione di una pagina che periodicamente viene pubblicato su un quotidiano astigiano. Giustizia: Matteoli (An) contro ergastolo per attentati a premier
Corriere Adriatico, 5 gennaio 2004
Piena solidarietà al presidente del consiglio Berlusconi per l’accaduto di Piazza Navona, ma nessun sostegno alla proposta di legge per dare l’ergastolo a chi attenta ad un presidente del consiglio. È questa la posizione del ministro dell’ambiente Altero Matteoli, che ha preso le distanze dalla proposta di legge annunciata dal suo compagno di partito Coronella con cui si prevede la pena del carcere a vita per chi compie attentati ai danni del capo del governo. "Non metterò mai la mia firma sotto un progetto di legge che preveda l’ergastolo per chi attenta al presidente del consiglio, anche se viene presentato dal mio partito" ha spiegato Matteoli, aggiungendo: "apprezzo molto la posizione di Berlusconi che ha scelto la strada del perdono, anche se quello del muratore mantovano Dal Bosco resta un atto delinquenziale che non può essere nobilitato con parole come quelle di Rosi Bindi o Mario Luzi". E anche l’onorevole Cento plaude all’operato del premier. "La lettera di Dal Bosco a Berlusconi e la successiva telefonata del premier con la decisione di non denunciare l’operaio mantovano sono gesti civili che vanno apprezzati". "Ora Berlusconi metta il silenziatore ai suoi che sono stati sconfessati da questo gesto di civiltà". Milano: morto senza dimora, polemica su accoglienza clandestini
Redattore Sociale, 5 gennaio 2004
La morte di un senza dimora a Milano, le polemiche sull’accoglienza dei clandestini nei centri aperti dal Comune, le nuove leve dell’emarginazione:cinesi e una popolazione dall’Est sempre più giovane. A Milano in questi giorni i temi dell’emarginazione grave sono tornati d’attualità. Magda Baietta è responsabile della Ronda dellla Carità, storica unità mobile per l’assistenza ai senza tetto di Milano e proprio oggi si è recata insieme ad altri rappresentanti di associazioni milanesi, in obitorio per vedere se erano in grado di riconoscere la persona morta la notte scorsa nei dintorni di viale Umbria. "Purtroppo non la conoscevamo: sembra rumeno o comunque dell’Est. Sembra davvero che non sia morto di freddo ma di un malore". Una persona ammalata che rifiutava l’aiuto delle unità mobili e che non voleva farsi ricoverare per paura di essere espulso. "Di situazioni così ce ne sono tantissime - dice Magda Baietta -: li incontriamo ogni sera quando usciamo con il camper dell’unità mobile. Molti soffrono un profondo disagio psichico. Sono stranieri in Italia da tempo, il cui progetto è fallito e si lasciano sprofondare. Difficile intercettarli". Ma come non bastasse, a rendere più difficili le cose c’è anche altro, realtà con cui chi lavora sulla strada si scontra ogni giorno: "La situazione di tanti senza dimora ammalati è a volte paradossale: ho seguito in questi giorni la vicenda due senza dimora stranieri, uno pakistano e uno dello Sri Lanka: entrambi irregolari, ammalati e ricoverati in ospedale. Hanno avuto lo status di stp (stranieri temporaneamente presenti, ndr) che gli permette di restare in Italia per cure mediche. Ebbene, quando sono usciti dall’ospedale non è stato possibile ospitarli nei centri d’accoglienza del Comune perché serve il permesso di soggiorno. Hanno un documento per restare, ma non possono essere ospitati", racconta Baietta. E malattia ed emarginazione si incrociano spesso : "Sono tanti i senza dimora con problemi di disagio psichico. È difficile avvicinarli, rifiutano i grandi centri di accoglienza dove hanno paura di andare. Per queste persone, spesso immigrati non più giovani, ci sarebbe bisogno di strutture di piccole dimensioni". E sulla strada ci sono le nuove leve dell’emarginazione: cinesi e ragazzi sempre più giovani dell’Europa dell’Est. "Per la prima volta ci siamo trovati a dover far fronte a richieste d’aiuto da persone cinesi. Sono almeno in quindici, dormono sui treni della Stazione Garibaldi e davvero è la prima volta che ci capita", dice Baietta che avanza anche una spiegazione. "Prima molti di loro che lavoravano negli scantinati, spesso sfruttati, trovavano però anche ospitalità. Ora i datori di lavoro temono i controlli della polizia e la sera li mandano via, così devono dormire in strada", spiega la responsabile della Ronda della Carità. Nuovi immigrati senza dimora, come sempre più giovani sono gli stranieri dell’Est che arrivano nel nostro Paese. "Giovanissimi, neanche vent’anni, soprattutto rumeni - racconta Magda Baietta -. Non hanno nulla e chiedono coperte per dormire in strada". Droghe: Milano, progetto di Asl e Comune per i genitori
Redattore Sociale, 5 gennaio 2004
Conoscere la droga e i suoi effetti, ma soprattutto aiutare i genitori a capire cosa spinge i propri figli verso il consumo di sostanze. È l’obiettivo di quattro incontri che si svolgeranno presso la Casa per la Pace di Milano a partire da lunedì 10 gennaio. Il ciclo fa parte del progetto "Luoghi comuni mai scontati", inaugurato due anni fa dal Comune di Milano in collaborazione con la Asl per offrire ad un pubblico adulto un percorso di sensibilizzazione sui problemi della tossicodipendenza. Gli incontri sono curati dagli esperti delle cooperative sociali A77 e Lotta contro l’emarginazione, dall’associazione Ala Milano e dal Centro accoglienza e trattamento dipendenze. Una parola giusta può allontanare un figlio dalla rete della droga, ma spesso è molto difficile da trovare. Per questo sono stati pensati gli incontri del progetto "Luoghi comuni mai scontati", realizzato nell’estate del 2002 dal Comune di Milano con i finanziamenti della legge 45/99 sul Fondo nazionale per la lotta alla droga. "Si sono voluti offrire momenti di sensibilizzazione per adulti, raggiungendoli nei loro contesti di lavoro e di aggregazione sociale" - spiega Rita Gallizzi dell’associazione Lotta contro l’emarginazione. Nel primo anno del progetto, le venti persone appartenenti al gruppo di lavoro responsabile del progetto si sono occupate della formazione degli operatori e dell’implementazione dei moduli operativi. Nel secondo anno sono stati contattati luoghi di lavoro, associazioni culturali, ricreative e sportive a cui proporre gli incontri di formazione. "Per quanto riguarda la categoria luoghi di lavoro sono state contattate un migliaio di aziende di Milano – spiega Rita Gallizzi -, ma purtroppo sono stati portati a termine soltanto un paio di percorsi". La proposta è stata accolta tiepidamente anche dalle associazioni sportive, mentre hanno mostrato maggior interesse altri centri di aggregazione come la Casa per la Pace. Nel primo incontro, in calendario lunedì 10 gennaio dalle 15 alle 17, si parlerà di prevenzione e fattori protettivi rispetto all’uso di stupefacenti. Nei tre appuntamenti seguenti, previsti per il 17 e 24 gennaio e per il 1 febbraio, si discuterà di relazione e comunicazione tra adolescenti e adulti, motivazioni che inducono al consumo di sostanze e lettura critica del fenomeno del consumo di alcol e droghe. Ai partecipanti viene fornita una dispensa con le schede delle sostanza stupefacenti e un glossario contenente le parole chiave che contraddistinguono la relazione tra adulti e adolescenti. Bari: progetto "Chiccolino" per lotta alla criminalità minorile
Ansa, 5 gennaio 2004
Il Centro Giustizia minorile di Bari, la Prefettura di Bari e i Comuni di Bari, Bitonto e Modugno hanno sottoscritto un Protocollo d’intesa tra per la realizzazione del progetto "Chiccolino". Il progetto, presentato nell’ambito del Pon Sicurezza e finanziato dal Ministero dell’Interno è finalizzato alla lotta alla criminalità minorile ed all’educazione alla legalità. Il progetto finanzierà la ristrutturazione di un immobile sito in Bari confiscato alla mafia, destinandolo a Centro di Prima Accoglienza e Comunità per minori sottoposti a provvedimenti giudiziari penali e la realizzazione di un campo di calcetto all’interno dell’Istituto penale minorile "Fornelli". Saranno inoltre finanziati percorsi di inserimento lavorativo, centri di aggregazione e progetti di educazione alla legalità nei Comuni di Bitonto e Modugno che gravitano nell’area industriale barese. Droghe: Bari, progetto prevenzione comportamenti a rischio
Ansa, 5 gennaio 2004
I Servizi della Giustizia minorile di Bari partecipano insieme ad altre istituzioni locali, la Prefettura, il Ser.T., il Comune, la Scuola, le Forze dell’Ordine, la Provincia, il Dipartimento Salute Mentale, il Consultorio Familiare, il Privato sociale, associazioni di volontariato ed altri Enti, al progetto promosso dalla Prefettura di Bari, "Risch’io", finanziato ai sensi della legge 309/90. Il progetto prevede un’attività di "ricerca/intervento" della durata di circa due anni con finalità di analisi-approfondimento sui giovani a rischio, nuove dipendenze, doppia diagnosi, per l’individuazione di più efficaci forme di prevenzione della tossicodipendenza, anche in un’ottica di educazione alla legalità. Milano: ritratto di Gloria Manzelli, nuova direttrice di San Vittore
Corriere della Sera, 5 gennaio 2004
Ha orientato la sua laurea in giurisprudenza verso il carcere, lasciandosi alle spalle la sua amata Rimini. "Di fare l’avvocato mi è passata subito la voglia. Ho partecipato a un concorso per dirigente carcerario e l’ho vinto: primo approdo San Vittore, nel maggio del ‘91, a fianco di Luigi Pagano". E parla di quell’esperienza come di un incontro fatale: "Pagano è uno che ti fa innamorare del carcere, coinvolgendoti in un lavoro costruttivo, aperto e fantasioso. Erano i tempi duri di tangentopoli: 2.500 detenuti. Mi dedicai molto al sesto raggio, quello dei protetti, il più problematico e disagevole. Non c’era nulla, uno strazio, un’angoscia. Grazie a un extracomunitario mettemmo in piedi un tentativo di biblioteca. Beh, posso dirlo: a San Vittore mi sono fatta le ossa". Il resto della carriera di Gloria Manzelli è una sorta di circuito lombardo: direttrice a Lodi nel ‘93, idem a Brescia nel ‘97 e poi questa consacrazione: l’eredità di Pagano a San Vittore, a poco più di quarant’anni. "Dovrei tremare, ma Pagano è convinto che ce la farò: la sua fiducia mi dà coraggio. Un carcere come questo, così grande e complesso, nel cuore di una grande città, può essere gestito solo con una mediazione tra la sicurezza e il trattamento. In termini più chiari, con rispetto delle norme, ma utilizzando le idee, le iniziative e le possibilità che Milano offre". Gira e rigira, Milano è entrata nel cuore di una riminese che non immaginava "si potesse vivere in una città senza mare". E l’idea di trasferire San Vittore in un posto lontano viene subito bocciata: "Un carcere deve sentire i rumori e i palpiti della città. Il silenzio è angoscia. Il filo diretto con Milano è vitale. Io spero di mantenerlo, anzi intensificarlo". Quando apro il capitolo dei volontari, gli occhi di Gloria Manzelli sorridono: "Mi sa dire lei come potrebbe vivere San Vittore con tre sole educatrici, se non ci fossero i volontari?". Poi mi parla della volontà di rapporti diretti con i detenuti, di udienze, di giri per le celle". E mi par di vedere un Pagano in gonnella, un bel palmo più alto, con i capelli lunghi, crespi e corvini. Buon lavoro, nostra signora di San Vittore. Candido Cannavò Como: docenti di lingue, pioggia di offerte per il Bassone
Provincia di Como, 5 gennaio 2004
Babbo Natale ha fatto trovare una bella sorpresa sotto l’albero dei detenuti del Bassone. L’appello che aveva lanciato Ida Morosini, storica figura del volontariato nel carcere comasco, non è caduto nel vuoto. In tantissimi hanno infatti risposto alla richiesta di docenti volontari che potessero dedicare qualche ora all’insegnamento dell’inglese e del francese agli ospiti della struttura penitenziaria. Talmente tanti che gli operatori hanno potuto completare con facilità l’organico necessario per le lezioni, avendo ancora a disposizione volontari "in eccesso" che potranno coprire le eventuali assenze dei "docenti titolari". Da venerdì, alla ripresa delle attività dopo la pausa natalizia e completato l’iter burocratico delle autorizzazioni all’ingresso, anche i nuovi insegnanti potranno così salire in cattedra. L’idea di introdurre l’insegnamento delle lingue straniere in carcere fa innanzitutto fronte all’urgente bisogno di comunicazione con detenuti che sono spesso stranieri, ma si inserisce anche in un quadro di iniziative di formazione già da tempo portato avanti al Bassone, come il corso di Ragioneria della sezione Alta sicurezza e la biblioteca. "Siamo profondamente convinti - spiega la signora Morosini - che l’istruzione e il libro abbiano il magico potere di rendere davvero tutti liberi, principalmente dall’ignoranza, che poi è la peggiore di tutte le prigioni, ma, in un carcere, hanno una valenza in più, in quanto forniscono ai detenuti gli strumenti adeguati e congeniali ai percorsi trattamentali contemplati e suggeriti dalla legge nell’ottica rieducativa e riabilitativa della pena". L’obiettivo da raggiungere per i volontari ora è quello di riuscire a istituzionalizzare corsi regolari di suola secondaria superiore in tutte le sezioni del carcere e stipulare una convenzione tra Comune, Provincia e carcere per formalizzare in termini giuridici ed economici la figura del coordinatore bibliotecario esterno al carcere, per garantire ufficialità e continuità al servizio bibliotecario interno che oggi grava ancora interamente sulle spalle dei volontari. Nuoro: trecento libri a Badu ‘e Carros, il regalo dei nuoresi
L’Unione Sarda, 5 gennaio 2004
Sarà una biblioteca rinnovata e completa, costituita da libri di tutti i generi che troveranno posto negli scaffali appositamente predisposti nel penitenziario di Badu e Carros. Dalla saggistica, ai romanzi, per passare poi ai classici, alla narrativa italiana e straniera, arricchita naturalmente da molte pubblicazioni sulla Sardegna e di autori della nostra isola. Ma sarà soprattutto una biblioteca nata e cresciuta grazie al contributo e al pensiero della gente che crede ancora nei valori di solidarietà e altruismo verso i meno fortunati o ai margini per colpe proprie o altrui. Inizia a dare i primi confortevoli risultati l’iniziativa "Liberamente regala un libro ad un detenuto, gli donerai la libertà di un sogno", promossa dall’assessorato ai Servizi sociali del capoluogo in collaborazione con l’amministrazione carceraria, i librai cittadini e le case editrici "Maestrale", "Illisso" e l’Istituto regionale etnografico. Sono quasi trecento i volumi acquistati in poco meno di quindici giorni nelle librerie cittadine a prezzi scontati all’interno della campagna inaugurata a pochi giorni dal Natale e che continuerà ancora per diversi mesi. "Siamo veramente soddisfatti - dicono alla libreria Novecento di via Manzoni, - la risposta della gente è stata entusiasta e senza timori, in molti hanno scelto con cura il libro da donare associando una dedica o un pensiero all’immaginario utente". Qui i volumi acquistati, soprattutto dai clienti affezionati, che andranno ad aumentare il patrimonio della biblioteca di Badu e Carros sono stati, a ieri, ben centocinquanta per un valore che supera i millecinquecento euro. Non dappertutto è andata così bene come alla Novecento, ma in tutte le librerie i clienti hanno guardato con curiosità e la dovuta attenzione all’originale iniziativa che cerca di rendere la realtà della popolazione penitenziaria meno distante dalla città e dall’intero territorio. "C’è stata una bella risposta - dice Pierfranco Fadda della libreria Mondadori di corso Garibaldi - chi ha acquistato lo ha sicuramente fatto dopo una scelta attenta e di qualità". Nessun titolo casuale insomma, ma una cernita ben ponderata tra i tanti volumi a disposizione. In molti hanno preferito donare un libro dai contenuti non troppo forti, capace comunque di regalare emozioni e di far viaggiare la fantasia del lettore anche nel luogo più chiuso e angusto per antonomasia come il carcere. "Liberamente è piaciuta molto ai giovani - ha detto Rino Del Rio della libreria 2R - che hanno optato per titoli e generi davvero interessanti e diversi tra loro. Dai saggi e romanzi di nomi affermati non solo nell’isola come quelli di Marcello Fois, Giorgio Todde e Maria Giacobbe alle poesie di Pablo Neruda e di altri maestri del pensiero del Novecento". Non nasconde la soddisfazione naturalmente l’assessore alle Politiche sociali della giunta guidata dal sindaco Mario Zidda, Graziano Pintori, per un’iniziativa di ampio respiro. "Trecento volumi acquistati in soli dieci giorni sono già, seppure ancora parziale, già un ottimo risultato - commenta Pintori - esprimo la piena soddisfazione per il carcere che avrà un dono dalla città particolarmente significativo e un ringraziamento ai nuoresi che non hanno fatto mancare nemmeno questa volta il loro sostegno". Canada: in uso sistema per intercettare telefonate dei detenuti
Mytech, 5 gennaio 2004
I responsabili del carcere giudiziario di Edmonton, in Canada, hanno deciso di installare un sistema informatico che permette di intercettare le telefonate dei detenuti. Gli avvocati difensori hanno definito il sistema incostituzionale, mentre le autorità locali sostengono che la decisione è stata presa per proteggere i cittadini dalle telefonate minatorie. Con il nuovo sistema i detenuti potranno telefonare liberamente a qualunque avvocato della provincia, alle associazioni che fanno volontariato in carcere, alla polizia e al difensore civico. Tutte le altre chiamate saranno intercettate. Il sistema, inoltre, impedisce le telefonate verso i cellulari. Latina: pochi spazi e servizi, condizioni igieniche precarie
Il Messaggero, 5 gennaio 2004
Celle sovraffollate, condizioni igieniche deplorevoli, personale insufficiente. Il carcere di Latina è stato analizzato dall’associazione "Antigone" che si occupa dei diritti dei detenuti e studia il sistema penale. Ogni anno l’associazione effettua un monitoraggio su tutte le carceri italiane, fornendo numeri e dettagli sul loro funzionamento e sottolineando eventuali carenze e disfunzioni. Il rapporto pubblicato pochi giorni fa descrive "una struttura degradata con numerose infiltrazioni di umidità su tetti, rivestimenti e pareti. Ci sono segni di varie ristrutturazioni e rimaneggiamenti edilizi non completati". Il rapporto parla di celle grandi circa 20 metri quadrati, compreso il gabinetto, che ospitano dalle 3 alle 6 persone. Generalmente nelle celle ci sono 2 letti a castello da tre posti ognuno. Una sala "polivalente" (senza finestre) funziona come palestra, scuola e cappella. "I passeggi sono due - scrivono i responsabili dell’associazione "Antigone" - uno è all’aperto ma è coperto da una rete per proteggerlo da lanci di materiale dall’esterno. L’altro è coperto. Sono in cemento, risulta proibitivo il soggiorno in estate; nell’accesso al passeggio c’è un gabinetto alla turca sporco e maleodorante, senza porta. L’infermeria del settore maschile, che comprende quattro posti per la degenza è fatiscente: il linoleum del pavimento è a pezzi, i muri sono scrostati e sporchi". Insomma, la situazione descritta è allarmante. Ma il problema più grave resta quello del sovraffollamento. I numeri parlano chiaro: la capienza del carcere è di circa 94 posti ma all’interno sono rinchiusi circa 150 detenuti. Gli stranieri rappresentano circa il 35% del totale, si tratta soprattutto di cittadino romeni in carcere per reati contro il patrimonio e di tunisini per reati di droga. I detenuti in attesa di sentenza definitiva sono il 70% del totale. Quelli in regime di carcere speciale sono 20. Lo staff del carcere è composto dal direttore, due educatori, 154 agenti di polizia penitenziaria (110 uomini e 44 donne). Molti di loro sono pendolari provenienti da Napoli e Caserta "il che - si legge nel rapporto - per loro esplicita dichiarazione, porta molto assenteismo". Il personale sanitario è composto da 3 medici incaricati, 8 medici Siass e 8 paramedici. "La mancanza di spazi - continua il rapporto - lede i livelli di vivibilità, per cui si verificano emergenze continue di detenuti in crisi di astinenza ed episodi di autolesionismo". Molti servizi sanitari sono stati soppressi: restano attivi solo quello odontoiatrico e cardiologico. I turni dei dipendenti sono massacranti, fino a 14 ore di lavoro consecutivo. L’associazione "Antigone" è nata alla fine degli anni ottanta ed è stata promossa, tra gli altri, da Massimo Cacciari, Stefano Rodotà e Rossana Rossanda. Sulmona: l'autopsia conferma il suicidio di Guido Cercola
Il Messaggero, 5 gennaio 2004
Ieri pomeriggio il dottor Ildo Polidoro, medico legale di Lanciano, ha eseguito l’autopsia sulla salma di Guido Cercola, il braccio destro di Pippo Calò, cassiere della mafia, condannato all’ergastolo insieme a lui perché ritenuto responsabile della strage di Natale del 1984 allorché una valigia piena del terribile T4, l’esplosivo con cui sono stati firmati tutti gli atti di terrorismo, esplodeva sul Rapido 904 mietendo 16 vittime e facendo oltre 250 feriti. Sui risultati immediati dell’autopsia non ci dovrebbero essere dubbi: conferma del suicidio; per gli altri esami tossicologici, se verranno richiesti, si dovranno attendere i giorni necessari per le analisi. Il ritardo che si è verificato nella esecuzione dell’esame autoptico è stato determinato dal fatto che la legge impone al magistrato che segue la vicenda di notificare a tutti gli interessati, e quindi anche ai familiari, la data il luogo e l’ora in maniera da permettere la presenza dei legali di parte. Per la ricerca dei familiari, in particolare di una figliola di Guido Cercola, c’è stato qualche problema che poi si è risolto. Si è chiusa con un ultima, disperata professione di innocenza, vergata da Guido Cercola su un foglio di carta poco prima di darsi la morte e chiudere con un’altra sconfitta la sua partita con la Giustizia, quella Giustizia che in tutti e tre i gradi di giudizio lo aveva riconosciuto colpevole, unitamente a Pippo Calò, di quella strage della quale si è sempre professato innocente. Ad inchiodarlo fu il ritrovamento di 11 dei 12 detonatori a distanza e dell’esplosivo in casa di un suo amico, materiale che Cercola non negò di possedere ma per il quale non riuscì mai a convincere giudici e giuria della sua estraneità alla strage. Guido Cercola e Pippo Calò sono in pratica gli unici imputati, tra i tanti, riconosciuti colpevoli di una strage con condanna passata in giudicato. La lettera contro la Commissione Stragi getta un’ombra sinistra sull’intera vicenda, quasi a voler legare alla sua morte drammatica una patente d’innocenza per Pippo Calò. Una storia che sicuramente non mancherà di aprire nuove polemiche, anche per le illazioni che sono venute da parte della commissione Mitrockin e per la ventilata colpevolezza del capo terrorista Carlos, "responsabile" di tante azioni terroristiche. Sulla vicenda puntuale è arrivato l’inserimento del Codacons che annuncia di aver chiesto al ministro della Giustizia Castelli la chiusura di quello che ha definito "il carcere dei suicidi" e, inoltre, "l’apertura di indagini approfondite per capire come ami tra le mura del penitenziario di Via Lamaccio si registri un così alto numero di suicidi", quattro negli ultimi due anni. Reggio Calabria: concerto natalizio nel carcere di Paola
Quotidiano di Calabria, 5 gennaio 2004
Presso la Casa circondariale di Paola si svolto un concerto natalizio. L’iniziativa è stata promossa da padre Vincenzo Arzente del Santuario di Paola di concerto con la direttrice del carcere, Caterina Arrotta. La corale di San Francesco si è esibita sotto la direzione del maestro Angelo Antonio De Santo. La manifestazione ha voluto donare ai detenuti un momento di armonia con canti e musiche tradizionali natalizi. Tra le autorità presenti vi era fra gli altri il sindaco della città, Roberto Perrotta.
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