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Droghe: 16.000 detenuti tossicodipendenti, solo 3600 in comunità
Redattore Sociale, 27 gennaio 2005
Su 56mila detenuti in Italia, oltre 16mila sarebbero tossicodipendenti; solo 3.600 sono stati affidati a una comunità, come misura alternativa alla detenzione. Ma secondo il senatore Luigi Manconi, Garante per i detenuti del Comune di Roma, le persone con dipendenze dietro le sbarre sarebbero 24mila, mentre l’avvocato Angiolo Marroni, Garante per i detenuti della Regione Lazio, circa il 25-27% dei reclusi è tossicomane, di cui più della metà sta scontando la pena definitiva che - nella maggioranza dei casi - non supera i 4 anni. "Sarebbero quindi ammissibili alle pene alternative, ma vi accede soltanto il 10%". Nel Comune di Roma, invece, su 1.800 tossicodipendenti presi in carico dai servizi, "una buona percentuale viene dal carcere; stiamo per aprire una struttura per madri dipendenti", ha annunciato a margine dei lavori l’assessore alle politiche sociali, Raffaela Milano. I dati sono stati presentati in occasione del convegno "La tossicodipendenza, il carcere, le alternative", in corso all’Hotel Villa Pamphili, promosso dal Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap). "Su oltre 16mila tossicodipendenti in carcere, ovvero persone che hanno avuto esperienze non sporadiche di consumo e dipendenza dalla droga, quasi la metà - circa 7.200 - sono trattenuti in stato di detenzione per reati esclusivamente attinenti al mondo degli stupefacenti, in grande prevalenza per fatti di cessione qualificabili come episodi di lieve entità", ha rilevato Sebastiano Ardita, responsabile della Direzione generale dei detenuti e del trattamento presso il Dap, osservando: "Questi numeri danno esattamente la misura di come la repressione del commercio degli stupefacenti finisca inevitabilmente con il travolgere, in buona parte, anche i tossicodipendenti, benché essi siano i soggetti che per primi la legge intenderebbe tutelare con la lotta al mercato della droga". Quindi – ha concluso Ardita – "la ordinaria condizione carceraria non solo non risulta idonea a produrre un effetto di dissuasione nei confronti del tossicodipendente che ne patisce gli effetti (fallimento della funzione di prevenzione sociale), ma neanche funge da elemento di dissuasione per gli altri tossicodipendenti, che rispetto al delitto ricevono impulso alle proprie motivazioni dalla necessità economica di fare fronte ai bisogni indotti dalla devianza primaria". In sintesi, la detenzione dei tossicomani "non potrà essere vissuta in modo analogo a quella degli altri detenuti". Firenze: nascono i servizi per l'assistenza psicologica ai detenuti
Nove da Firenze, 27 gennaio 2005
Nascono i Servizi di assistenza psicologica per i detenuti delle carceri toscane. Oggi nella sala giunta della Regione è stato sottoscritto un Protocollo d’intesa tra l’Assessorato regionale per il diritto alla salute, il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e la Fondazione "Giovanni Michelucci" per la costituzione di questi nuovi servizi, pensati per intervenire là dove si concentrano le criticità più gravi e preoccupanti, dagli autolesionismi ai tentati suicidi, ai suicidi. "Il diritto alla salute - dice l’assessore regionale Enrico Rossi - è un diritto fondamentale dell’individuo e quindi anche dell’individuo detenuto o internato. La Regione Toscana ha già fatto molto campo dell’assistenza farmaceutica, delle malattie infettive, delle tossicodipendenze. Ora interviene anche in materia di salute mentale. Un migliore benessere psichico comporta un miglioramento della qualità della vita dei detenuti e una migliore gestione anche dal punto di vista della custodia". Con questo accordo la Regione Toscana si impegna a sostenere con 70.000 euro l’attuazione del Progetto "Retintegrare", promosso dal Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria della Toscana, che ha come obiettivo il potenziamento negli istituti di reti operative interprofessionali, aperte ed in collegamento con reti esterne di enti pubblici e del privato sociale, per la presa in carico da parte di esperti psicologi delle detenute e dei detenuti in crisi per l’incarcerazione e rischio di suicidio. Una attività che finora non veniva svolta dall’amministrazione penitenziaria per carenza di fondi ministeriali. Il progetto sarà gestito da un gruppo regionale con la collaborazione della Fondazione "Giovanni Michelucci" e prevede una fase di studio della scelta degli istituti, in base ad indicatori obiettivi (tasso delle più gravi criticità, sovraffollamento della popolazione detenuta, ecc.), l’avvio dei servizi grazie a convenzioni con gli psicologi e il monitoraggio delle varie esperienze. Pisa: sono 109 i senza dimora in carico all’accoglienza notturna
Redattore Sociale, 27 gennaio 2005
Viaggio tra i senza dimora a Pisa. In questi giorni di freddo intenso la città è attiva per far funzionare al meglio il sistema di accoglienza messo in piedi dal comune nel 1997 e oggi gestito dalla Ausl 5 attraverso la Società della Salute. La struttura di accoglienza notturna (Via S. Ermete, 306), nella cui gestione è partner la cooperativa sociale "Il Simbolo", ha una disponibilità in condizioni normali di 17 posti letto, che durante l’emergenza freddo salgono a 25. Un ulteriore posto è riservato alle emergenze sanitarie, alle dimissioni ospedaliere improvvise, a chiunque si trovi in condizioni di salute precarie. Accanto alla struttura notturna, c’è il lavoro degli operatori di strada della cooperativa sociale "Il Cerchio" che ogni sera, insieme ai volontari di Amici della Strada, Ronda della Carità, Comunità di S. Egidio, si muovono lungo le strade per offrire pasti caldi, bevande, coperte e sacchi a pelo. Gli operatori di strada lavorano anche insieme agli operatori dello sportello di accoglienza (di nuovo gestito dal Simbolo) attivo in Via Cesare Battisti 71 ogni mattina e nei pomeriggi di martedì e giovedì dalle 15 alle 17.30. Lo sportello fornisce servizi diurni (bevande calde e docce) e la possibilità di avere colloqui con l’assistente sociale. Sono 780 i colloqui effettuati dagli operatori dello sportello da luglio a dicembre 2004, 109 le persone senza dimora in carico all’accoglienza notturna e 86 le persone in carico agli operatori di strada. Presso la parrocchia cittadina di S. Stefano inoltre è attiva una mensa, gestita dalla Caritas Diocesana di Pisa, che ogni sera offre circa 45 pasti caldi. Anche la struttura per l’accoglienza notturna mette a disposizione ogni sera pasti caldi forniti, in collaborazione con la mensa universitaria pisana, dagli operatori di strada dopo il giro in stazione e nei luoghi della città maggiormente frequentati. Per accedere alla struttura notturna è necessario munirsi di un buono d’ingresso distribuito allo sportello di accoglienza il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9 alle 12. A prescindere dal buono, comunque, chi la sera si trova in strada può rivolgersi direttamente alla struttura e usufruire dei posti disponibili. Il requisito per accedere in ogni caso è essere provvisti di un documento di identità. Per usufruire della mensa presso la parrocchia invece bisogna procurarsi un buono pasto da ritirare al Centro d’Ascolto della Caritas, in Via delle Sette Volte, martedì e giovedì dalle 9 alle 11. Gli operatori attivi allo sportello e presso la struttura accoglienza rispondono al numero 050.982963, dormpubpi@libero.it. Milano: prodotto un documentario sulla "Free Opera Calcio"
Ansa, 27 gennaio 2005
Quintosole è un documentario di 52 minuti che è stato girato fra il 2003 e il 2004 all’interno della casa di reclusione di massima sicurezza di Milano Opera. Il documentario racconta la storia di una squadra di calcio composta da detenuti, il Freeopera, che è stato iscritta al campionato regolare Figc di terza categoria riuscendo a vincerlo e salendo di categoria. In Quintosole il calcio è uno spunto per raccontare la condizione carceraria da un punto di vista nuovo e originale. I carcerati misurandosi con uno sport popolare come il calcio e confrontandosi direttamente con delle squadre di giocatori esterne risultano essere più veri e sinceri nel raccontare i loro problemi e la loro vita in un posto come il carcere. Roma: convegno su tossicodipendenza, carcere e alternative
Comunicato Stampa, 27 gennaio 2005
Roma, 27 gennaio 2005. Hotel Villa Pamphili Via della Nocetta, 105. Il convegno si prefigge di stimolare la riflessione e il dibattito in ordine a nuove metodologie di approccio non custodialistico al problema di tossicodipendenti autori di reati minori attraverso la diffusione dell’esperienza di collaborazione sperimentata a Milano tra Uffici Giudiziari, Amministrazione Penitenziaria, Servizi per le tossicodipendenze e Comunità Terapeutiche, che ha consentito la presa in carico del tossicodipendente da parte degli operatori sociali ed educatori già in fase di convalida dell’arresto, evitando il passaggio attraverso il carcere. Per un nuovo approccio "non custodialistico" al problema dei tossicodipendenti autori di reati minori. Un Convegno organizzato dal Ministero della Giustizia - Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento Il rapporto tra tossicodipendenza e reati minori rappresentata sempre più per l’Amministrazione Penitenziaria una vera e propria sfida. In molte situazioni, il ricorso alla carcerazione si traduce in una extrema ratio dovuta al mancato riconoscimento della condizione patologica del tossicodipendente nella fase processuale. Nell’obiettivo di stimolare la riflessione ed il dibattito politico e sociale al riguardo e per verificare la concreta possibilità di adottare nuove metodologie di approccio "non custodialistico" al problema dei tossicodipendenti autori di reati minori, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia - su iniziativa del Direttore Generale dei Detenuti e del Trattamento Sebastiano Ardita , ha organizzato il Convegno "La tossicodipendenza, il carcere, le alternative" che si svolgerà il 27 gennaio presso l’Hotel Villa Pamphili di Roma . Ai lavori parteciperanno, tra gli altri, il Presidente del Senato Marcello Pera , il Sottosegretario di Stato del Ministero della Giustizia Giuseppe Valentino, il Presidente della Commissione Giustizia del Senato Antonino Caruso , il Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati Gaetano Pecorella, il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tinebra, il Garante per i detenuti del Comune di Roma Luigi Manconi, il presidente della Corte di Appello di Milano Grechi e numerosi magistrati e professori universitari. Per fornire un segno di concreta mobilitazione del sistema giustizia italiano nella gestione delle problematiche della tossicodipendenza, il Convegno vuole in particolare costituire un momento fondamentale di verifica della possibilità di diffondere in altre sedi l’esperienza di collaborazione tra Uffici Giudiziari, Servizi per le tossicodipendenze e Comunità Terapeutiche già sperimentata con successo negli ultimi anni a Milano. Il modello di collaborazione Tribunale/Forze dell’Ordine/Dap/Servizi tossicodipendenze Pubblici e del Privato Sociale può infatti essere esteso ad altre grandi città (in primis si intende verificarne l’applicabilità a Roma, Padova, Reggio Calabria e Catania), evitando in molti casi la detenzione e favorendo il recupero attraverso strutture riabilitative. Una nuova strada per un rapporto più equilibrato e funzionale fra reato consumato, responsabilità e pena. Di basilare importanza per la riuscita del progetto, secondo la strategia elaborata dal Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria, sarà la definizione di linee guida per implementare la collaborazione tra il Giudice Monocratico del rito direttissimo e gli altri servizi della Giustizia e della Sanità, il monitoraggio e la verifica dell’attività dei Servizi Sert attivati nelle città prescelte, il monitoraggio e la verifica dell’efficacia dei percorsi terapeutici extra carcerari seguiti dai soggetti tossicodipendenti, e l’individuazione di indicatori utili a razionalizzare al meglio gli interventi, favorendo così il contenimento del sovraffollamento carcerario e dei relativi costi. Iglesias: Commissione Diritti Civili; situazione inaccettabile
L’Unione Sarda, 27 gennaio 2005
Non è normale fare la doccia con l’acqua fredda in inverno. Non lo è neppure in un carcere. A Iglesias, invece, nella struttura di Sa Stoia da qualche tempo è diventata la norma. Ma ora la protesta dei detenuti arriva in Consiglio regionale. A prendere posizione sono Maria Grazia Calligaris (Sdi) e Paolo Pisu (Rifondazione comunista), entrambi consiglieri regionali e rispettivamente segretaria e presidente della Commissione diritti civili. "Occorre ripristinare immediatamente le condizioni di igiene e salute all’interno del carcere di Iglesias. È inaccettabile che ai detenuti non sia permesso fare la doccia per la mancanza di acqua calda e non sia garantita la presenza del medico durante le ore notturne". I due rappresentanti della Commissione diritti civili ricordano anche che nella casa circondariale alla periferia della città, esiste il problema del sovraffollamento. Fatto che sta provocando situazioni di gravissimo disagio con episodi di autolesionismo fortemente preoccupanti. I due consiglieri regionali ricordano gli ultimi episodi, denunciati domenica proprio sulle pagine de L’Unione Sarda. "La scorsa settimana - aggiungono Calligaris e Pisu - i detenuti hanno evidenziato con una manifestazione di protesta i problemi dovuti al sovraffollamento, la mancanza del riscaldamento, dell’acqua calda e per l’assenza del medico durante la notte. Hanno messo a soqquadro le celle, rifiutato il cibo e hanno battuto violentemente a lungo le inferriate con gli utensili metallici. Sono stati rassicurati, ma dopo sei giorni ancora non dispongono delle docce e l’eccessivo numero di presenze per cella rende ancora più invivibile l’ambiente non certo ospitale". Nelle celle della casa circondariale che si trova sulla provinciale per Villamassargia, si trovano al momento circa cento detenuti. Un numero eccessivo, se si considera che la struttura è stata realizzata per accogliere una sessantina di persone. E questo è il primo disagio evidente. Ma non l’unico. C’è da aggiungere la mancanza di acqua calda (sarebbero in corso dei lavori per riportare la situazione alla normalità, anche se si tratta di un problema segnalato già dal novembre del 2003), l’assenza di un medico in sede nelle ore notturne, lo scarso numero di assistenti. Una situazione che diventa ancora più preoccupante se si considera un altro fatto: gran parte dei detenuti è straniera, soprattutto di origine extracomunitaria e che risiedeva con le proprie famiglie in altre regioni italiane. Stando a Iglesias, quindi, non hanno neppure la possibilità di ricevere le visite dei propri cari. O, almeno, ciò non può avvenire di frequente. Il che contribuisce ad aggravare la situazione di grave disagio in cui si trovano i detenuti nel carcere cittadino. Droghe: carcere meno duro per i detenuti che si curano
Corriere della Sera, 27 gennaio 2005
Celle aperte tutto il giorno, una mensa accogliente e familiare, biblioteca, maggiori possibilità di socializzazione, a patto che si sottoponga alla disintossicazione e a un fitto programma di lavoro e di attività professionale. C’è una nuova opportunità per il detenuto tossicodipendente. Si chiama "Dap prima" un programma che nelle intenzioni del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è destinato a imprimere una svolta di civiltà nel trattamento di una quota importante della popolazione carceraria: degli 82.275 arrestati nel corso del 2004, ben 24.113 (il 29,31%) erano tossici. Una media che si conferma ogni anno. Assieme ad un altro fenomeno: un turnover frenetico dei detenuti con problemi di droga. Nello scorso anno sono entrati 24.113 tossici in cella. E ne sono usciti 23.500. Il progetto, che verrà presentato stamane in un convegno a Roma dal direttore del Dap, Giovanni Tinebra, fortemente voluto dal ministro della giustizia Roberto Castelli, si basa sulla costituzione di cosiddette isole a custodia attenuata (Icat), dove viene sanato il corto circuito di informazioni e servizi che attualmente consente questo transito. "Il turnover - spiega Sebastiano Ardita, responsabile del trattamento dei detenuti - dipende dal fatto che spesso il giudice non sa che è tossicodipendente e che è disposto a disintossicarsi. In questo lasso di tempo burocratico il detenuto si trova a vivere per 5-10-20 giorni in cella. Il progetto invece crea una rete tra il Sert, la procura della repubblica e il tribunale. In modo che subito dopo l’arresto un gruppo di esperti si prenda in carico il tossicodipendente e gli proponga subito il trattamento. E individui anche la comunità disposta ad accoglierlo". Tra i tossicodipendenti detenuti è alta la percentuale di stranieri: nel 2004, 6.248 arrestati erano immigrati con problemi di droga. Gran parte dei tossici, stranieri e italiani, entra in carcere per violazione della legge sulla droga: sono stati 8.380 nel 2004. Malgrado sia stata abolito dopo il referendum l’arresto per il consumo personale di droga, infatti, molti tossicodipendenti finiscono in carcere con l’accusa di spaccio. Milano: omicidio Desirée; smentita la scarcerazione di Mattia
L’Unione Sarda, 27 gennaio 2005
Non era vero: Mattia, 16 anni, il più giovane dei quattro condannati per l’efferato omicidio di Desiree Piovanelli, non è affatto sul punto di uscire dal "Beccaria", dove sta scontando una condanna definitiva a 10 anni. Il Tribunale per i Minorenni di Milano ha categoricamente smentito ieri quanto scritto sulla base delle dichiarazioni del legale del ragazzo. Un colossale malinteso? Più verosimilmente, un errore di comunicazione dettato forse dalla fretta di rendere pubblica la notizia dell’imminente scarcerazione di un giovane omicida, del proprio assistito. Fatto sta che le notizie basate su quanto riferito e confermato martedì dall’avvocato Alessandro Ferrari - a proposito della possibilità sancita dal Tribunale dei minori di far uscire dal carcere Mattia per seguire un programma riabilitativo presso una comunità - sono state definite ieri "totalmente destituite di fondamento" dal Tribunale per i Minorenni di Milano (competente a decidere in quanto Mattia è detenuto nell’istituto di pena minorile Beccaria di Milano). "Il giovane - ha scritto tra l’altro il Tribunale dei minori - è attualmente ospite dell’Istituto Beccaria di Milano in espiazione di pena. Non ha fruito di alcun permesso né di altre misure alternative né risultano presentate istanze in tal senso da parte di alcuno". "È in corso - è scritto ancora nel comunicato - la normale attività di osservazione e trattamento all’interno dello stesso Istituto e l’unico provvedimento di questo Ufficio di sorveglianza, emesso su richiesta dell’interessato, riguarda lo scomputo dei 45 giorni di liberazione anticipata per ogni semestre di pena fino ad ora espiato, scomputo che non ha alcun effetto liberatorio". E ancora: una informazione "non corretta" relativa a un minore può nuocere allo stesso ragazzo e al suo "possibile percorso rieducativo", e crea "inutili e pregiudizievoli allarmi nell’opinione pubblica". Martedì infatti era stata immediata la reazione di sconforto del papà di Desirée, massacrata a coltellate dopo un tentativo di stupro nella cascina abbandonata Ermengarda di Leno (Brescia) alla fine di settembre del 2002. "È una vergogna", aveva commentato papà Maurizio Piovanelli, e subito erano venute anche reazioni politiche di condanna, alla notizia della scarcerazione di Mattia. "Vedo le cose in modo un po’ più sereno", ha commentato ieri Piovanelli. Ma ha aggiunto: "La cosa è però rimandata solo di qualche mese. Finirà così", e ha ribadito quanto ha sempre dichiarato: "Vorrei che coloro che hanno ucciso mia figlia scontassero la pena interamente in carcere". Usa: pena di morte, due esecuzioni in Texas e in Georgia
Reuters, 27 gennaio 2005
Ancora due esecuzioni capitali negli Stati Uniti. La scorsa notte nel penitenziario di Huntsville, in Texas, è stato giustiziato con un’iniezione letale Troy Kunkle, 38 anni: nel 1984 con un colpo di pistola alla testa uccise a scopo di rapina un uomo: nel portafogli aveva appena 13 dollari. Sempre la scorsa notte nel penitenziario di Jackson, in Georgia, è stato messo a morte con lo stesso metodo Timothy Carr, 34: nel 1992, massacrò a coltellate e finì con una mazza da baseball un ragazzo di 17 anni. In quest’ultimo caso la difesa aveva sostenuto che l’imputato era incapace di intendere e di volere e succubo della personalità "diabolica" della sua fidanzata. Le ultime dichiarazioni dei condannati sono state di pentimento. Carr è stato il primo detenuto giustiziato in Georgia dall’inizio dell’anno, mentre Krunkle è stato il secondo in Texas. Milano: "L’Oblò" in distribuzione gratuita nelle librerie Feltrinelli
Comunicato Stampa, 27 gennaio 2005
Da oggi, giovedì 27 febbraio, "l’oblò" il mensile dei detenuti de "La Nave", reparto di trattamento avanzato del carcere di San Vittore, è in distribuzione gratuita nelle librerie Feltrinelli di Milano. Questo è stato reso possibile grazie alla collaborazione della casa editrice Kowalski (che da questo numero è anche editore del periodico dei carcerati) e alla disponibilità delle librerie Feltrinelli. La testata, ovviamente, è stata registrata al tribunale, condizione indispensabile per essere distribuita fuori dalle mura di San Vittore. Bologna: appello per donare al carcere libri in lingua straniera
Bandiera Gialla, 27 gennaio 2005
Il Comitato delle Memorie da anni svolge iniziative legate alla promozione della lettura nelle carceri del Pratello e della Dozza. Eventi di commemorazione sono diventati così anche occasioni per donare libri e promuovere cultura. Il 2 agosto 2002, ad esempio, i cittadini bolognesi sono stati invitati ad onorare la memoria della strage portando un libro sulla lapide della Stazione Centrale di Bologna. Gli oltre 4000 volumi raccolti sono stati donati al Carcere Minorile del Pratello che ha così potuto creare una biblioteca. Insomma, tanto è stato fatto per far sentire i detenuti meno soli, ma tanto è ancora da fare. Al carcere della Dozza, infatti, ben nove detenuti su dieci sono di origine straniera e non sono in grado di leggere i libri presenti nella Biblioteca della Casa Circondariale. Il comitato delle Memorie e l’ufficio stranieri della Cgil lanciano quindi un appello affinché vengano donati anche libri in lingua. "La letteratura, in un contesto come il carcere, svolge un ruolo fondamentale - afferma Mattia Fontanella, fondatore del Comitato delle Memorie - il carcere è trattato troppo spesso come un mondo isolato e non come un pezzo di società in cui ci sono persone che hanno diritto alla cultura. Questa iniziativa si propone proprio di mantenere un legame tra detenuti e società, perché la civiltà si misura difendendo i più deboli". Per il Comitato delle Memorie è forse un traguardo più difficile, perché non tutti hanno in casa testi di lingua straniera, ma c’è anche la certezza che i cittadini bolognesi, da sempre sensibili verso queste problematiche, comprendano l’importanza di far uscire dall’isolamento anche chi, per problemi linguistici e culturali, si sente forse ancora più solo.
Per donare un libro
Il libro può essere consegnato direttamente all’Ufficio Stranieri della Camera del Lavoro - Cgil, in via Marconi 69/D. I libri devono essere possibilmente in arabo, francese, inglese, spagnolo, russo e albanese.
Informazioni
Comitato delle Memorie e-mail: comitatodellememorie@professionecittadino.it. Camera del Lavoro, Ufficio Stranieri tel. 051.6087190 Tortura: Amnesty e Antigone per introduzione del reato in Italia
Redattore Sociale, 27 gennaio 2005
In occasione dell’udienza preliminare sulle violenze compiute nella caserma di Genova Bolzaneto durante il G8 del 2001, Amnesty International e l’Associazione Antigone denunciano "la preoccupante lentezza con cui la Camera dei Deputati sta affrontando il tema della tortura e rilanciano l’iniziativa per una sollecita introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano". "Dopo la brutta figura del voto dello scorso aprile, in base al quale vi sarebbe stato reato di tortura solo in presenza di un atto reiterato, ci saremmo aspettati uno scatto di orgoglio da parte del Parlamento italiano, con una condanna rapida e decisa di questa pratica inumana – dichiara Marco Bertotto, presidente di Amnesty International Italia -. Invece, a quasi quattro anni dalla presentazione del primo progetto di legge, siamo ancora una volta in attesa che si pronunci la commissione Giustizia della Camera, per poter poi superare l’esame dell’Aula e del Senato. Il Parlamento è inadempiente anche di fronte alle centinaia di migliaia di cittadini che hanno firmato gli appelli rivolti ai presidenti di Camera e Senato e al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi". "Apprezziamo il fatto che i deputati sembra abbiano trovato l’accordo su un nuovo testo sufficientemente conforme alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura – ha sottolineato Patrizio Gonnella, coordinatore nazionale di Antigone -. A maggior ragione, la lentezza dei lavori parlamentari è incomprensibile e inaccettabile, soprattutto ora che si avvicina la fine della Legislatura. La mancanza di un reato specifico nel codice penale italiano non solo costituisce una grave inadempienza dell’Italia in tema di diritti umani, come più volte evidenziato dalle Nazioni Unite, ma garantisce l’impunità a chi compie atti di tortura nel nostro paese". Le due associazioni auspicano che i procedimenti avviati a Genova conducano all’accertamento delle responsabilità e, in conformità agli standard internazionali, riconoscano piena giustizia e risarcimento alle vittime. Quanto all’iter parlamentare, va ricordato che nel corso della XIV Legislatura sono state presentate alla Camera e al Senato otto proposte di legge sottoscritte da tutti i gruppi parlamentari. La Commissione Giustizia della Camera ha iniziato l’esame nell’aprile 2002, con tempi molto dilatati". In alcuni momenti - ricordano Amnesty e Antigone - ne sono state distorte le linee essenziali in maniera inaccettabile, in particolare quando (il 22 aprile 2004) l’Aula della Camera ha approvato un emendamento che introduce l’elemento della reiterazione nella definizione di tortura: per porre rimedio al voto, il testo è stato inviato nuovamente in Commissione giustizia, dove giace ormai da nove mesi". Giustizia: Buemi; alcune scarcerazioni che devono far riflettere…
Ansa, 27 gennaio 2005
Enrico Buemi, responsabile giustizia dello Sdi, prende spunto da alcune scarcerazioni di persone condannate per "omicidi efferati" per invitare a "guardare con realismo e senso di responsabilità a ciò che sta accadendo nel sistema sanzionatorio del nostro paese". "Non credo si possa accettare - dice Buemi - che i colpevoli di omicidi efferati, siano essi maggiorenni o minorenni, per qualsiasi motivo abbiano commesso il reato, si trovino a scontare nella sostanza spesso, una pena di dimensione tale da ingenerare nella opinione pubblica la sensazione che per certi reati gravissimi poi alla fine il prezzo da pagare è minimo". "La pena deve certamente - per Buemi - essere finalizzata alla rieducazione del reo, ma non deve perdere la sua fondamentale funzione deterrente", mentre ora si è creato "uno squilibrio, che deve essere rapidamente corretto, tra le pene per i reati contro il patrimonio e quelli relativi alle pene per i reati contro la persona; ad esempio il carcere deve essere il luogo di espiazione per i reati più gravi ed è fuori discussione che questi sono quelli relativi alle azioni contro la persona e in particolare quelli che mettono a rischio la vita o addirittura la tolgono". "Il lavoro e l’aiuto verso i più deboli, la restituzione alle vittime o allo stato di quanto è stato sottratto, devono diventare al contrario l’asse portante - conclude Buemi - di una efficace politica di rieducazione del responsabile di reati contro il patrimonio sia pubblico che privato o di carattere economico e finanziario". Giustizia: Calvi (Ds): Italia rischia diventare ricettacolo criminalità
Ansa, 27 gennaio 2005
"Il mandato di arresto europeo doveva essere lo strumento per semplificare, all’interno dell’Unione, le procedure di estradizione. E in questo senso è stato attuato dagli altri paesi europei. L’Italia invece continua ad essere, in tutta Europa, l’unico paese inadempiente, l’unico a non aver ancora recepito la decisione quadro". Lo afferma in una dichiarazione il senatore Ds Guido Calvi, secondo il quale "la Casa delle Libertà ha apportato al testo originario modifiche tali da rendere la legge inapplicabile. In pratica la maggioranza vuole imporre l’applicazione a livello europeo delle norme del nostro sistema processuale. Il governo italiano si è tirato indietro rispetto ad un preciso impegno assunto con l’Unione Europea. Nessun giudice europeo potrà, qualora volesse chiedere l’estradizione dall’Italia, rispettare tutte le formalità imposte. Ciò significa - conclude Calvi - che rimarremo fuori dall’Europa e l’Italia diverrà così il ricettacolo di ogni criminale il quale troverà nel nostro paese un sicuro rifugio". Droghe: Ardita (Dap); turnover di 20.000 tossicodipendenti anno
Ansa, 27 gennaio 2005
Ogni anno dalle circa 250 carceri italiane entrano ed escono 20 mila tossicodipendenti. Un turn-over troppo gravoso non solo per i già sovraffollati istituti di pena, ma per la salute stessa dei tossicodipendenti che, dopo un breve periodo trascorso in cella per aver commesso reati minori, tornano a delinquere per rimediare la "dose". Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) punta ora a un’alternativa a questo reiterato turnover nelle carceri. E lo fa con un progetto, "Dap-prima", che partirà in prima battuta a Roma, Padova, Reggio Calabria e Catania e che è stato presentato oggi in un convegno a Roma. "Prenderemo a modello l’esperienza di collaborazione tra uffici giudiziari, servizi per le tossicodipendenze e comunità terapeutiche già sperimentato con successo negli ultimi anni a Milano - preannuncia all’Ansa Sebastiano Ardita, responsabile della direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dap -. L’alternativa al carcere per i tossicodipendenti esiste, senza per questo dove fare riforme legislative. Bisogna solo avviare una stretta collaborazione tra le istituzioni prima che il giudice convalidi l’arresto della tossicodipendente che ha commesso piccoli furti o reati minori". Prima di arrivare dinanzi al giudice, il tossicodipendente viene preso in carico da un’equipe medica che valuta la sua disponibilità a sottoporsi programmi di cura. In questo modo, gli arresti domiciliari in una comunità terapeutica potrebbero diventare, ad esempio, un’alternativa al carcere. Il sistema ha funzionato a Milano dove ogni anno 400 tossicodipendenti vengono esaminati dal Sert Asl che funziona nei locali del Tribunale: almeno cento di questi vengono poi inseriti in comunità. "Il progetto - afferma Ardita - non ha grandi costi. Soprattutto se si tiene conto che un detenuto costa per allo Stato circa 150 euro al giorno. Tanto vale affidare i tossicodipendenti che hanno commesso reati minori alle comunità di cura". Al 31 dicembre del 2004, su 56.068 detenuti il Dap calcola 15.097 tossicodipendenti, di cui 1.394 sieropositivi. Per coloro che si sono macchiati di reati gravi e per i quali, dunque, il carcere diventa ineludibile, il ministero della Giustizia pensa a dare loro maggiori possibilità di cura attraverso un incremento degli Icatt (gli istituti di custodia attenuata per i tossicodipendenti): "Per ora di Icatt ce ne sono 20, ma di questi solo 6-7 funzionano a regime - spiega Ardita - lì di detenuti vanni per scelta volontaria. Speriamo di potere fare di più". Droghe: Berlusconi; la dipendenza non si vince con il carcere
Ansa, 27 gennaio 2005
Per aiutare il tossicodipendente a vincere la propria dipendenza servono non tanto pene detentive da scontare in carcere, quanto piuttosto "il ricovero in strutture adeguate e gestite da professionisti preparati, competenti e umanamente sensibili". Questo, in sintesi il senso del messaggio inviato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in occasione del congresso nazionale organizzato dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per presentare il progetto "Dap-Prima". "I progressi realizzati sul fronte della cura della tossicodipendenze permette oggi di prevedere pene alternative per chi, afflitto da questo patologia, cade nelle maglie della microcriminalità o è costretto ad affrontare altre difficile prove ad essa collegate. Sono convinto - prosegue il premier nel suo messaggio - che il modo migliore di combattere questo problema sia di aiutare chi ne è coinvolto a vincere la propria dipendenza, e che questo sia possibile non tanto attraverso pene detentive da scontare in carcere, quanto piuttosto attraverso il ricovero in strutture adeguate e gestite da professionisti preparati, competenti e umanamente sensibili". Droghe: Ciampi; trovare giusto equilibrio tra cura e sicurezza
Ansa, 27 gennaio 2005
Nella riabilitazione dei tossicodipendenti che delinquono bisogna avere "ben presente la necessità di un giusto equilibrio tra le esigenze di cura e quelle, altrettanto essenziali della sicurezza collettiva". Questo il passaggio centrale del messaggio che il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi ha inviato al responsabile della Direzione generale dei detenuti e del trattamento, Sebastiano Ardita, in occasione del convegno "Dap-Prima". "Esprimo il più vivo apprezzamento per l’iniziativa adottata dalla Direzione generale dei detenuti e del trattamento", si legge nel messaggio di Ciampi. "L’assise, fruendo delle più qualificate e specifiche competenze, si propone di approfondire con ponderazione e completezza il problema che coinvolge importanti aspetti sociali dei percorsi di riabilitazione e di reinserimento dei tossicodipendenti che delinquono, avendo ben presente - conclude Carlo Azeglio Ciampi nel suo messaggio - la necessità di un giusto equilibrio tra le esigenze di cura e quelle, altrettanto essenziali, della sicurezza collettiva". Droghe: Pecorella (Fi); sì alla somministrazione assistita
Ansa, 27 gennaio 2005
Valutare non tanto l’ipotesi antiproibizionista ma quella di una somministrazione assistita degli stupefacenti. Gaetano Pecorella (Fi), presidente della Commissione Giustizia della Camera, lancia una proposta di riflessione "al di fuori degli schieramenti politici" sul tema droga. L’occasione è il convegno "Dap-Prima" organizzato dall’Amministrazione penitenziaria dedicato alla tossicodipendenza, il carcere e le alternative. "Il carcere è un luogo inadatto per qualsiasi intervento sui tossicodipendenti e per spezzare il legame con la criminalità. Ma non bisogna neanche trascurare l’aspetto della sicurezza collettiva. La tossicodipendenza - si chiede Pecorella - sta diventando una delle ragioni di immunità penale?. Se è vero che esiste un’esigenza di recupero e di trattamento sanitario dei criminali tossicodipendenti, allo stesso tempo le vittime dei reati esigono una tutela non meno rilevante". Resta quindi il problema di "trovare un giusto equilibrio". Non solo: Pecorella affronta la questione proibizionismo quando sottolinea che "vi è un collegamento costante tra criminalità e tossicodipendenza: gran parte degli omicidi sono legati a conflitti per traffico di stupefacenti, così anche la microcriminalità è alimentata da chi delinque per procurarsi la droga". "È inutile nascondercelo: i grandi sistemi criminali sono nati in una situazione in cui il proibire una cosa la rendeva e la rende preziosa". Un tema, questo, che il parlamentare-avvocato di Forza Italia invita ad affrontare "in modo laico, al di fuori degli schieramenti politici". Personalmente Pecorella è convinto che "chi autonomamente fa uso di stupefacenti non è un criminale". E conclude: "Non dico la legalizzazione, ma bisogna pensare alla somministrazione assistita" degli stupefacenti, così da "togliere l’acqua ai pesci", vale a dire alla criminalità. Giustizia: omicidio di Desirée; false notizie e pene vere…
Liberazione, 27 gennaio 2005
Delitto di Desirée: lascerà il carcere uno degli assassini. Mattia 16 anni, avrà un permesso premio. Titolava ieri il Corriere della sera. Ma titolavano così anche La Repubblica, Il Giornale, La Stampa, tanto per citare i più famosi. La notizia è stata smentita dal tribunale dei minori di Milano che ha dichiarato che il ragazzo "non ha fruito di alcun permesso, né di altre misure alternative, né risultano presentate istanze in tal senso da parte di alcuno". È singolare che la stampa ormai da tempo si stia impegnando in una campagna di revisione della funzione rieducativa della pena. Campagna in linea con la visione governativa dei delitti e delle pene: reprimere e punire in nome della sicurezza sociale. Non a caso il Corriere fa un lungo elenco di "precedenti" vicino alla "notizia" del permesso a Mattia: quello di Omar Favaro, 21 anni, coautore della strage di Novi Ligure, anche lui in attesa di un permesso premio; quello dell’omicida di Dax del centro sociale l’Orso di Milano, una pena di tre anni di messa in prova in una comunità di recupero; Samson e Davide, 16 e 17 anni, protagonisti del massacro di una giovane nigeriana: il primo affidato in comunità, il secondo prima ai domiciliari, poi obbligato ad attività di volontariato. Sarà perché costa meno inzeppare le galere di detenuti che porsi il problema della rieducazione. Perché spendere i soldi in assistenti sociali, psicologi, educatori, medicine e docce per i criminali piccoli o grandi che siano quando si potrebbe investire in nuovi carceri? Spiega infatti l’attuale guardasigilli Castelli. È singolare, insomma che la stampa, improvvisamente colta da una sete di vendetta sociale, non spieghi che le misure alternative al carcere sono necessarie per una società che vuole dirsi civile e democratica. C’è una legge, la Gozzini, che indica, sulla base della nostra Costituzione, come il legislatore debba prevedere norme che con il passare del tempo che rendano possibile rivedere la condanna e la sua utilità, perché non contrasti con il principio di rieducazione della pena. Quelli della Gozzini non sono dei diritti ma dei benefici, il che significa che nessuno ne ha diritto automaticamente agli arresti domiciliari, alla semilibertà o all’affidamento in prova, ma è il magistrato di sorveglianza a valutare se una persona è "meritevole" o meno sulla base di una serie di considerazioni. E ad oggi, il livello di accettazione delle richieste di benefici previsti dalla Gozzini da parte della magistratura di sorveglianza è bassissimo. Sarà per questo che quelli che restano in carcere più a lungo, senza benefici, sono la maggioranza di coloro che diventano recidivi? Santa Maria Capua Vetere: il sound nel buio del carcere
Il Mattino, 27 gennaio 2005
Un pomeriggio diverso ieri nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, sulle note di indimenticabili classici pop degli anni Ottanta. Calati nell’atmosfera prodotta dalle raffinate sonorità di pezzi come "Fragile" di Sting e "Your song" di Elton John, i detenuti hanno potuto ascoltare, entusiasti, un’esibizione del gruppo dei "Groove-era", composto da sei giovani napoletani, conosciuti sia per la loro avviata attività professionale che per la loro passione per la musica. Trascinati dal cantante Maurizio Del Vecchio (nella vita architetto, ma anche leader della nota band cittadina "Starfunk") si sono esibiti Carlo Alviggi (chitarra), Mauro Cirillo (basso), Fabio Migliardi (batteria), Mario Polce (tastiere) e Gigi Pacente (sound). Professionisti affermati ciascuno nel proprio ramo (si tratta di tre medici, un commercialista e due architetti), ma tutti con il pallino della musica e con esperienze di volontariato, i sei professionisti-musicisti, reduci da una analoga iniziativa di solidarietà nel carcere di Poggioreale, hanno accettato l’invito di Teresa Abate, direttrice della struttura di Santa Maria, a tenere un esibizione che ha coinvolto in tutto circa trecento detenuti. "Sono iniziative - ha dichiarato Abate - tanto più meritorie perché questi giovani non traggono alcun ritorno economico, ma vogliono solo condividere il piacere di stare insieme e fare musica con coetanei meno fortunati". Molto calorosa l’accoglienza, sottolineata sia dagli applausi durante la performance che da un rappresentante dei detenuti il quale, a nome di tutti, ha voluto ringraziare personalmente i componenti della band al termine del concerto. Napoli: mamme, la camorra è solo carcere… o morte...
Il Mattino, 27 gennaio 2005
"Non vergognatevi mai d’essere nati qui. Ditelo, io sono nato a Scampia. E non vi arrabbiate se la tv mostra il marcio della camorra. È così che nasce la ribellione". Una ragazza di Scampia ha chiesto a Maria Falcone, sorella del giudice martirizzato dalla mafia, cosa poteva fare lei, piccola donna di 17 anni, contro la camorra. E Maria, che preferisce esser chiamata solo per nome dagli studenti venuti ad ascoltarla alla piazza telematica di via Labriola, risponde con grinta. Questi ragazzi, che vivono i giorni della faida, non le hanno risparmiato durezze; uno dei più grandi si è alzato a dire che gli asfissianti controlli di polizia di questi giorni si dileguano, sostiene, "proprio quando quelli arrivano e sparano". Le hanno anche detto che il circo delle tv passerà, che qualche camorrista prevarrà su un mucchio di morti in un deserto e che la polizia, i predicatori, i giornalisti, spariranno. Hanno applaudito, tutti, quando un ragazzo del Ferraris, impugnato il microfono, ha detto: "non lo sapevano da tanto tempo fa che qui comandavano loro? C’era bisogno di tutti questi morti?". Questa è la terra di Ciruzzo l’Innominato, quel Paolo Di Lauro che, dicono ora gli inquirenti, è cresciuto protetto dal silenzio. Maria Falcone li prende di petto. Alla piccola donna bionda dice che un giorno sarà madre. E che potrà decidere che tipo d’uomo vuole sia suo figlio. Lei, per la verità, vorrebbe risposte più immediate. Ma il mondo non si cambia in due giorni. E Maria vuole dare un messaggio ad altre madri, quelle che non hanno mandato a scuola i figli all’indomani dell’arresto di Cosimo Di Lauro, figlio del boss. Avevano paura, dicevano, delle troppe divise che c’erano in giro. "Non bisogna aver paura dei carabinieri" dice Maria. "Una mamma - prosegue - deve insegnarlo ai figli. L’alternativa ai carabinieri, ed allo Stato, è solo il potere criminale. E voi sapete dove porta chi lo abbraccia. Alla morte o al carcere. Non è questo che si può volere per un figlio. Come non si può volere che la camorra distrugga il suo ambiente". Sottosviluppo. È la parola chiave sulla quale ritornano gli oratori. Dice l’assessore al Personale Maria Fortuna Incostante: "Non crediate che questa sia gente che ha scelto un modello di vita. È gente che vuole fare soldi, tanti soldi. E distrugge le opportunità degli altri". E l’assessore regionale all’Istruzione Adriana Buffardi, ispiratrice di molti incontri come questo grazie al centro di documentazione contro la camorra affidato a Geppino Fiorenza, spiega quel che si sta facendo, e quanto sia difficile farlo. "La Regione - ricorda - ha deliberato la spesa di 15 milioni a Scampia per iniziative che mettano insieme associazioni, scuole e parrocchie". Le forze vive, ribadirà Fiorenza che ha promesso ai ragazzi "una presenza non sporadica". Ed il presidente della circoscrizione Varriale ha preso l’occasione per ripetere che proprio di presenze vive ha bisogno Scampia. C’è anche un magistrato ad incontrare i ragazzi, Linda D’Ancona, presidente distrettuale Anm. Era in magistratura da due anni quando accadevano i fatti drammatici che un filmato ha riproposto ai ragazzi dell’Ipia Miano, Polispecialistico di Scampia, Galileo Ferraris, Ipc di Miano, Carlo Levi e Virgilio Quarto (questi ultimi riconoscibili per un orgoglioso berretto blu con il logo). Ci tiene a rispondere al ragazzo che ha detto che "in due omicidi" di faida, i posti di blocco sarebbero spariti. "Lo Stato, quando e se ci sono collusioni - dice - colpisce i collusi. Questo ti dimostri che un magistrato deve poter esser libero di indagare su chiunque, a qualunque livello. Viviamo giorni in cui i magistrati vengono chiamati pazzi, ontologicamente diversi, insultati nei modi più triviali mentre l’arma nelle loro mani, la legge, viene sterilizzata. Sono giorni duri. Ma faremo la nostra parte". Rimini: da 4 anni agli arresti domiciliari, muore di leucemia
Corriere della Romagna, 27 gennaio 2005
È morto di leucemia, all’età di 57 anni, Luciano La Pietra, condannato in primo grado per molestie sessuali su minore e da quattro anni agli arresti domiciliari presso la sua abitazione in zona Tripoli. Ieri mattina, nella chiesa del cimitero comunale il funerale e la sepoltura, accompagnato dai pochi amici che ormai aveva attorno a sé. Tra questi Gianni Pecci, ex direttore di Nomisma, che lo ha sempre ritenuto innocente e che anzi è convinto che la sua malattia sia la conseguenza di anni di ingiustizie subite. La Pietra, dipendente dell’Ausl di Rimini, era stato condannato nel 2000 dal Tribunale di San Marino a sei anni e mezzo di reclusione e dal carcere del Titano era evaso, con un’azione rocambolesca, per consegnarsi alle autorità italiane che lo avevano condannato per lo stesso reato. Dopo qualche mese di carcere gli erano stati concessi gli arresti domiciliari dove attendeva l’esito del processo di appello che non è arrivato. L’amore e la scrittura come possibile terapia, di Ornella Favero
Vita, 27 gennaio 2005
Tre testimonianze tratte dal giornale dei detenuti dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Castiglione delle Stiviere. "Terapia" si chiama in carcere quella quantità notevole di psicofarmaci che viene data ai detenuti che stanno male, che hanno bisogno di riempire il buco nero lasciato dalla droga, che non ce la fanno a reggere il dolore del carcere. Eppure, leggendo le testimonianze che vengono dall’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, e sono tratte dal giornale dei detenuti Surge et ambula, viene da dire che ci sarebbero altre piccole terapie, non meno efficaci, contro i mali dell’anima: l’amore, il sentirsi meno soli, l’imparare a scrivere di sé, usando la scrittura autobiografica come una medicina. Nessuno si illude che in carcere si possano usare "farmaci" del genere, ma che per lo meno non si faccia di tutto per distruggere quelle "medicine naturali" che sono gli affetti e la cura di sé, questo sì che si può pretenderlo anche dalla peggior galera..
A Cleo, oggi mi sono reso conto che l’amore che provo per te in tanti mesi mi ha fatto migliorare ed essere anche meno freddo con le persone e riesco ad essere molto sereno con me stesso ed è questa per me la mia terapia in Opg e fa tanto bene anche al cuore.
Kris
Vi sembrerà che chi scrive sia "Una Matta" (lo sono). La mia estate più felice non è certo un ricordo della mia estate in libertà, ma bensì in Opg. È stata stupenda!! Non ho preso il sole, non ho fatto il bagno ma c’era lui, il mio grande amore. Hanno cercato di dividerci, ma a noi bastava anche un minuto per stare insieme, era lui il mio sole, era lui l’acqua che mi bagnava. è stata la mia estate più felice e desidero che ce ne saranno altre in libertà. C’erano tante ragazze ma per lui esistevo solo io e così anche per me. L’ho vissuta intensamente, nonostante i vari rimproveri degli operatori. Ci regalavamo baci, coccole e carezze. Chissà.… fuori di qui ci saranno tante belle estati ma mai dimenticherò questa in Opg con lui. Quest’anno è tutto cupo, grigio, non è certo una estate felice per me anche se ho un amico che mi fa ridere. Ma mai potrà darmi quello che mi ha dato il mio amore la scorsa estate.
Valentina
Quanto è importante tenere un diario in Opg! Poco tempo dopo aver iniziato la mia odissea personale nelle patrie galere e poi nel manicomio criminale, ho deciso di scrivere una specie di diario, raccontandomi tutto quello che era successo da quel tragico giorno in cui la mia vita era cambiata. Non l’avevo mai tenuto prima, forse perché ritenevo poco importante quanto succedeva, sbagliavo o forse per pigrizia ma ora questo raccontarmi tutto quanto sta avendo un ruolo importante nella gestione del mio tempo: quante cose sono cambiate!
Marco Roma: esiste sul territorio una vera alternativa alla detenzione?
Agenzia Radicale, 27 gennaio 2005
Sembra incredibile, ma in un’atmosfera politica incandescente e preelettorale, come l’attuale, sarebbe possibile trovare una piattaforma trasversale, liberale e garantista nella migliore tradizione radicale: è quanto è emerso nel convegno " Il Carcere, una realtà del territorio. Esiste un’alternativa alla detenzione sul territorio?" organizzato dalla Federazione di Roma dei Socialisti Democratici Italiani. Il cartoncino d’invito si è caratterizzato con una frase del 1974 di Noberto Bobbio che recita "Attenzione, perché il carcere si pone due obiettivi, uno di essere deterrente e l’altro di essere rieducativo", quasi a focalizzare il fine del convegno, quello di coniugare le due diverse esigenze del sistema giudiziario, che deve mirare sia alla tutela della società che alla rieducazione e al reinserimento dell’individuo, a cominciare dal regime di detenzione. Le linee guida di questo progetto sono state illustrate da Assunta Trento, Responsabile Giustizia della Federazione Sdi di Roma, che ha anche coordinato i lavori. Dopo avere richiamato come spesso il dibattito sulla situazione carceraria parte dal dibattito sulle esistenti condizioni di sovraffollamento, l’avvocato Trento ha detto: "Per noi socialisti superare il sovraffollamento significa attuare riforme che, pur nel rispetto del principio di certezza giuridica della pena, come detto in primis, mirino alla decarcerizzazione, che realmente attuino il principio costituzionale, non superabile, della presunzione di non colpevolezza dell’indagato sino alla sentenza definitiva, che considerino il carcere come estrema ratio; in questo vogliamo essere riformisti e progressisti". La situazione nella Regione Lazio è una tra le migliori d’Italia. Ne ha parlato l’onorevole Angiolo Marroni, Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio, che pur essendo un esponente dei Democratici di Sinistra è stato eletto all’incarico da un voto unanime del Consiglio regionale, la cui maggioranza è espressione di uno schieramento politico diverso dal suo. Questo aspetto è stato approfondito da un contributo di Mariangela Maritato, che ha illustrato il progetto di integrazione dei detenuti condotto presso il Carcere di Rebibbia di Roma. L’iniziativa, che è partita il mese scorso, ha come fine il risanamento di alcune aree degradate del quartiere in cui sorge il carcere. La prospettiva è quella di cominciare ad inserire nel tessuto sociale che dovrà accoglierli una volta scontata la pena i detenuti ancora in regime di esecuzione di pena, in modo che possano ritornare a vivere da cittadini liberi, senza il trauma che in genere contraddistingue il reinserimento sociale e lavorativo di chi ha chiuso i suoi debiti con la giustizia. Ho concluso il convegno l’on. Enrico Buemi, presidente Comitato Carceri e membro della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati: "le carceri italiane scoppiano di detenuti. Nei 205 istituti penitenziari, che potrebbero ospitare al massimo 41 mila detenuti, sono recluse 56 mila persone...è una situazione intollerabile".
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