Rassegna stampa 4 febbraio

 

Giustizia: islamico liberato, scontro tra ministro Pisanu e giudice

 

Il Messaggero, 4 febbraio 2005

 

Il Gup di Milano che, il 24 gennaio, assolve i tre islamici (“Non sono terroristi, semmai guerriglieri”). Il Gip di Brescia che, qualche giorno dopo, rovescia la sentenza ed emette un’ordinanza che invece prevede la custodia cautelare per due di essi. Il ministro Pisanu che si rallegra per la sentenza del giudice di Brescia perché “rasserena uomini e donne delle Forze dell’Ordine impegnati nel contrasto al terrorismo” e che, ieri, firma il decreto di espulsione per il marocchino Mohammed Daki, perché arreca “grave turbamento dell’ordine pubblico” e mette in “pericolo la sicurezza dello Stato”.

Ancora il Gup di Milano, Clementina Forleo, che quasi contemporaneamente al decreto ministeriale decide di non concedere il nulla osta allo stesso Daki. Insomma, un gran ginepraio. Dove è difficile districarsi e dove emerge, con nettezza di confini, una cosa sola: che è in atto uno scontro senza precedenti tra Viminale e magistratura.

 

La posizione del Viminale

 

Pisanu teme che sentenze come quella del Gup Forleo “possano consolidare un orientamento giurisprudenziale” che favorisca i terroristi di matrice islamica, tant’è vero che predica di “adeguare la legislazione penale alle inedite modalità del terrorismo internazionale, specialmente per quanto riguarda l’impiego degli uomini-bomba come arma micidiale di offesa indiscriminata”. Sicché si muove velocissimo. Il giudice di Milano ha assolto Daki? Daki è un uomo libero? E allora il ministro decide di espellerlo dall’Italia perché “pericoloso”. Ma pur di fronte a un decreto emesso dalla massima Autorità di Pubblica sicurezza del nostro Paese, il marocchino Daki potrebbe restare in Italia. Vediamone le ragioni.

 

La giurisprudenza

 

Ieri il marocchino Daki ha lasciato il carcere di Como per essere trasferito al Centro di permanenza temporanea di Milano. Il prefetto di Como ne ha chiesto subito l’espulsione perché Daki, senza permesso di soggiorno, risulta essere un clandestino. La questura di Como allora si è mossa secondo i dettami della legge Bossi-Fini: ha chiesto al giudice di pace la convalida del trattenimento di Daki in un Centro di permanenza temporanea fino all’espulsione. E contemporaneamente ha inoltrato alla Procura di Milano la richiesta di espulsione.

 

Le risoluzioni incrociate

 

A questo punto, quasi in contemporanea, si intrecciano le decisioni del Gup Forleo e del ministro Pisanu. Il Gup di Milano decide di non concedere il nulla-osta alla questura di Como per l’espulsione di Daki. La ragione è la seguente: l’assoluzione di Daki dal reato di terrorismo non è ancora definitiva e se la Procura presentasse appello alla sentenza del Gup, il marocchino dovrebbe affrontare altri gradi di giudizio. Il ministro Pisanu, nel frattempo, ha emesso il suo decreto che chiede l’espulsione di Daki, così come fece a suo tempo per l’Imam di Carmagnola. Solo che l’Imam di Carmagnola poté essere accompagnato alla frontiera ed espulso, perché era libero. E il marocchino Daki, invece, libero non è perché il provvedimento della sua assoluzione ancora può essere impugnato.

 

La decisione

 

La legge dice che l’Autorità giudiziaria non può concedere il nulla-osta per l’espulsione se lo straniero è sottoposto a procedimento penale. Il Gup Forleo ha già negato l’espulsione di Daki alla Questura di Como. Ripeterà il rifiuto anche al ministro dell’Interno? Oggi la decisione. Intanto il Viminale fa notare che, se il nulla-osta venisse negato, Daki oggi stesso potrebbe uscire dal Centro di permanenza e, in mancanza di permesso di soggiorno, scorazzerebbe da clandestino in Italia. Un affondo, come si vede. La magistratura oggi risponderà.

Droghe: Carlesi: non tutte uguali, ma fanno tutte male

 

Redattore Sociale, 4 febbraio 2005

 

Si svolgerà a settembre, a Pescara, la quarta Conferenza sulle tossicodipendenze. Ad annunciarla è stato oggi Nicola Carlesi, Capo del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga (Dnpa) della Presidenza del Consiglio dei Ministri. E con lo stesso Carlesi abbiamo effettuato una panoramica sulla situazione delle tossicodipendenze nel nostro Paese, partendo proprio dall’importanza dell’appuntamento settembrino.

"Siamo in ritardo - afferma il responsabile del Dipartimento - e non c’è dubbio che vi siano non poche aspettative per questo appuntamento. Del resto da Genova ad oggi sono passati 5 anni e tante cose sono cambiate, anche nel campo delle tossicodipendenze.

Purtroppo non siamo riusciti ad anticipare la conferenza (che è triennale), e questo per diversi motivi: problemi di tipo organizzativo, certo, a cui si aggiungono le imminenti elezioni regionali. Adesso abbiamo individuato, finalmente, un luogo e una data. Sarà Pescara, una località del centro Italia, facile da raggiungere per tutti anche perché ben servita". Nell’annunciare la conferenza, lei ha auspicato "una nuova fase nella storia delle tossicodipendenze in Italia".

 

Quali elementi di continuità e quali di rottura dovrebbe contenere questa nuova fase?

"Mi piacerebbe aprire una fase basata non sulla propaganda e sulle divisioni ma sull’evidenza scientifica e sui servizi, in maniera obiettiva. Dovrebbe essere interesse di tutti. Certo, mi rendo conto che non si tratta di un obiettivo facile da raggiungere. Del resto c’è una legge in discussione e, ripeto, ci sono delle elezioni in vista. Tutti elementi generatori di potenziali divisioni. Ma penso sia anche arrivato il momento di parlare di cose vere, dei bisogni reali della gente. Ruolo importante avrà la Consulta, che presto sentirò. Anche quella sarà un’occasione propizia di scambio di idee".

 

Lei ha accennato alla legge in discussione. A che punto è il ddl Fini?

"Si stanno concludendo le audizioni: probabilmente la prossima settimana vi sarà l’ultima della serie e poi il testo passerà alla discussione".

 

Entriamo nel merito delle problematiche. Anche l’Oedt ha lanciato l’allarme comorbilità: in Europa il 30-50% dei pazienti psichiatrici soffre anche di disturbi derivanti dal consumo di sostanze…

"È uno dei temi emergenti. È un problema sempre più diffuso anche e soprattutto in relazione all’uso di sostanze cosiddette euforizzanti: droghe sintetiche, cocaina, ecc… Il fatto è che queste droghe agiscono su alcuni neurotrasmettitori, e sono gli stessi trasmettitori che determinano variazioni psico-patologiche. Da qui l’aumento dei soggetti coinvolti. In Italia vi è un’esperienza di trattamento di queste patologie tra le migliori in Europa: il problema è che non siamo sufficientemente attrezzati! C’è bisogno di formazione, di specializzazione, altrimenti queste persone alle prese con doppia diagnosi verranno sempre "palleggiate" da una parte e dall’altra, a seconda che vengano considerate un po’ più "matte" o un po’ più "tossiche".

Non è serio. Pensi, e lo dico da psichiatra, che nel corso in psichiatria non c’è neanche un esame specifico sulle dipendenze! Di questo ho già parlato con il Ministro Moratti affinchè venga inserito una sezione ad hoc nelle scuole di specializzazione in psichiatria".

 

A proposito di sostanze euforizzanti: uno studio dell’Osservatorio epidemiologico per le dipendenze patologiche di Bologna ha rilevato che ai "rave" si sballano ragazzi normali, né emarginati e né in condizioni socio-economiche particolari…

"C’è bisogno di un nuovo approccio alla prevenzione. Bisogna accettare l’idea che c’è un uso direi normale di droga, non più solo frutto dell’emarginazione. Ci sono giovani che nel fine settimana fanno uso di determinate sostanze, salvo poi tornare a posto per il resto dei giorni. Ma fa finta, o non sa, che va incontro a grossi problemi sia fisici che psichici. Perché per esempio, è bene dirlo, anche la cocaina dà dipendenza. Occorre allora agire sugli stili e sui modelli di vita. Serve riflettere sui messaggi che si inviano e sull’importanza della comunicazione, senza ovviamente cadere nella criminalizzazione".

 

Droghe pesanti, droghe leggere: si rinnova il dibattito in una Italia che dichiara guerra alla sigaretta ma continua a dividersi su cannabis e derivati…

"Intendiamoci: le droghe non sono tutte uguali, ma fanno tutte male! Il confronto pesanti-leggere è ormai datato. Bisogna rendersi conto che oggi a dominare è la questione della poli-assunzione. Il dibattito, allora, deve spostarsi e cercare di capire come mai vi è una parte di giovani che si rivolge alle sostanze per avere emozioni forti o comportamenti diversi. Per me è l’espressione di un disagio giovanile. In altre parole: così come si reagisce in un certo modo alle modificazioni del proprio corpo (tatuaggi, piercing, abbigliamenti vari, ecc…), allo stesso modo ci si comporta con la propria psiche. In altre parole: la paura del cambiamento è controllata con le sostanze".

 

Serve allora un’azione a tutto campo, che necessita di idee e risorse. Al congresso nazionale della Federserd lei ha chiesto un fondo per la lotta alla droga. È stato ascoltato?

"È un mio cruccio. Purtroppo anche in questa Finanziaria non è stato previsto"

 

Ma non esiste già un fondo per la lotta alla droga?

"È il Fondo nazionale politiche sociali, ma il suo problema sta nel fatto che è indistinto e viene ripartito tra le Regioni. A questo punto accade che le Regioni più sensibili e con più soldi a disposizione utilizzano le risorse per la lotta alla tossicodipendenza, altre no. Occorre riformulare un fondo specifico, allora. Come dire: pochi, maledetti ma… sicuri".

Droghe: Bologna; Conferenza per un progetto delle Regioni

 

Redattore Sociale, 4 febbraio 2005

 

Mille operatori sono attesi a Bologna, il 7 e 8 febbraio prossimi, per partecipare alla "Conferenza per un progetto delle Regioni sulle dipendenze", promossa dal cartello nazionale "Non incarcerate il nostro crescere", coordinato dal Cnca (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza), sette amministrazioni regionali (Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria) e la Provincia autonoma di Bolzano.

"La gran parte degli operatori che ogni giorno si confrontano con il problema droghe per ragioni professionali o di impegno personale - sottolineano gli operatori - attendono da tempo un evento nazionale che aiuti a fare il punto sulla diffusione delle droghe nel nostro paese, a fare i conti con i nuovi stili del consumo, valutare l’efficacia degli approcci sperimentati, presentare le buone prassi regionali, elaborare le linee di indirizzo degli interventi futuri. E, naturalmente, favorire uno scambio autentico sulle gravi proposte e le possibili ricadute del disegno di legge governativo sulle droghe".

Il convegno si svolgerà presso il Palazzo dei Congressi (sala Europa), in piazza della Costituzione. Molti hanno già assicurato la loro presenza: Stefano Anastasia, Vittorio Agnoletto, Lucio Babolin, Ezio Beltrame, Rosy Bindi, Marco Boato, Gianluca Borghi, Adriana Buffardi, Mario Cavallaro, don Luigi Ciotti, Claudio Cippitelli, Maurizio Coletti, Franco Corleone, Riccardo De Facci, Pietro Fausto d’Egidio, Nerina Dirindin, Guglielmo Epifani, Maurizio Fea, Gaia Grossi, Leopoldo Grosso, Alessandro Margara, Teresa Marzocchi, don Antonio Mazzi, Edo Polidori, Enrico Rossi, Achille Saletti, Marcello Secchiaroli, Livia Turco, Giuseppe Vaccari, Grazia Zuffa. A rappresentare il Governo sono stati invitati Carlo Giovanardi, Antonio Guidi e Nicola Carlesi.

Le sette Regioni e la Provincia autonoma di Bolzano che aderiscono al cartello presenteranno un proprio documento per "mettere in luce le scelte strategiche comuni alle Regioni, evidenziando i punti di discordanza con il disegno di legge nazionale". In tale testo saranno espressi chiaramente gli impegni che queste istituzioni assumono rispetto a temi come la prevenzione, il trattamento delle persone tossicodipendenti, la riduzione del danno e, nel contempo, le scelte valoriali, strategiche e operative che non condividono. Il Cnca, inoltre, renderà noti in tale occasione due documenti che illustrano la strategia della Federazione: "Giovani: il futuro in diretta. Proposte per il diritto alla cittadinanza e al protagonismo delle giovani generazioni, ora" e "Verso una Carta etica delle dipendenze. La nostra proposta".

Droghe: IV conferenza nazionale in settembre a Pescara

 

Redattore Sociale, 4 febbraio 2005

 

La Quarta Conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze psicotrope e stupefacenti si terrà il 20, 21 e 22 settembre in Abruzzo, nella città di Pescara. Lo ha annunciato oggi Nicola Carlesi, Capo del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri: "Ho provveduto – ha fatto sapere - a convocare per il 16 febbraio prossimo la Consulta delle tossicodipendenze, di recente istituzione, in rappresentanza di Regioni, Ser.T., Comunità terapeutiche e Associazioni, al fine di identificare i temi che saranno discussi nel corso della IV Conferenza nazionale. La Conferenza nazionale sarà un importante momento di incontro e di dibattito sulle principali problematiche che riguardano le dipendenze".

In particolare, secondo quanto anticipato da Carlesi, saranno affrontati i problemi relativi alla assistenza e al trattamento delle "nuove dipendenze", delle "doppie diagnosi", dei trattamenti in carcere, della prevenzione, della informazione e della comunicazione sociale, nonché della revisione dei rapporti tra Stato e Regioni necessari affinché, finalmente, vengano garantiti uniformi livelli di cura e uguali possibilità di riabilitazione e di reinserimento. "È auspicabile – ha concluso - che dalla IV Conferenza nazionale possa iniziare una nuova fase nella storia delle tossicodipendenze in Italia basata sull’evidenza scientifica, sulla qualità dei servizi, sull’impegno delle istituzioni e sul coinvolgimento sociale."

Treviso: urgente trovare nuova sede per il carcere minorile

 

Redattore Sociale, 4 febbraio 2005

 

È urgente trovare una sede funzionale per il carcere minorile di Treviso, che attualmente risulta inadeguato ad accogliere ragazzi adolescenti che devono scontare pene più e meno lunghe. Lo chiede unanime il mondo del volontariato che nel corso dell’ultimo confronto con le direzioni del Centro di giustizia minorile dei Venezia e dell’istituto, i rappresentanti del Comune, della Provincia, delle Ulss coinvolte e della diocesi di Treviso, ha chiesto alle istituzioni di assumersi precise responsabilità. Ne dà notizia la giornalista Francesca Gagno in un articolo in uscita col prossimo numero di "Vita del popolo".

Recuperato da una vecchia sezione femminile della casa circondariale, dal 1981 l’istituto lavora a pieno regime perché è l’unico del Triveneto; accoglie fino a 18 persone, 2 nel Centro di prima accoglienza, vi lavorano 2 agenti di polizia penitenziaria in borghese, 6 educatori, un cappellano, 2 consulenti psicologi, alcuni tirocinanti, 2 mediatori culturali, un medico, un infermiere e diversi animatori, insegnanti e volontari. L’attuale sistemazione, denunciano gli operatori, non agevola il processo di recupero dei ragazzi, anche perché molti degli ambienti confinano con la casa circondariale degli adulti: il campo sportivo è in comune, l’aula scolastica è una cella e non ci sono spazi per gli incontri, la socializzazione, la formazione.

Lanusei: scelta l’area per costruire il nuovo carcere

 

L’Unione Sarda, 4 febbraio 2005

 

Ieri mattina i funzionari dei ministeri della Giustizia e delle Infrastrutture hanno individuato l’area su cui costruire nuovo carcere: Il penitenziario sorgerà lungo la provinciale Lanusei-Loceri, in località Genna ‘e Sarritzu, su un’area di nove ettari, a tre chilometri dalla cittadina. La scelta è stata formalizzata dopo un sopralluogo eseguito sul posto.

Mariella Mereu, ingegnere sardo che lavora per il ministero delle Infrastrutture, il provveditore regionale alle carceri Francesco Massidda col responsabile tecnico Chessa hanno visionato tre aree insieme al direttore della casa circondariale di Lanusei Paolo Sanna, all’assessore comunale ai Lavori pubblici Ivan Depau e al sindaco Enrico Lai. Scartati i terreni di Lixius e Marosini (non rispettavano gli standard di sicurezza) la scelta è caduta su Genna ‘e Sarritzu.

Ora, individuata la superficie utile, sarà più facile ottenere i finanziamenti per la costruzione del carcere. Una maxi struttura che garantirà duecento posti di lavoro per le guardie e molti altri per il personale civile. Con notevoli ricadute in termini occupazionali per le imprese che costruiranno il penitenziario e per l’indotto.

Siracusa: più detenuti e meno agenti, il caso al ministero

 

La Sicilia, 4 febbraio 2005

 

La carenza di personale di polizia penitenziaria nella casa di reclusione di Brucoli, minaccia la sicurezza e il buon andamento dell’istituto. A denunciare una situazione, che diventa sempre più insostenibile, è il segretario provinciale del Coordinamento nazionale Polizia penitenziaria Massimiliano Di Carlo il quale ha inoltrato una nota al ministro della Giustizia, Roberto Castelli, al capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Gianni Tinebra al prefetto di Siracusa, al provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, al direttore del carcere di Piano Ippolito e al segretario generale del Cnpp.

"È un fatto a tutti noto - dice- che all’interno della casa penale, il numero delle unità di personale è considerevolmente inferiore rispetto all’organico previsto e necessario per garantire la sicurezza all’interno dell’istituto stesso e l’esatto espletamento dei servizi istituzionali". Il segretario provinciale del Cnpp rappresenta l’urgenza di sopperire a questa mancanza al fine di scongiurare per il futuro gravi problematiche, poiché come lo stesso fa presente è meglio prevenire i possibili disagi ora che ricorre a tardivi interventi. Alla carenza di personale "si parla di circa 75 unità in meno del previsto - puntualizza Di Carlo - si aggiunge un aumento non indifferente dei detenuti. L’incremento dell’organico è condizione necessaria. Da ciò dipende il corretto funzionamento del penitenziario, la garanzia della sicurezza all’interno dello stesso".

La situazione in atto non garantisce i normali turni di servizio. Sono moltissimi gli agenti in organico a non fruire da tempo delle ore di riposo e dei congedi loro spettanti. In queste condizioni anche i contatti con le famiglie diventano sempre meno frequenti. "La carenza di personale - sottolinea Di Carlo - designa anche maggiori oneri per i colleghi che devono coprire i buchi" oltre il normale, già gravoso, lavoro istituzionale".

Napoli: quegli affetti, così vicini, dietro le sbarre di una cella

 

Il Mattino, 4 febbraio 2005

 

Oggi nessuna notizia in particolare, ma una riflessione che riguarda il quartiere e non solo. Penso sia noto a tutti che Napoli ha due grandi strutture destinate alla reclusione: il Centro penitenziario di Secondigliano e la Casa Circondariale di Poggioreale. Cosa c’entra con Scampia?

Il fatto è che sono molte le famiglie del quartiere coinvolte in procedimenti giudiziari e tanti i relativi parenti detenuti o agli arresti domiciliari, come anche in misure alternative. Non serve fare dei numeri, ma chi vive un interesse sociale a contatto diretto con la popolazione, avverte che quello della detenzione è un serio problema all’interno degli altri altrettanto gravi quali la criminalità e l’illegalità. La serie degli arresti che si sono intensificati negli ultimi tempi pone fra le altre una domanda che va oltre la più immediata esigenza di sicurezza e di giustizia.

È la domanda che nasce nei momenti di incontro con i detenuti e con le loro famiglie. C’è di fatto una separazione fra il sentire di chi vive al di fuori dei problemi giudiziari e di chi ne è coinvolto direttamente. Ci sono due modi diversi di intendere la libertà e la stessa vita, di vivere gli affetti e le opportunità di esprimersi nel lavoro e nella altre esperienze fondamentali della vita, compresa la presenza nella scuola.

In questi giorni che l’alta Corte degli Stati Uniti ha ribadito il primato del diritto per qualsiasi tipo di detenzione, si allarga la consapevolezza che non bastano le carceri per affermare quanto sia necessario costruire lo stato di diritto in ogni spazio e circostanza. È solo una scintilla di pensiero, nell’interesse di capire come per molte famiglie si crei una "cultura del carcere" come condizione di non ritorno.

Si tratta di partire dalle occasioni in cui le famiglie colpite da provvedimenti giudiziari si incontrano con le realtà operanti; possono essere le scuole, le associazioni, gli uffici amministrativi, le parrocchie. Ci si chiede se la comunicazione avviene sullo stesso linguaggio, sulle stesse visioni delle necessità e dei bisogni. L’impressione è che si tratta di due mondi diversi e che quello più forte mantenga le distanze, anzi escluda sempre di più l’altro.

Caltanissetta: a San Cataldo corsi di informatica per i detenuti

 

La Sicilia, 4 febbraio 2005

 

San Cataldo. Presentati nella Casa di reclusione di San Cataldo dal direttore dell’Ente di formazione Cirpe (Centro iniziative ricerche e programmazione economica), Salvatore Sberna, insieme ad altri dipendenti, i corsi di formazione, nonché i servizi formativi diretti ai detenuti della Casa di reclusione per l’anno 2005. I corsi - finanziati dall’assessorato regionale al Lavoro con la compartecipazione del Fondo sociale europeo sono: Air (condizionamento aria e termoidraulica), Artwood (lavorazione artistica del legno), Byte (operatore office 2000) e Watt (installazione impianti elettrici), mentre lo sportello multifunzionale offrirà servizi di informazione e di orientamento.

Alla presentazione erano presenti il presidente del Tribunale di sorveglianza, dott. Frisella Vella, il magistrato di sorveglianza, dott. Loffredo, il direttore della Casa di reclusione, dott. Agata Blanca, l’educatore Michele Lapis, la direttrice del servizio sociale per adulti Giovanna Alessi, gli operatori penitenziari, nonché un pubblico attento e interessato di reclusi.

"Tra i servizi offerti dallo sportello - ha detto Salvatore Sberna - vi è la tenuta di una bacheca-lavoro, sempre aggiornata, ed un pacchetto di corsi di informatica che tutti i reclusi, a turno, potranno frequentare allo scopo di acquisire le conoscenze basilari di word e di navigazione su internet".

Viterbo: pacco-bomba, forse vendetta dalla "massima sicurezza"

 

Il Messaggero, 4 febbraio 2005

 

"È stato qualcuno che ce l’ha con il vice direttore? Gli anarco-insurrezionalisti ad esempio; o si è trattato di un atto dimostrativo nei confronti del carcere di massima sicurezza?" Il capitano dei carabinieri della compagnia di Viterbo, Emanuele Gaeta, che con i suoi uomini sta svolgendo le indagini sul pacco bomba recapitato a Mammagialla l’altro ieri, ancora non si è soffermato su un punto in particolare. "Stiamo seguendo - dice l’ufficiale - due/tre piste. Dal momento che l’azione non è ancora stata rivendicata da nessuno non possiamo escluderne nessuna. Stiamo lavorando senza perdere tempo prezioso. In attesa che gli artificieri dei carabinieri di Roma ci inviino una relazione tecnica particolareggiata, abbiamo già sentito diverse persone. Cosa che continueremo a fare nella speranza di venire in possesso di qualche importante tessera per poter dare forma a un mosaico che non si presenta affatto facile".

È lo stesso capitano a dire di andarci cauti sulla matrice anarco-insurrezionalista, quella che, in un primo momento, era ritenuta la più probabile. In effetti il plico recapitato al carcere di Viterbo e indirizzato al vice direttore Francesco Ruello, che non è esploso grazie all’accortezza del personale di polizia penitenziaria addetto allo smistamento della posta e alle sofisticate apparecchiature di cui dispone il penitenziario viterbese, era diverso da quelli inviati alla questura e ad un redattore del Corriere di Viterbo. La busta di ieri l’altro, con dentro il contenitore di un Dvd pieno di polvere pirica, avrebbe dovuto funzionare a "incandescenza", sarebbe cioè esplosa con il surriscaldarsi di due fili elettrici collegati a una batteria; gli altri plichi, invece, erano a "strappo".

Sul grave episodio c’è la presa di posizione delle organizzazioni sindacali. "È un segnale preciso - scrive il Sappe - che sta a dimostrare che è in atto la strategia della tensione contro la polizia penitenziaria. Ma non accettiamo provocazioni ed intimidazioni da parte di nessuno". La Uilpa, invece, "denuncia la necessità di intervenire a garantire a tutti gli operatori penitenziari lo svolgimento del proprio lavoro in piena serenità e non essere sottoposti ad eventuali attacchi da vili e pericolosi delinquenti".

Cassino: 2 proiettili recapitati alla direttrice del carcere

 

Ansa, 4 febbraio 2005

 

Le è stata consegnata qualche settimana fa, ma solo oggi è trapelata la notizia. La direttrice del carcere di Cassino, infatti, si è vista recapitare in una busta due proiettili appartenenti presumibilmente a una calibro 22. Sulla notizia vige il massimo riserbo e sta indagando la polizia penitenziaria. La direttrice del carcere non ha mai ricevuto altro tipo di minaccia.

Terni: scultura dei detenuti in donazione al Comune

 

Il Messaggero, 4 febbraio 2005

 

Oggi, alle ore 11.30 presso i giardini di Via S. Saturnino a San Valentino, verrà inaugurata la scultura in ferro "Dentro e Fuori", realizzata dai detenuti della Casa Circondariale e donata al Comune di Terni nell’ambito delle iniziative svolte in collaborazione tra l’Amministrazione comunale e l’Istituto di detenzione. L’opera è stata posizionata a cura della Cooperativa sociale "Solco" e dell’Asm.

Torino: senegalese evita espulsione; è omosessuale, resti in Italia

 

La Repubblica, 4 febbraio 2005

 

Un giovane senegalese, irregolare in Italia, ha potuto evitare l’espulsione, intimata dalla questura, perché omosessuale. Lo ha stabilito una sentenza del giudice di pace di Torino, che ha sottolineato come nel paese di origine dell’immigrato l’omosessualità sia perseguita con il carcere. La vicenda risale allo scorso dicembre ed è stata resa nota oggi nel corso di una conferenza stampa organizzata nella sede dei Verdi, a Torino, dall’attivista per i diritti civili gay, Paolo Hutter, e dal legale del giovane, l’avvocato Maurizio Cossa.

Il ragazzo, clandestino, che ha circa 25 anni, era stato fermato durante un controllo di polizia, e gli era stato intimata l’espulsione. Ma l’articolo 19 della legge Bossi-Fini sull’immigrazione prevede che "in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione".

Nonostante le incertezze iniziali, il giovane si è detto disposto a dichiarare la propria omosessualità. Il dispositivo del giudice di pace Giuliana Bologna afferma che "si ritiene che la condizione di omosessualità del soggetto costituisca oggetto di persecuzione per ragioni personali e rappresenti dunque una condizione di inespellibilità ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo n.286/98", cioè del testo unico sull’ immigrazione di cui fa parte anche la legge Bossi-Fini.

"La nuova frontiera - ha detto Hutter - è il rapporto tra primo e terzo mondo, la globalizzazione dei diritti. Faccio appello al movimento gay cui appartengo, alle associazioni, agli enti locali, affinché si attrezzino a far conoscere agli immigrati questo loro fondamentale diritto e li aiutino a chiedere l’asilo costituzionale o a ricorrere contro l’espulsione". "Un segnale incoraggiante - commenta il presidente nazionale di Arcigay, Sergio Lo Giudice - è dovere di tutti i paesi liberi e civili accogliere e proteggere chi fugge dalla repressione razzista e chiede ospitalità".

Il commento del ministro leghista per le Riforme, Roberto Calderoli: "Povera giustizia, povera Italia, un tempo decantata come terra di santi, di poeti e di navigatori, e oggi, invece, trasformata in terra di terroristi e di finocchi irregolari. Dopo aver creato, con la sentenza di primo grado del gup di Milano, un’area franca per terroristi-guerriglieri, oggi con il pronunciamento del giudice di pace di Torino stiamo creando anche il paradiso dei gay irregolari".

In quattro paesi islamici gli omosessuali sono tutt’oggi sottoposti alla pena di morte: Iran, Arabia Saudita, Mauritania e Sudan. Altri venti paesi musulmani puniscono, comunque duramente, gli atti omosessuali. I rapporti omosessuali rimangono reato in altri settanta paesi, tra cui la Cina. Una risoluzione, per la difesa dei diritti umani delle persone omosessuali, è stata proposta all’Onu l’anno scorso da parte del Brasile, che ha dovuto però ritirarla, di fronte all’opposizione del Vaticano e di molti paesi islamici.

Cina: 100 detenuti rilasciati per festa nuovo anno lunare

 

Reuters, 4 febbraio 2005

 

Un centinaio di detenuti saranno rilasciati in anticipo per poter celebrare con le loro famiglie la festività del nuovo anno. Lo ha riportato oggi il China Daily. La più importante festività in Cina, che inizia il 9 febbraio, è tradizionalmente un momento per riunirsi in famiglia. "Questa decisione ha più a che fare con la giustizia che con la grazia", ha detto un portavoce della corte di Pechino n. 1, secondo quanto riportato dal quotidiano.

Il rilascio è stato approvato per i detenuti che hanno scontato più della metà della pena, che hanno mostrato pentimento e per i quali era ammissibile la scarcerazione anticipata, ha scritto il giornale.

La libertà per buona condotta non sarà invece applicata ai recidivi, a coloro che sono stati condannati a pene superiori ai 10 anni o a coloro che sono in carcere per omicidio e rapimento.

Pisa: al Teatro Verdi spettacolo a favore dei detenuti

 

Redattore Sociale, 4 febbraio 2005

 

"L’illogica allegria. Per Gaber senza Gaber". Il Teatro Verdi di Pisa ospiterà il prossimo 28 febbraio il Premio Nobel Dario Fo e molti altri artisti per uno spettacolo in ricordo dell’opera e della vita di Giorgio Gaber. L’incasso della serata sarà devoluto interamente al fondo per i detenuti della casa circondariale Don Bosco di Pisa. L’iniziativa - organizzata dal comune di Pisa nell’ambito di "Io ero Gaber", viaggio nell’opera di Sandro Luporini, pittore e autore di tutti i testi teatrali di Gaber - vede coinvolti Associazione Teatro di Pisa, Direzione casa circondariale di Pisa, Arci, Conferenza regionale del volontariato penitenziario e le associazioni di volontariato attive intorno al penitenziario, Controluce, Cooperativa Don Bosco, Liberi Liberi.

L’idea si è sviluppata grazie all’impegno di Sandro Luporini, Adriano Sofri e Sergio Staino. Le associazioni del volontariato attive nel carcere pisano, insieme alla Direzione della casa circondariale hanno raccolto il progetto per organizzarlo, garantirne l’esito e le finalità, e il Cesvot (Centro Servizi per il Volontariato toscano) ha accolto la loro richiesta e fornito il proprio patrocinio insieme a Amministrazione provinciale di Pisa, Adac Arte, Associazione Giorgio Gaber, Regione Toscana, Segretariato sociale RAI.

Lo spettacolo, con la regia di Sergio Staino, sarà condotto e presentato da Daria Bignardi, e vedrà partecipare, oltre a Dario Fo, i Bandabardò, Alessandro Benvenuti, Davide Calabrese e Lorenzo Scuda, Ginevra Di Marco, Paolo Hendel, Mauro Pagani, David Riondino, Bobo Rondelli, Paolo Rossi, Mario Spallino, Paola Turci, Sergio Staino, Dario Vergassola.

La serata comincerà alle 20 e 30 per oltre 3 ore di spettacolo. Bignardi introdurrà la serata spiegandone le finalità e lo svolgimento, e, man mano, presenterà gli ospiti. Oltre agli artisti ci sarà la testimonianza di un detenuto e una proiezione di Staino, la conclusione sarà affidata a Dario Fo. La prevendita dei biglietti è attiva presso il Teatro Verdi di Pisa tutti i giorni ore 16/19 (festività escluse) e al mattino con servizio telefonico (050.941111), in Toscana presso i punti vendita del Circuito Box Office, online sul sito http//www.boxol.it attraverso il link Teatro Verdi Pisa. Le prenotazioni si possono effettuare anche attraverso le associazioni di volontariato coinvolte.

 

 

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