Rassegna stampa 4 dicembre

 

Allarme carceri. È sovraffollamento dietro le sbarre 
Record di detenuti nelle carceri italiane, negli ultimi dieci anni mai così sovraffollate. Nei 207 istituti di pena si è arrivati, secondo gli ultimi dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), a 59.649 presenze

 

Il Giorno, 4 dicembre 2005

 

Roma. Record di detenuti nelle carceri italiane, negli ultimi dieci anni mai così sovraffollate. Nei 207 istituti di pena si è arrivati, secondo gli ultimi dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), a 59.649 presenze. 
In sei regioni è stato superato il limite tollerabile: in Campania i detenuti sono 7.356, a fronte di una tollerabilità di 6.763; in Friuli Venezia Giulia dietro le sbarre ci sono 853 persone, contro un limite di 800; in Lombardia 8.746 (8.470 è il limite tollerabile); in Toscana 4.040 (3.943 il limite); in Trentino Alto Adige 416, a fronte di una tollerabilità di 318; in Veneto i detenuti sono 2.696. 
Più in generale, ogni 3 posti letto disponibili vi sono 4 detenuti presenti. Per gli ospedali psichiatrici giudiziari, la situazione più grave è quella di Reggio Emilia: 140 posti disponibili e 194 detenuti presenti, con un indice di affollamento del 138,57%. Tra i 190 istituti che ospitano sezioni maschili, 143 sono sovraffollati. Vivono, in pratica, in condizioni non regolamentari, 47.320 detenuti si 53.780. 
In 15 istituti il sovraffollamento è superiore al 200%, cioè per ogni posto disponibile ci sono due detenuti. Nel carcere siciliano di Mistretta si tocca il picco massimo di sovraffollamento, con un indice del 281,25%, seguito da Busto Arsizio, con il 250%. Seguono Rovereto (240%), Varese (235%), Firenze (234%), Rovigo (231%), Bergamo (227%) e Treviso (224%). E ancora, Padova (220%), Sondrio (214%), Bari (214%), Taranto (212%), Latina (208%), Brescia (207%) e Pistoia (204%). 
E la situazione non cambia di molto se si guarda ai penitenziari femminili: su un totale di 2843 detenute , 1523 vivono in condizioni non regolamentari. In due istituti il sovraffollamento è superiore al 200%, cioè per ogni posto disponibile ci sono due detenute. Si tratta degli istituti penitenziari di Forlì (240%) e Vercelli (219%). 
L'Italia, in pratica, rispetto ai 25 paesi membri dell'Unione Europea, ha una densità penitenziaria tra le più alte (133,9%), superata solo dalla Grecia (156%) e dall'Ungheria (159%). 
L'aumento della popolazione detenuta (56.806 uomini e 2.843 donne) si è verificato soprattutto negli ultimi mesi. Gli stranieri sono circa 18 mila. E adesso il livello di allerta si è improvvisamente alzato di molto, dopo l'approvazione da parte del Parlamento della legge Cirielli, che, secondo il Ministro di Grazia e Giustizia, "rischia di portare in carcere migliaia di detenuti". 
Una situazione che andrebbe ad aggravare un bilancio già vicino al collasso e complicato dalle condizioni di salute dai detenuti. Tra le malattie più diffuse in cella, l'Aids: il 30% dei detenuti italiani è affetto dal virus dell'Hiv. In aumento è anche il fenomeno della tossicodipendenza: sono 15.558, il 27,7%, i tossici che affollano le carceri italiane. 
Meno diffuso invece il fenomeno dell'alcolismo, che coinvolge appena il 2,4 %, circa 1335 detenuti. Poco più di 1.000 sono anche i malati di varicella, malattia che la scorsa estate ha colpito in diverse carceri. Dall'inizio dell'anno, poi, una trentina sono stati i suicidi avvenuti dietro le sbarre. 
Non aiuta l'emergenza sovraffollamento la lentezza dei processi. Il 36% dei detenuti in Italia è infatti in attesa di giudizio: il 57,6% di loro sono imputati giudicabili, il 29,8% appellanti e il 12,6% ricorrenti. Poco più di un terzo sono i detenuti stranieri: 17.783, cioè il 31.5% del totale. Il numero più consistente, 4.015, è di nazionalità marocchina; a seguire, gli albanesi (2.806), i tunisini (1.953), i rumeni (1.367) e gli algerini (1.289). Quasi il 28% della popolazione carceraria, infine, è rappresentata da tossicodipendenti: sono infatti 14.332 coloro che vivono dietro le sbarre, 13.709 sono uomini e 623 donne. 

 

 

La Morra presenta le ricette da carcere di Davide Dutto

 

TARGATOCN.IT, Quotidiano online della provincia di Cuneo, 4 dicembre 2005

 

LA MORRA. Ultimo appuntamento dell'anno all'associazione culturale "Ca dj'Amis" con "Libri da gustare...e da bere". Sarà presentato oggi alle 16 il volume "Il Gambero Nero. Ricette dal carcere" di Davide Dutto e Michele Marziani, Derive Approdi editore. 
Con gli autori interviene Claudia Ferraresi, letture a cura di Romano Anselma. 
A seguire "I grandi recuperi": Franco Ariano, ricercatore di eccellenze gastronomiche, propone il tonno di gallina bianca in abbinamento al Langhe Nebbiolo "Roccardo" 2002 Rocche Costamagna, presentato da Alessandro Locatelli.

 

 

Piacenza: Al liceo "Gioia" la conclusione del concorso riservato ai carcerati
"Parole oltre il muro": i vincitori
Il primo premio va ad un detenuto marocchino
Di Alessandra Gregori

 

LIBERTA', Quotidiano di Piacenza, 4 dicembre 2005

 

Al primo posto fra i premiati di Parole oltre il muro, concorso letterario riservato ai detenuti del carcere di Piacenza, il marocchino Bolimazoueb Tarik, autore del racconto E' notte, che si aggiudica un premio di 500 euro. Secondo classificato, con E' Natale, Mario (preferisce rimanere nell'anonimato), al quale andranno 400 euro; premio "Stefania Manfroni", intitolato all'operatrice sociale scomparsa 4 anni fa, offerto dalla famiglia Manfroni, e corrispondente a 250 euro, ad Antonio Serra per Ronnie e Arcobaleno e infine Premio Sezione Poesia, a cura del Rotary Club di Piacenza Farnese, che, istituendo un'apposita commissione giudicante, presieduta dal professor Luigi Galli, ha esaminato i 12 componimenti pervenuti, a Francesco Trommino per la lirica Figlia.
Segnalazione di merito, da parte degli studenti del liceo "Gioia", che, insieme a tre classi del liceo artistico "Cassinari", hanno preso parte all'iniziativa in veste di giurati (vagliando i 24 racconti della sezione prosa) per l'interessante lavoro di Silvio (non rivela il cognome) L'uomo del treno, in ragione delle felici scelte stilistiche adottate dall'autore: "Un racconto costruito sul non detto", recita la motivazione espressa dalla giovanissima giuria. 
La stessa sede del "Gioia" è divenuta ieri mattina teatro della cerimonia di premiazione del concorso, indetto ed organizzato dalla redazione del trimestrale Sosta Forzata (interamente redatto da detenuti e distribuito in allegato a Il Nuovo Giornale), alla quale hanno presenziato molte autorità cittadine e non: da Caterina Zurlo, direttrice del carcere di Piacenza, all'assessore alla formazione Giovanna Calciati, intervenuta in prima persona a ricordare la figura di Stefania Manfroni, il vicesindaco Anna Maria Fellegara, l'assessore provinciale alle politiche sociali Paola Gazzolo ed il direttore dell'ufficio esecutivo e penale di Parma e Piacenza Rosaria Furlotti.
L'iniziativa, approdata alla sua quarta edizione, rientra nel più vasto progetto "Il carcere nel cuore della città", promosso per il biennio 2005-2006 dal Centro di servizio per il volontariato di Piacenza (Svep)con il sostegno della direzione della casa circondariale di Piacenza e dell'assessorato alla formazione, ed ampiamente illustrato dal direttore dello Svep Giuseppe Pistone nel corso dell'incontro. 
La cerimonia di premiazione, coordinata dalla giornalista Carla Chiappini dell'ufficio stampa Svep, e da Brunello Buonocore, si è aperta con la proiezione di un filmato realizzato dallo stesso Buonocore in collaborazione con Gianni Travedi, volto a documentare, attraverso una sequenza di immagini fortemente espressive, la vita dei detenuti nel nostro carcere, a sua volta preceduta dai saluti iniziali di Gianna Arvedi, preside del "Gioia", che ha rivolto un particolare ringraziamento a tutti gli studenti coinvolti. 
A seguire, l'intervento di Calvo Escabias Jaime e Caterina Zurlo, Oatami Mohamed, collaboratori di Sosta Forzata che hanno portato ai presenti i saluti da parte della redazione ritirando infine i premi per conto dei compagni. L'assessore ai servizi sociali Leonardo Mazzoli ha invece anticipato le prossime iniziative del Comune al fine di garantire una maggior visibilità e permeabilità della struttura carceraria, attraverso un percorso mostra che documenti la vita del carcere e vada ad illuminare il suo atavico isolamento. Ospite d'eccezione della manifestazione Edoardo Albinati, autore del libro Maggio Selvaggio (edizioni Mondadori), riferito alla sua esperienza come docente di lettere nel carcere romano di Rebibbia.

 

 

La stampa riprende a "martellare" in favore dell'ex leader di Lotta Continua
Sofri, la "grande incomprensione" si accentua
La crociata mediatica per la liberazione definitiva non convince l'opinione pubblica "pressata" dagli innocentisti
Roberto Brusadelli

 

La Padania, 4 dicembre 2005

 

"Fateci la grazia". Così titola, in riferimento al caso di Adriano Sofri, il numero di Panorama in edicola. Certo, la questione sotto il profilo umano, come ha sottolineato il segretario federale della Lega, Umberto Bossi, è cambiata dopo il delicato intervento chirurgico all'esofago a cui è stato sottoposto l'ex leader di Lotta continua: le sue condizioni di salute si sono seriamente aggravate e la sospensione della pena decisa per incompatibilità con il regime carcerario è un provvedimento che a molti è apparso equo.
Lo stesso ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha fatto presente ai mass media che "le mie idee non sono cambiate, ma i fatti sì". E l'opinione pubblica conosce perfettamente la lunga, coerente battaglia che il Guardasigilli ha condotto fino al punto di indurre il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, a sollevare il conflitto di attribuzione verso il ministro davanti alla Corte Costituzionale nel caso di Ovidio Bompressi.
Ma scrive bene nella sua rubrica Picconate, a pagina 48 di Panorama, il giornalista e senatore di Forza Italia, Paolo Guzzanti: "Nessun accanimento persecutorio, ma mi permetto di ricordare che se Sofri è in malattia, Luigi Calabresi è sotto terra, e non soltanto perché gli hanno sparato, ma perché gli slogan di Lotta continua lo hanno ucciso prima delle pallottole nella sacralità della persona facendo di lui, uomo mite e non violento, il mostro cui dare la caccia fino alla morte. Se perdono ha da esserci per Sofri, dunque, che almeno ci sia perdono per tutti i detenuti (nelle sue stesse condizioni, ndr) che non scrivono libri e che conoscono bene il bugliolo e male il fax".
Ma premette Guzzanti nello stesso commento che "Sofri è un caso speciale perché rappresenta un passato comune a una folta pattuglia di ex rivoluzionari oggi in giacca e cravatta (...). E quindi per costoro, come per gli agenti sovietici e i brigatisti rossi, viene mantenuta in pieno l'idea del colpo di spugna su un passato da archiviare".
Il punto del contendere è proprio questo: la divaricazione, drammatica, tra il sentire comune della gente che crede nella certezza del diritto e vorrebbe vedere applicata una sentenza già definitiva ma contrastata e contestata in tutti i gradi di giudizio, e un'autentica campagna - anzi una vera crociata -, mediatica, trasversale agli schieramenti politici, che da sinistra, destra, dal centro (con la sola eccezione della Lega e di parte di An) fin dalla riapertura del caso Calabresi ha battuto la grancassa del perdono.
Nessuno, infatti, può contestare che, data la centralità politico-culturale del dibattito sul terrorismo "storico" degli anni Settanta e Ottanta, sulle stragi, i delitti, le violenze e le intimidazioni, Sofri, al pari di Bompressi e Giorgio Pietrostefani, abbia goduto di un trattamento assolutamente garantista. A lui e ai suoi compagni sono state date tutte le possibilità di contrastare le tesi dell'accusa, appellandosi non solo ai fatti concreti, alla dinamica temporale e logistica di quegli accadimenti, ma ai motivi ideologici che hanno ispirato un certo momento storico della nostra storia civile.
Eppure, nonostante questo trattamento assolutamente corretto da parte di una democrazia liberale che Lc, e non solo, intendeva distruggere, non risultano pentimenti di coscienza, non risultano iniziative o passi ufficiali di Sofri verso la famiglia Calabresi perché la vittima di un omicidio politico avesse almeno una riabilitazione umana e morale.
Sofri può anche contestare di essere il mandante dell'assassinio, proclamando la propria innocenza. Ma fino a che punto la sua estraneità al fatto si spinge, sul piano del clima di violenza e di sopraffazione che caratterizzava quegli anni? L'assoluzione preventiva, come si fosse trattato di un osservatore neutrale, di un semplice commentatore di quel periodo, non è un insulto alla memoria di chi, per certe idee, ha pagato il prezzo più alto?
Intanto, "le condizioni di salute di Adriano Sofri - afferma il dottor Giuseppe De Iaco, direttore del reparto dove è ricoverato - continuano ad essere stabili e la prognosi è riservata. Il paziente continua ad essere sedato farmacologicamente e sottoposto a ventilazione assistita. Lunedì saranno effettuati ulteriori esami radiologici".

 

 

Sofri/ Castelli: per me è detenuto come tutti gli altri
"Non voglio avere atteggiamento né di favore né di persecuzione"

 

Virgilio Notizie, 4 dicembre 2005

 

Torino. "Sto esaminando tutte le proposte di grazia avanzate al Capo dello Stato. Per me Sofri è un detenuto come tutti gli altri e non voglio avere verso di lui un atteggiamento né di favore né di persecuzione e voglio agire con la massima obiettività". Lo ha detto il ministro della Giustizia Roberto Castelli, parlando con i giornalisti a margine della manifestazione della Lega Nord sulla devoluzione che si è tenuta oggi a Torino.

 

 

Crotone, assassinato detenuto davanti carcere

 

Audionews, 4 dicembre 2005

 

08.31: Assassinato a Crotone un detenuto in semilibertà mentre rientrava in carcere. E' stato avvicinato da un'auto e freddato con 13 colpi di arma da fuoco. L'uomo stava finendo di scontare una pena per il favoreggiamento di un boss.

 

 

Carceri: in Basilicata le 5 superprigioni dello spreco

 

SuperEva Notizie, 4 dicembre 2005

 

E mentre il ministro Castelli batte cassa per sistemare le migliaia di detenuti in eccesso ammassati qua e la' in prigioni che stanno per scoppiare, per gli istituti penitenziari sorti e abbandonati in giro per l'Italia i sindaci si inventano le possibili attivita' alternative per il riutilizzo delle strutture. Perche' lasciarli li' a crollare, e' davvero uno spreco. Vengono proposte, e in alcuni casi realizzate, le cose piu' strane: ostelli per gruppi folk, case di accoglienza per anziani soli, strutture per i cineforum estivi all'aperto.
Con un documento datato 2 maggio del 2000 il Ministero cedeva ai comuni le carceri in costruzione. ''Vista la legge 3 agosto 1999 n.265 recante all'articolo 34 'disposizioni in materia di personale e di edifici delle case mandamentali' - si legge nel testo - il Ministero di Grazia e Giustizia dispone, a decorrere dalla data odierna, la soppressione delle 65 case mandamentali di seguito elencate''. E segue una lunga lista di comuni, piu' o meno sconosciuti, molti dei quali sono al Sud, tantissimi in Sardegna.
E dentro c'era proprio di tutto: dai letti, agli armadi, dalle finestrelle alle pesanti porte in ferro. Tutto tranne che i detenuti. Perche' questo carcere di ultima generazione non e' entrato in funzione per nemmeno un giorno. Stessa sorte toccata alle prigioni di altri quattro paesi nella sola Basilicata: Acerenza, Calvello, Chiaromonte e Sant'Arcangelo. Appena cinque delle 65 carceri mandamentali edificate due decenni fa e poi abbandonate al loro destino dopo la legge che aboliva le preture di tutta Italia.

 

 

Presentato il nuovo protocollo di accesso alla custodia attenuata di Empoli

 

Comunicato Stampa di "Ragazze Fuori" 
Periodico della Casa a Custodia Attenuata Femminile di Empoli
L'iniziativa è stata promossa dal Dipartimento per le dipendenze e dell'educazione alla salute

 

Govedì 1 dicembre, nella ricorrenza mondiale della giornata contro l'Aids, nei locali della custodia attenuata femminile di Empoli, è stato illustrato il nuovo protocollo di accesso nell'Istituto. L'iniziativa, promossa dal Dipartimento delle dipendenze insieme all'Unità per l'educazione alla salute, ha visto coinvolti tutti i vertici del Ser.T di Empoli, l'associazione famiglie nel Ser.T, la direzione del carcere, il Comune e le ospiti che hanno offerto ai presenti vasetto di miele, frutto del lavoro che quotidianamente svolgono all'azienda agricola.
Il protocollo d'intesa del servizio per le tossicodipendenze rappresenta le nuove modalità di gestione all'interno della custodia attenuata. La direttrice del carcere, Margherita Michelini, nel suo intervento, ha spiegato il lungo percorso della custodia attenuata di Empoli, partendo dal passato, guardando al futuro.
"La giornata di oggi vuole essere un momento di commemorazione e riflessione su una malattia che fa ancora tanta paura, l'Aids, ma anche la presentazione ufficiale del nuovo protocollo di accesso delle donne detenute tossicodipendenti a questo Istituto. In passato abbiamo avuto delle criticità: quella più grande di portare a regime la capienza dell'istituto - ha detto la direttrice Michelini -. Per cui il gruppo integrato tra operatori del Sert e quelli interni hanno elaborato delle modalità di accesso delle detenute differenti rinunciando alla volontarietà, perché qui entravano su loro esplicita richiesta e noi come gruppo filtro, valutavamo se avevano la caratteristiche. Soprattutto il servizio delle dipendenze ha fatto un grosso lavoro su questo punto. E' stato trovato un altro criterio uniformante, cioè la tossicodipendenza e la mancanza di problematiche psichiatriche. Questo è stato un po' tornare alle origini. Perché le custodie attenuate sono nate per la cura e la riabilitazione delle donne tossicodipendenti. Successivamente abbiamo accolto anche donne non tossicodipendenti - continua la direttrice - sempre per il problema grosso della capienza e poi perché la custodia attenuata veniva anche intesa a donne alla prima esperienza detentiva, per non farle entrare in circuiti ordinari dove non ci si riabilita. Il protocollo d'intesa è stato siglato tra il Dipartimento delle tossicodipendenze con il Ser.T di Sollicciano, in raccordo con gli operatori sanitari del Ser.T ed interni alla direzione".
Maura Tedici del Dipartimento delle tossicodipendenze di Empoli, ha illustrato la parte tecnica del nuovo protocollo. 
"Perché oggi, perché qui. La proposta è nata per analogia perché di fatto oggi qui non si parla solo di Aids ma anche di una delle drammatiche conseguenze della tossicodipendenza. Ci sono le donne, c'è l'Associazione dei genitori del Ser.T, le Istituzioni che invece lavorano affinché si possa ridurre in tutti i modi la conseguenza più drammatica dell'uso di droghe - detto Maura Tedici - che è da un lato la malattia con tendenza oggi non più mortale, oppure la carcerazione. L'uso delle droghe è ritenuto un momento di non ritorno. Noi questo non lo crediamo. Però di fatto nella cultura generale, l'idea è che un tossicodipendente che tocca il carcere, in qualcosa si modifica. Noi dobbiamo fare per legge prevenzione che, però, possono farla anche altre Istituzioni. In realtà, il Ser.T ha voluto più parlare di terapia e di riabilitazione e non rivolgendosi non soltanto a chi è sieropositivo ma alle donne detenute in questo carcere. In passato ci siamo incontrate in questa giornata per commemorare. Oggi presentiamo un nuovo protocollo di accesso alla custodia attenuata che non la cambierà, perché non deve passare il messaggio che siccome si interviene sulla tossicodipendenza, allora il 'Pozzale' cambierà volto. Le cose miglioreranno. Sono andata a Sollicciano - continua la Tedici -. Un viaggio a ritroso nel tempo. Tante donne tossicodipendenti nel passato che in quel momento lì continuavano ad esserlo, assumendo una terapia psicofarmacologica che impediva loro di poter vedere lucidamente il loro futuro. Abbiamo pensato che qui, a Empoli, con quello che vuol dire aver creato questa struttura ed aver sempre sentito la politica dei Comuni e dell'Azienda sanitaria disponibile e attenta, abbiamo provato a cambiare direzione. Adesso arrivano donne ancora in trattamento con metadone. Questo ci offre, essendo tossicologi, di poter insieme a loro detossicarle e non inserire le benzodiazepine che invece le rendono sensibili al richiamo dell'eroina, una volta uscite dal carcere. Per far questo, un nuovo staff sanitario frequenta il carcere con più intensità di prima; ci devono essere le donne, la scommessa più grossa; il carcere con le sue persone, dalla direttrice agli agenti e a tutti gli altri operatori e volontari, perché è importante la presenza dell'altro. L'associazione dei familiari è qui per rendersi disponibili a fare un altro pezzetto di crescita. Ed a loro chiediamo di condividere il progetto e di essere disponibili ad accompagnare le donne nei piccoli percorsi all'esterno e all'interno del carcere. Oggi ha preso il via il corso di autobiografia che le aiuterà a prendere più consapevolezza di se stesse. A queste donne va ridata la speranza di uscire dal deserto".
L'assessore alle Politiche sociali del Comune di Empoli, Claudio Bicchielli, ha sottolineato l'importanza che ha questo carcere sul territorio. 
"Un luogo di sofferenza, dove appena entrato ho respirato vita, vivacità - ha detto Bicchielli -. Un carcere che è una risorsa per il territorio, perché per lo meno tenta di dare una risposta più civile alla reclusione. La presenza dei genitori è importante. L'Amministrazione comunale in questi anni e ora ancora di più, sarà disposta a dare una mano nell'accettazione di questa struttura sul territorio. Queste giovani donne dovranno sentire la nostra vicinanza. Loro sono nostre concittadine".

 

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