Rassegna stampa 6 aprile

 

Amnistia: da oggi alla Camera riparte l’iter del progetto di legge

 

Vita, 6 aprile 2005

 

Lo ha annunciato Gaetano Pecorella, presidente della commissione Giustizia della Camera. "Abbiamo tutti il dovere morale e politico di dare una risposta sulla questione dell’amnistia che da anni si trascina senza che ciascuno prenda con chiarezza posizione".

Lo ha detto il presidente della commissione Giustizia della Camera, Gaetano Pecorella (Fi), che questa mattina ha incontrato il leader radicale Marco Pannella in sciopero della fame e della sete per chiedere un provvedimento di clemenza per i carcerati. Pecorella spiega, tra l’altro, che da oggi ripartirà l’iter delle pdl su amnistia e indulto nella sua commissione a Montecitorio.

"Lo dobbiamo - prosegue Pecorella - alla richiesta, rimasta inascoltata, fatta dal Pontefice Giovanni Paolo II al Parlamento. Lo dobbiamo anche a coloro che aspettano di conoscere il proprio destino". "Per questo - conclude - riprenderà oggi l’iter in Commissione Giustizia della Camera dell’esame delle proposte di legge su amnistia e indulto sino a pervenire ad un voto finale, positivo o negativo che sia".

Livorno: caso Lonzi, il Pm respinge l'istanza di riesumazione

 

Il Tirreno, 6 aprile 2005

 

Il sostituto procuratore di Livorno, Roberto Pennisi ha respinto l’istanza, presentata il 18 marzo scorso, con la quale Maria Ciuffi, chiedeva la riesumazione della salma del figlio, Marcello Lonzi, morto a 29 anni, l’11 luglio 2003, nel carcere delle Sughere a Livorno dove era detenuto. Il pm che ha respinto l’istanza è lo stesso che aveva già indagato sulla morte del giovane. Secondo la madre, il figlio sarebbe morto in seguito alle percosse subite in prigione e per questo aveva chiesto la riesumazione del cadavere per procedere con ulteriori esami sui resti del figlio, mentre l’indagine della procura di Livorno si concluse con l’archiviazione dell’indagine per omicidio e stabilì che Lonzi era morto per cause naturali, stroncato da un infarto.

Pennisi ha motivato la sua decisione con l’assenza di elementi nuovi per procedere alla riapertura delle indagini, aggiungendo che "le uniche novità di cui questo ufficio ha avuto notizia" sulla vicenda Lonzi sono state "da una parte le esternazioni mediatiche" della madre, Maria Ciuffi, "raccolte da importanti organi di informazione televisiva e giornalistica e, dall’altra, le esternazioni, queste non mediatiche ma effettuate a suon di ordigni esplosivi e incendiari, da sedicenti gruppi anarchici che della vicenda Lonzi si sono impadroniti per innalzarla a vessillo della loro asserita ideologia". Il riferimento del magistrato è alla campagna di attentati di Genova e Milano del primo marzo scorso.

Papa: l’impegno per i detenuti in visite, documenti, incontri

 

Ansa, 6 aprile 2005

 

Il messaggio inviato ai detenuti nelle carceri del mondo per sottolineare che il Giubileo del 2000 era anche il loro giubileo e per chiedere una "riduzione, pur modesta" della pena per tutti i detenuti; le visite ai reclusi di alcuni istituti italiani e ai giovani del carcere minorile romano di Casal del Marmo, ma anche l’incontro dell’anno scorso con le donne della polizia penitenziaria.

Il pontificato di Wojtyla è stato scandito da documenti, prese di posizione e iniziative a favore del rispetto della vita dietro le sbarre. Una attenzione ricambiata, come dimostra la veglia dei detenuti di Regina Coeli nella notte seguita alla morte del Papa. L’impegno del pontefice per il mondo penale e per gli operatori penitenziari, ricorda il sito del ministero della Giustizia, "ha interessato i sistemi giudiziari di ogni continente e che ha trovato nel Giubileo delle Carceri del 2000 la sua sintesi".

Il 9 luglio di cinque anni fa, il papa celebrò messa a Regina Coeli, accolto da applausi e baci dei reclusi. Wojtyla tornò a chiedere un gesto di clemenza "per tutti i prigionieri" e volle salutare i detenuti uno ad uno, ottenendo uno strappo al rigido cerimoniale stabilito nei giorni precedenti. Cinque furono le visite del pontefice nelle carceri italiane: Casal del Marmo (Roma), nel 1980; Rebibbia (Roma) nel 1983; Buoncammino (Cagliari), nel 1985; Volterra (Pisa), nel 1989; e di nuovo Regina Coeli (Roma), nel 2000. Il 31 marzo del 2000 Giovanni Paolo ricevette in udienza i magistrati in occasione del congresso nazionale dell’Anm. Il sito del ministero della Giustizia riporta, infine il discorso pronunciato dal Papa il 26 novembre 2004 ai capi delle amministrazioni penitenziarie d’Europa, e l’incontro con la polizia penitenziaria femminile a Castelgandolfo, il 27 settembre dello stesso anno.

Papa: l'attentatore turco Alì Agca non potrà assistere ai funerali

 

Reuters, 6 aprile 2005

 

Mehmet Ali Agca, il turco che sparò ferendo gravemente Papa Giovanni Paolo II nel 1981, non potrà partecipare ai funerali del Pontefice, dopo che le autorità turche hanno respinto la sua richiesta di poter uscire di prigione per andare a Roma. Lo ha riferito oggi il suo avvocato.

Il Santo Padre perdonò il suo attentatore due anni dopo l’attentato, mantenendo i contatti con lui e la sua famiglia. "La nostra richiesta è stata respinta. Sembra che sia stata una iniziativa del governo. Non abbiamo abbastanza tempo per ricorrere in appello prima dei funerali", ha dichiarato a Reuters l’avvocato Mustafa Demirdag.

"Mehmet Ali sarà molto amareggiato quando lo saprà". Agca, 47 anni, è in una prigione di massima sicurezza ad Istanbul, dove è stato estradato per omicidio e furto dopo 19 anni di carcere in Italia per il tentato omicidio. Agca ha rivolto oggi un appello per un permesso temporaneo, che la legge turca consente ad alcuni detenuti per partecipare ai funerali di loro familiari. "Ho perso il mio fratello spirituale. Condivido il lutto con i cattolici", ha scritto Agca in una lettera aperta resa nota oggi dal suo legale, ripetendo ancora di essere il "secondo messia". Agca sparò al Papa durante una udienza generale in piazza San Pietro per l’anniversario dell’apparizione delle Vergine Maria a Fatima, in Portogallo, nel 1917. Il Papa ha sempre detto di credere che la Vergine Maria sia intervenuta per salvargli la vita.

L’uomo sbagliato nel paese della malagiustizia, di Dimitri Buffa

 

L’Opinione, 6 aprile 2005

 

Ci sono due maniere di vedere le cose. Lo spiega la teoria del bicchiere mezzo pieno o vuoto. A seconda dell’ottimismo o del pessimismo di chi lo osserva. Daniele Barillà, nonostante sette anni passati in carcere da innocente, appartiene al primo tipo di persone.

Lo stato ancora lo deve risarcire per avergli distrutto la vita scambiandolo per un narcotrafficante durante un pedinamento a un boss che aveva una macchina identica alla sua e che differiva solo per un numero di targa, e lui durante la conferenza stampa della fiction Rai dedicata alla sua vicenda cosa dice davanti ai giornalisti che non credono alle proprie orecchie? Che ha sempre "creduto nella giustizia". Quando stava in galera, ancora prima nei primi giorni dopo l’arresto, quando venne pestato perché facesse i nomi di complici che in realtà non aveva. In seguito quando si beccava una dietro l’altra tre ingiuste condanne nei rispettivi gradi di giudizio.

Oggi che, dopo essere riuscito ad avere ragione in un processo di revisione dibattimentale che nel nostro paese non conta più di 50 casi negli ultimi 30 anni, solo dieci dei quali conclusi a favore degli imputati ricorrenti, constata l’indisponibilità della burocrazia di via Arenula nel voler mettere mano al portafoglio e pagargli 4 miseri milioni di euro che certo non gli resusciteranno la madre morta. Né il cane lasciatosi morire di fame dopo il processo di primo grado perché non aveva voluto più mangiare dopo il suo arresto. Né una piccola ma fiorente azienda di abbigliamento bruciata per pagare le spese legali del proprio calvario. Tutta questa premessa serve a spiegare che ieri, lunedì 4, e oggi, martedì 5 aprile, su Rai uno in prima serata non va in onda solamente uno sceneggiato televisivo che parla di un errore giudiziario ("L’uomo sbagliato", regia di Stefano Reali, principali interpreti Beppe Fiorello, Antonia Liskova e Alberto Molinari).

Troppo facile. La verità inconfessabile è che in quelle due serate televisive che è consigliato di non essersi perso, la Rai ha mandato in onda in onda una sorta di anticipo della riparazione morale ed economica dovuta a Daniele Barillà, presente venerdì alla conferenza stampa di presentazione dello sceneggiato nella sede storica della Rai di viale Mazzini a Roma. Barillà, come si diceva, oggi è ancora alle prese con una burocrazia che dopo 8 anni di carcere patiti ingiustamente per uno scambio di persona ancora non ha ritenuto di liquidargli i 4 milioni di euro chiesti come parziale risarcimento per una vita distrutta, una madre morta, un’azienda fallita.

Daniele Barillà, come racconta Stefano Zurlo, un cronista de "Il giornale" di Berlusconi, venne ritenuto un innocente persino dall’ex procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli che nel 1995, quando l’uomo era in carcere da oltre 3 anni, scrisse una lettera aperta ai suoi colleghi di Livorno e Genova per invitarli a riaprire il caso. In quegli anni il caso di Daniele Barillà fu forse l’unico evento giudiziario in cui si trovavano d’accordo tanto i cronisti del quotidiano del cavaliere quanto il capo della procura della Repubblica che lo indagava ormai da un anno per svariate ipotesi di reato dopo averne fatto perquisire gli uffici per centinaia di volte dalla Guardi di Finanza. La palese innocenza, la buona fede quasi masochistica di Barillà, che nello sceneggiato traspaiono, erano riuscite nel miracolo di coagulare attorno al suo caso una sorta di opinione bipartisan che comprendeva tanto i giudici milanesi quanto quella parte di opinione pubblica che milita dalla parte di Berlusconi. Ciò nonostante il meccanismo diabolico non si inceppò e Barillà si dovette fare più carcere di quanto in media se ne fà qualsiasi boss di medio o di alto calibro anche pregiudicato della mafia della droga.

Revisione che poi venne ottenuta solo nel 2001, in uno dei pochi casi andati in porto nella storia patria. Barillà, che venne scambiato nella realtà come nella fiction (in cui è impersonato da Beppe Fiorello) per una staffetta di un’organizzazione dedita al traffico in grande stile di cocaina, deve la propria sfortunata vicenda, peraltro conclusasi con un parziale lieto fine che è l’eccezione e non la regola nella giustizia italiana, ai metodi disinvolti con cui alcuni uomini di polizia giudiziaria (oggi tutti finiti sotto indagine, alcuni in carcere e altri condannati definitivamente) fanno i pedinamenti, registrano le targhe delle macchine inseguite e incrociano i dati in loro possesso.

Per non parlare di come fanno le intercettazioni telefoniche o ambientali. Un caso illuminante lo abbiamo nella famosa trascrizione a mano dei colloqui tra Squillante e i suoi coimputati nella famosa vicenda del bar Mandara, dove la microspia messa dalla polizia giudiziaria dello Sco si era rotta. Arrestato, prima, e introdotto nell’inferno carcerario, poi, Daniele Barillà ha perso tre gradi di giudizio prima che una coscienziosa pm milanese, Francesca Nanni, si accorgesse che in quella condanna definitiva a 15 anni di reclusione per traffico di droga qualcosa non tornava. Nello sceneggiato la pm ha le bellissime fattezze di Antonia Liskova.

L’unico, o quasi, giornalista italiano ad occuparsi di questa vicenda nei primi anni ‘90 fu il cronista giudiziario Stefano Zurlo, de "Il giornale", che riuscì a convincere persino Borrelli della buona fede di questo imputato che nella fiction tenta anche il suicidio in carcere. L’ingranaggio che lo stritolò dal versante giudiziario si chiama "patteggiamento", un’arma a doppio taglio che aiuta i delinquenti a uscire dopo pochi mesi dall’arresto e inguaia gli innocenti perché nessun gip da retta a loro quando si proclamano per tali. Specie se le apparenze sono tutte contro.

Per colmo delle coincidenze della sorte, uno dei carabinieri che pedinava "l’uomo sbagliato", cioè il Daniele Baroni della fiction, era proprio quel capitano "ultimo" che oltre ad avere arrestato Totò Riina il 15 gennaio 1993 divenne a sua volta protagonista di un fortunato serial Rai. Tanto che lo stesso Barillà ha raccontato con una punta di amara auto ironia che quando lui venne a sapere la cosa dai giornali mentre ancora si trovava in uno dei 24 penitenziari che gli venne fatto girare dall’amministrazione di via Arenula dell’epoca, disse al suo avvocato questa frase: "prima di sconfessare la testimonianza di un eroe come lui mi faranno fare altri quattro anni di galera". Cosa che puntualmente avvenne. In conferenza stampa, nonostante tutto, lo sfortunato protagonista di una realtà che supera persino le proiezioni fantastiche di quella fiction che alla sua storia si ispira, ha tenuto a dire che lui crede ancora alla giustizia, ha sempre avuto fiducia. E ce l’ha anche oggi mentre aspetta ancora un risarcimento che non potrà dargli indietro la madre morta di dolore né l’azienda venduta per pagare gli avvocati. Un record di buona fede. Si potrebbe dire. O di ingenuità. Al risarcimento in verità oggi come oggi la burocrazia si oppone.

Tanto che forse l’incartamento approderà presso la Corte europea dei diritti dell’uomo mettendo a rischio l’Italia di un’altra condanna quasi certa. Barillà, per ora, deve accontentarsi di un risarcimento solo simbolico. Quello di Rai fiction voluto fortemente da Agostino Saccà e prodotto da Maurizio Momi. Un po' poco per una vita rovinata. Ma è pur sempre meglio di niente con questi chiari di luna.

Papa: detenuti di Firenze; lui era la speranza, grazie di tutto

 

Asca, 6 aprile 2005

 

"I detenuti del carcere di Solliciano di tutte le religioni e nazioni si associano al vostro immenso dolore e a quello del mondo intero per la scomparsa del nostro ‘grande Papa"‘. È quanto scrivono i detenuti del penitenziario fiorentino di Sollicciano in una lettera inviata al Vaticano per morte di Giovanni Paolo II. "Insieme a lui, tutti perdiamo tanto - prosegue la lettera -. Ma sappiamo che continuerà a vivere per sempre nei nostri cuori. Mai perderemo la speranza. Perché la speranza era lui. Sarai sempre nei nostri cuori. Grazie di tutto. Papa Woytyla: sei grande".

Arabia Saudita: carcere e 200 frustate a due omosessuali

 

Ansa, 6 aprile 2005

 

In Arabia Saudita, dove vige la rigida legge islamica, la Sharia, 4 uomini sono stati condannati ciascuno a 2 anni di carcere e a ricevere 200 frustate, dopo essere stati arrestati in una retata della polizia contro un raduno di presunti omosessuali, a Gedda. Sempre nella stessa città sul Mar Rosso ieri sono stati messi a morte sei somali, membri di una banda dedita a rapire e derubare tassisti: una pena giudicata eccessiva anche rispetto a quelle comminate dalla legge coranica, che prevede l’amputazione della mano destra per i ladri. I quattro presunti omosessuali erano stati arrestati mentre partecipavano a un matrimonio omosessuale.

Papa: detenuti S. Vittore; grazie per la parola clemenza

 

Redattore Sociale, 6 aprile 2005

 

Dopo i detenuti di Rebibbia, anche da San Vittore arriva al Santo Pontefice un messaggio di riconoscimento e gratitudine. "Grazie, per aver pronunciato la parola clemenza senza avere paura, senza temere di invadere i campi altrui, perché il campo, per un Papa, è il mondo. - scrivono i detenuti in una lettera pubblicata nel numero di Famiglia Cristiana in edicola oggi - E il luogo dell’errore, il carcere, è un campo privilegiato per trovare la verità dell’uomo.

La clemenza alla quale hai alluso è coniugazione di verità e giustizia con umanità e redenzione. Non una clemenza a buon mercato, ma una grazia a caro prezzo. Grazie per aver pronunciato la parola clemenza senza mai disattendere le vittime del reato: i feriti e gli offesi da quei crimini. Ma sempre ricordando che il detenuto è una persona, che sconta la giusta pena ma che, se aiutato convenientemente, può riparare.

Grazie per essere sempre stato vicino a noi senza distinzioni di razza o religione. Ci auguriamo che il mondo accolga le tue richieste e che la pace possa divenire realtà. Noi porteremo sempre nel cuore le tue parole. Parliamo anche a nome di chi non crede in Dio, ma ha avuto modo di stimarti immensamente. Grazie per non averci fatto sentire soli, emarginati, lontani. Grazie per aver perdonato a chi ti ha fatto del male. Prega ancora per noi".

Amnistia: i Ds sardi chiedono a Fassino di sollecitarla

 

L’Unione Sarda, 6 aprile 2005

 

La Direzione federale dei Democratici di Sinistra, riunita lunedì sera per discutere delle liste da presentare alle amministrative, ha approvato all’unanimità un ordine del giorno che chiede al segretario nazionale Piero Fassino di impegnare il partito e l’Unione a sostenere l’approvazione dell’amnistia una volta eletto il successore di Giovanni Paolo Secondo. "Un atto di clemenza - si legge nell’ordine del giorno - che avrebbe effetti positivi sullo stato di tensione esistente all’interno delle carceri italiane in generale ed in particolare di quelle sarde".

Fra l’altro il documento ricorda la visita che Fassino, allora ministro della Giustizia, fece al carcere di Regina Coeli insieme al Papa che in quella occasione gli sottolineò l’importanza di concedere l’amnistia. Nella premessa il documento esprime "il cordoglio dei Ds nuoresi per la scomparsa di Giovanni Paolo Secondo, un grande Pontefice che ha segnato profondamente la storia mondiale degli venticinque anni distinguendosi per la battaglia a favore di valori universali come la Pace, la Tolleranza, la Solidarietà. L’elezione del suo successore sarà un momento fondamentale per la storia di questo periodo, per il ruolo che la Chiesa cattolica, grazie soprattutto all’azione del Papa appena scomparso, si è ritagliata".

Papa: lettere dal carcere di Bergamo "abbiamo perso un padre"

 

L’Eco di Bergamo, 6 aprile 2005

 

Decine di messaggi dai detenuti di via Gleno: lo sentivamo vicino, la sua morte un vuoto incolmabile Dolore e preghiere nella sezione di alta sicurezza. E venerdì una Messa per "unirci a tutta la Chiesa". Riportiamo in questa pagina alcune delle decine di lettere scritte dai detenuti nel carcere di via Gleno in memoria del Papa: provengono in parte dalla sezione Alta sicurezza, altre da quella femminile. Venerdì, nel giorno del funerale del Santo Padre, in carcere alle 10 sarà celebrata una Messa presieduta dal cappellano don Virgilio Balducchi "per unirci - scrivono i detenuti - a tutta la Chiesa nella preghiera per Giovanni Paolo II".

 

Ci ha reso tutti fratelli

 

Sabato per noi tutti quanti è stata una giornata di lutto per la morte del Papa. Lo ricordiamo come il Papa di tutti i tempi, il Papa che ha cambiato la civiltà, il Papa che ha difeso i poveri, il Papa che ha girato il mondo, il Papa che ha dialogato con tutte le religioni, il Papa che ha condannato tutte le guerre, il Papa camminatore, il Papa che ha condannato il razzismo, il Papa che aveva 85 anni ma con lo spirito di un giovane di 20 anni. Il Papa che ha visitato i paesi arabi per dialogare e dimostrare che siamo tutti fratelli, il Papa con le parole che escono dal cuore, il Papa che ha fatto avvicinare tutte le religioni. Per noi rimarrà nella storia come il Papa coraggioso, il Papa del sorriso sincero, il Papa che ha perdonato il suo attentatore. Per noi rimarrà il Papa di tutti i tempi, il Papa che anche con le sue sofferenze è rimasto sempre vicino agli altri. Noi tutti quanti preghiamo che riposi in pace nella sua ultima dimora.

Oggi noi siamo cristiani, musulmani, ebrei, induisti, buddisti, dobbiamo imparare da questo Papa che siamo tutti fratelli. Le nostre condoglianze a tutti i cristiani, ma pure al mondo intero.

 

I detenuti musulmani

 

Vicino a noi immigrati

 

Più che essere contento per come il Papa ha sopportato la sofferenza, sono contento per quello che lui ha rappresentato in questo mondo, per la sua bontà e il suo sostegno all’umanità e perché ha cercato, nei momenti più difficili e nelle situazioni più complicate, la Pace.

Ha sofferto con la gente che soffriva e soprattutto con gli immigrati, perché si è sempre impegnato per aiutarli. Pochissime donne nel mondo hanno avuto a fianco uomini grandi come lui (nel mondo arabo per dire che un uomo fa grandi cose si dice che la sua donna è contenta; qui l’autore ha probabilmente voluto assimilare la Chiesa a una donna e il Papa al suo uomo, ndr), ed è la verità perché "Allah conosce tutto quello che abbiamo nel nostro cuore" (uno dei versetti più noti del Corano, ndr). E prego Allah, caro Papa, che ti guarisca al più presto possibile e ti dia ancora tanti anni da vivere, a te, uomo Grande... Però a tarda sera abbiamo saputo che è arrivata per te l’ora di incontrare Dio e hai lasciato qui un mondo pieno della tua storia, dei tuoi gesti di bontà e della tua generosità.

 

Nagib

 

Le tue parole siano realtà

 

Carissimo Papa, con queste poche righe voglio ringraziarti per esserci stato accanto fino ad oggi. Sono pienamente convinta che anche da lassù tu ci seguirai e continuerai a vegliare su di noi, come sempre hai fatto. Non ho avuto il piacere di conoscerti personalmente ma il solo guardarti in tv mi ha dato modo di capire quanto sei grande e quanto bene hai saputo offrire al mondo intero.

Le tue parole non sempre sono state ascoltate... Quante cose si potevano evitare! Non mi resta che salutarti, chiudendo questo scritto con la speranza che tutto quello per cui hai sempre pregato diventi realtà, fino a vivere in un mondo migliore. La tua immagine rimarrà impressa nei miei occhi per sempre... Mi mancherai. Buon riposo.

 

R.G.

 

Meno soli e più amati

 

Non è mai facile trovare le parole adeguate per esprimere ciò che si ha dentro, ancor più difficile quando queste parole riguardano un uomo come il Santo Padre, Giovanni Paolo II, che ha dedicato la sua esistenza a tutti noi. 27 anni di pontificato sono tanti, ma ancora pochi se pensiamo a ciò che il Papa avrebbe potuto ancora dare con la sua presenza e il suo spirito. Ha contribuito a cambiare il mondo parlando a tutti in egual misura e, come detenuto, sono felice di ricordare come il Santo Padre ha usato parole per i carcerati esattamente come per qualsiasi altra categoria.

L’ha fatto nell’anno del Giubileo entrando in carcere ed ha poi reiterato la sua richiesta di clemenza il giorno storico in cui è entrato nel Parlamento italiano per la prima volta nella storia. Ero davanti alla Tv quel giorno e le sue parole mi hanno commosso perché "sembrava" (ma era proprio così in realtà) che noi fossimo in cima a tutti i suoi pensieri. L’ho applaudito esattamente come tutti i parlamentari presenti in aula e poco mi interessava sapere cosa avrebbe risposto o fatto in seguito perché quel giorno credo che tutti noi ci siamo sentiti meno soli e più amati.

Dopo il "Papa Buono" un altro nostro Padre ha avuto il coraggio di entrare in carcere non trattandoci come appestati o emarginati, bensì come uomini bisognosi di amore e perdono cristiano.

Questo uomo, questo Santo Padre, è entrato nel mio cuore con forza travolgente. Avevo solo 10 anni quando venne proclamato Papa e fin dalle sue prime parole ("Se sbaglio mi corrigerete") è stato uno di noi... un uomo! Il pensiero che vorrei rivolgere direttamente a Giovanni Paolo II è semplicemente questo: "Caro e amatissimo Papa ora che ti avvii in questo tuo ultimo viaggio, ricordati di me perché io non mi scorderò mai di te. Si tratta di un viaggio che stavolta, dovrai fare da solo, anche se solo non lo sarai mai perché il mondo ti ama e continuerà a farlo. Grazie per come ci hai amato e per come hai preso per mano il mondo intero. Senza di te sarà tutto diverso ma prego affinché i tuoi insegnamenti continuino ad echeggiare nei cuori di tutti i popoli del mondo. Prego Dio affinché la tua sofferenza possa presto tramutarsi in gioia divina. Anche soffrendo hai dimostrato il tuo amore per il mondo... per tutti noi. Ti voglio bene mio caro papà". Tuo figlio

 

G. B.

 

Ti voglio tanto bene

 

È stato un punto di riferimento, nella mia vita ho conosciuto solo lui. Per noi giovani è stato davvero un padre importante: ti ho voluto bene, te ne voglio adesso e te ne vorrò sempre. Ciao papino mio.

 

F.S.

 

Ci ha difeso in Parlamento

 

L’emozione mi prende la gola, il Papa è morto! Tristezza e rammarico mi sconvolgono e mi obbligano a riflettere. Questo Papa lo sentivo mio; era, è stato il Papa dei giovani, era molto vicino a noi. Doppiamente vicino a me, anche come carcerato e lo rivedo, lo rivedo con la mente nel Parlamento italiano a chiedere un atto di clemenza per tutti i carcerati e quindi anche per me.

Penso che lo porterò nel cuore anche per quella sua serenità di fronte alla morte, sapendo che stava per morire. Grazie Papa Wojtyla, il papà di tutti.

 

M.V.

 

Ti racconterò ai figli

 

Il nostro Dio, il Signore ti ha chiamato. Io so che dall’alto continuerai a guardarci, tutto quello che hai fatto per questo mondo nessuno potrà dimenticarlo: il tuo messaggio di amore, di speranza è il più bello. Ci hai fatto capire quanto è grande il Signore Gesù. Ti ricorderò sempre e racconterò ai miei figli, se Dio lo permette, tutta la bontà e l’amore che mi hai trasmesso in tutta la mia vita.

Spero di poter continuare a crescere con la Parola di Dio, per questo dico: Signore crea in me un cuore puro pieno di amore. Papa: sei l’uomo più bello che ho conosciuto e sarai sempre nel mio cuore. Que Dios te tenga en su gloria.

 

O.W.

 

Santo come Madre Teresa

 

Noi sentiamo con tutto il nostro cuore la perdita di un Santo, poiché consideriamo Giovanni Paolo II il nostro Papa un vero Uomo di Dio, così come Maria Teresa di Calcutta era una Santa vivente.

Questo grande Papa è stato un Santo che ha lasciato una impronta indelebile all’umanità. Preghiamo con tutto il cuore che risplenda la luce di Dio sull’anima generosa di Papa Giovanni Paolo II. Riposi in pace amen.

 

Lettera firmata

 

Ho perso un altro papà

 

Ho perso mio padre tanti anni fa, appena bambina che si affacciava alla vita... In te, caro Padre ho ritrovato quello sguardo paterno che pensavo mai avrei visto, ho sentito il calore e parole confortanti che solo un padre sa trasmettere ai propri figli... Ancora una volta sei stato strappato a me, caro papà. Ma continuerai a vivere nel mio cuore per sempre. Da lassù proteggi la mia famiglia, mio marito ed il nostro piccolo. Ti vogliamo bene. Sarai sempre nei nostri cuori.

 

G.B.

 

La possibilità del riscatto

 

Ore 22 del 2 aprile 2005: è stata appena annunciata la tua morte, Papa ci hai lasciati fisicamente, ma so che spiritualmente tu ci sei e ci sarai sempre. Ci hai lasciato la speranza, la forza e il coraggio di continuare a combattere per una vita migliore, la fiducia che hai per noi giovani di poterci migliorare... Hai combattuto per noi carcerati, hai avuto fiducia per una nuova possibilità... non è poco ciò che hai fatto, bisogna continuare e non fermarci al primo no.

Grazie Papa per tutto e chissà che con la tua morte e le tue preghiere noi torniamo a sorridere. Ora Dio ti ha voluto a Sé per continuare a vegliare su di noi dal regno dei cieli. Hai lasciato un gran bel segno nei nostri cuori. La nuova generazione deve dare pace, essere tutti più uniti e fratelli senza distinzione perché ai tuoi occhi e agli occhi di Dio siamo tutti uguali. Grazie di tutto Papa e ti auguro una buona nuova vita in Paradiso accanto a Dio. Perdonami per tutti i miei sbagli per cui mi trovo qui.

 

Lettera firmata

 

Tristezza in cella

 

Sabato sera erano le 22 circa quando io e le mie due compagne di cella abbiamo avuto la triste notizia che il nostro Santo Padre, alle 21.37, aveva, dopo lunghe sofferenze, raggiunto il posto a fianco di Dio. Eterno e sereno sia per te il riposo. Ho 29 anni, e per me sei stato l’unico Papa che realmente mi ha accompagnato in tutta la mia vita. Io non sono una cristiana praticante, ma ti ho apprezzato perché tu, caro Padre, hai saputo unire tutte le religioni. Io sono felicemente sposata con un musulmano, anche lui ti ha sempre voluto bene. Ho di te un bellissimo ricordo, so che ero piccola e tu sei venuto a Bergamo, ero contenta. Dicevo a tutti: il Papa di tutti mi ha accarezzato, ero felice. Caro Karol, grazie per tutto ciò che mi hai insegnato e resterai sempre nel mio cuore.

Dall’alto dei cieli proteggi tutti i miei cari. Ti abbiamo voluto bene e te ne vorremo fino a quando la vita eterna ci unirà.

 

Lettera firmata

 

Sono tornato a pregare

 

La morte del Papa mi spinge a riflettere. Sì, il Papa è morto. Nella giornata di venerdì ho seguito alla televisione le notizie sull’agonia del Santo Padre. Mi sono trovato non so come a recitare alcune Ave Maria alla Madonna per quest’uomo. Volevo anche recitare delle preghiere per i defunti ma con mio grande rammarico non riuscivo a concludere queste preghiere perché non me le ricordavo più tutte e ho chiesto con il cuore perdono per questa mia lacuna.

Mi piaceva questo Papa, lui era in mezzo a noi, lui era e voleva essere tutti noi. Si vedeva e si sentiva nel suo fare, nel suo agire che amava e voleva amare tutti giovani, cattolici, musulmani; era veramente e voleva essere il Papa di tutti. Lo faceva sentire. Era la Chiesa, ma più ancora era un uomo di Chiesa! È quello che non restava ad aspettare, andava. Non era solo quello che diceva, faceva. Anche nella sua agonia è stato coerente, sapeva di morire e aveva ancora una parola, un gesto per i giovani che lo acclamavano dalla piazza.

Le parole di serenità, coraggio e fede in questi due tristi giorni hanno per me realmente avuto un senso, un significato e spero che questo significato nel mio cuore duri per sempre, come di certo durerà il ricordo di questo Papa unico e reale.

 

C.G.

Amnistia: Radicali lucani; i candidati governatori si schierino...

 

Adnkronos, 6 aprile 2005

 

Il segretario dei Radicali Lucani, Maurizio Bolognetti, con una lettera aperta ha rivolto un appello ai candidati a governatore della Regione Basilicata a proposito del tema dell’amnistia proposto da Marco Pannella, giunto al quarto giorno di sciopero della fame. L’iniziativa di Pannella nasce dalle parole del Papa Giovanni Paolo II che nella sua visita a Montecitorio del 14 novembre 2002, a proposito delle "condizioni di penoso sovraffollamento" dei detenuti, sollecitò "un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena".

Giustizia: Camera approva finanziamento per lotta alla tortura

 

Redattore Sociale, 6 aprile 2005

 

"L’approvazione da parte della Camera dei Deputati del provvedimento che finanzia il fondo delle Nazioni Unite per le vittime di tortura è un buon provvedimento ma è pur sempre un atto dovuto. Così come è un atto dovuto introdurre il reato di tortura nel nostro codice penale".

È la dichiarazione di Patrizio Gonnella, coordinatore nazionale dell’Associazione Antigone. L’Italia su questo fronte è inadempiente da ormai 21 anni. "Tutto questo è inaccettabile e significa delegittimare tutti gli organismi internazionali che si occupano di diritti umani - continua Gonnella -. Il rischio tortura anche nelle democrazie occidentali è sempre presente, ciò che è accaduto ad Abu Ghraib, a Guantanamo, a Genova, è testimonianza che non bisogna mai abbassare la guardia. Infine, al più presto, va ratificato il Protocollo Onu alla Convenzione sulla tortura che prevede un organismo ispettivo universale in tutti i luoghi di detenzione, anche se in stato di guerra. L’Italia ha prontamente firmato il Protocollo ma non lo ha ancora ratificato. Speriamo che non si debba nuovamente incorrere nei consueti e periodici rimbrotti della Commissione Onu di Ginevra sui diritti umani".

 

 

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