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Castelli avverte i giudici: "Taglierò le spese inutili"
L’Unione Sarda, 9 settembre 2004
I fondi per la giustizia non sono illimitati, ed è necessario contenere le spese. Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, lo ha ripetuto ieri ai vertici degli uffici giudiziari di tutta Italia, incontrati nel pomeriggio alla scuola di formazione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap). Al confronto con i presidenti e i procuratori generali delle 26 Corti di appello, hanno partecipato anche i capi dei Dipartimenti del ministero. L’incontro è stato definito da tutti "cordiale e costruttivo", ed è servito a mettere a fuoco le voci che più incidono sul bilancio della giustizia. Già la scorsa settimana, Castelli aveva definito le spese di giustizia "un buco nero", ed era tornato a puntare il dito su alcuni capitoli fuori controllo, come le spese per le intercettazioni telefoniche e la stenotipia. I dati lo confermerebbero: le proiezioni di spesa del primo trimestre del 2005 stimano un incremento di circa 150 milioni di euro. Razionalizzare le spese è perciò la parola d’ordine, anche se dirigenti amministrativi e vertici degli uffici hanno detto al ministro che considerano poche le risorse a disposizione. Castelli ha insistito sul fatto che le spese per le intercettazioni telefoniche devono essere contenute: rappresentano un terzo delle spese complessive, e nel giro di pochi anni sono aumentate in modo vertiginoso del 300 per cento, passando da 165 milioni di euro nel 2001 a 230 milioni nel 2002, fino a 335 milioni nel 2003. Vicenza: lite fra detenuti ed è polemica su sicurezza
Giornale di Vicenza, 9 settembre 2004
Un altro episodio di violenza all’interno del carcere cittadino. A farne le spese un detenuto di origine marocchina, da tempo al S. Pio X. In base alla ricostruzione, è stato pestato dai suoi compagni di cella per una banale questione di cibarie. L’episodio risale a qualche giorno fa. Il magrebino Mohammed Badr Alam, 36 anni, è stato soccorso all’interno della casa circondariale (nella foto l’ingresso) e quindi trasportato in ambulanza in ospedale. È stato prima medicato al pronto soccorso e quindi ricoverato per qualche giorno. Ha subito un trauma cranico con un vasto ematoma. Se la caverà in circa un mese secondo la prognosi dei medici del S. Bortolo. Su quanto avvenuto sono in corso gli accertamenti della procura e della polizia penitenziaria, che sta cercando di ricostruire nel dettaglio la violenza per punire i responsabili dell’aggressione. Episodi del genere non sono frequenti all’interno della struttura di via Della Scola, ma nelle ultime settimane se ne è verificato più di qualcuno. Si tratta di fatti che gettano benzina sul fuoco per quel che riguarda le polemiche sul S. Pio X, soprattutto in merito al sovraffollamento e alla carenza di strutture adatte a garantire la sicurezza. Lo stesso numero di agenti, è stato sottolineato più volte, non sarebbe adeguato a controllare l’altissimo numero di detenuti, circa 250 contro i cento previsti. Negli ultimi giorni di agosto erano stati denunciati un paio di violenze dello stesso genere, con detenuti costretti a ricorrere alle cure dei sanitari dopo furibondi pestaggi in cella. D’altronde, avevano rimarcato i sindacati - e in precedenza gli onorevoli di opposizione che avevano compiuto delle visite dentro la casa circondariale - il numero dei carcerati è troppo elevato, e la presenza nella stessa cella di pochi metri quadrati di due o tre persone quando la stanza era stata pensata e creata per una non possono che portare, a lungo termine, ad esasperare gli animi di coloro che spesso devono scontare periodi lunghi dietro le sbarre. Se Alam se la caverà in qualche settimana, infatti, il pericolo è che altri detenuti possano essere vittime di violenze da parte dei compagni. L’intervento celere degli agenti non sempre è agevole, dacché sono spesso costretti a sorvegliare più reparti in poche unità. Bari: a Fiera Levante manufatti dei ragazzi dell’Ipm
Ansa, 9 settembre 2004
Saranno esposti manufatti realizzati dai ragazzi negli istituti per i minorenni nella 68/a edizione della Fiera del Levante di Bari. Lo rende noto un comunicato della direzione del Centro per la giustizia minorile per la Puglia-Ministero della giustizia, dipartimento giustizia minorile. Nel padiglione 126 dell’Unioncamere Puglia saranno in mostra manufatti artistico-artigianali realizzati dai ragazzi negli istituti penali per i minorenni di Bari e di Lecce e nella comunità ministeriale di Lecce, nell’ambito dei corsi regionali di formazione professionale, delle attività di laboratorio e trattamentali di formazione lavoro, scolastiche, sportive, culturali, teatrali, lavori e attività realizzati nell’ambito dei progetti realizzato con finanziamenti per i Comuni salentini di Copertino e Gagliano del Capo e quello tarantino di Pulsano. Saranno esposte rappresentazioni artistiche, pirografie, lavorazioni in pietra leccese, gesso, cartapesta, vetro, ferro, ceramica, legno, giunco e creta, decorazioni con la tecnica decoupage, decorazioni su vetro, monili in tecnica indiana, mobili e complementi di arredo. Per alcuni prodotti sarà possibile la vendita. "L’iniziativa - è detto nella nota - si pone principalmente lo scopo di sensibilizzare le forze politiche e il mondo del lavoro sulle problematiche minorili, sostenendo il recupero e il reinserimento sociale ed occupazionale del minore di giustizia". "L’attenzione che sarà rivolta all’iniziativa dal pubblico e dalle istituzioni tutte - si sottolinea - costituirà senz’altro una attestazione di riconoscimento dell’impegno dei ragazzi e delle abilità acquisite nell’ambito delle attività formativo - professionali". Roma: Regina Coeli chiude sezione della protesta
Ansa, 9 settembre 2004
È stata chiusa per ristrutturazione la IV sezione del carcere di Regina Coeli dove, fra il 17 ed il 18 agosto, scoppiò una protesta culminata con l’arrivo in via della Lungara del ministro della Giustizia Castelli. La sezione, che al momento della protesta ospitava circa 170 detenuti, sarà oggetto di lavori di ristrutturazione da tempo pianificati. Al termine, fra circa un mese e mezzo, i posti disponibili saranno 80. In contemporanea questa mattina è stato riaperto il primo settore che ospita i detenuti lavoranti, quelli impegnati in attività nel carcere. "La prima sezione - ha detto il direttore di Regina Coeli Mauro Mariani - è la prima in regola con il nuovo regolamento penitenziario, con celle da 2 e 4 posti, con 80 posti totali. Le celle non hanno i vecchi portoncini in legno ma porte regolamentari, docce e angolo cottura. La sezione è, inoltre, l’unica dotata di cucina di reparto. Al termine dei lavori la quarta sezione sarà simile, come standard, alla prima". Negli ultimi 5 anni il carcere è stato oggetto di lavori su varie sezioni e sul centro clinico dotato di sale operatorie. Nel 2001 è stata ristrutturata la IV sezione, quella per i nuovi arrivi e nel 2002 la II, per i tossicodipendenti, con celle da 2 posti non sovraffollabili per 140 persone. All’interno di questa sezione è stata, inoltre, realizzata un’area per l’osservazione dei soggetti a rischio, come il marocchino Nadil Btyahya accusato della morte della tedesca Vera Heinzl. Per consentire i lavori la popolazione del carcere è scesa a 895 detenuti rispetto ai 950 censiti prima della protesta di agosto. Al termine dei lavori rientreranno in carcere 50 detenuti temporaneamente trasferiti in altre strutture. Milano: detenuto minaccia gettarsi da finestra ospedale
Ansa, 9 settembre 2004
Un detenuto affetto da una grave patologia, e per questo spesso ricoverato all’ospedale di Niguarda, ha minacciato oggi pomeriggio di gettarsi da una finestra del Padiglione di Nefrologia. L’uomo, approfittando di un momento di distrazione del medico e dell’agente di polizia penitenziaria, si è arrampicato su un cornicione del secondo piano. Dopo circa mezz’ora, grazie anche all’arrivo del suo avvocato, è stato convinto a rientrare, e riportato nel carcere di San Vittore. Cremona: "Carceri inospitali? Protestare è inutile"
La Provincia di Cremona, 9 settembre 2004
Dopo ferragosto, a S. Vittore un centocinquanta detenuti si sono barricati e per protesta hanno spaccato tutto. Le carceri sono troppo stipate, ed è vero. Anche i centri di raccolta per gli immigrati contengono tre volte il limite della loro capienza, ma la cagione non sta nella struttura dei centri bensì negli immigrati che arrivano a dismisura. E così nelle carceri la cagione non sta nella loro angustia ma nello spropositato numero di individui che - attraverso il delitto - hanno scelto di dirigersi verso tale dimora. Da almeno quarant’anni questo stato di cartone assiste inerte a tale fenomeno. Peggio: ne è spesso connivente. E intanto fa sperpero del pubblico danaro. Rapidi esempi, solo per campionatura: dalle costose avvocatesse che a spese del Coni, cioè ancora dello Stato, volano all’estero col sublime ed arduo compito intellettuale di far capire che lo sputacchio di Totti non è propriamente da salotto. Che, assicurano, Totti è un bravo ragazzo; c’è poi il mantenimento di un nugolo di parassiti che incrostano la pubblica amministrazione. E così via col bengodi. Dall’altro versante, questo Stato non fu e non è nemmeno capace di costruire una cinquantina di nuovi istituti carcerari. E, correlativamente non è capace di assicurarsi - offrendo una buona e sacrosanta retribuzione - un numeroso Corpo di guardie carcerarie, che rappresentano la immagine vivente del mestiere più ingrato e più amaro della terra. Tutti discorsi validi, ma inutili: è come masticare puree o maionese. Ed ora basta, perché non si possono più - sull’argomento - tollerare slogan e sciocchezze. Cifre: le carceri (53mila detenuti) contengono il 98 per cento fra definitivi ed imputati colti in flagranza (cioè definitivi avanti lettera) per delitti che vanno dalla rapina, al Gondrand della droga, alla tratta di prostitute e via così verso il su alto degli omicidi. Chi si determina ad entrare in siffatto giro deve compiere una valutazione calcolata sul rischio che corre. La contropartita, se l’impresa criminosa va male, è il carcere così come è, inospitale e di cattivo soggiorno: chi compie la scelta, tutto questo lo sa già da prima, così come chi gioca alla roulette e perde, non può pretendere che il croupier gli restituisca i gettoni. Quindi - ferma la costernazione per la insipienza dello Stato - chi ora va in carcere per i reati che ho detto ci va per libera scelta, e quindi non è accettabile che possa poi protestare né pretendere dei solidali o suggeritori in buca. Aperta parentesi: lo Stato, che è come al solito un orecchiante, ha creduto di seguire la vecchia politica di Giolitti il quale affermava - con pittoresca espressione - che quando un sarto ha da tagliare un abito per un gobbo, deve fare la gobba anche al vestito. Però Giolitti si riferiva solo a certe radicate condotte consuetudinarie degli italiani: ma per la osservanza delle leggi penali primarie e per l’ordine pubblico, Giolitti era secondo solo a Bismarck. Chiusa parentesi.
Lionello Tirindelli (avvocato in Cremona) Roma: volontari cattolici e istituzioni a confronto
Osservatorio sulla legalità, 9 settembre 2004
Inizia domani, giovedì 9 settembre a Sacrofano (RM), per concludersi l’11 settembre, il 37° convegno nazionale promosso dal Coordinamento delle associazioni cattoliche di volontariato penitenziario "L’Europa e il carcere". Il tema è caldissimo, dato l’aumento dei dubbi sui Ctp, delle contestazioni verificatesi negli Istituti di pena e lo stillicidio di suicidi dietro le sbarre più o meno accertati, più o meno rimbalzati dai media, spesso fonte di polemiche politiche che hanno forse messo in ombra le reali esigenze del mondo-carcere. L’incontro di Sacrofano dovrebbe invece essere esente da questo rischio, dato che qui si confronteranno gli operatori del volontariato delle carceri, cioè coloro che vivono da vicino i problemi quotidiani dei detenuti e cercano di lenirli, ed in particolare i volontari delle associazioni cattoliche. Parla per tutti il presidente del coordinamento, Pier Giorgio Licheri secondo cui "il mondo del volontariato impegnato nelle carceri non può stare fermo e zitto di fronte alle trasformazioni politiche e sociali che attraversano il mondo, e per la costruzione della nuova Europa sul tema ‘carcerè i volontari cattolici vogliono far sentire la loro voce e le loro proposte". Ancor più diretto il presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Livio Ferrari, il quale denuncia che "da troppi anni il volontariato funge da calmiere e anestetico dentro le carceri e, visto il mancato investimento in termini di risorse umane ed economiche da parte del Ministro della giustizia, è forse giunto il momento di incrociare le braccia e restare fuori dagli istituti a tempo indeterminato, sino a che finalmente sarà restituita dignità a questi luoghi e alle persone che vi sono ristrette". Il contraddittorio è assicurato da presenze di esperti di tutte le parti in causa, tra i quali: Emilio Di Somma, Vice Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Mauro Palma, componente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura, Adolfo Ceretti, criminologo dell’Università di Milano Bicocca, Carmelo Cantone, direttore di Rebibbia Nuovo Complesso, Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana, e Domenico Mogavero, Sottosegretario della Cei. Nei gruppi di lavoro saranno affrontati anche i temi "Migrazioni e migranti" - del quale relazionerà il dott. Salvatore Palidda, sociologo - e "Aspetti legislativi e sociali sulle migrazioni" - "La mediazione come risposta ai conflitti", "Minori e diritti: quali prospettive?". Salerno: reclusi per reati sessuali, sì a referendum radicale
La Città di Salerno, 9 settembre 2004
L’onda lunga della mobilitazione contro la legge sulla fecondazione assistita e per la libertà di cura e la ricerca scientifica è arrivata fin nel carcere di Vallo della Lucania. In quest’ultimo caso c’è una peculiarità. Infatti lunedì mattina 32 reclusi su 43, accusati o condannati per reati attinenti la sfera sessuale, hanno firmato a sostegno della richiesta referendaria, che vuole eliminare anche il divieto di sperimentazione sulle cellule staminali. Il "tavolo" di sottoscrizione per il referendum abrogativo era composto da Michele Capano, del comitato nazionale dei Radicali Italiani, Dino Liguori, consigliere comunale Sdi di Vallo della Lucania, Stefania Marino, assessore comunale di Laureana Cilento e membro del comitato referendario provinciale. Il 22 e il 30 agosto Capano e Marino erano stati al carcere di Fuorni. L’altro ieri la tappa nella struttura cilentana. "Hanno firmato 32 detenuti su 43, dunque il 75% della popolazione carceraria"ha dichiarato Michele Capano. "Mi chiedo se quest’ennesima testimonianza di "presenza civile" non debba indurre a riflettere sull’esistenza di strutture come la casa circondariale di Vallo della Lucania. È davvero necessario che i detenuti condannati o accusati di reati come la violenza sessuale debbano essere "isolati" in lazzaretti per appestati, maledetti tra i maledetti? Mi rifiuto di credere che i detenuti italiani, i detenuti della nonviolenza e delle firme referendarie, non abbiano la maturità di accogliere come compagni di detenzione i reclusi di Vallo della Lucania ed altri analoghi istituti". Le firme sono state autenticate dal consigliere Dino Liguori. "Sono fiero di contribuire ad un impegno - ha detto il cardiologo-che, per me socialista, rappresenta la continuità delle battaglie per il divorzio e l’aborto. Credo che una presenza come quella radicale, pressoché sconosciuta come struttura organizzata nelle nostre zone, possa e debba lentamente imporsi per condurre impegni come quello che ci ha visti in azione". Le 500mila adesioni andranno raccolte entro la fine del mese e l’assessore Marino ha auspicato, allo scopo, collaborazione dai colleghi amministratori del Cilento. "La percentuale di firmatari nelle carceri ha affermato- ci dimostra come sia straordinario il consenso che questa proposta raccoglie se si ha il tempo ed il modo di spiegarla ai cittadini: è un’azione capillare che soltanto Comune per Comune è possibile svolgere. Circa la nostra presenza presso la casa circondariale, occorre attrezzarsi e mi auguro di riuscire a farlo in futuro per visitare con continuità queste struttura. Occorrono "mura di vetro" per le carceri italiane, rendersi conto sempre di cosa accade e di perché accade: un risultato utile per i detenuti, gli agenti ed i dirigenti delle strutture". L’iniziativa procederà ovviamente nelle prossime settimane e sta andando avanti su scala nazionale oltretutto dividendo le coscienze, come era prevedibile tenendo conto del tema trattato. Napoli: dal carcere al palco nel nome di Brecht
Il Mattino, 9 settembre 2004
Oltre 60 artisti domani sera sul palco del teatro della torre di Casertavecchia con un gruppo di detenuti-attori per una preziosa rilettura di Brecht: di scena "I Pescecani, ovvero Sing-Sing cabaret" (nella foto) della Compagnia della Fortezza, i 23 attori-detenuti del Carcere di Volterra, accompagnati per l’occasione anche da Roy Paci, Marcello Colasurdo, la Contrabbanda, le Ceramiche Lineari, l’orchestra di fiati Ugo Valerio Città di Marcianise. E all’esterno del teatro l’accoglienza della Banda musicale Fondazione Villaggio dei Ragazzi, di Maddaloni. Paci, socio di Manu Chao, tromba ska e no global è entusiasta del progetto: "Nell’ultimo anno mi sono confrontato con la situazione carceraria", commenta il leader degli Aretuska, "ho suonato a Sollicciano, un concerto contro la situazione di sofferenza dei detenuti per il sovraffollamento delle celle. A livello mondiale la guerra ci sta facendo vedere situazioni disumane come nelle prigioni di Guantanamo e Abu Graib". Napoli: suicidi in carcere, l’incubo delle manette facili
Il Mattino, 9 settembre 2004
Ci risiamo con le manette facili. Mani pulite non ha insegnato nulla. Le indagini a Roccaraso hanno prodotto il primo suicidio: il sindaco si è ucciso in carcere. Non entro nel merito delle colpe attribuitegli, però credo che i pm abbiano applicato la legge nel modo più restrittivo possibile. È sempre valido il principio della non colpevolezza sino all’ultimo grado di giudizio? Allora lo si applichi. Mi sa tanto di mere giustificazioni, ipotizzare con frequenza che gli indagati possono scappare o reiterare i reati. Per poter ovviare a queste preoccupazioni degli inquirenti, basterebbe intimare agli indagati, sospesi dalle loro attività, di presentarsi più volte al giorno alle autorità di polizia o nei casi più gravi, prevedere gli arresti domiciliari. Credo che anche queste forme alternative alla detenzione siano previste. È giunto il tempo di rivedere la legge che prevede la carcerazione preventiva. Non si può mettere in galera un individuo sol perché ci sono indizi di colpevolezza anche se corposi. Il carcere è una pena, e la pena deve essere comminata e soddisfatta solo dopo il giudizio finale. Solo in presenza di flagranza di reato si può prevedere la detenzione immediata. In questo caso di giudizio non dovrà decidere se colpevole o innocente, dovrà esclusivamente stabilire l’entità della pena stessa.
Gennaro Alborino - Grumo Nevano (Na)
Quando muore un politico, in carcere, l’eco rabbiosa del mondo politico, dei mass media e della tv viene amplificata ai massimi livelli. Il rispetto per la morte di un uomo è palese ma sono sempre gli uomini a fare la storia. Così, dopo questa ennesima tragedia, nessuno ricorderà i tanti suicidi nelle carceri italiane: solo poveri disgraziati (tanti innocenti) che non fanno notizia. Poi ci sono i parlamentari che periodicamente (non avendo altro da fare) si recano nelle stesse carceri per accertarsi se i più abietti individui che hanno assassinato genitori o figli si trovano bene, oppure qualcuno li maltratta. Perché non vanno a casa delle vittime di questi carnefici? Ci pensate se le leggi funzionassero, i processi celebrati a tempo debito e i malviventi finissero in carcere a scontare per intero le loro pene? Un’intera classe di professionisti (avvocati e giudici) finirebbero sul lastrico. Troppi ci campano sopra. Le carceri sovraffollate? Costruire più carceri. Bravo, ti sei posto il problema di come pagare le persone addette alla sorveglianza, guardie carcerarie, amministrativi, cuochi, infermieri, medici? Semplice. Provate a fare un conto di quanti commercianti pagano il pizzo. Poi ci sono i soldi di quelli che evadono il fisco. E quante persone si tasserebbero volentieri pur di camminare tranquilli. Si potrebbero decurtare gli stipendi ai politici, ai personaggi del mondo dello spettacolo, ai calciatori. Ci pensate quanti giovani, invece di delinquere andrebbero a lavorare con la costruzione di nuove carceri? Utopia? Forse. Ma non vi lamentate, anzi, vergognatevi se la gente festeggia la morte di un Liponi ("il lupo") dimenticando completamente i tanti giovani (onesti) che mettono fine alla loro vita perché non trovano lavoro. Volete carceri più vivibili, dove chi vuole, può avere tanto spazio? Costruiteli, invece di edificare, spendendo miliardi a palate, ospedali mai terminati, autostrade da trent’anni mai finite (Salerno - Reggio Calabria), appalti fantasma e ruberie di ogni genere. I soldi uscirebbero.
U. Esposito – Napoli
Nella triste vicenda che ha visto il sacrificio del sindaco di Roccaraso, una perplessità mi attanaglia. Non vorrei che la magistratura, strumentalizzata in modo bipartisan, allentasse la morsa verso amministratori dediti alla corruzione e al malaffare.
Pasquale Mirante - Sessa Aurunca (Ce)
Come è noto due misure giudiziarie, la carcerazione preventiva e la scarcerazione per decorrenza dei termini, danno, per opposti motivi, adito a forti riserve: ci si chiede fino a che punto si tratti di provvedimenti giusti e compatibili con uno Stato di diritto. La tragica fine del sindaco di Roccaraso ci induce ancor più a pensare che lo strumento della carcerazione preventiva sia talmente rischioso e gravido di conseguenze che prima di irrogarlo bisogna considerare con estrema attenzione la veridicità delle imputazioni e la persona dell’imputato. Non voglio mettere in discussione la coscienziosità di un magistrato, ma soltanto far presente la pericolosità della misura giudiziaria in oggetto. D’altronde la magistratura non può nemmeno cavarsela con la banale risposta: "Noi applichiamo la legge". E se la legge dà adito a così ampie riserve? Perché la stessa magistratura non sollecita i responsabili politici alle opportune revisioni e correzioni?
Gino Collenea Isernia - Napoli
La tragedia del sindaco di Roccaraso ha riacceso la polemica. E, purché non si criminalizzi l’operato dei magistrati - magari per allentare la presa su processi in corso o a venire - è proprio l’ora di riflettere su limiti e modi della carcerazione preventiva, anche se - l’ha sottolineato l’avvocato Montone - le leggi esistenti già contengono le risposte: basta applicarle bene. Il signor Esposito, lamentando un eccesso di enfasi quando a farla finita è un uomo politico e denunciando la sordina quando si uccide un detenuto, propone invece di costruire nuove carceri. E sarebbe giusto, se la certezza della pena scontata a norma di legge coincidesse con le condizioni rese finalmente civili dei reclusi. Milano: l’attività dell’Associazione "Bambini senza sbarre
Redattore Sociale, 9 settembre 2004
Oggi 8 e domani 9 settembre si svolge a Milano il seminario internazionale dal titolo "I legami familiari alla prova del carcere", incontro organizzato dall’associazione italiana "Bambini senza sbarre" in collaborazione con le associazioni francesi "Relais Enfants Parents" ed "Eurochips". Finalità del seminario, che ha ricevuto il patrocinio del Provveditorato regionale per la Lombardia del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), è di offrire nuovi strumenti e un’occasione di confronto a chi, occupandosi di detenzione, abbia a che fare con padri e madri detenuti. Persone che, a causa della pena, faticano a vivere il loro ruolo di genitori. Il seminario, a numero chiuso e riservato ad una quarantina di addetti ai lavori (operatori carcerari sia del volontariato che dell’amministrazione penitenziaria) è cadenzato da quattro sessioni di lavoro successive; due dedicate in particolare ai bambini che hanno genitori in carcere ("Separazione, rottura e allontanamento: il bambino di fronte al genitore detenuto" e "disturbi della genitorialità: gli effetti sullo sviluppo del bambino") e due dedicate invece più specificamente ai problemi dei genitori detenuti ("la genitorialità durante la detenzione: la madre detenuta" e "Il padre detenuto: sostenere il genitore detenuto"). Relatore d’eccezione della due giorni Alain Bouregba, presidente della federazione dei "Relais Enfants Parents", psicologo, psicanalista, professore incaricato Università di Parigi V e membro della commissione interministeriale incaricata dal governo francese di studiare le condizioni d’accoglienza del neonato in carcere con la madre. "Il bambino non può crescere senza una relazione parentale fondante - spiegano i volontari di Bambini senza sbarre -, per questo è necessario tentare di recuperare, quando è possibile, la relazione spezzata dalla detenzione mantenendo il legame con il genitore". Per realizzare le sue finalità "Bambini senza sbarre" opera da sette anni all’interno del carcere di San Vittore di Milano; i volontari sono presenti ai speciali colloqui riservati solo a mamme e bambini, che si svolgono la domenica mattina nel carcere milanese. Inoltre il volontari animano gruppi d’incontro tra genitori reclusi sul ruolo di padri e madri, offrono colloqui individuali psico pedagogici ai genitori reclusi e, se necessario, accompagnano i bambini al colloquio con i genitori. L’associazione ha anche una forte attenzione per l’attivazione delle reti tra volontari, società civile e istituzioni. "Per questo consideriamo un importante segno di attenzione il patrocinio che il provveditorato del Dap della Lombardia ha concesso al seminario -spiega Lia Bandera, responsabile di Bambin senza sbarre- e l’adesione personale ai lavori di Luigi Pagano, attuale provveditore". L’incontro, che terminerà domani 10 settembre, si svolge al Palazzo delle Stelline, in Corso Magenta 61 ed è organizzato col sostegno della fondazione olandese "Bernard van Leer", impegnata a sostenere attività che Promuovano lo sviluppo della prima infanzia. Le associazioni partner dell’iniziativa sono la "Federazione dei Relais Enfants Parents" che da 15 anni opera in Francia, collegando 16 associazioni (1 associazione in Belgio) che lavorano per i bambini separati dai loro genitori a causa della detenzione. E "Eurochips" (European Committe for Children of Imprisoned Parents), federazione europea di associazioni del settore. Venezia: "I carcerati marciscono nelle brande..."
Il Gazzettino, 9 settembre 2004
"I carcerati marciscono nelle brande. Aboliti i lavori forzati nelle carceri italiane i detenuti sono condannati ad un ozio forzato da cui difficilmente riescono ad evadere, e spesso rischiano di "dare di matto". E il rischio è che il recupero di queste persone vada a farsi benedire". Non ha peli sulla lingua Raffaele Levorato, lo storico fondatore della Cooperativa Rio Terà dei Pensieri. Per festeggiare i dieci anni di attività del sodalizio di volontariato in favore dei carcerati, insieme al nuovo presidente Gabriele Millino, Levorato ha pensato di organizzare un convegno nelle carceri di Santa Maria Maggiore e di scrivere un libro che racconta la storia della cooperativa, dalla sua nascita, all’indomani dell’omicidio del provveditore al porto Di Ciò, ai giorni nostri. Sì perché Rio Terà dei Pensieri ha avuto due fondatori, uno di qua e uno di là del tavolone del parlatorio, con l’obiettivo di rendere meno pensante la galera a chi ha sbagliato. "Siamo nati come un gruppo di amici che non voleva fermarsi e limitarsi a quanto è accaduto - racconta Levorato -, ma voleva fare un qualcosa che allargasse il proprio interessamento ad un numero sempre più ampio di persone che vivevano, a torto o a ragione, ristretti in carcere". Il lavoro si è rivelato nel tempo assai faticoso, dovendo operare in un contesto (il carcere circondariale di Santa Maria Maggiore) che comporta un continuo e incessante "fare e rifare", quasi fosse una tela di Penelope, stante la presenza media (7-8 mesi) degli ospiti, con tutto quello che ne segue in termini di programmazione ed impostazione delle attività, acquisto di attrezzature e materiali, ricerca di insegnanti qualificati, di coordinamento del tutto, tendendo sempre a un’ottimizzazione delle risorse in spazi fisici del tutto insufficienti". Senza scoraggiarsi la cooperativa nel tempo è cresciuta di volontari ed attività sia nelle carceri maschili che in quelle femminili, passando dalla piccola falegnameria, alla legatoria, ai corsi di formazione professionale, all’Orto delle meraviglie, alla produzione di prodotti di profumeria, di sartoria e pelletteria. Durante questo decennio si sono iscritti ai corsi di formazione professionale 709 detenuti e 447 li hanno terminati, mentre hanno frequentato i laboratori (non sempre continuativamente causa fine pena, trasferimento in altro carcere, scadenza del termine, etc.) 695 persone, di cui 494 detenuti e 201 detenute. "Purtroppo buona parte dei partecipanti sono stranieri - continua Levorato - e, grazie alla legge Bossi-Fini, a fine pena, vengono espulsi. Va fatta poi una raccomandazione a tutti, dai volontari agli insegnanti ai lavoratori-volontari e ai corsisti: siamo dentro ad un’istituzione totale e quindi bisogna comportarsi sempre da persone serie. Questo vuole dire che non bisogna tradire la fiducia che in questi anni la direzione ci ha concesso e mai dimenticare che comunque a più di qualcuno della struttura carceraria la nostra attività dà fastidio, se non altro perché vanno e vengono degli estranei, circolano dei detenuti. Quante potenziali grane si eviterebbero se tutti stessero chiusi in cella".
Oggi dibattito e sabato festa dell’orto
La Cooperativa Rio Terà dei Pensieri festeggia i dieci anni di attività. L’appuntamento per educatori e gli operatori che lavorano dentro le carceri del Triveneto è per questa mattina alle 9 a Santa Maria Maggiore per un convegno sul lavoro nelle carceri veneziane. Per tutti i veneziani l’appuntamento è invece fissato per sabato 11 settembre dalle 9.30 alle 13 nella Casa di reclusione femminile della Giudecca per l’ormai tradizionale "Festa dell’orto". La visita sarà aperta dal saluto del presidente della cooperativa Gabriele Millino e dal direttore degli istituti penitenziari veneziani Gabriella Straffi, quindi ci sarà possibilità di un dibattito in merito alle coltivazioni in orto e alle produzioni del laboratorio di cosmetica. In vendita ci saranno il libro "Lavori in corso", sulla storia della cooperativa, e i prodotti di cosmetica. Australia: allevano ragni per drogarsi col loro veleno
Ansa, 9 settembre 2004
Dietro le sbarre allevavano ragni letali per drogarsi con il loro potente veleno. Protagonisti alcuni prigionieri di un carcere australiano dove in una cella di un galeotto sono stati scoperti quattro di questi animali nascosti in una giara. Scopo, come ha ammesso il prigioniero che li aveva in cura, prelevarne il veleno da diluire poi con acqua e iniettarselo. La notizia, comparsa sul sito della Bbc, non ha mancato di sollevare alcune proteste da parte dell’opposizione liberale. "Queste carceri sono praticamente dei residence di vacanza", ha dichiarato Andrew Humpherson, il ministro di Giustizia dell’opposizione. "Questa è semplicemente l’ultima dimostrazione di come siano confortevoli. I prigionieri riescono addirittura ad accedere, anzi, a crearsi, la loro droga quotidiana". Di parere diverso il portavoce di New South Wales, la prigione al centro dello scandalo, Brian Kelly, che si difende assicurando che le condizioni carcerarie sono tutt’altro che dolci. E dichiara: "Noi non crediamo che usassero davvero il veleno come droga, la dichiarazione è stata fatta da un prigioniero molto poco fidato. Siamo più propensi a credere che tenessero i ragni come animali da compagnia".
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