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Lodi: riflettori sulle celle, ma solo d’estate!
Il Cittadino, 1 ottobre 2004
n Estate stagione delle vacanze. I giornali sono pieni di cronache mondane, sembra che tutta la vita si concentri in poche località frequentate dai soliti personaggi che fanno tendenza, che fanno moda, tutto il resto diventa vita ordinaria e in questa normalità, forse proprio per segnalare una differenza, qualcuno parla delle carceri, un mondo, un pianeta tanto lontano dalla vita di tutti Tutte le parole che vengono spese su di noi non mi toccano, sono sempre le stesse frasi fatte che vengono riproposte nel periodo estivo, poi una volta superata l’estate tutto rientra nel silenzio, quelli che erano i gravi problemi di sovraffollamento, condizioni di vita spesso precarie, giustizia intasata con tempi che spesso diventano eterni per chi subisce una carcerazione preventiva, l’aspetto sanitario con condivisione di spazi ristretti con persone afflitte da gravi patologie, tutte queste situazioni vengono dimenticate come se improvvisamente tutto avesse trovato una soluzione. Questo periodo ci ha proposto qualche timida protesta in qualche istituto penitenziario con la battitura delle sbarre, fa eccezione l’episodio di Regina Coeli, dove una intera sezione è stata devastata dalla rabbia dei detenuti: fatti che non dovrebbero accadere ma che l’esasperazione di situazioni al limite della vivibilità può scatenare. Poi per il resto il solito silenzio che copre ovattando tutto quello che accade tra le mura di un carcere. La verità è che meno si parla di noi meglio è. A pochi interessa veramente conoscere i nostri problemi, che spesso ci costringono a vivere in situazioni che non rispettano la dignità dell’uomo.Nei diversi giornali che ho letto in questo periodo ho trovato solamente un articolo di Giorgio Mulè su "Panorama" che ha illustrato con chiarezza e obbiettività la situazione carceraria di questo paese. Condivido pienamente il suo punto di vista, che vede nell’amnistia e nel condono l’unica via d’uscita per ridare ossigeno al sistema della giustizia italiana. L’Italia è un paese che troppo spesso non è riuscito a chiudere i conti con la storia; ancora oggi viviamo una divisione nazionale come quella vissuta tra la destra fascista e la sinistra partigiana. A distanza di tanti anni ancora non siamo riusciti a costruire una democrazia vera, dove esista il rispetto reciproco e dove l’interesse comune prevalga sulle parti. Troppe volte abbiamo perso l’occasione per voltare pagina, per superare divisioni, posizioni di interesse, tornaconto politico ed elettorale, esprimendo la totale contrarietà verso qualsiasi provvedimento di clemenza nei confronti della popolazione carceraria. Oltre 14 anni sono trascorsi dall’ultima amnistia/condono e nel frattempo i numeri dei reclusi sono cresciuti a dismisura: è un dato di fatto che a oggi la popolazione detenuta supera le 55mila unità per una capienza effettiva di 41mila posti. Questi numeri si commentano da soli. L’art. 27 della Costituzione dice che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato": il concetto di trattamento contrario al senso di umanità non consiste solamente in vessazioni o brutalità. È sufficiente vivere in una cella accatastati, in situazioni di promiscuità e precarietà, per avvicinarci e superare la soglia minima dell’umanità. Giovanni Paolo II nel novembre del 2002 parlando alle Camere riunite tracciò la strada dicendo che "un segno di clemenza verso i detenuti mediante una riduzione della pena" costituirebbe un gesto di sensibilità per un percorso di recupero in vista di un positivo reinserimento nella società. La risposta del Parlamento fu un misero indultino che permise a circa 4mila detenuti di uscire; numeri insufficienti per risolvere una situazione che è rimasta irrisolta. Ricordiamo a tutti coloro che sono contrari all’amnistia che dalle galere non uscirebbero pericolosi criminali, l’amnistia si applica ai singoli reati. Escludendo tutti i reati gravi contro la persona (terrorismo, reati legati alle organizzazioni criminali) ne beneficerebbe solamente chi rischia o sta scontando una pena che prevede un massimo di quattro anni di reclusione (come furto, truffa o altri piccoli reati). Quello che giuristi improvvisati o facili populisti non vedono è che sarebbe necessario un condono generalizzato proporzionale alla pena e subordinato alla successiva condotta. Quale critica potremo sollevare ad uno Stato che condona tre anni di galera a chi è stato condannato a venti o più anni di prigione? L’amnistia toglierebbe un carico enorme di lavoro dagli uffici dei tribunali oramai paralizzati, il condono invece consentirebbe alle prigioni di tornare a condizioni umane. Sarebbe sicuramente un provvedimento coraggioso ma che farebbe onore a uno Stato che sa distinguere la giustizia dalla vendetta. I tempi sono maturi per una decisione alla quale nessuno di coloro che detiene il potere di legiferare può sottrarsi. Lodi: scritti dal carcere, per sentirsi ancora vivi
Il Cittadino, 1 ottobre 2004
In questo frangente della nostra vita, quella peggiore forse, dalla quale intendiamo uscire al più presto con tutta la volontà di cui siamo capaci, nella speranza di non ricadervi, possiamo riscoprire l’importanza dell’amicizia. I pensieri che ora rivolgerò al lettore non vogliono essere un racconto personale, ma vorrei fare capire un concetto parlandovi in prima persona, perché mi è più semplice, sicuro che moltissimi detenuti sparsi in tutta l’Italia mi capiranno perché sono nelle mie stesse condizioni. Proprio in questo momento, di sera, dopo aver pregato per i miei cari, mi sorge dall’interno (che sia forse quella che chiamano anima) un pensiero che da una parte mi rattrista, dall’altro mi risolleva: il fatto di essere solo. Sicuramente ai miei genitori ho dato della gioie, di cui hanno potuto felicitarsi, ma anche dei dolori che si sono tenuti dentro non facendomi partecipe della loro delusione. Ora loro secondo ciò che il Cristianesimo c’insegna sono in un qualche luogo dove se pur amareggiati staranno pregando perché una situazione simile non se la sarebbero mai augurata. Posso cosi sentirmi felice, non perché siano morti, ma perché non siano stati qui ora, in quanto conoscendoli, soprattutto mia madre, non avrebbero retto a una simile vergogna. Così da quando loro mi hanno lasciato mi sono ritrovato solo, in questo momento più che mai. Il legame con i miei parenti non è mai stato troppo forte, così ci siamo allontanati irrimediabilmente, tanto sono sicuro che il mio presente, il mio futuro a loro non riguarda più di tanto. Chissà, forse la paura che avrei potuto chiudere loro chissà quale cosa. Tutto questo è inammissibile, ho vissuto da solo per 5 anni, per tutto questo periodo ho saputo lottare per stare in superficie non chiedendo mai nulla a nessuno, e non lo faro certamente da qui. Non si rendono conto che per noi qui dentro l’unica richiesta che a volte insorge è una parola di conforto, due righe, che ne so, spedite magari una volta al mese per farci sentire ancora persone, per farci avere un pò di forza morale per tirare avanti. Sicuramente taluni credono che non sia onorevole farsi consegnare della posta con il mittente "Via Cagnola 2", ma non è Gesù ad averci professato di aiutare i bisognosi? E chi più di noi ristretti ha bisogno di una parola amichevole! Chi più di noi ha bisogno di un pò d’amore! Noi detenuti non chiediamo altro che il conforto di parole buone che ci aiutino ad attraversare questo mare tempestoso. Io a differenza di molti altri miei compagni (e mi riferisco in special modo agli extracomunitari), che il più delle volte si ritrovano qui senza nessun famigliare e senza nessun sostegno economico. Con il solo piccolo guadagno di quindici giorni lavorati in sezione quando capita loro, per potersi permettere gli effetti necessari alla loro igiene personale, per poter acquistare ciò che permetta loro di scrivere ai loro cari. Sì, io mi ritengo fortunato nel poter disporre, nel mio piccolo, soprattutto di amici con i quali ho condiviso molti momenti a volte anche duri. Fu proprio a costoro che dopo i primi giorni di confusione mentale, dopo essere approdato in questo mondo, ho voluto fare affidamento nella speranza che almeno la loro mano fosse ancora tesa verso di me in segno di aiuto, nella bufera in cui mi ero venuto a trovare. Con mia sorpresa, furono loro a unirsi, e chiedere le informazioni per poter arrivare a me, non solo con il pensiero ma scrivendomi e facendomi sentire tutta la loro forza. Così mentre io ero indeciso se ricorrere o no ancora una volta al loro cuore mi vidi recapitare prima una lettera dove tutti si schieravano in mio soccorso, e in seguito due borse piene di ciò che mi poteva essere più utile. Da quella prima lettera, ora viaggiamo con una corrispondenza settimanale dalla quale io assorbo molto conforto. Per tre di loro sono riuscito persino a ottenere il permesso di poterli vedere a colloquio, ma come spesso mi raccontano vi sono molti altri che si vorrebbero inserire, ma più di questo non è possibile. So di possedere un grande tesoro, visto che si dice: "chi trova un amico trova un tesoro". Ora vorrei dare un supporto morale a coloro che come me si trovano ad affrontare questo periodo non potendo contare sull’affetto di famigliari, per molti motivi, quale possa essere anche la situazione attuale. Non disperate. Vi è pur sempre l’amicizia e chissà, forse un giorno quando tutto sarà finito anche i vostri affetti si riuniranno. Camera: tortura, nuovo testo del progetto di legge
Asca, 1 ottobre 2004
È anche previsto un articolo 613-ter in base al quale è punito con la legge italiana il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio italiano o straniero che commette nel territorio estero il reato di tortura in danno di un cittadino italiano. Sul testo proposto dal relatore saranno ora presentati emendamenti per completare in tempi stretti l’iter referente di questa pdl che è al vaglio da oltre un anno e che ha già provocato forti contrasti tra maggioranza ed opposizione in aula provocando il rinvio dell’articolato dall’aula in Commissione dopo il si ad un emendamento leghista che limitava il reato solo ai casi in cui la violenza fosse stata reiterata. Veneto: Zanon incontra Commissione Giustizia Senato
Asca, 1 ottobre 2004
L’Assessore regionale alla sicurezza del Veneto, Raffaele Zanon, ha incontrato oggi a Palazzo Balbi, sede della Giunta regionale, una delegazione della Commissione Giustizia del Senato composta dal Vicepresidente Leonzio Borea che era accompagnato da Luciano Falcier e Fabio Baratella. La commissione senatoriale è nel Veneto per una visita di sopralluogo negli istituti penitenziari della regione. Durante il cordiale incontro, Zanon ha illustrato ai senatori i temi relativi all’allarmante recrudescenza delle rapine nel Veneto, ai sostegni della Regione alle forze dell’ordine per la costruzione di nuove caserme sul territorio veneto, al contrasto della diffusione del falso documentale nelle attività commerciali ed economiche. "Ci siamo soffermati - spiega Zanon - sui fatti di criminalità che hanno recentemente insanguinato il padovano e ho sostenuto l’esigenza che il Parlamento riveda il concetto di legittima difesa. Dobbiamo avviare come istituzioni un percorso che metta assieme giuristi, politici e amministratori per rivedere un concetto che così com’è appare superato, in modo da garantire agli aggrediti, come extrema ratio e senza eccessi, di poter tutelare efficacemente se stessi e i propri cari nell’ambito della proprietà privata e del domicilio". Zanon ha ricordato ai parlamentari l’importante accordo di programma firmato tra Regione Veneto e Ministero dell’Interno a fine 2002 - uno dei pochi esempi nel suo genere in Italia - che ha previsto specifiche azioni di sostegno per la formazione e il coordinamento delle forze dell’ordine e per sostenere finanziariamente la realizzazione di nuove caserme". Sulla questione del falso documentale, l’Assessore veneto ne ha parlato come di un’emergenza crescente che "spesso, in particolare nel Veneto, incrocia economia e immigrazione, e rischia di inquinare sempre di più la correttezza di atti che riguardano la costituzione di aziende, la proprietà delle stesse, la provenienza dei patrimoni finanziari, la colonizzazione sempre più rilevante e poco chiara, vedi a Padova, di attività imprenditoriali da parte di gruppi cinesi". Per contrastare questo reato che "diventa questione di stringente attualità sociale, istituzionale ed economica, va modificato - ha sostenuto Zanon - il quadro legislativo nazionale per avere strumenti che oggi non ci sono (come un’anagrafe tributaria) e che consentano di far chiarezza, pur nel rispetto della privacy e senza porre in atto discriminazioni, sulla veridicità dei documenti necessari nelle transazioni finanziarie e commerciali, sulla legale provenienza dei capitali impiegati alla compravendita di esercizi commerciali, sull’anagrafe credibile dei soggetti". Bologna: in comunicazione con i detenuti del Cpt
Melting Pot, 1 ottobre 2004
Dopo il presidio di sabato 25 settembre davanti al Centro di Permanenza Temporanea di Via Mattei a Bologna, i detenuti del centro hanno chiamato il numero di telefono che i manifestanti hanno diffuso dall’impianto del sound system. Da dietro le sbarre del carcere etnico di via Mattei i prigionieri attendono ogni mattina che le guardie li vengano a prelevare per espellerli nel paese d’origine, da dove sono arrivati 15 anni prima, molto giovani e carichi di voglia di vivere. Anni di speranza, difficoltà, sfide, lavoro e nostalgia di casa, ma sempre con la convinzione che non si può tornare indietro. Tra loro c’è chi ha già fissata la data del matrimonio a Brescia o chi in Italia ha appena avuto un figlio. Ma oggi o domani saranno messi a forza su un aereo per il Marocco, la Tunisia, la Romania. Senza poter passare da casa un istante per salutare, spiegare, raccomandare o anche solo per fare la valigia. Dopo 15 anni torneranno in Marocco, Tunisia, Romania a mani vuote o con un borsa di plastica nera, lasciando in Italia la propria vita. Questo autorizza la legge italiana per coloro che non hanno un pezzo di carta su cui c’è scritto che sei un essere umano e non qualcos’altro da rinchiudere nello zoo per essere spedito dove non vuoi stare. Prima di lasciare tutto, questi essere umani hanno affidato un messaggio a tutti noi, essere umani liberi, che da oggi o domani saremo lontani, al di là di un confine, in Europa. L’audio che vi proponiamo raccoglie le voci dei prigionieri nel CPT di Bologna, messaggi di uomini che danno il proprio addio all’Italia, terra dove un sogno avrebbe potuto essere possibile. Trento: una delegazione del Senato visita il carcere
L’Adige, 1 ottobre 2004
Una delegazione della Commissione giustizia del Senato ha visitato ieri pomeriggio il carcere di Trento. La delegazione, di cui faceva parte anche il senatore trentino Mauro Betta, ha anche incontrato i magistrati di sorveglianza. In mattinata c’era stata la visita al carcere di Bolzano. La Commissione ha trovato a Trento una situazione a due facce: buona per quanto riguarda le attività all’interno del carcere e la partecipazione dei detenuti a iniziative culturali e associative, cattiva per quanto riguarda la struttura. La Commissione ha anche incontrato il presidente della giunta provinciale Lorenzo Dellai che ha assicurato che il nuovo carcere sarà pronto entro cinque anni. Attualmente i detenuti nel carcere di Trento sono in media 150 a fronte di una capienza di 120 persone. Inoltre la struttura presenta alcuni problemi agli impianti. La delegazione ha potuto constatare che va molto peggio a Bolzano dove il carcere è più piccolo e ha problemi maggiori. Ad esempio ieri durante la visita gli scantinati erano allagati. Il senatore Betta è rimasto positivamente colpito dal grado di partecipazione dei detenuti alle attività organizzate da alcuni associazioni: "Qui a Trento da questo punto di vista la situazione è molto migliore che nel resto d’Italia. Su 150 detenuti almeno cento partecipano ad attività varie. Questo è molto importante anche perché contribuisce a realizzare buone condizioni all’interno del carcere. Purtroppo la struttura è fortemente degradata". Veneto: Zanon, rivedere le norme sulla legittima difesa
Il Gazzettino, 1 ottobre 2004
Non costituiscono certo un’isola felice nell’infelice condizione delle carceri italiane; anzi. Anche per questo, assume un rilievo particolare la missione che la commissione giustizia del Senato ha avviato ieri nelle carceri del Nordest. Cominciando da Bolzano, dove l’impatto è stato decisamente choccante: sono la vergogna della città, ha detto senza mezzi termini lo stesso sindaco, Giovanni Salghetti Drioli. Le sue parole sono state autentici macigni: "È una situazione disumana, tanto da chiedersi se non sia il caso di chiudere il carcere per violazione delle norme igienico - sanitarie". Ospitate in un vecchio edificio del centro storico, le carceri bolzanine hanno mediamente 140-150 detenuti, con punte di 190, mentre potrebbero contenerne al massimo un’ottantina. La commissione si è poi trasferita in Veneto, dove si è incontrata tra l’altro con Raffaele Zanon, assessore regionale alla sicurezza, che ha illustrato ai componenti i temi relativi all’allarmante recrudescenza delle rapine in Veneto, ai sostegni della Regione alle forze dell’ordine per la costruzione di nuove caserme sul territorio, al contrasto della diffusione del falso documentale nelle attività commerciali ed economiche. Ai senatori, Zanon ha chiesto in particolare che il Parlamento riveda in sede normativa il concetto stesso di legittima difesa, a fronte dei fatti di criminalità che hanno insanguinato soprattutto il Padovano; "Dobbiamo avviare come istituzioni un percorso che metta assieme giuristi, politici e amministratori per rivedere un concetto che così com’è appare superato, in modo da garantire agli aggrediti, come extrema ratio e senza eccessi, di poter tutelare efficacemente se stessi e i propri cari nell’ambito della proprietà privata e del domicilio". Con i componenti la commissione, l’assessore ha discusso dell’accordo di programma sottoscritto a fine 2002 tra Regione e ministero dell’Interno: si tratta di uno dei pochi esempi del genere in Italia, che prevede specifiche azioni di sostegno per la formazione e il coordinamento delle forze dell’ordine, e per sostenere finanziariamente la realizzazione di nuove caserme. Infine, l’ampio capitolo del falso documentale: un’emergenza relativamente nuova ma crescente, della quale Zanon ha sostenuto che spesso, particolarmente in Veneto, incrocia economia e immigrazione, rischiando di inquinare sempre più la correttezza di atti che riguardano la costituzione di aziende la proprietà delle stesse, la provenienza dei patrimoni finanziari, la colonizzazione sempre più rilevante e poco chiara di attività imprenditoriali da parte di gruppi cinesi. Per contrastare questo reato, di stringente attualità sociale, istituzionale ed economica, ad avviso di Zanon occorre modificare il quadro legislativo nazionale, per avere strumenti che oggi non ci sono (ad esempio, un’anagrafe tributaria), e che consentano di fare chiarezza, pur nel rispetto della privacy e senza porre in atto discriminazioni, sulla veridicità dei documenti necessari nelle transazioni finanziarie e commerciali, sulla legale provenienza dei capitali impiegati nella compravendita di esercizi commerciali sull’anagrafe credibile dei soggetti. Vibo Valentia: prosegue convegno medicina penitenziaria
Quotidiano di Calabria, 1 ottobre 2004
Il progetto "Carcere: la salute obbligata", tema del V congresso nazionale Sim.Pe. Onlus, è chiamato a compiere la sua parte nella vera e propria rivoluzione concettuale che consiste nel ritrovare, nel rispetto della uguaglianza, la sintesi profonda della individuazione dei diritti umani. Patrocinato dalla Presidenza della Repubblica, dal Ministero della Salute, dal Ministero della Giustizia, dalla Regione Calabria e dalle amministrazioni provinciale e comunale, il simposio, che sabato volgerà a termine, ha aperto le porte a specialisti provenienti da tutta Italia. Nelle sale del 501 Hotel Giovanni Tinebra, capo dipartimento dell’amministrazione Penitenziaria, Luciano Lucania, presidente del congresso, Paolo Quattrone, provveditore regionale, Giulio Starnini, presidente della società italiana di Medicina e sanità penitenziaria, e pure i medici Sebastiano Ardita, Andrea Franceschini, Alessandro Giuliani, Enrico Ragosa, Gaspare Sparacia, partecipanti alle due Tavole Rotonde su "Medicina Penitenziaria e Dipartimento: organizzazione, finanziamento, formazione e ricerca. Opinioni a confronto" e "Carcere e società", presiedute da Giuseppe Mazzella ed Emilia Patruno. Analizzata la qualità del sistema sanitario "obbligato", che si misura su componenti quali l’adeguatezza e la tempestività. Molto appropriatamente è stato ricordato come questo progetto sia una delle necessarie conseguenze della definizione dei compiti che ogni medico penitenziario deve assolvere, rispettare, salvaguardare in generale e ancor più se operante entro limiti spaziali definiti, circoscritti come quelli che impone appunto il carcere. "È fin troppo facile comprendere il perché della scelta di questo tema - il commento di Giulio Starnini - Il medico e l’infermiere penitenziario hanno l’obbligo di non rassegnarsi ad accettare una sanità differente, anche culturalmente, rispetto a quella offerta a tutti i cittadini liberi". Non vi è dubbio che l’argomento sia di cruciale importanza sia sul piano conoscitivo che applicativo. A livello conoscitivo, comprendere le estensioni "obbligate", comporta un salto di qualità nella consapevolezza di quanto conti la professionalità se associata all’umanità. Sul piano applicativo, gli studi in questo settore aprono la possibilità di approcci innovativi per la cognizione di molte malattie. La crisi e le difficoltà delle posizioni tradizionali hanno stimolato un approfondimento della riflessione e un più attento interesse dell’opinione pubblica su i racconti, i dati, le dichiarazioni di detenuti. Da tutto ciò emerge uno spaccato di storia tra cronaca, diritto e costume, ma con una morale di fondo: la medicina è sicuramente un sapere complesso, ma resta la migliore delle discipline". Droghe: depenalizzare consumo, l’alternativa a legge Fini
Il Manifesto, 1 ottobre 2004
Un disegno di legge per modificare il testo unico sulla droga e soprattutto per combattere, sullo stesso terreno, l’analoga proposta a firma Fini-Mantovano - una sorta di spada di Damocle che pende sulla testa delle migliaia di consumatori di "sostanze proibite". Il ddl è stato depositato al Senato e porta la firma di tutti i gruppi di centrosinistra. È questo, aldilà del contenuto della legge - che si pone obiettivi coraggiosi, in un clima da caccia alle streghe - il dato più significativo: come ha detto il senatore dei Verdi Zancan, tra i primi firmatari, "è una piattaforma accettata da tutti, un progetto proiettato verso il futuro" quando cioè (prima o poi) governerà il centrosinistra. Ma è anche, ha detto Franco Corleone, presidente di Forum droghe, che ha partecipato alla stesura del testo, "un lavoro legato all’opposizione alla legge Fini", a cui hanno partecipato i Ser.T., gli operatori, le comunità. Ma cosa dice il ddl? Tre i punti essenziali: distinguere una volta per tutte il consumo dallo spaccio, inserire serie politiche di riduzione del danno, rendere accessibili le alternative al carcere. Il testo ricalca, in sostanza, quello depositato alla camera da Marco Boato. Il punto fondamentale è la previsione di pene elevate soltanto per le ipotesi di traffico di droga. Ma soprattutto, nel riscrivere l’articolo 73 viene eliminata ogni ipotesi di sanzione per chi consuma, anche quelle amministrative (come il ritiro della patente). Ci si concentra su chi cede sostanze psicotrope "a terzi al fine di ricavarne profitto". La pena è da 1 a 6 anni di reclusione, con multe che possono arrivare 25.000 euro. Per il grande traffico, invece, le pene vanno da 3 a 10 anni di reclusione e le multe fino a 258.000 euro. È prevista anche un’attenuante per chi "si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori". Sul fronte delle politiche non repressive, il testo prevede la riduzione del danno tra gli obiettivi degli enti locali e degli enti ausiliari. C’è poi il capitolo, centrale, della detenzione in carcere per i tossicodipendenti che - hanno ricordato i firmatari del testo di legge - "rappresentano il 30% della popolazione carceraria". Ayala (Ds) ha ricordato quando, nella sua esperienza di magistrato, "mi inviarono per la prima volta in carcere ad interrogare una persona in stato di astinenza. È stato sconvolgente, ho detto: questa non è una persona che ha bisogno di me, è una persona malata". Per i tossicodipendenti, legati al piccolo spaccio e che però più spesso finiscono dietro le sbarre, si prevedono sanzioni per reato di lieve entità, e la possibilità di valutare l’irrilevanza del fatto. Si introduce inoltre l’istituto della "messa alla prova" che permette di far accedere il tossicodipendente a un programma di riabilitazione. In generale, abbassando le pene previste per i reati connessi alla droga, si mira a permettere l’accesso alle pene alternative al carcere ai tossicodipendenti, che spesso rimangono esclusi perché si trovano a scontare condanne altissime per la concorrenza di diversi reati. "Basta con gli approcci ideologici alla questione della droga - ha detto Cavallaro, della Margherita - il consumo di sostanza stupefacenti va contrastato attraverso la prevenzione, e va combattuto lo spaccio". La legge Fini, ha detto "ci riporta indietro a prima del ‘93", quando le urne referendarie cassarono la punibilità per il consumo e il criterio arbitrario della "dose media giornaliera" (reintrodotto, di fatto, dalla legge Fini). Cavallaro ha anche ricordato che la sentenza della Cassazione dell’altro ieri, che ribadisce la non punibilità col carcere del solo consumo, "rende ancora più opportuno il nostro ddl". Spoleto: detenuti e studenti alla "Festa dei Quartieri"
Il Messaggero, 1 ottobre 2004
Gran finale per la "Festa dei Quartieri", la manifestazione organizzata dall’associazione "Giovanni Parenzi" in collaborazione con la scuola media "Pianciani" e la direzione della Casa di Reclusione di Maiano. E proprio i detenuti, sabato e domenica, saranno protagonisti di due importanti momenti per il loro reinserimento nel tessuto sociale cittadino: la finale del "Torneo della Fratellanza" di calcio a cinque, che si disputerà sul campo della struttura penitenziaria, e la mostra dei lavori artigianali, i quali verranno esposti all’interno della scuola media "Pianciani". Opere che saranno presentate unitamente ai disegni ed alle pitture realizzate dagli alunni delle scuole medie cittadine. Domenica, invece, il campo sportivo polivalente della stessa "Pianciani" sarà teatro di giochi popolari e di un concerto. I proventi della manifestazione saranno devoluti alla Casa di accoglienza per anziani del Sacro Cuore ed alle associazioni "Gillo" ed "Aglaia". Rossano Calabro: inaugurato il Progetto "Peter Pan"
Quotidiano di Calabria, 1 ottobre 2004
Raffaele Senatore, presidente della Commissione Ambiente del consiglio regionale della Calabria, plaude con soddisfazione all’iniziativa portata avanti dalla direzione del carcere di Rossano e da un’associazione locale che, domani mattina alle ore 11,30, alla presenza del sottosegretario alla Giustizia. Jole Santelli, istituiranno all’interno della casa di reclusione un’area denominata "Peter Pan" destinata ai colloqui tra detenuti e i figli minori. "Non sempre un’idea semplice è difficile a farsi, come diceva Bertold Brecht. C’è un luogo - ha detto il consigliere regionale - dove della semplicità delle cose e della sincerità dei sentimenti c’è grande bisogno: è il carcere di Rossano, un luogo di rieducazione dove, grazie alla sensibilità e alla buona amministrazione della direttrice Angela Paravati, anche le cose meno visibili si riescono a realizzare". "Il mio sentito ringraziamento - prosegue Senatore - va rivolto, soprattutto, a Jole Santelli, che tanto sta facendo per le carceri calabresi e per i detenuti e le loro famiglie. Questa iniziativa dimostra come la sua opera istituzionale sia di fondamentale importanza per il recupero e la rieducazione sociale di chi è oggi recluso nelle carceri del nostro Paese. Un’intensa quanto difficile attività, soprattutto se si pensa che questa si svolge all’interno di una zona d’ombra, nella parte più dura e tagliente della società, sul filo che separa e congiunge legalità e devianza, libertà e costrizione, disperazione di perdersi e fatica nel ritrovarsi". "Come uomo delle istituzioni conclude il messaggio dell’on. Senatore e come cittadino di questa città, rivolgo un doveroso grazie all’on. Santelli e alla dott.ssa Paravati per la loro nobile e pregevole iniziativa. Grazie al progetto Peter Pan c’è, oggi, maggiore fiducia e speranza nel recupero e sostegno di chi deve riparare ad un proprio errore. Se il firmamento delle cose ancora da fare è grande, due stelle brillano vicine e grazie alla loro guida, la semplicità dei fatti è a portata di mano".
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