Rassegna stampa 6 novembre

 

Roma: la Provincia promette impegno per i detenuti

 

Adnkronos, 6 novembre 2004

 

"Il contatto con il mondo esterno è indispensabile per favorire il recupero e il reinserimento dei detenuti nella società. Per questo è necessario introdurre e potenziare all’interno degli istituti penitenziari strumenti reali che consentano a chi sta in carcere di attivare attraverso lo studio o il lavoro, relazioni concrete con l’esterno".

Lo sostiene il vicepresidente della Provincia di Roma, Rosa Rinaldi, che questa mattina nella Sala di Porta Castello ha concluso i lavori del convegno "Costituzione e diritti dei detenuti, esperienze istituzionali comparate Argentina e Italia".

Cuneo: detenuti impiegati in lavori di pubblica utilità

 

Ansa, 6 novembre 2004

 

È stata sottoscritta dalla provincia di Cuneo una convenzione con il Ministero di Grazia e Giustizia che prevede l’impiego, in attività di manutenzione del verde pubblico e della rete viaria, di condannati alla pena del lavoro di pubblica utilità. L’intesa ha validità per due anni.

La pena del lavoro di pubblica utilità è prevista dal decreto legislativo 274/2000, in base alla quale il giudice di pace può applicare, su richiesta dell’imputato, tale condanna che consiste nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività. "Il lavoro resta un elemento fondamentale per il reinserimento dei condannati nella società - ha detto il presidente Raffaele Costa -. Il progetto sarà portato all’attenzione anche della Commissione sul lavoro in carcere, in fase di costituzione".

Sassari: 9 agenti a processo per il pestaggio dell’aprile 2000

 

L’Unione Sarda, 6 novembre 2004

 

Guardie come aguzzini, pronte a picchiare a sangue senza pietà e senza nessuna spiegazione. Riprende il processo per il pestaggio dei detenuti a San Sebastiano, nell’aprile del 2000, e i testimoni confermano tutte le accuse.

A rivivere l’incubo, nelle aule del Tribunale sono le vittime di quel giorno di follia, chiamate a testimoniare contro i nove agenti che hanno scelto di essere giudicati con il dibattimento e non con il rito abbreviato. Il collegio dei giudici, presieduto da Massimo Zaniboni, ha ascoltato le testimonianze di tre dei detenuti finiti sotto i colpi di quella che voleva essere una vera e propria spedizione punitiva. Ammanettati in cella, con le mani dietro la schiena, trascinati con la forza fino alle sale dei colloqui, fra due ali di agenti che scagliavano calci e pugni contro i detenuti.

Nei racconti fotocopia dei tre detenuti non ci sono molte conferme sulla partecipazione al pestaggio dei nove imputati, tranne che per uno. Quel Mario Loriga riconosciuto da uno dei testimoni. Per gli altri una sfilza di non ricordo, e di "ho preferito dimenticare il prima possibile". E poi ci sono le altre botte che tutti e tre i testimoni hanno giurato di avere ricevuto dopo il trasferimento negli altri carceri: due a Macomer e uno a Oristano. Tutto a verbale adesso.

Il processo riprenderà il 19 novembre con altri testimoni. Sono passati quattro anni e mezzo da quei fatti che avevano portato all’arresto di 92, fra agenti e funzionari dell’istituto di pena sassarese, e il processo in corso, iniziato l’estate scorsa, dovrebbe chiudere la pagina più nera del carcere di San Sebastiano.

A giudizio sono gli ultimi nove imputati: gli agenti Mario Loriga, Mario Casu, Pietro Casu, Paolo Lai, Alessio Lupinu, Pietro Mura, Antonio Muzzolu, Giuseppe Renda, Renato Sardu, che hanno scelto di non ricorrere al rito abbreviato ma il dibattimento in aula.

Nel febbraio 2003 il processo con il rito abbreviato era finito con tre condanne eccellenti: quattro anni di carcere era stati inflitti al provveditore regionale Giuseppe Della Vecchia, al direttore Cristina Di Marzio, e al capo delle guardie Ettore Tomassi.

Altri nove agenti erano stati condannati con pene dai 100 euro di multa a un anno di reclusione, mentre per il medico del carcere la condanna era stata a quattro mesi. Settanta gli agenti assolti. Intanto attorno al carcere sassarese si addensano altre nubi. Pochi mesi fa, secondo quanto denunciato in una lettera ricevuta da Evelino Loi dell’associazione detenuti non violenti, a San Sebastiano ci sarebbe stato un altro pestaggio. Vittima delle presunte violenze una detenuta di poco più di 50 anni che sarebbe stata colpita con calci e pugni da dieci agenti uomini all’interno di una cella.

Avezzano: detenuto morto, parla difensore tre agenti indagati

 

Il Messaggero, 6 novembre 2004

 

La visita di Elettra Deiana, parlamentare di Rifondazione comunista, nel carcere di San Nicola di Avezzano avvenuta mercoledì scorso ha creato il "caso". Qualche mese fa, fu arrestato e rinchiuso al San Nicola il marocchino Adardour Yassine che, dopo un paio di giorni di detenzione, morì impiccato nella sua cella.

Per questa morte, però, il magistrato inquirente ha aperto un’inchiesta e cinque persone, tre dipendenti dell’istituto di pena e due detenuti, sono stati iscritti sul libro degli indagati. L’avvocato Leonardo Casciere che difende i tre agenti indagati si è dichiarato "sorpreso nel constatare come l’onorevole Deiana, nella sua conferenza stampa, abbia potuto riferire dei particolari relativi alla vicenda, coperti dal segreto delle indagini.

La sorpresa - continua Casciere - quando, assumendo le vesti di medico legale, la Deiana dichiara che i segni riscontrati sul collo del poveretto assomigliano a quelli che possono essere provocati da una cinghia, peraltro trovata sul posto, piuttosto che da un lenzuolo. Ebbene - sostiene l’avvocato - non risponde a verità che la cinghia sia stata rinvenuta sul posto, cioè dentro la cella, e nessuno ha mai sostenuto che i segni lasciati sul collo non siano da attribuire a quelli lasciati da un lenzuolo.

La sorpresa si tramuta in sconcerto - chiosa Casciere - allorquando, assumendo questa volta la Deiana le vesti di giudicante, dice che la tesi ufficiale dell’impiccagione appare debole". La nota di Casciere conclude in forma polemica: "Che parte della sinistra italiana abbia abbandonato definitivamente il principio del garantismo non è per me cosa nuova, ma che il rappresentante di Rifondazione abbia totalmente dimenticato il dettato costituzionale della presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva è cosa gravissima che lede la democrazia e le istituzioni che un parlamentare rappresenta".

Due considerazioni ora da smontare, però: che la cinghia non sia stata rinvenuta dentro la cella, bensì "sul posto" può significare anche "nei pressi"? La tesi ufficiale che "appare debole" è tale soltanto per deduzione: se tra il supporto del televisore dove sarebbe stato legato il lenzuolo ed il pavimento vi è uno spazio molto inferiore all’altezza di una persona, si è portati a pensare che impiccarsi in tale situazione non sia facile.

Aurelia: per la Cgil-Fp va dato spazio alla mobilità

 

Il Messaggero, 6 novembre 2004

 

"L’insufficienza organica del carcere di Aurelia è gravissima" e il responsabile nazionale della polizia penitenziaria della Cgil- fp, Francesco Quinti, scrive al Ministro di Grazia e Giustizia, Roberto Castelli per chiedere l’apertura di un tavolo di confronto sulla revisione degli organici di polizia penitenziaria.

"Le condizioni di lavoro imposte al personale impiegato presso la casa circondariale di Civitavecchia, sono insostenibili ed inaccettabili - chiarisce Quinti nella lettera inoltrata anche al capo del Dipartimento, Giovanni Tinebra, al provveditore regionale del Lazio, Ettore Ziccone e al Direttore di Aurelia Giuseppe Tressanti - infatti mancano 130 agenti rispetto agli organici fissati dal decreto dell’8 febbraio del 2001".

"Con l’imminente assunzione di 1500 unità - prosegue Quinti - si potrebbe finalmente dar luogo alla mobilità volontaria del personale, bloccata inopportunamente da diversi anni. Sono infatti 470 gli aspiranti agenti di polizia penitenziaria per la sede di Civitavecchia, che potrebbero con l’istituto della mobilità raggiungere la sede voluta e alleviare il grave stato di disagio degli operatori attualmente in servizio ad Aurelia. Come vede Signor Ministro - conclude Francesco Quinti - si tratta di alcuni provvedimenti realizzabili già dalle prossime settimane".

Vibo Valentia: inaugurata sede Centro Servizio Sociale Adulti

 

Comunicato Stampa del Provveditorato Regionale dell’A.P.

 

Venerdì 5 novembre alla presenza del Sottosegretario di Stato alla Giustizia, Iole Santelli, è stata inaugurata in Vibo Valentia, la sede del Centro di Servizio Sociale per Adulti.

È stato presente il Consigliere Riccardo Turrini Vita, Direttore Generale dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna del Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria e le massime autorità religiose e civili. La nuova sede, che avrà competenza in tutto il territorio della provincia di Vibo, permetterà alla Amministrazione penitenziaria il decentramento dei servizi finalizzati al recupero sociale dei condannati, al sostegno dei soggetti in misura alternativa alla detenzione, all’assistenza alle famiglie dei detenuti. La sede di servizio sociale di Vibo è sita in via Enrico Gagliardi 76 (vicino poste centrali).

 

Il referente del Provveditorato, dott. Mario Nasone

Velletri: presentazione del vino novello "Il Fuggiasco"

 

Dal sito Giustizia.it, 6 novembre 2004

 

Viene presentato domani, alle ore 11.00, presso la Casa Circondariale di Velletri, il "Fuggiasco", vino novello del 2004, prodotto da "Lazzaria", società cooperativa composta da detenuti e lavoratori esterni. L’azienda, che produce tre etichette, dodicimila bottiglie all’anno di ciascuna, con un giro di affari di circa centomila euro, ha di recente concluso un accordo di commercializzazione con la Coop del Lazio e della Campania grazie a cui arriverà a distribuire il suo vino in tutti i supermercati d’Italia. L’esperienza segna un successo sul fronte dell’attività trattamentale e professionalizzante, da sempre obiettivo primario dell’Amministrazione Penitenziaria.

 

Breve storia di un vino

 

La scoperta avvenne nell’autunno 2002, proprio in periodo di vendemmia. Premetto che allora mi occupavo di biotecnologie nel settore Enologico. E per uno del mestiere fu una sorpresa particolarmente piacevole venire a sapere che all’interno della casa circondariale di Velletri, mio paese d’origine, esisteva una cantina di produzione vinicola. La dirigeva Rodolfo Craia, un agronomo del Ministero di Grazia e Giustizia. Con Craia collaborava Marcello Bizzoni, un enologo che in quel periodo era detenuto nell’Istituto Penitenziario di Velletri. I due pionieri si accingevano, con grandi aspettative, alla loro prima vinificazione.

Ma al piacere della scoperta si accompagnò anche la prima delusione: sorprendentemente i prodotti vinicoli della cantina non potevano essere venduti all’esterno della casa circondariale. L’Istituto non aveva, infatti, la possibilità sia materiale che fiscale di avere rapporti commerciali con l’esterno. Insomma, una situazione frustrante che non consentiva di dare uno sbocco reale ad un’attività che per sua stessa natura avrebbe potuto avere interessanti prospettive commerciali, consentendo anche di creare, in prospettiva, opportunità di lavoro per i detenuti.

Con il Direttore della Casa Circondariale e l’agronomo ci confrontammo su questo problema per tentar di trovare una soluzione. Ci vennero in soccorso due leggi, in particolare la 381/1991 e 193/2000 (più conosciuta come legge Smuraglia, dal nome del suo creatore). I due provvedimenti riconoscono i detenuti come soggetti svantaggiati e ne favoriscono il reinserimento nel mondo del lavoro.

La legge Smuraglia, in particolare, permette di avere agevolazioni a cooperative esterne all’organizzazione penitenziaria che assumono detenuti o persone che hanno già scontato la pena. Nacque così l’idea di creare la cooperativa Lazzaria, di cui sono divenuto presidente. La nuova creatura (il nome è stato preso dalla contrada dove sorge la casa circondariale) vede la luce nel luglio 2003.

Lazzaria è un’associazione Onlus, cioè una cooperativa di utilità sociale. Come presidente ho firmato con la direzione della casa Circondariale una convenzione per l’uso gratuito della cantina e delle strutture esistenti, ma con l’obbligo di assumere il maggior numero possibile di detenuti. Attualmente i miei soci sono tre. Come membro esterno della cooperativa, all’inizio, ero l’unico che poteva intrattenere rapporti con l’esterno per soddisfare le necessità commerciali della neonata azienda. La cooperativa è autonoma dal punto di vista produttivo.

Ma darà vita ad un sistema di formazione professionale permanente per Cantinieri e Viticoltori, gestito dalla cooperativa stessa in collaborazione con le istituzioni locali, associazioni ed aziende private interessate a prestare il loro contributo. Nell’agosto di quest’anno con i soci di Lazzaria abbiamo compiuto la prima vendemmia, cui è seguita la vinificazione. Frutto di questo lavoro è un vino novello che porta il nome di Fuggiasco.

Dopo la presentazione al pubblico del nostro vino ho avuto il piacere di constatare un’unanimità di giudizi: il nostro prodotto veniva ritenuto di eccellente qualità. Alla fine di novembre le 4.500 bottiglie prodotte sono già state tutte vendute. La soddisfazione è grande: con me festeggiano i soci della cooperativa, il direttore dell’Istituto, il comandante e il corpo della Polizia Penitenziaria, nonché il personale civile.

Ma gli appuntamenti per Lazzaria non si esauriscono con la presentazione del novello. A dicembre 2003 arriveranno sul mercato circa 15.000 bottiglie di I.G.T. bianco Chardonnay. Poi sarà la volta dell’ I.G.T. rosso, prodotto da uve San Giovese in quantità simile al bianco. È mia intenzione evitare toni celebrativi o di falsa retorica. Ma non posso fare a meno di stupirmi dei risultati ottenuti, risultati derivanti dalla disponibilità e dall’operato di tante persone. La mia soddisfazione personale è incrementata dalla consapevolezza di aver saputo guardare oltre le apparenze, superando i pregiudizi verso chi viene considerato pericoloso o diverso. Esperienze come quella di Lazzaria possono far riflettere, e restituire, a chi vi partecipa, una dignità troppo spesso negata.

 

Stefano Lenci, Presidente Cooperativa Lazzaria

Usa: in carcere per lo spam, è la prima sentenza penale

 

Repubblica, 6 novembre 2004

 

Due cittadini statunitensi, fratello e sorella, sono stati condannati rispettivamente a 9 anni di prigione e a 7.500 dollari di multa per spam. È il primo processo penale negli Stati Uniti per l’invio di messaggi spazzatura nelle caselle di posta elettronica.

Jeremy e Jessica Jaynes sono stati riconosciuti colpevoli da una giuria di aver inviato migliaia di e-mail nelle quali pubblicizzavano fantomatiche aziende in grado di vendere mutui a tasso bassissimo, azioni da pochi centesimi prossime al boom, software per la privacy, e così via. Secondo le indagini, Jeremy e Jessica Jaynes avrebbero inviato oltre 100 mila di questi messaggi tra luglio e agosto del 2003 a clienti del provider America Online.

America Online ha sede nella Virginia, stato che, proprio per questo motivo, veicola circa la metà del traffico internet mondiale. Recentemente, la Virginia si è dotata di una legislazione antispam, la più severa degli Stati Uniti, che prevede fino a 15 anni di prigione per chi invia posta spazzatura. "Questa sentenza è una grande vittoria per gli abitanti della Virginia è per tutti gli americani", ha commentato il procuratore generale della Virginia, Jerry W. Kilgore.

La sentenza è stata sospesa in attesa che il giudice consideri una mozione della difesa, che chiede di ascoltare altri testimoni. L’avvocato di Jeremy e Jessica Jaynes, David Oblon, ha inoltre obiettato che i suoi clienti, essendo residenti nel North Carolina, non erano consapevoli della severa legge della Virginia.

Parma: segretario regionale Osapp si autoconsegna per protesta

 

Gazzetta di Parma, 6 novembre 2004

 

Per tutta la giornata di ieri si è autoconsegnato. Il che, tradotto, significa che ha continuato a lavorare ad oltranza, senza interrompere il turno di lavoro. Una protesta, quella messa in atto da Alessandro Tamburello, agente penitenziario del carcere di via Burla e segretario regionale dell’Osapp (l’organizzazione sindacale autonoma degli agenti di polizia penitenziaria) che ha due ragioni in qualche modo collegate fra loro.

Tamburello, infatti, vuole in questo modo sensibilizzare le autorità competenti a risolvere quello che è un problema pi ù volte sollevato dagli agenti del carcere e cioè la carenza di personale. Un problema che potrebbe essere acuito - dice Tamburello - "dalla paventata apertura di un nuovo reparto che dovrebbe accogliere i detenuti tetraplegici e disabili". In serata Tamburello ha sospeso la protesta. Il direttore del carcere, Silvio Di Gregorio, ammette che "la carenza di personale esiste ma non è con azioni di questo tipo che si può risolvere il problema".

Sala Consilina: parla il sindaco "sopportabili le spese per il carcere" 

La Città, 6 novembre 2004

 

Il carcere di Sala Consilina dunque non chiuderà, ma ora si attende adesso la commissione tecnica dell'edilizia penitenziaria per valutare i costi necessari a garantire sicurezza e decoro alla struttura. Costi che dovrà sopportare l'amministrazione comunale di Sala Consilina, così come ha garantito il sindaco Gaetano Ferrari che era presente l'altro giorno all'incontro con il ministro della giustizia, Roberto Castelli.

Ferrari non è spaventato: "Stante l'ispezione fatta il 24 ottobre scorso dal senatore Borea e dal presidente del provveditorato penitenziario, Contestabile, le spese dovrebbero essere contenute e quindi sopportabili". Il costo, secondo l'assessore alle opere pubbliche, Domenico Cartolano, potrebbe aggirarsi intorno ai trentamila euro. "Con questi costi non ci sarebbero problemi. Ovviamente, se la commissione dovesse rilevare spese esorbitanti ci sarebbero problemi a reperire i soldi. Come fa il Comune ad accollarsi spese che neanche il ministero potrebbe sopportare? Ma questo non dovrebbe accadere".

La commissione, composta da un membro del Dap, da uno del provveditorato e da un tecnico comunale è attesa nei prossimi giorni e in ogni caso prima del 30 novembre, termine entro il quale il comune dovrà approvare l'assestamento di bilancio. I soldi saranno spesi come anticipo all'alienazione del carcere che farà il Comune quando sarà sostituito dalla nuova struttura. Intanto si susseguono reazioni e commenti.

Il senatore Borea ha dato atto all'architetto Ferrigno e al ministro Calderoli di aver reso possibile l'incontro con Castelli. "Ma quello che più conta oltre ai meriti, è il risultato finale, a cui ho contribuito da tempo". Un concetto sottolineato anche dalla Bove Ferrigno, che però non ha apprezzato le accuse di alcuni parlamentari del centrodestra della zona. "Non mi sono lasciata strumentalizzare da avvocati e amministratori, anzi ho messo il massimo impegno per un problema del Diano". "Il ministro ha confermato la decisione che avevo anticipato in merito alle spese del Comune", ha invece detto Brusco.

 

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