Rassegna stampa 24 maggio

 

Magistrati in sciopero contro riforma ordinamento giudiziario

 

Adnkronos, 24 maggio 2004

 

Domani i 9.000 magistrati italiani sciopereranno: contro la riforma dell’ordinamento giudiziario voluta dalla Cdl che, affermano le toghe, mette “a rischio” autonomia e indipendenza; ma anche contro l’assenza di interventi per garantire l’efficienza della macchina della giustizia, la mancanza di “fatti” da parte del ministro della Giustizia che crea i tanti “disservizi” elencati in un nuovo “Libro Bianco”.

Una protesta messa in campo già a febbraio dall’Anm, poi rinviata in attesa di verificare le ‘aperturè alle modifiche mostrate dai rappresentanti del centrodestra. Attese “tradite”, ha denunciato il “sindacato delle toghe”, che il 5 maggio scorso ha deciso di chiamare i colleghi ad incrociare le braccia per protestare contro il ddl che dopo le elezioni riprenderà l’iter alla Camera. Sarà il secondo sciopero in due anni contro quel progetto.

I magistrati scioperano “per la giustizia”, ha scritto l’Anm in un manifesto affisso da due giorni in tutti gli uffici giudiziari: “i cittadini devono sapere” che la protesta è contro un progetto di riforma che “non migliorerà” il sistema. Semmai, renderà le toghe “meno indipendenti” e quindi “più controllabili”, ma anche “meno preparate”. Una riforma con la quale si va “contro la Costituzione”, “si diminuisce l’efficienza e si peggiorano i tempi della giustizia: è un danno oggettivo per tutti i cittadini”.

Due anni fa allo sciopero aderì l’85% delle toghe, un “successo” che si ripeterà, è la convinzione dei leader dell’Anm. “Anche stavolta ci sarà un’adesione massiccia - ha previsto il segretario di Magistratura Indipendente Antonio Patrono - i motivi della protesta sono condivisi da tutti”.

“Ci sono tutte le premesse perché si ripeta il successo dello sciopero di due anni fa - ha pronosticato il segretario dell’Anm Carlo Fucci - I colleghi sono convinti che questa riforma porterebbe indietro di decenni, sarebbe un salto nel buio”.

Proprio sabato, nell’aula magna della Cassazione, è risuonata la “rabbia” dei magistrati contro la riforma voluta dalla Cdl. È stato il giorno dell’assemblea che l’Anm aveva convocato al “Palazzaccio” di piazza Cavour a Roma: quasi 200 toghe sono arrivate da tutta Italia per mostrarsi compatti nella protesta. Una platea che si è scaldata con le parole del presidente del Tribunale di Roma Luigi Scotti: “Si vogliono trasformare i magistrati in impiegati, controllabili, asserviti al padrone? - ha chiesto -.

“Orgogliosamente, dopo anni di onesto lavoro assieme a colleghi onesti, mi ribello. Ribelliamoci, facciamo sentire con forza la nostra voce. Per questo aderisco allo sciopero: non ne posso più... Evviva la magistratura!”.

E parole dure contro la riforma voluta dal centrodestra sono arrivate anche dal leader della corrente più moderata, Magistratura Indipendente: “Dobbiamo far capire ai timonieri -ha detto Antonio Patrono- che la rotta è sbagliata: porterà alla rovina i magistrati, ma anche loro insieme ai cittadini”.

Un’assemblea indispettita anche dalle ultime dichiarazioni del ministro della Giustizia: “Ho chiesto i nomi dei magistrati che sciopereranno -aveva fatto sapere il giorno prima Roberto Castelli- Ma non certo per fare liste di proscrizione: è giusto che chi sciopera non percepisca emolumenti. Non c’è niente di nuovo, si è sempre fatto”.

“Castelli farebbe prima a chiedere i nomi di chi non sciopera, saranno pochissimi”, gli ha replicato il leader di Md Livio Pepino. E il presidente dell’Anm Edmondo Bruti Liberati ha rincarato la dose: “Non è particolarmente elegante l’atteggiamento del ministro che cinque giorni prima minaccia di fare quello che normalmente si fa il giorno dello sciopero. Anche noi raccoglieremo i dati sulle adesioni, come abbiamo sempre fatto...”.

Il leader del “sindacato” dei magistrati ha assicurato che sono già state prese tutte le precauzioni perché la giornata di sciopero pesi il meno possibile sui cittadini, richiamando al “rispetto rigoroso” del codice di autoregolamentazione. “Il nostro intento - ha ripetuto anche ieri Bruti Liberati - non è creare disagi ai cittadini. Purtroppo siamo costretti a ricorrere a questo gesto simbolico per denunciare il nostro dissenso sul progetto di riforma e le condizioni in cui siamo costretti a lavorare”.

Ad alimentare le polemiche anche il discorso del presidente del Senato Marcello Pera durante l’inaugurazione della stele che ricorda il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta rimasti uccisi il 23 maggio del ‘92 nella strage di Capaci. La seconda carica dello Stato ha sottolineato come “l’autonomia e l’indipendenza” della magistratura “non rischiano di cadere solo sotto spinte che vengono da fuori, ma anche a causa di comportamenti, individuali o di gruppo, assunti dentro il corpo stesso della magistratura”. La replica è arrivata da Anna Finocchiaro, responsabile Giustizia dei Ds, che ha detto: “Trovo particolarmente allarmante che in un periodo nel quale l’autonomia e l’indipendenza della magistratura risultano essere continuamente sotto attacco, il presidente del Senato, seconda carica dello Stato, aggiunga la sua voce ad attacchi scomposti e, a nostro avviso, inaccettabili”.

Gorizia: "situazione insostenibile" nelle carceri friulane

 

Radicali.it, 24 maggio 2004

 

"Dispiace rilevare di nuovo che, dopo il suicidio in carcere a Gorizia dell’udinese Davide Benati, la nostra regione contribuisca a incrementare il triste primato che il nostro paese detiene, quello dei detenuti che si tolgono al vita all’interno di un carcere. Dopo gli episodi di Tolmezzo e quelli di Udine, ora è la volta di Gorizia. Un’altro giovane detenuto si è suicidato.

Non molto tempo fa, con i parlamentari radicali Turco e Cappato, visitammo le strutture carcerarie della nostra regione, la maggior parte dei detenuti lamentava l’assenza delle condizioni previste dalle legge, magistrati troppo rigidi, programma quotidiano concentrato in poche ore, decine di istanze rimaste senza risposta ad intasare gli uffici, riduzione dei tempi della carcerazione in attesa di giudizio, sburocratizzazzione della concessione della libertà anticipata per buona condotta. A Gorizia le celle sono superaffollate e non esiste alcuna attività rieducativa come invece prevede la legge.

I carcerati passano la maggior parte della loro giornata chiusi in cella senza la possibilità di studiare o frequentare corsi di formazione, che, nel caso del ventenne Davide Benati, avrebbero sicuramente avuto un effetto positivo visto l’interesse dell’udinese per lo studio, i computer e la meccanica. Abbiamo puntualmente denunciato il sovraffollamento e le condizioni dei detenuti e soprattutto delle detenute, prima che iniziassero i lavori in via Spalato a Udine.

Le carceri della nostra regione stanno per esplodere, su una capienza tollerabile di circa 450 detenuti, la popolazione carceraria è di circa 760 persone, uno sbilanciamento molto marcato che pone le condizioni di vivibilità molto precarie. Da tempo l’Italia è al primo posto nelle condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, oltre che per la lentezza dei processi, l’Italia è stata condannata per violazioni nell’affidamento dei minori, carcerazione preventiva o trattamento di minoranze.

La situazione è ormai insostenibile, e le conseguenze sono l’incremento degli atti di violenza e soprattutto di autolesionismo come accaduto a Davide. Sorprende che questo governo, molto attento ad occuparsi di alcuni casi di giustizia "particolari", non attui i provvedimenti necessari affinché non si ripetano le stesse violazioni, invece di venire continuamente accusato di uno scandaloso ritardo nell’eseguire le sentenze dei giudici europei."

Reggio Emilia: polizia penitenziaria dell’Opg in stato di agitazione

 

Emilia Net, 24 maggio 2004

 

La Fp-Cgil e la Fps-Cisl di Reggio Emilia proclamano la stato d’agitazione della Polizia Penitenziaria dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Denunciano l’ormai atavica carenza di personale stimata attorno al 40% delle effettive necessità.

"Se l’Amministrazione Regionale e/o Centrale non interviene immediatamente con l’incremento del personale (penitenziario e amministrativo) – sottolineano Nicola Mazzara (Fp-Cgil) e Maurizio Sarnelli (Fps-Cisl) si rischia di non potere garantire le ferie, i riposi settimanali, i permessi lavorativi (previsti dalla Legge 104/92), i turni lavorativi notturni e serali nel rispetto dei diritti minimi contrattuali e di dover chiudere tutte le attività ricreative, sociali e trattamentali, previste dalle normative vigenti.

La maggior parte di ricoverati-reclusi sono ammalati psichiatrici e proprio con il cambio climatico della stagione estiva avrebbero bisogno di spazi aperti e attività socio-ricreative.
Per attuare tutto ciò c’è bisogno di un congruo numero di personale per la vigilanza e per il trattamento. Oramai, sono anni che una incontrollata emorragia porta in altre sedi il personale di Polizia Penitenziaria, senza che questo venga rimpiazzato, anzi paradossalmente deve sopperire alla mancanza di personale amministrativo affinché non si blocchi l’intera struttura.

Tutto questo a danno della sicurezza, del trattamento e di tutte le attività sociali e ricreative, che in una struttura come quella dell’OPG è linfa vitale per il recupero di esseri umani che hanno avuto la sfortuna di avere una malattia complessa come quella psichiatrica".

Tolmezzo: il carcere sarà destinato solo ai detenuti in 41 bis?

 

Il Gazzettino, 24 maggio 2004

 

Un carcere solo di massima sicurezza. Ieri, in occasione della presentazione della lista "Voler bene a Tolmezzo e alla Carnia", che si presenza alle amministrative di Tolmezzo a sostegno del candidato sindaco Alfonso Fasolino, il consigliere provinciale della Colomba Franco Corleone, uno dei componenti della lista, ha messo in guardia sulla possibilità che in futuro il carcere del capoluogo carnico sia destinato esclusivamente ad accogliere criminali mafiosi pericolosi, sottoposti all’art. 41 bis.

Secondo Corleone, già sottosegretario alla Giustizia nei Governi Prodi e D’Alema, il progetto è allo studio dell’Amministrazione Penitenziaria romana e avrebbe delle conseguenze pesantissime per il territorio. Il carcere tolmezzino, realizzato negli anni ‘80, è già dotato di una piccola sezione di alta sicurezza per detenuti sottoposti al regime dell’art. 41 bis, una decina di criminali mafiosi, su 200 carcerati. Se il progetto del Ministero andasse avanti, secondo Corleone si romperebbe un legame con il tribunale, mettendo a rischio il mantenimento di questa struttura.

Per esigenze di sicurezza, verrebbero meno tutte le esperienze di volontariato per il reinserimento sociale dei detenuti, che si sono sviluppate in questi anni e ci sarebbe un maggior controllo all’interno e all’esterno del carcere. Il personale attualmente addetto verrebbe sostituito da appartenenti al Gom, reparto speciale di sorveglianza, così che le guardie carcerarie dovrebbero trasferirsi in altre strutture penitenziarie. Sul territorio entrerebbero in vigore norme più severe per evitare il rischio di evasioni o attacchi dall’esterno.

 

Moro (Lega) lo esclude

 

Una strumentalizzazione da parte della sinistra. Così il senatore leghista Francesco Moro giudica le preoccupazioni espresse sabato da Franco Corleone, ex sottosegretario alla Giustizia e consigliere provinciale della Colomba, circa il futuro del carcere di Tolmezzo che sarebbe destinato ad accogliere solo i detenuti sottoposti al regime del "41 bis", mafiosi, camorristi e appartenenti ad altre organizzazioni criminali.

"Mi sono attivato immediatamente - racconta Moro, eletto nel collegio carnico - parlandone sia con il responsabile dell’edilizia penitenziaria sia con il ministro Castelli. Il piano a cui accennava Corleone è uno studio che il ministero ha esteso a quasi tutte le carceri per verificare la possibilità di adattarle alle caratteristiche di massima sicurezza.

Ma non c’è niente di deciso, anzi il ministro Castelli mi ha assicurato che Tolmezzo non cambierà natura, rimarrà così com’è oggi, con una sola sezione riservata ai detenuti del "41 bis"". I lavori al penitenziario tolmezzino, spiega ancora il senatore della Lega, serviranno a realizzare una nuova struttura per le videoconferenze collegata alla sezione dove oggi ci sono i reclusi del "41 bis": "La palazzina attuale infatti è un po’ più distante e i detenuti devono uscire dalla loro sezione per accedervi: grazie alla nuova struttura si eviterà ogni contatto con l’esterno".

Caltanisetta: Centro Prima Accoglienza diventa carcere per ragazze


La Sicilia, 24 maggio 3004


Notizie contraddittorie sul futuro della struttura nota in città come carcere minorile di via Turati, che negli ultimi anni ha subito varie riconversioni a seguito della chiusura dell’Istituto Penale avvenuta cinque anni fa, e che attualmente è sede della Comunità (che "gestisce" le misure intermedie finalizzate a creare percorsi di recupero per giovani che si sono resi responsabili di reati vari) e del Centro di Prima Accoglienza, dove vengono temporaneamente tenuti i giovani (sia maschi che femmine) arrestati in attesa delle decisioni del Gip.

Nei giorni scorsi l’Amministrazione Penitenziaria di Palermo ha convocato i sindacati per informarli che verrà data una diversa destinazione al personale di Polizia penitenziaria attualmente in servizio in via Turati. La novità è stata giudicata però negativamente dal personale, che paventa senza esitazione alcuna l’avvio di un progetto finalizzato alla soppressione di tutti i settori attualmente accolti in via Turati.

Gli stessi, attraverso la Cgil, hanno scritto al ministro Roberto Castelli, ed ai responsabili dei Dipartimenti di Giustizia minorile e dell’Amministrazione penitenziaria, rispettivamente Rosario Priore e Gianni Tinebra, per chiedere la revoca immediata di qualsiasi provvedimento di chiusura.

"Sono diversi mesi - scrive la Cgil che si fa portavoce della protesta - che il personale della Comunità e del Centro di Prima Accoglienza è tenuto in uno stato di confusione e abbandono, vivendo con l’angoscia del futuro. Sono anni invece che l’Amministrazione Minorile vive senza programmazione, con totale assenza di capacità gestionale e decisionale".

Da mesi, negli uffici del Tribunale e della Procura per i minori, attigui alla struttura di via Turati, sono in corso lavori di ristrutturazione che potrebbero essere esteri all’ex "carcere minorile". Questo fatto rende ancora più perplesso il personale di polizia penitenziaria che invece è sempre più convinto che la struttura, a lavori ultimati, verrà chiusa per destinarla ad altro.

Ovviamente, il personale di Polizia penitenziaria in servizio nella struttura di via Turati è preoccupato per quella che sarà la destinazione futura, e si interroga sui motivo per i quali il Dipartimento di Giustizia Minorile non ha utilizzato il personale nelle strutture minori della Sicilia o del territorio nazionale, cedendolo invece al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.
"Non riusciamo a comprendere - rileva Rosario Di Prima del coordinamento di Polizia penitenziaria - quale è la logica che non assimila il personale della Comunità e del Centro di Prima Accoglienza di Caltanissetta a quel personale che appena un anno fa ha goduto di una sanatoria che lo ha visto trasferito definitivamente nella sede in cui aveva trascorso diversi anni in regime di distacco temporaneo anche per motivi personali".

"Da un lato - viene aggiunto - l’Amministrazione si impegna e spende energie e denaro per rendere servizi con maggiore professionalità, individuandone le specializzazioni, dall’altro si priva del personale già specializzato senza crearsi alcun problema".

Il problema comunque sembra essere diverso da quello sollevato dal personale. Pare infatti che nella struttura di via Turati debba presto riaprire l’Istituto Penale, ma stavolta soltanto con una sezione femminile, per cui si determinerebbe un "movimento" di personale di Polizia penitenziaria che porterebbe a Caltanissetta personale femminile in sostituzione di quello maschile attualmente in via Turati. La riorganizzazione prevederebbe il mantenimento della Comunità e del Centro di Prima accoglienza, con l’aggiunta della sezione femminile dell’Istituito Penale, che era stato soppresso - come detto all’inizio - cinque anni fa.

Vicenza: interrogazione On. Trupia (Ds) dopo visita al carcere

 

Giornale di Vicenza, 24 maggio 2004


Impianti fognari rotti, pavimenti inagibili, pareti ammuffite, uffici senza finestre, mancanza del rispetto delle norme di sicurezza antincendio, locali della palazzina uffici adibiti a magazzino per lasciare spazio alle celle, armeria in condizioni pessime, poco personale e celle sovraffollate. Ecco il carcere S. Pio X di Vicenza passato sotto la lente dei sindacati, dei tecnici dello Spisal, il servizio igiene dell’Ulss 6 e della parlamentare dei Democratici di sinistra, Lalla Trupia che, dopo la visita della settimana scorsa, ha inviato un’interrogazione al ministro di Grazia e Giustizia, Roberto Castelli.

"Il carcere di Vicenza è stato più volte oggetto di denuncia da parte degli operatori che vi lavorano, esso risulta infatti sovraffollato e sotto organico: costruito nel 1984 per ospitare poco più di cento detenuti, oggi ci sono 230 persone. La carenza di organico è stata denunciata anche da un’ispezione della Commissione "Mattiello" del Ministero di Grazia e Giustizia, avvenuta due anni fa, nella quale si sosteneva come necessario il potenziamento dell’organico della casa circondariale di 70 unità - si legge nell’interrogazione -.

Nel mese di settembre 2003, per consentire la sistemazione degli impianti fognari ed idrici, si sono chiuse due sezioni e si sono trasferiti i detenuti nelle altre due sezioni. Il trasferimento ha creato un grave problema di affollamento nelle celle che ora ospitano tre detenuti (al posto di due come dovrebbe essere), con la conseguente difficoltà degli operatori a lavorare in sicurezza. A tutt’oggi questi lavori di sistemazione sono bloccati a causa della mancanza di fondi".

Alla luce di tutto questo l’On. Trupia chiede "se il Governo non ritenga ormai improrogabile e necessario intervenire con urgenza per finanziare la sistemazione della struttura del carcere, perlomeno per terminare lavori già cominciati e per potenziare gli organici".

Inoltre, chiede quali provvedimenti il Governo intenda adottare per risanare una situazione che risulta oramai inaccettabile, tanto per i lavoratori i quali hanno il diritto di operare in un ambiente sano e sicuro, quanto per i detenuti ai quali dev’essere assicurata una detenzione civile.

Verona: "La risposta sociale a chi sbaglia" incontro con volontariato

 

L’Arena di Verona, 24 maggio 2004

 

"Di fronte al male quale risposta?": è il tema dell’incontro che si terrà questa sera alle 20.45, nella sala 7 della parrocchia di Santa Croce, in via Verdi 2, sui temi del carcere e della risposta "sociale" a chi ha commesso reati.

All’iniziativa partecipano fra Beppe Prioli, responsabile del gruppo di volontariato per il carcere La Fraternità, il sostituto procuratore della Repubblica Aldo Celentano e l’avvocato Guariente Guarienti. Nell’occasione verrà presentato il libro della giornalista milanese Emanuela Zuccalà Risvegliato dai lupi, quarant’anni nelle carceri italiane, l’esperienza di un frate delle Edizioni Paoline, che raccoglie numerose testimonianze di detenuti visitati da Fra Beppe.

I proventi della vendita del libro saranno utilizzati per l’invio di altri libri ai detenuti delle carceri italiane, per favorire quel cammino di riconciliazione sociale, percorso da Fra Beppe e dai volontari che operano in carcere, che passa anche attraverso la cultura. Lunedì 31 un incontro analogo si terrà nelle sale parocchiali di Santo Stefano.

Napoli: donne fanno blocco stradale a favore di parente detenuto

 

La Città di Salerno, 24 maggio 2004

 

Un blocco stradale è stato attuato stamane nei pressi del carcere di Poggioreale da una decina di donne, a favore di un detenuto, Salvatore Padovani, 34 anni, fermato sabato scorso dalla polizia per droga.

Le donne si sono incatenate all’esterno del carcere, chiedendo la liberazione del congiunto che - a loro dire - sarebbe stato fermato senza motivo. La protesta ha avuto forti ripercussioni sul traffico mattutino nella zona del carcere e di corso Malta.

Padova: candidato sindaco Zanonato visita carcere Due Palazzi

 

Gazzettino di Padova, 24 maggio 2004

 

Sovraffollamento, carenza di agenti penitenziari e di educatori sociali. Sono questi i principali problemi del Carcere Penitenziario del Nuovo Due Palazzi emersi in occasione della visita-incontro tenuta ieri dalla delegazione formata dall’onorevole Piero Ruzzante, dal candidato sindaco Flavio Zanonato e alcuni candidati a consigliere comunale con i rappresentanti dei detenuti, le associazioni di volontariato, i rappresentanti sindacali della polizia penitenziaria, gli educatori e la direzione del carcere.

"E’ stata una visita istruttiva - esordisce Zanonato - che aiuta a capire cosa si può fare per migliorare le esigenze dei carcerati e fare sì che questa struttura diventi a tutti gli effetti sistema di rieducazione e reinserimento nella società". "Certo - prosegue Ruzzante - si tratta di un carcere modello per quanto riguarda la grande esperienza di volontariato e di associazionismo che si vive all’interno tanto è che qui ci sono attività pilota di livello nazionale come il Tg 2 Palazzi o la rivista "Ristretti Orizzonti".

Tuttavia ci sono state poste rilevanti questioni che fanno capire l’enorme situazione di precarietà che si vive all’interno, come la carenza di mediatori culturali a fronte di una presenza di immigrati in continua crescita, la carenza di strutture sportive, l’inadeguatezza di un’area che consenta il colloquio con i famigliari, le palesi difficoltà sanitarie, il problema della comunicazione all’interno e verso l’esterno.

Tutto ciò è conseguenza della carenza di personale penitenziario (sono attualmente 299 unità e la struttura è sottorganico di 140 agenti) e di educatori sociali (appena 3 per 700 detenuti) il che riduce inevitabilmente gli spazi affinché il carcere sia luogo di rieducazione e reinserimento per il detenuto".

Duro il commento anche di Gabriella Vesce. "Ciò che mi preme sottolineare è che qui sono palesemente violati i diritti fondamentali della persona. Non so di chi siano le colpe, ma ritengo e chiedo che le istituzioni si debbano fare carico della situazione".

Istituire la figura del garante a livello comunale per i diritti dei detenuti è invece la proposta di Alessandro Zan. "Sia pure avendo una bassa carica giuridica, questa figura potrebbe svolgere un ruolo di mediazione tra amministrazione comunale e carcere". L’ultima frecciata la scaglia Gianni Buganza.

"Dalle 24 alle 7 di mattino non esiste personale infermieristico e c’è solo un medico di guardia per 700 detenuti e 300 agenti. Credo basti questo dato per spiegare come siano trascurati i diritti civili-sanitari di queste persone". Peggio ancora si prospetta la situazione all’interno del Circondariale, carcere con record di sovraffollamento in Italia. "Ho chiesto la chiusura della struttura - conclude Ruzzante - per migliorarne la funzionalità. A breve faremo una visita anche in questo carcere".

Rovigo: Casa Circondariale di Via Verdi sul punto di collassare

 

Il Gazzettino di Rovigo, 24 maggio 2004

È sul punto di collassare la casa circondariale di via Verdi. E le guardie della penitenziaria sono pronte allo sciopero della fame e all’autoconsegna, ovvero a rimanere all’interno del carcere permanentemente finché la situazione non verrà risolta. A lanciare questo ennesimo grido d’allarme è Giampietro Pegoraro, segretario regionale degli agenti aderenti alla Cgil che rivolge anche un accorato appello al prefetto: "Il dottor Ciro Lomastro venga a vedere quale è la condizione in cui devono vivere i detenuti e in cui dobbiamo operare noi, così potrà rendersi conto di persona che quel che raccontiamo è la pura verità". Soltanto cinque giorni fa, lo stesso Pegoraro aveva denunciato il sovraffollamento nella sezione femminile.

"Ma ora la situazione è precipitata - aggiunge - perché sabato sono arrivate altre tre recluse. Con il fatto che una di loro deve rimanere in assoluto isolamento, in quattro celle ci sono ventiquattro detenute. Abbiamo sistemato delle altre brande, quindi i letti a castello adesso sono a tre piani. Se oggi o domani arrivassero altre donne, saremmo costretti a sistemarle nella sala giochi, dove non ci sono nemmeno i servizi igienici".

Una situazione particolarmente difficile, dunque. "Quattro celle sono inagibili - spiega ancora Pegoraro - perché l’impianto idraulico è rotto. I lavori di ristrutturazione vanno a rilento, e non potrebbe essere diversamente perché tutta la rete è vecchissima, i tubi sono marci. Una volta sistemati, potrebbero nuovamente rompersi in qualunque momento. Bisognerebbe chiudere l’intera sezione femminile, fare gli interventi, e poi riaprirla. Invece, non solo continua a essere utilizzata, ma anche in regime di sovraffollamento. Complessivamente siamo a più di cento detenuti, quando al massimo dovrebbero essere una settantina".

C’è poi la carenza di organico. E a breve ci saranno ulteriori riduzioni: "Abbiamo cinque ausiliari ma tre di loro tra un paio di mesi andranno via e non saranno rimpiazzati. La finanziaria aveva previsto l’assunzione di duemila e 500 nuovi agenti, però il decreto resta fermo dov’è. Come Cgil lanciamo un appello ai politici polesani affinché intervengano con il Governo per sbloccare questa situazione. Anche perché si stanno praticando altre strade per girare intorno al problema. Da domani (oggi per chi legge, ndc), nella sezione femminile, dove c’è una sola agente per turno che deve controllare le cinque celle divise in due piani, entrerà in funzione una telecamera.

A parte che credo si vadano a violare le norme sulla privacy, in questo modo si andrà ad appesantire chi sta in portineria, che già deve controllare una quindicina di monitor. Cosa che deve fare per otto ore, quando la legge direbbe invece che dovrebbe essere per due. Inoltre, dai primi di luglio verrà ridotto l’orario dei medici e degli infermieri di guardia".

Verona: parte il progetto "Petra" contro la violenza sulle donne

 

L’Arena di Verona, 24 maggio 2004

 

Un centro per aiutare le donne vittime di maltrattamenti e violenze fra le mura domestiche. è l’obiettivo del progetto Petra, promosso dall’assessorato alle Pari opportunità del Comune di Verona in collaborazione con il Telefono rosa della città scaligera.

Il centro sarà operativo dal prossimo 1° luglio e potrà essere contattato al numero verde 800392722 (attivo il lunedì dalle 16 alle 18, il martedì dalle 14 alle 16, il mercoledì dalle 16 alle 18 e il venerdì dalle 9 alle 11). Sarà inoltre attiva una casella di posta elettronica accessibile da internet. L’indirizzo della sede rimarrà invece riservato proprio per tutelare quante la frequenteranno.

"Grazie al progetto Petra, le donne della città che vivono situazioni critiche potranno trovare ascolto e una consulenza legale e psicologica, oltre che un sostegno per uscire dalla loro condizione di disagio, spiega l’assessore alle Pari opportunità Stefania Sartori.

In questo centro le donne potranno incontrare, nel più assoluto anonimato, operatrici e volontarie specificamente preparate ad affrontare questo tipo di problemi". "Il fenomeno del maltrattamento domestico contro le donne interessa tutti i ceti sociali: è infatti presente con la stessa frequenza sia in famiglie di bassa estrazione economica che in contesti economicamente e culturalmente più elevati - prosegue Stefania Sartori. La nostra città presenta una situazione sommersa che riguarda molte donne peraltro perfettamente inserite nella società e del mondo del lavoro". 

In previsione dell’avvio del progetto, venerdì 28 maggio, dalle 9 alle 13.30, nella sede dell’Ater veronese è in programma una giornata di studio dal titolo "Violenza domestica contro le donne: il fenomeno e le esperienze di intervento in Italia". Si tratta di un seminario destinato a quanti operano nei servizi pubblici e privati rivolti alle donne, ai minori e alle famiglie e agli interessati alle tematiche femminili.

 

 

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