Rassegna stampa 20 maggio

 

Rimini: l'Associazione Todo Color a fianco dei detenuti stranieri

 

Melting Pot, 20 maggio 2004

 

Marcela Huizar dell’Ass. Todo Color lavora come mediatrice culturale di lingua spagnola presso lo "Sportello Informativo detenuti stranieri" della "Casa Circondariale" di Rimini.

 

Quali sono le motivazioni, gli obiettivi alla base del vostro Progetto "Detenuti Stranieri"?
Come sappiamo il fenomeno dell’immigrazione è relativamente recente in Italia, quindi l’arrivo di persone da altre parti del mondo, con culture diverse, ha messo in difficoltà i diversi servizi pubblici, privati e socio assistenziali che non erano pronti ad affrontare questo cambiamento storico...
Nel caso di una Istituzione totale come il carcere, dove già esisteva un alto grado di disagio, questo cambiamento ha fatto aumentare ancora di più le problematiche. Per questo motivo nel 1998 è nato il "Progetto detenuti stranieri" con l’obiettivo di non fare soltanto mediazione-linguistica e culturale ma anche di creare un gruppo di lavoro composto da operatori del A.U.S.L. (U.O. Dipendenze Patologiche), da educatori e agenti della casa circondariale di Rimini e dalla nostra associazione (Todo Color), per tentare di dare risposta alle diverse problematiche dei detenuti stranieri.

 

Com’è strutturato lo Sportello informativo? (quanti giorni alla settimana, in che orari, quanti gli utenti che usufruiscono del servizio ecc.)

L’orario dello sportello è il seguente: Mercoledì e Venerdì dalle 9,00 alle12,00 con la presenza di mediatori di lingua araba, albanese, russo, cinese, portoghese, spagnolo. La media degli utenti che si rivolgono allo sportello è di 5 o 6 al giorno.

 

Quali sono le principali richieste e domande rivolte a voi mediatrici culturali?

Innanzitutto vorrei sottolineare che alcune risposte alle domande dei detenuti vengono date immediatamente grazie alla collaborazione con l’ufficio matricola e l’ufficio educatori, mentre per altre richieste, con requisiti più complessi, è necessario il coinvolgimento di altri Enti o Istituzioni presenti sul territorio. Ad esempio alcuni detenuti senza permesso di soggiorno non possono usufruire del patrocinio gratuito e devono ricorrere agli avvocati d’ufficio, che in molti casi sono assenti. Per cercare di dare risposta a questa problematica la nostra associazione ha instaurato recentemente una collaborazione con il Servizio informativo/giuridico per lavoratrici e lavoratori immigrati del Comune di Rimini.

Alcune delle domande rivolte dai detenuti sono le seguenti:

Informazioni sulle misure alternative alla detenzione;

Informazioni sulla richiesta d’asilo politico;

Contatti con i consolati dei paesi d’origine per avviare la prassi che dia la possibilità al detenuto d’accedere al patrocinio gratuito e la possibilità di ottenere il certificato d’identità;

Contatti con i servizi socio-sanitari per le tossico dipendenze per avere la possibilità di essere inseriti in una comunità e quindi seguire un programma terapeutico;

Informazioni su indirizzi di associazioni di immigrati sul territorio;

Contatti con cooperative per l’inserimento al lavoro;

Informazioni sulla legge Bossi-Fini: permesso di soggiorno (articolo 5); espulsione amministrativa (articolo 12); espulsione a titolo di sanzione sostitutiva alla detenzione (articolo 15); ricongiungimento familiare (articolo 23).

 

Oltre all’attività informativa all’interno dello sportello, svolgete, sempre all’interno del Carcere, interventi differenziati,laboratori, giornalino, pubblicazione di materiale multi-lingue?

Abbiamo attivato diversi tipi di intervento. Collaboriamo alla redazione di "Noi" che è il giornale di un gruppo di detenuti ristretti nella Casa Circondariale di Rimini. Con questo giornale cercano di mettere a conoscenza di chi legge sia dei vari problemi delle persone detenute sia dei fatti che succedono all’esterno e che li hanno particolarmente interessati, nella speranza che l’opinione pubblica riesca a comprendere che chi sta scontando delle pene per reati commessi, ha realmente intenzione di riabilitarsi per avere un futuro migliore nella società.

Dall’anno scorso nel periodo estivo partecipiamo alla attività del cine forum che ha come obiettivo di presentare opere cinematografiche con un contenuto educativo che possa aiutare alla riabilitazione dei detenuti. Il tema principale riguardava le istituzioni totali.

Da quest’anno abbiamo iniziato la nostra collaborazione con la Scuola Elementare e Media all’interno dell’Istituto, con l’obiettivo di avvicinare i detenuti alla realtà italiana, per favorire l’integrazione e farli diventare un elemento attivo nella educazione scolastica di base.

 

Che cosa raccogli da un punto di vista più umano e personale rispetto a questa esperienza di lavoro all’interno di un’istituzione totale come il carcere e rispetto al contatto con i migranti rinchiusi essendo tu una donna e per di più "straniera"?

Dal punto di vista umano ho compreso realmente che le persone detenute sono degli essere umani come qualsiasi altro, che nessuno è delinquente per natura e spesso sono le circostanze avverse delle vita che li hanno fatto sbagliare. Anche i detenuti hanno il diritto di cercare di cambiare e di vivere felici, ma crediamo che questo non dipende soltanto da loro…

Come donna straniera mi sento più vicina a loro, perché so che lasciare la propria terra d’origine, a volte spinti dal sogno di una vita migliore, è una esperienza che non è facile da affrontare e che mette a dura prova la personalità di qualsiasi essere umano. "La libertà è un diritto umano; Si può essere prigionieri anche se non si è in prigione; Si può essere prigionieri del sistema; Si può essere prigionieri di se stessi…"

Ivrea: film "Gli esclusi", una finestra aperta sul carcere

 

Vita, 20 maggio 2004

 

La proposta della Città di Ivrea "Una finestra aperta sul carcere", attuata da diversi anni con gli studenti eporediesi, sul tema della devianza e del rapporto tra carcere e città, giunge ad una fase evolutiva finalizzata alla realizzazione di una fiction che, partendo da un soggetto sviluppato con i ragazzi stessi, raggiunga il duplice obiettivo di testimoniare da un lato l’esperienza fatta dagli studenti e dall’altra di raccontare una storia attraverso i linguaggi cinematografici e comunicazionali.
Il film, la cui trama nasce dalle menti dello scrittore iracheno Younis Tawfik e di Alberto Negro, è ora in fase preparatoria. Prodotto dal Comune di Ivrea con la attiva partecipazione della società di produzione torinese Acta, che ne cura sia gli aspetti creativi che esecutivi.

Per quattro mesi gli allievi del Liceo Gramsci di Ivrea, sono stati seguiti in due laboratori realizzati da Acta con il regista Alberto Negro e lo scrittore Younis Tawfik. I ragazzi hanno sviluppato il soggetto del film ed alcune fasi della sceneggiatura. "Gli esclusi", titolo provvisorio della fiction, prevede inoltre, nella fase esecutiva, il coinvolgimento del territorio, la partecipazione degli studenti, della cittadinanza eporediese per un "film di radicamento".

Alberto Negro continua, con questo nuovo film, la sua proposta di produzioni a scopo sociale dopo "Tommaso è andato via", opera fantastica e poetica girata l’estate scorsa con Marco Columbro.
Il progetto del nuovo film, dato i temi trattati, verrà studiato con grande perizia ed attenzione da un apposito Comitato Scientifico che è formato da: Paolo Henry (psichiatra), Monsignor Arrigo Miglio (Vescovo di Ivrea), Don Luigi Ciotti (fondatore del Gruppo Abele), Piera Medico (antropologa), Agostino Pirella (psichiatra), Gad Lerner (giornalista), Pierumberto Ferrero (Presidente del Corecom Piemonte), Francesco Gianfrotta (Presidente Aggiunto Gip del Tribunale di Torino), Alfredo Mela (docente di sociologia urbana Politecnico di Torino).

L’incontro di sabato 22 maggio a cui parteciperanno gli studenti e gli insegnanti coinvolti nel progetto, il vice sindaco di Ivrea Salvatore Rao, il regista Alberto Negro, lo scrittore Younis Tawfik, ed il Comitato Scientifico, avrà il seguente svolgimento:

Saluto delle autorità ed introduzione al progetto "Una finestra aperta sul carcere"

Presentazione di Alberto Negro e Younis Tawfik del lavoro svolto con gli studenti

Esposizione della sinossi del film. Interventi dei componenti del comitato scientifico presenti

Dibattito con gli studenti

Varese: Il carcere dei Miogni versa in condizioni inumane

 

Varese news, 20 maggio 2004

 

Non ci aspettavamo discussioni sul senso della pena. Nemmeno incontri su Foucault o Goffman. Era chiedere troppo a una classe politica chiusa e sorda. Il carcere dei Miogni versa in condizioni inumane. Lo dicono tutti da anni e l’altra sera ce l’ha confermato nuovamente l’assessore Motta. Occorre costruirne uno nuovo. E anche di questo ne hanno parlato un po’ tutti. 
Il senso di civiltà di un popolo si vede da come tratta i più deboli o chi va "rieducato" alla vita civile. Questo non è un problema solo di strutture, ma queste hanno la loro importanza. Cari lettori, voi pensate che qualcuno abbia speso una sola parola per spiegare come sarà questa struttura? Niente di niente. Si è parlato solo di metri cubi, di viabilità, di localizzazione, di costi e basta. Nessun dibattito, nessuna vera presentazione.

Eppure, su un tema così delicato, occorrerebbe sensibilizzare tutta la città. Andrebbe realizzato un progetto, fatto un plastico, utilizzata l’occasione per ragionare su iniziative sociali. Tutto questo per tante ragioni. La più bieca, ma realistica è quella di "spezzare" quelle resistenze legate alla localizzazione. Non si può assistere a continue proteste ogni volta che si decide di fare qualcosa vicino all’orto di qualcuno. Però non si può nemmeno accettare l’arroganza e la sciatteria con cui si è presa una decisione come quella dell’altra sera. Lo dice il sindaco di Gazzada, che certo non arriva con il colbacco e che guarda caso è anche socio di uno degli amministratori varesini. Che figura ci fa una Giunta che approva un provvedimento di stretta misura, nel cuore della notte e dopo aver adoperato strappi su strappi nelle relazioni. A chi e a che serve questa prova di forza. Perché non si danno le risposte al consigliere Fassa? Perché un progetto di 30mila metri quadrati diventa di 112mila? E si potrebbe andare avanti con domande su domande.

Forse siamo fuori tempo massimo, ma perché il Sindaco non si fa promotore di alcune iniziative pubbliche che coinvolgano davvero tutta la comunità? Crediamo non abbia nulla da perderci e sarebbe davvero esaltante vederlo passare alla storia come quello che ha messo la prima pietra su un progetto in cui si ritrovi tutta la collettività.

O forse siamo solo inguaribili sognatori. Che peccato però perché avevamo sognato anche un’accademia delle belle arti a Varese, un albergo di grande prestigio per dare vita a uno dei centri congressi più belli d’Italia alle Ville Ponti, una città che investisse seriamente nell’Università e nella ricerca. E invece ci ritroviamo le strade pulite dai mozziconi e  giardinetti fioriti con a fianco lo scempio di una piscina decadente.

Noi ce la mettiamo tutta a continuare a sognare una bella Varese, signor sindaco, ma la sua amministrazione evidentemente gli angeli e i sognatori preferisce abbatterli a schioppettate. 

Cagliari, detenuto morto: forse un’overdose di farmaci?

 

L’Unione Sarda, 20 maggio 2004

 

Dietro le sbarre del carcere di Buoncammino un altro dramma si è consumato nel silenzio. La maggior parte dei detenuti è sieropositiva e pone gravi problemi nella vita quotidiana. Samuele Pili aveva assunto farmaci, moltissimi: era imbottito di antidepressivi. E il pubblico ministero Paolo de Angelis ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo contro ignoti. Sì è ancora lontani dal legare la somministrazione dei medicinali alla responsabilità di qualcuno nella morte del ventinovenne detenuto di Capoterra trovato morto a letto domenica mattina dai suoi compagni di cella, nel carcere di Buoncammino. Ma, a questo punto, il magistrato procederà con una serie di accertamenti, se non altro per escludere un caso di malasanità all’interno dell’istituto penitenziario dove il giovane, con problemi di fegato e di cuore, scontava una condanna definitiva per rapina.

L’autopsia, eseguita avant’ieri mattina da Francesco Paribello, ha escluso l’ipotesi di morte violenta - omicidio e suicidio - e anche l’overdose di sostanze stupefacenti; ha invece scoperto che il detenuto aveva assunto una dose abbondante di antidepressivi che potrebbero aver provocato uno sconquasso in un fisico già debilitato da un passato di tossicodipendenza. Le indagini dovranno ora accertare se siano stati i farmaci a provocare la morte, in caso positivo bisognerà valutare se la somministrazione dei medicinali lasci spazio all’ipotesi della responsabilità di qualcuno. Il passo non è certo breve: intanto quel tipo di medicinale in sé non è dannoso, e poi potrebbe essere stato legittimamente prescritto. Si vedrà.

La morte di Samuele Pili era stata scoperta domenica mattina dai suoi compagni di cella: quando avevano cercato di svegliarlo non era saltato giù dal letto come faceva solitamente. Un rapido controllo e la sorpresa è diventata panico: il giovane di Capoterra non respirava più, era passato dal sonno alla morte nel cuore della notte senza un gemito né un sussurro, senza una richiesta di aiuto, nulla che potesse richiamare l’attenzione di qualcuno. L’episodio - che segue di poco tempo la morte di altri detenuti nel carcere cagliaritano - ha suscitato viva impressione poiché il giovane aveva alle spalle una vita da emigrato in Germania e una lieve condanna, passata in giudicato, per uno scippo nella via Sassari. Per chi lo conosceva era comunque un tipo tranquillo. Ultimamente era ingrassato, anzi, a dirla tutta, era decisamente sovrappeso, ma le sue condizioni non destavano preoccupazioni.
Del resto anche la sera che ha preceduto la tragedia tutto sembrava regolare. Il direttore di Buoncammino, Gianfranco Pala, ha spiegato che il detenuto non stava molto bene ma non soffriva di niente di grave. Invece, sabato Pili è andato a dormire e l’indomani i compagni lo hanno trovato morto. Samuele divideva la cella con altri cinque giovani, sintomo di un carcere al collasso per via di un sovraffollamento più volte denunciato contro il quale sembra non si possa far nulla.

Non solo: a Buoncammino sono precarie anche le condizioni igienico-sanitarie, tanto che i consiglieri comunali medici di tutti i gruppi politici hanno rivolto un’interrogazione al sindaco. Chiedono di poter visitare il carcere per verificare la situazione. Ma che a Buoncammino convivano moltissimi detenuti malati, tossicodipendenti o sieropositivi non è una novità, e anche il personale vive una situazione drammatica. Serve una nuova struttura, meglio dotata anche sotto il profilo ospedaliero. Il ministero della Giustizia ha confermato gli stanziamenti per il nuovo carcere, individuato in un’area del comune di Uta già recintata in vista dell’apertura del cantiere.

Droga: nasce "Società della ragione", per discutere Ddl Fini

 

Ansa, 19 maggio 2004

 

Un appello a una politica intelligente sulle droghe: è lo slogan de "La società della ragione", un movimento liberal che si è costituito per seguire l’iter del disegno di legge Fini. Obiettivi: una critica al provvedimento del vicepremier, un dialogo sul tema della droga "con autonomia e senza veti" e la sensibilizzazione dell’ opinione pubblica sui rischi del proibizionismo nelle strategie contro le tossicodipendenze. A illustrare l’iniziativa, nata proprio dalla preoccupazione e contrarietà alle norme del governo considerate "repressive" e "controproducenti", Franco Corleone, Marco Taradash e Vincenzo Siniscalchi (Ds).

"La proposta di Fini è approdata al Senato: per adesso è stato depositato il testo e poi si deciderà l’assegnazione alle commissioni. Il movimento - spiega Corleone - si propone di seguire il suo iter fino alla sua conclusione e allo stesso tempo di sollecitare un dibattito libero e aperto alle esperienze europee sul tema della droga e non solo quelle dettate dagli schieramenti della politica italiana".

Hanno aderito alla campagna, che vede il sostegno della organizzazione internazionale Senlis Council, esponenti di diversi schieramenti da Riccardo Chiaberge a Armando Massarenti, da Massimo Teodori a Giovanni Valentini, Gad Lerner, Luigi Manconi, Alfredo Biondi, nonché una sessantina di avvocati delle Camere penali. "La nostra - osserva Taradash - è un’azione preventiva di dialogo e di confronto su una proposta di legge di cui ancora non conosciamo i contenuti ma che è sicuramente sbagliata nell’impostazione".

Secondo l’esponente radicale "la legge Fini non rispetta nessuno dei tre problemi fondamentali: la tossicodipendenza, poiché non porterà a un minor consumo della droga; la sicurezza, perché un aumento della repressione porterà alla ricchezza delle organizzazioni criminali e ad una escalation della criminalità; libertà civile, perché così si entra in una spirale perversa che porta alla mancanza di libertà. Vincenzo Siniscalchi esprime una serie di preoccupazioni si carattere giuridico: "Questa legge compromette il giusto processo, mentre bisogna distinguere la criminalizzazione rispetto all’uso della droga". Il deputato diessino avverte che "non si possono inventare delle norme penali sul consumo limitato in quanto non incide sulla complessità del fenomeno e non rappresenta il vero problema che è invece rappresentato dal controllo del mercato".

Rovigo: Il carcere ha problemi di accessibilità e sicurezza

 

Il Gazzettino, 20 maggio 2004

"L’istituto presenta problemi di accessibilità e sicurezza. Gli spazi risultano ristretti, sia per i detenuti che per il personale". È quanto ha risposto il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino a una interrogazione presentata dal senatore diessino Fabio Baratella. Interrogazione che intendeva fare chiarezza sulle reali conoscenze del Governo sulla situazione della casa circondariale di via Verdi e sulla possibilità di realizzare un nuovo carcere. "Relativamente all’interruzione di energia elettrica - ha aggiunto il sottosegretario -, la corrente è mancata dalle 9 alle 13.30 dello scorso 29 febbraio. Il gruppo elettrogeno non era in effetti utilizzabile, in quanto, non essendo riparabile, necessita della completa sostituzione, che è già stata programmata dal competente provveditorato entro l’anno in corso".

Poi, sulla auspicata costruzione di un nuovo complesso, ha spiegato Valentino: "È prevista nell’attuale programma di edilizia penitenziaria la costruzione di una nuova struttura in sostituzione dell’attuale. Il Comitato paritetico ha valutato positivamente l’inserimento dell’opera fra quelle finanziate nel 2004 e, conseguentemente, nell’attuale programma di realizzazione della nuova struttura, è collocata al quarto posto delle priorità.

L’area (tra la tangenziale e via Calatafimi, ndc) è stata scelta dall’apposita commissione il 17 dicembre 2002. Tuttavia si sottolinea che la legge finanziaria 2004 ha rimodulato gli stanziamenti, riducendo quello del corrente anno da 327 milioni e 950mila euro a 127 milioni e 950mila euro e rinviando i restanti 200 milioni al 2005". Risposte che non hanno soddisfatto Baratella: "Dobbiamo ringraziare gli agenti della polizia penitenziaria perché solo grazie alla loro disponibilità è possibile garantire un tenore di vita quasi umano. Ed è dal 2001 che il nuovo carcere ha la possibilità di essere realizzato ma ancora non è accaduto nulla".

Roma: con "Terapia d’urto", da Rebibbia al rock

 

Il Messaggero, 20 maggio 2004

 

Prendete la giusta quantità di blues, qualche cover anni ‘70, brani doc di Jimi Hendrix, Cream, Carlos Santana, Eagles, Robert Johnson,aggiungete chitarre, tastiere, basso, batteria e altri strumenti e agitate bene: il risultato, un po’ come in Blues Brothers , è una ricetta che aiuta molto bene a combattere i problemi di chi finisce in carcere. Ed è proprio questa la formula usata fin dal lontano 1982 dai Terapia D’urto, band che riunisce detenuti, ex detenuti e operatori del carcere di Rebibbia e che dopo 22 anni è sempre attiva, viva e vegeta anche se col tempo, tra rimesse in libertà e new entries, l’organico è cambiato assai spesso.

Se avete voglia di di sapere come suonano e non li avete gia ascoltati (grazie a appositi permessi si sono esibiti al Big Mama, alle Feste di Liberazione, alle Feste dell’Unità e in altre occasioni), li trovate questa sera al Jailbreak (064063155) in una robusta formazione, con Antonio Turco alla chitarra, Franco Montella alle tastie re, Roberto Turco al basso e Piero Petrullo alla batteria, più le voci di Maria Grazia De Lorenzo e Bianca Di Cesare e le chitarre di Dario Di Cesare e Oreste Ferrazza, ospiti Pino Caronia al violino e Alberto D’Alfonso al flauto e sax tenore.
Alla crescita di Terapia D’urto hanno collaborato parecchi musicisti, dal percussionista Tony Esposito (molti anni fa fu il primo a puntare sull’interesse dei reclusi napoletani per gli strumenti a percussione) al grande sassofonista Massimo Urbani, dal tastierista del Banco Vittorio Nocenzi ai docenti della Scuola Popolare di Musica di Donna Olimpia, che insegnano anche a Rebibbia. Uno degli obiettivi della band è dimostrare all’esterno che se vengono offerte opportunità il volto dei carcerati e dello stesso carcere sono assai diversi da ciò che lascia credere l’immaginario collettivo. Il Jailbreak vi aspetta, non siete curiosi?

Legge sulla tortura: il diritto svuotato

 

L’Opinione on line, 20 maggio 2004

 

La Camera ha approvato a maggioranza un emendamento, riguardo la legge sulla tortura da parte di un pubblico ufficiale, che successivamente convinceva solo la Lega. Secondo la Lega il reato di tortura non può consistere in minacce verbali ma solo fisiche, o meglio quelle verbali si definiscono tortura solo se vengono intraprese due volte ("reiterate"). Come nota Luca Sofri, è difficile, quando spuntano tesi controcorrente, rispondere con serietà evitando di essere banali. Sarò banale. Le minacce psicologiche non sono aria. Una minaccia deve essere concepita come una pistola puntata, per la quale il fatto che non sia carica non ha nessun significato riguardo la violenza che ne deriva.

Quel "reiterate" sembra tanto ipocrita quanto inutile: infatti non si può stabilire quante volte si applica la tortura in un caso specifico. Non è scritto che il reato è perseguibile se reiterato nel tempo da un soggetto, ma solo nel contesto, il quale è suscettibile di interpretazione. Infatti se "torturo" una persona sospettata una volta al giorno, magari lo faccio fare ad un pubblico ufficiale diverso, l’accezione di reiterazione si svuota. On. Lussana afferma che definire la tortura è complicato, "per tale motivo avevamo previsto l’inserimento dell’elemento della reiterazione".

L’On. Messa (An) crede che "perché possa configurarsi la fattispecie di tortura durante un interrogatorio, è necessario che le eventuali minacce, che possano causare lesioni di carattere mentale, siano quantomeno reiterate". Quindi non riuscendo a definire la tortura, si vuole che per tortura si intenda solo la tortura reiterata. Paese serio, il nostro. Altro che Cuba, o Cina. Inoltre, il testo scaturito enuncia "violenze o minacce reiterate". Ora, non si dubita della buona fede dei relatori, ma come ha notato l’On. Pecorella, in sede giudiziaria l’aggettivo "reiterate" potrebbe anche essere attribuito alle violenze, il che rappresenterebbe un’aberrazione, il completo svuotamento del diritto.

L’intervento dell’On. Intini dà lo spunto per un’ulteriore riflessione. Egli richiama le forze liberali del Polo affinché "sia evitata al nostro paese una deriva autoritaria ed estremista in materia di giustizia". L’ extraterreste Intini, come lo chiamerebbe Craxi, dimentica cosa è successo in Italia negli ultimi dieci anni. Dimentica la carcerazione con fini delatori applicata sistematicamente in certi "riti" giudiziari. Dimentica un certo Cagliari, come tanti altri. Dimentica certe accuse "strappate" a pentiti con la sola minaccia dell’applicazione del regime di detenzione 41bis, altra forma di tortura. Dimentica un’Italia sottoposta ad una guerra civile da un tentativo reiterato (appropriato il termine) di golpe giudiziario.

La tortura ha molte forme, e la tortura legalizzata è peggio di quella scaturita da una forzatura del codice. Conclude una vittima delle tortura in Italia: "la convinzione che mi sono fatto è che i magistrati considerano il carcere nient’altro che uno strumento di lavoro, di tortura psicologica, dove le pratiche possono venire a maturazione o ammuffire, indifferentemente, anche se si tratta della pelle della gente… Ci trattano veramente come non persone, come cani ricacciati ogni volta al canile".

Verona: I detenuti in campo insieme ai giovani

 

L’Arena, 20 maggio 2004

 

Sarà una serata di calcio molto particolare quella organizzata dalla parrocchia di Michellorie per stasera, a partire dalle 18.30. I ragazzi della squadra parrocchiale accoglieranno tra le loro fila quattro detenuti del carcere di Montorio e disputeranno assieme a loro una partita. Non ci saranno guardie o agenti di polizia penitenziaria a sorvegliare i carcerati, solo due volontari che li accompagneranno.

L’iniziativa rientra nel "Progetto carcere e sport", promosso dal Centro sportivo italiano di Verona per far conoscere ai giovani la realtà del carcere e consentire, a chi lo vive da dentro, di riprendere contatti per qualche ora con la società esterna. "Due mesi fa siamo stati invitati dal parroco don Paolo Troiani e abbiamo subito avviato le pratiche per i permessi di uscita - racconta Achille Coltro, albaretano di origine e instancabile assistente volontario nella casa circondariale veronese da quasi trent’anni.

Al magistrato di sorveglianza sono arrivate un centinaio di domande ma solo quattro giovani hanno ottenuto il permesso. Sono tutti stranieri. Per loro si tratterà di un pomeriggio davvero speciale ed anche i ragazzi di Michellorie vivranno momenti significativi".

Vicenza: Progetto "Niente per caso" per una cultura della legalità

Promosso e gestito dall'Associazione "Utopie Fattibili"

finanziato dal Centro di Servizio per il Volontariato della Provincia di Vicenza

 

Progetto "Niente per caso"

Formazione e cultura alla legalità, prevenzione alla devianza, accettazione del diverso

 

Premessa

 

Nulla accade per caso. La devianza minorile è diventata un fenomeno di proporzioni molto preoccupanti. Psicologi, Sociologi, Pedagogisti, Filosofi e quant’altri si interessano di problematiche sulla devianza giovanile, hanno stabilito che la fascia tra i 13 e 18 anni è quella più soggetta alla veicolazione delinquenziale. Il bombardamento mediatico televisivo, l’ostentazione dell’apparire anziché dell’essere, il raggruppamento nel "Branco" quale sistema di protezione dalla fragilità nell’adolescenza, la mancanza di dialogo tra genitori e figli, l’attuale situazione sociale e generazionale, portano i giovani all’allontanamento dai valori tradizionali, culturali e morali con inevitabile rischio d’allontanamento dalla retta via. Educare alla legalità, al rispetto delle regole ed all’accettazione del diverso, sia esso detenuto, portatore di handicap, anziano o extracomunitario, diventa ogni giorno di più una priorità assoluta.

 

Scopo del Progetto

 

Lo scopo dell’iniziativa è quello di realizzare un progetto di formazione della durata di un anno nella provincia di Vicenza con la finalità di proporre:

una serie d’incontri divulgativi educativi e culturali nelle scuole sul tema della prevenzione alla commissione dei reati ed al rispetto del "diverso" (extracomunitario, detenuto, portatore di handicap)

lezioni, forum e dibattiti On Line con una pubblicazione finale da distribuire agli Istituti coinvolti.

 

Valenza territoriale

 

"Niente per caso" nasce con valenza territoriale per la provincia di Vicenza, ma è estendibile nella seconda fase del progetto a tutto il territorio nazionale per la particolarità della sua piattaforma telematica usata.

 

Innovatività

 

Il progetto è articolato in tre fasi:

la più immediata è la costituzione di un sito Internet www.utopiefattibili.org, con il quale tutti (studenti, docenti, Enti istituzionali, volontariato ecc.) possono collegarsi e trovare informazioni sulla problematica penitenziaria: dal reinserimento socio – lavorativo alle leggi e regolamenti specifici della materia, dalle organizzazioni locali e nazionali del volontariato carcerario agli Enti preposti.

la seconda fase consta nell’avere un dialogo diretto con i giovani nelle scuole superiori non solo per rendere note le problematiche Carcerarie, ma erudirli e sensibilizzarli sulle negatività che la detenzione comporta nella vita d’ogni individuo. Finalità primaria di tali intenti, sono:

creare un forte deterrente alla commissione di qualsiasi reato;

informare sulla vivibilità carceraria;

sensibilizzare i giovani sulle problematiche che i detenuti devono affrontare una volta usciti dal carcere;

stimolare la compassione verso le famiglie dei detenuti e educarli alla solidarietà sociale: i detenuti, ex detenuti ed i loro familiari vanno aiutati, non emarginati!

avviare una formazione sul rispetto del diverso: pregiudicati, portatori di handicap, anziani ed extracomunitari.

La terza fase consiste nel realizzare un servizio di formazione anche "On Line" nelle scuole attraverso l’utilizzo della tecnologia a basso costo e con l’intervento di Know- How limitato sulla tematica penitenziaria della prevenzione alla devianza e cultura d’accettazione del "Diverso"

Questo progetto si avvale di un servizio tecnologicamente avanzato basato su un portale internet interamente realizzato dai soci attraverso una piattaforma "open source", una serie di forum di discussione con personale esperto ed un servizio dinamico di pubblicazione che consente l’adesione, l’intervento, l’aggiornamento, e l’evoluzione in modo totalmente automatico che non necessita di alcuna conoscenza specifica. Questa caratteristica è molto importante poiché rende possibile a tutti, studenti, insegnanti, genitori, e forze sociali, imprenditoriali, sindacali e politiche di intervenire e produrre il proprio contributo. In questo contenitore telematico si realizza anche un servizio di e-learnig (formazione a distanza su internet) con l’erogazione di corsi on-line. Sono previsti almeno 5 incontri on-site (5 incontri con tre volontari e due specialisti nelle scuole) e 10 lezioni on-line su piattaforma web (una lezione al mese per 10 mesi eseguita da personale specializzato e/o competente). Pubblicazione libretto risultati considerazioni finali del "Forum – Dibattito" da mettere a disposizione in particolare alle scuole ed Enti preposti.

Questa è la prima iniziativa sul territorio nazionale che si occupa di realizzare un servizio di formazione anche on-line nelle scuole sulla tematica Penitenziaria e prevenzione alla devianza giovanile, attraverso l’utilizzo della tecnologia informatica.

 

Collaborazione con altre strutture

 

Il progetto è realizzato con la collaborazione di:

Consiglio Islamico di Vicenza per le problematiche delle persone extracomunitarie;

Associazione "Vicenzacè" per la partecipazione al forum - dibattito nel sito www.utopiefattibili.org;

"Il Portale di Vicenza" in qualità di consulente esperto e gestore del sito;

Università di Verona - Facoltà di Scienze della Formazione per la collaborazione con Docenti esperti e partecipazione al Forum – Dibattito;

Insegnanti, Avvocati, Magistrati, Assistenti Sociali, Psicologi Penitenziari, Volontari ed ex Detenuti.

 

emergenza

 

Esiste l’emergenza di attuare formazione di "prevenzione alla commissione di reati", poiché la fascia di adolescenti dai 13 ai 18 anni è fortemente interessata dalla devianza. La mancanza di valori e modelli rendono gli adolescenti deboli e facilmente veicolati verso la commissione di reati. L’educazione alla legalità ed "Apertura degli occhi su causa – effetto" è un sicuro deterrente.

 

durata del progetto

 

La durata prevista è: un anno.

 

 

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