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Interrogazione DS a Castelli su presunte violenze in carcere
Apcom, 2 luglio 2004
Una interrogazione parlamentare su presunte violenze in carcere compiute - a danno dei detenuti - da personale della polizia penitenziaria, è stata presentata al ministro Guardasigilli Roberto Castelli dai parlamentari diessini Aldo Cennamo, Vincenzo Siniscalchi, Francesco Carboni e Mario Oliverio. In particolare i firmatari - afferma una nota - si sono mossi in seguito alla trasmissione radiofonica "Radio Carcere" dello scorso 15 giugno e che va in onda ogni martedì alle 21.00 su Radio Radicale a cura di Riccardo Arena. Dalle testimonianze trasmesse - "comprensibilmente coperte dall’anonimato" - sono emerse "specifiche violenze che sarebbero state commesse da personale di polizia penitenziaria negli istituti di reclusione di Livorno, Napoli (Poggioreale), Prato e Parma". "Un quadro particolarmente grave e sconvolgente - dicono gli esponenti della Quercia - che ha evidenziato una sistematicità del ricorso alla violenza e alla "ritorsione" nei confronti di alcuni detenuti". Stando alle testimonianze, taluni reclusi "avrebbero subito violente percosse, sarebbero stati completamente privati dei vestiti e in alcuni casi costretti ad un forzato isolamento". Alla luce di queste segnalazioni i quattro diessini chiedono a Castelli "quali concrete iniziative, quali doverosi accertamenti, ritenga di intraprendere allo scopo di verificare quanto denunciato, qualora risultino provati gli ingiustificati gravi abusi". Bologna: convenzione reinserimento detenuti attraverso lavoro
Adnkronos, 2 luglio 2004
Un accordo tra la direzione del carcere di Bologna e il consorzio Sic che raggruppa cooperative sociali per favorire il reinserimento dei detenuti attraverso un’attività lavorativa imparata dietro le sbarre. Il progetto è stato firmato nei giorni scorsi, ma è stato presentato oggi alla Dozza. In particolare, la convenzione prevede il reinserimento dei detenuti attraverso un’attività tipografica e una floro - vivaistica. La convenzione è stata realizzata grazie al contributo del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, della Regione Emilia - Romagna, del Comune e della Provincia di Bologna. Inizialmente il progetto coinvolgerà tre detenuti per il lavoro in tipografia e 3 nel florovivaismo. Ma secondo i responsabili, quando andrà a pieno regime il numero potrà raddoppiare e in particolare nella gestione delle colture le persone coinvolte potrebbero anche essere una decina a seconda della produzione che si farà. Per quanto concerne la tipografia, i tre detenuti che ci lavoreranno hanno già frequentato un corso di formazione professionale e saranno in grado di realizzare progetti di comunicazione, creare lastre di stampa, stampare manifesti, giornali (già si stampa il giornale della Dozza), buste, modulistica e opuscoli. Castelli: nomine Dap in campagna elettorale sono state casuali
Ansa, 2 giugno 2004
"È puramente causale" che sia avvenuta nel corso dell’ultima campagna elettorale la riassegnazione dei provveditorati regionali per le carceri di Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Abruzzo e Molise, Sardegna. Lo assicura il ministro della Giustizia, Roberto Castelli rispondendo a una interpellanza presentata alla Camera da Erminia Mazzoni (Udc). Il Guardasigilli ha spiegato che gli spostamenti di sede di diversi provveditori sono stati decisi perchè "nell’amministrazione penitenziaria sono stati riscontrati dei mutamenti dei profili di criticità gestionali", che "hanno reso necessario procedere ad una diversa distribuzione territoriale delle risorse dirigenziali disponibili, al fine di valorizzare ulteriormente le risorse medesime e di dare, al tempo stesso, alle strutture regionali che ne hanno più urgente necessità una leadership meglio calibrata rispetto all’impegno che richiedono, assicurando in tal modo efficienza ed efficacia all’ azione dell’ amministrazione". Per quanto riguarda l’urgenza dei provvedimenti, Castelli ha chiarito che, "considerata la lentezza dei procedimenti di trasferimento", è stato ritenuto opportuno disporre un incarico di missione di tre mesi "in modo da assicurare con immediatezza l’interesse pubblico sotteso". Tra "i profili di criticità " cui si è voluto porre rimedio con urgenza, il ministro ha citato, tra gli altri, "la materia dei detenuti; l’attività penitenziaria indirizzata al risanamento e potenziamento del patrimonio immobiliare; la redistribuzione dell’assunzione di personale di personale di polizia penitenziaria ed amministrativo in modo da eliminare la disomogeneità esistente presso le varie regioni". Infine, Castelli ha voluto chiarire che i provvedimenti di missione "sono stati emessi dal capo del personale, trattandosi di atti provvisori rientranti nella competenza del medesimo, e che la reggenza del provveditorato della Lombardia è stata affidata ad un primo dirigente (Luigi Pagano, ndr.), profondo conoscitore di quella realtà, solo a titolo provvisorio, in attesa della individuazione di un dirigente generale". Piemonte: progetti per integrazione extracomunitari in carcere
Asca, 2 luglio 2004
Nell’ambito del seminario "Presenza dei cittadini extracomunitari in carcere - problemi e prospettive", sono stati presentati quattro progetti di integrazione avviati dalla Regione Piemonte all’interno degli istituti di Torino, Alba, Saluzzo e Ivrea, dove la presenza dei detenuti stranieri ha raggiunto percentuali molto alte, che superano anche il 30%. L’Assessore regionale alle Politiche Sociali, Mariangela Cotto, che ha aperto l’incontro, insieme con il nuovo Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, Angelo Zaccagnino, ha sottolineato come "spesso, per i detenuti stranieri si verificano condizioni di maggior disagio ed esclusione dovuta a diverse motivazioni: difficoltà a far comprendere le proprie necessità, anche quelle più elementari riguardanti le condizioni di salute e la sofferenza fisica, difficoltà di comprensione linguistica con gli operatori e con gli agenti, mancanza di conoscenza delle norme vigenti all’interno degli istituti. Non sono rari i casi di forme di autolesionismo e di comportamenti anticonservativi per attirare l’attenzione verso un disagio psicologico". I quattro progetti in corso nelle carceri piemontesi, realizzati in collaborazione con Srf - Società Ricerca e Formazione, Consorzio Coop. sociali "Sinapsi" e Coop. sociale "Mary Poppins", si propongono di combattere questa particolare forma di esclusione sociale e di discriminazione, attraverso una serie di azioni specifiche e mirate soprattutto alla costruzione di relazioni, che portino ad azioni sinergiche tra i diversi soggetti coinvolti, direttamente o indirettamente, in tale problematica. "Uno degli aspetti più importanti di questa iniziativa - ha continuato l’Assessore Cotto - sta nel proporre ai detenuti stranieri, che al termine della pena dovranno rientrare in patria, percorsi di reinserimento attraverso progetti di "formazione-rientro", nei quali il detenuto viene orientato verso un corso di formazione professionale, che lo prepari ad un mestiere spendibile nel suo paese di origine". Bari: liberato recluso disabile, vince giustizia dal volto umano
La Gazzetta del Mezzogiorno, 2 luglio 2004
Una giustizia dal volto umano ha restituito la libertà e la dignità a Cosimo Damiano Brilli, 35 anni, di Bitonto, detenuto e paraplegico, arrestato l’altro giorno per scontare una pena definitiva di tre anni e sette mesi, riguardante reati commessi prima che un incidente stradale lo rendesse disabile. Ieri il giudice di sorveglianza del Tribunale di Bari Giuseppina D’Addetta, accogliendo la domanda del difensore, avvocato Massimo Chiusolo, lo ha liberato. Tecnicamente, siamo di fronte a un provvedimento di "differimento dell’esecuzione della pena". Ma Brilli, padre di tre figli, spera di non ritornare più in carcere. La vita gli ha già presentato un conto di quelli salatissimi. Nei giorni scorsi, in difesa di Brilli era intervenuto l’europarlamentare Nichi Vendola, che parlava di un "piccolo fotogramma iracheno" nelle patrie galere baresi. I sette anni da scontare riguardavano reati comuni, alcuni dei quali commessi quando era addirittura minorenne. Tre anni fa, però, un incidente stradale terribile trasforma Brilli in un paraplegico. "Invalido al 100 per cento con accompagnamento, complicazioni respiratorie e la necessità di sottoporsi a frequenti e periodiche attività di fisioterapia prescrittegli dagli specialisti", dice l’avvocato Chiusolo. Nonostante questo, l’uomo viene rinchiuso dietro le sbarre. Sezione comune, il centro clinico è chiuso per restauro. In una cella non molto grande, ci sono lui, altre due persone e la sedia a rotelle. Lo accudiscono i compagni di detenzione e gli agenti. Poi il verdetto del giudice. Barletta: fermato per uno scippo, muore in ospedale
La Gazzetta del Mezzogiorno, 2 luglio 2004
L’hanno trovato morto nella stanza del nuovo ospedale "Monsignor Raffaele Dimiccoli" di Barletta, dov’era sott’osservazione da martedì. Sott’osservazione "clinica" piuttosto che "giuridica", perché la donna che aveva scippato non presentò denuncia: aveva recuperato la borsa e, contenta così, era rincasata. Nel frattempo, Vincenzo Milano, 30 anni di Barletta, ma ultimamente residente a Palermo, era stato trasportato in ospedale dopo esser caduto dallo scooter con cui aveva messo a segno lo scippo. Era finito su alcune autovetture posteggiate nei pressi del passaggio a livello ferroviario di Via Andria, poco distante dal luogo in cui aveva scippato la sua vittima. All’intervento di una pattuglia della Polizia Municipale aveva cercato di scappare, nonostante avesse il volto insanguinato e diverse lesioni procurate dallo schianto contro le autovetture. Ma la sua fuga, stoppata dopo un rocambolesco inseguimento, finì in un’ambulanza del 118 allertata dai vigili, così come riportato dalla "Gazzetta" di mercoledì. L’ultimo viaggio di Milano con un trauma cranico e facciale e diverse ferite lacero contuse. Il giovane è stato rinvenuto cadavere all’alba di ieri mattina da alcuni agenti di Polizia Penitenziaria giunti in ospedale per notificare un provvedimento giudiziario proveniente da Palermo per altri presunti reati. Ora è giallo sulla sua morte, tanto che il sostituto procuratore della Repubblica di Trani Luigi Scimè ha aperto un fascicolo d’indagine rubricata con l’accusa di omicidio colposo. Prima dell’arrivo dei poliziotti "notificatori" nessuno s’è accorto del decesso. Uno degli interrogativi del pubblico ministero inquirente è, per l’appunto, accertare l’ora (o eventualmente il giorno) a cui risale il decesso. In pratica, tra le altre cose, si vuol capire se Milano sia morto molte ore prima della scoperta e dunque se nessuno se ne sia reso conto. Ma, ovviamente, il Pm intende accertare anche le cause della morte, giunta dopo giorni in cui Milano si sarebbe finanche rantolato per il malessere. Poco dopo il ricovero sarebbe entrato in un lungo e profondo sonno da cu non si sarebbe più svegliato. Tant’è che martedì i vigili urbani non avevano potuto notificargli il provvedimento di sequestro dello scooter: un "Mbm". Così i berretti bianchi andarono via dall’ospedale dove da un medico avrebbero appreso che il Milano sarebbe stato seguito anche dal Sert (pare che il giovane fosse già in cura) con la somministrazione di alcuni medicinali. Per far luce sulla vicenda il Pm Scimè ha disposto l’autopsia che sarà eseguita domani dal prof. Vinci dell’Istituto di Medicina Legale del Policlinico-Università di Bari. Prima, però, sarà necessario notificare una serie di avvisi di garanzia a tutti coloro (sarebbero una quindicina) che hanno seguito il caso clinico di Vincenzo Milano. Un atto dovuto per consentire agli indagati la nomina degli avvocati difensori. Per ora l’unica certezza è di uno scippo finito in tragedia. Niente più carcere per la diffamazione a mezzo stampa
Il Barbiere della Sera, 2 luglio 2004
Approvato il testo della riforma dei reati di diffamazione a mezzo stampa, scompare la pena del carcere. Secondo quanto approvato dalla Commissione Giustizia della Camera oggi, non si andrà più in galera per i reati di diffamazione a mezzo stampa. Il testo è stato comunque inviato all’Aula per l’esame ed il varo definitivo. La riforma sembra trovare d’accordo, in generale, le varie forze politiche anche se permangono posizioni di distinguo soprattutto per inserire possibili integrazioni migliorative. "Un importante passo avanti verso la riforma", ha commentato il DS Vincenzo Siniscalchi aggiungendo: "molti aspetti del problema e, in modo particolare molte richieste avanzate dagli organismi rappresentantivi di giornalisti ed editori, dovranno essere ripresi in Assemblea. Comunque, ritengo positivo che siano stati accolti alcuni elementi di riforma su cui il Gruppo Ds ha sempre insistito". Tra gli elementi rilevanti della riforma, ci sono anche il potenziamento dell’istituto della rettifica come causa di non punibilità e di riduzione del danno provocato da notizie false o da apprezzamenti offensivi; la fissazione di tetti di danno risarcibile evitando la possibilità di liquidazioni miliardarie affidate soltanto a criteri equitativi; la definizione della cosiddetta prova liberatoria che consente un accertamento della verità dei fatti descritti e, quindi, la non punibilità del giornalista. Milano: Cannavò, un cronista nell’inferno di San Vittore
Il Secolo XIX, 2 luglio 2004
Si è calato nell’inferno di San Vittore per otto mesi con la curiosità dello speleologo e l’umanità del confessore. E alla fine ha scoperto che anche un mostro di cemento come il carcere di Milano ha un’anima. E lui da quest’anima s’è fatto conquistare. Candido Cannavò ha raccontato la vita, la pena e la speranza di questo sottosuolo della società nel libro "Libertà dietro le sbarre" (Rizzoli, 278 pagine 16 euro). È la testimonianza di un cronista che ha messo insieme storie, errori e passioni e che denuncia il nostro rapporto ipocrita e sbagliato con il carcere che, nonostante i tentativi di riforma, resta un luogo di perdizione più che di redenzione. Cannavò, per quasi vent’anni direttore della "Gazzetta dello sport", nel fare questo affresco dei gironi infernali del penitenziario milanese, non sa trattenere moti di indignazione. Gli capita, ad esempio, quando racconta storie di donne che finiscono dietro le sbarre con i loro piccoli che gli vengono strappati - e c’è nel libro la descrizione di una scena straziante - al compimento del terzo anno. "Cosa vale fare le leggi se poi non si applicano? Che cosa ne è stato, a livello pratico, della legge Finocchiaro che dovrebbe garantire alternative al carcere per madri e bambini piccoli?"è il lamento che viene da San Vittore e che Cannavò deve registrare più volte. Il libro ci propone un ricco campionario di umanità: gente che fa progetti a partire dal 2020 e gente che ha smesso da tempo di farne. C’è un ragazzo marocchino che da settimane chiede d’essere interrogato per dimostrare la sua innocenza e per protesta s’è cucito la bocca con fili di nylon che gli impediscono anche di mangiare. C’è il rapinatore-poeta fregato dalle telecamere a circuito chiuso dell’ultima banca rapinata che convive con una pallottola in testa, ricordo di un conflitto a fuoco con un metronotte. C’è l’ex tassista Angela che lavora nella sartoria che produce abiti per le Veline di Striscia la notizia, per gli spot di Bulgari e Giochi senza frontiere. E poi c’è il maestro d’arte vetraria che ha cominciato la sua "carriera" con un piccolo tentato furto, ha conosciuto il carcere minorile che l’ha abbruttito e ne ha fatto un delinquente. La vita a San Vittore dipende dal raggio in cui sei stato assegnato. Il terzo, tutto nuovo, è un lusso, il resto è il Bronx. "Qui si mira solo ad annichilire la persona" diceva Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni, una delle vittime di Tangentopoli che fu trovato morto nel luglio del 1993 nella sua cella con la testa avvolta in un sacchetto di plastica. San Vittore ha vissuto anche la "rivolta" di un altro vip di Tangentopoli: il finanziere Sergio Cusani che si rifiutò di lasciare la sua cella per gli arresti domiciliari. Se ne andò libero e vi tornò tre anni dopo spontaneamente, come aveva promesso, rimanendovi sino al 2000. Fuori, ha fondato la banca della solidarietà che allevia qualche sofferenza. La solidarietà, la voglia di riscatto di molti detenuti restano valori forti che Cannavò porta alla luce. Nonostante il sovraffollamento del carcere, i materassi sistemati anche nei corridoi, la droga che circola, l’abbruttimento, i tagli ai servizi imposti dalle varie leggi finanziarie. Don Luigi Melesi è un salesiano che opera a San Vittore e che l’autore del libro ha incontrato più volte. È lui che gli ha consegnato le testimonianze più indignate contro il carcere così come funziona oggi. "Non ha senso, non cura il male ma lo aggrava e lo trasforma in disastro sociale" ha detto il battagliero sacerdote che ammonisce contro chi vorrebbe trasformare i penitenziari in fabbriche per dannati. Alla fine, secondo lui, sarà sempre la società a pagarne il prezzo. Bologna: una tipografia e una serra in carcere
La Repubblica, 2 luglio 2004
Un’occasione di lavoro tra fiori e inchiostro per i carcerati della Dozza. Grazie alla convenzione, stipulata tra la Casa Circondariale di Bologna e il "Consorzio di Iniziative Sociali - SIC", tre detenuti potranno iniziare a lavorare alle nuove macchine della tipografia interna al carcere e cinque a coltivare piante negli spazi adibiti a serra. "Una vera e propria impresa - spiega Elisabetta Calari della cooperativa del SIC, Altercoop che gestirà la tipografia - nata grazie alle risorse finora stanziate da Comune, Provincia, Regione e Provveditorato Provinciale dell’amministrazione penitenziaria. L’obiettivo del progetto, accanto a quello di aprire una strada per il recupero e il reinserimento nella società dei detenuti, è di avviare una realtà produttiva che possa avvicinare il carcere all’esterno. I soldi guadagnati serviranno ai detenuti per fare fronte alle spese legali, pagare le pene pecuniarie e inviare qualche soldo a casa se hanno famiglia. Alla Dozza, dei 900 detenuti totali, 80 lavorano già grazie alle borse-lavoro finanziate dal Comune, mentre altri a rotazione sono impiegati dalla stessa Casa Circondariale per lavori interni. Lauro (AV): i detenuti - attori vanno in tournée
Il Mattino, 2 luglio 2004
Lauro. Detenuti in tour. I Liberanti, la compagnia teatrale formata dai detenuti della casa circondariale di Lauro, sbarca a Volterra, per partecipare ad uno dei più famosi festival di teatro in ambito nazionale. Il 31 luglio andrà in scena la rappresentazione: "Calderon: il padre, il figlio, la torre, il palazzo", opera di Pier Paolo Pasolini, dedicata al drammaturgo spagnolo. La regia è firmata da Alessandra Cutolo, che dopo un laurea in lettere e filosofia si è dedicata completamente al teatro, divenendo operatrice nel carcere di Lauro da dove è iniziata, già da diversi anni, l’avventura dei Liberanti. Insieme alla Cutolo, hanno lavorato all’allestimento Antonella Monetti e Rino Saggio, oltre a diversi ex-detenuti, rimasti legati al teatro anche dopo aver scontato la propria pena. Carmine Paternoster è uno di questi: detenuto prima ed attore oggi, con diverse partecipazioni a piccole produzioni cinematografiche tra le quali anche il serial napoletano "La Squadra". "Ho iniziato per gioco - spiega - perché ci permettevano di uscire dal carcere. Poi dopo è diventata una passione che sto continuando a portare avanti con molto interesse. Oggi sono un piccolo attore di teatro con tante speranze per il futuro". "L’esperienza è positiva - spiega la regista, Alessandra Cutolo - Essere scelti per partecipare al festiva di Volterra è motivo in più per continuare il nostro lavoro e fare meglio". Trapani: polizia penitenziaria, tre iniziative per farsi conoscere
La Sicilia, 2 luglio 2004
I quindicimila euro assegnati dalla Provincia alla Polizia Penitenziaria saranno utilizzati per una serie di iniziative tese a fare conoscere il corpo. Tre, in particolare, le proposte, che saranno concretizzate dalla Uil con la collaborazione di Cgil, Cisl e Sappe. La prima è un convegno sul tema "Polizia Penitenziaria, al servizio della legalità e della sicurezza", che dovrà tenersi entro l’anno al centro Ettore Majorana di Erice; la seconda è la presentazione di un libro sulle origini storiche del corpo di Polizia Penitenziaria e sulla nascita del sindacato di categoria. L’incasso delle vendite del libro sarà devoluto alle famiglie delle vittime della mafia in provincia di Trapani. La terza è la ristampa del libro del commissario Giuseppe Romano "Una vita dietro le sbarre". Il ricavato della vendita sarà devoluto ai bambini organi dell’Iraq. Intanto, il Sappe ha chiesto che un’unità navale del corpo venga trasferita dalla sede di Favignana all’ormeggio fisso presso il porto di Trapani. "Il trasferimento - afferma il segretario Donato Capece - sarebbe funzionale al trasporto degli agenti pendolari ed alle traduzioni di detenuti". Macomer: lo spettacolo dell'estate entra in carcere
L’Unione Sarda, 2 luglio 2004
C’è un microcosmo alla periferia urbana di Macomer che sfiora la società civile: è il carcere di Bonu Trau, cubo di cemento armato solo apparentemente silente, pulsante di fibrillazioni di umanità, ansia di libertà e riscatto. Segnali che il mondo esterno soprattutto negli ultimi tempi ha mostrato di saper cogliere: un convegno ha di recente focalizzato l’attenzione sulle problematiche legate alla convivenza tra strutture di detenzione e comunità e ormai da tre anni il Comune, in collaborazione con la direzione carceraria, regala ai detenuti uno spicchio del fitto cartellone di appuntamenti previsto per l’estate macomerese. Quest’anno saranno due spettacoli ("Soleandro" in programma per oggi 2 luglio e "Magic show" previsto per il 29) ad allietare i 90 ospiti della struttura di detenzione (il 30% dei quali extracomunitari), nata nel 1994. "Già da tre anni", dice la responsabile dell’area educativa, Irene Niola, "grazie a un tacito accordo tra noi e l’amministrazione siamo coinvolti nella programmazione dell’estate. È un fatto di eccezionale rilevanza che priva il carcere dell’immagine fredda e vuota di grande colata di cemento armato e lo veste della sua vera essenza: qui vivono esseri umani, seppur reclusi, ed è importante fare qualcosa per il loro recupero. Quando negli anni passati, tra le mura della casa circondariale si svolse il torneo di calcetto tra interni e giovani macomeresi, si vissero momenti di profonda commozione". Parole condivise dal vicecomandante, Giampiero Longu che plaude l’iniziativa e spalanca le porte su un’attività interna, finalizzata al reinserimento e alla rieducazione, che solo raramente è percepibile dall’esterno: "Il carcere di Macomer, nonostante sia stato concepito come struttura mandamentale, è oggi inquadrato come istituto per detenuti di difficile governo. Ma nonostante la situazione di partenza sia svantaggiosa possiamo dirci soddisfatti dei risultati che riusciamo a conseguire, grazie alla grande esperienza degli operatori e allo spirito di collaborazione che anima la nostra attività. Qui dentro non esistono compartimenti stagni: tutte le aree concorrono al raggiungimento degli stessi obiettivi. Così come possiamo contare sull’apporto del Poliambulatorio di Macomer e sulla grande attenzione riservata dal Magistrato di sorveglianza". E così oltre al ciclone di brio portato dai programmi dell’estate, la vita quotidiana dei detenuti è organizzata e pensata in funzione pedagogica. C’è la scuola media (vi operano 4 insegnanti e concorrono alla formazione dei detenuti due insegnanti volontarie di Macomer), la biblioteca (a breve dovrebbe essere inaugurato il prestito interbibliotecario) è stato istituito un corso di formazione per falegnami e poi c’è il vivace mondo dei mestieri: muratori, artigiani, cuochi, scrivani e giardinieri. Tutto inserito in un percorso educativo al quale dovrebbe seguire il reinserimento nella società: "È questo il problema maggiore", dicono coloro che quotidianamente operano nella struttura di Bonu Trau, "una volta terminata la detenzione raramente si creano le condizioni per il reale recupero (che si chiama lavoro) e spesso molti detenuti ricadono nel vortice della criminalità e del disagio. Per questo ci vorrebbe maggiore attenzione da parte degli imprenditori locali". Solo allora si possono scrivere reali storie di riscatto, individuale e collettivo. Ne è certo anche l’assessore ai servizi sociali, Gigi Muroni che più di una volta ha avuto in carico il problema: "Spesso come istituzione riusciamo a dare un’occupazione temporanea, ma certamente ci vorrebbe una maggiore apertura da parte degli imprenditori per garantire il pieno recupero". E sullo scambio proficuo con il mondo esterno si fondano le manifestazioni finora promosse "per mostrare ai detenuti che la città non ha dimenticato chi si trova in quella condizione. Per il futuro abbiamo anche altri progetti, la biblioteca certamente, e poi un programma che quest’anno non è potuto andare in porto: fare attività teatrale e rendere protagonisti di una rappresentazione i detenuti stessi".
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