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Protocollo ministeri Ambiente-Giustizia: detenuti a tutela dei parchi
La Nuova Ecologia, 9 giugno 2004
L’ipotesi tracciata da Matteoli e Castelli: coinvolgere i reclusi in attività legate all’agricoltura biologica o allo sviluppo dei prodotti tipici. I primi progetti potrebbero partire nelle isole-carcere di Pianosa e Asinara, nel Pollino o nello Stelvio. Le isole-carcere di Pianosa e Asinara, da anni ormai chiuse, potrebbero riaprire. Ma per uno scopo ben preciso: ospitare i detenuti impegnati nei lavori di recupero dell’ambiente e per dare loro la possibilità di reinserimento nella società. È
una delle ipotesi emerse durante la firma dell’accordo tra il ministero della
Giustizia e quello dell’Ambiente per promuovere l’attività lavorativa dei
detenuti in 47 aree protette d’Italia (22 parchi nazionali e 25 aree parchi
marini). Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, e il ministro dell’Ambiente,
Altero Matteoli, sono cauti nel parlare di riapertura vera e propria dei due
supercarceri di Pianosa e Asinara: "Questo progetto è finalizzato ed
organizzato per detenuti a basso tasso di pericolosità – spiega il
guardasigilli – se dobbiamo mandarli a lavorare in quelle isole è ovvio che
la notte andranno a dormire nelle strutture del carcere. Non possiamo certo
mandarli in albergo". Iniziative di questo genere sono già in corso a livello locale. Ad esempio nel penitenziario di Bergamo è stata siglata una convenzione con sei Comuni che consiste nel permettere ai detenuti di lavorare come operatori ecologici nel settore della manutenzione del fondo stradale. Mentre in alcuni negozi dell’isola d’Elba lavorano alcuni commessi: "Sono detenuti, anche condannati all’ergastolo – ha detto Matteoli – la mattina lavorano e la sera tornano nel carcere di Porto Azzurro". Parchi "laboratorio" per il recupero dei detenuti
Comunicato stampa Ministero della Giustizia, 9 giugno 2004
Il sistema della aree protette italiane diventa un laboratorio per il reinserimento sociale dei detenuti. Il Ministro della Giustizia, Roberto Castelli e il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Altero Matteoli, hanno sottoscritto oggi un Protocollo d’intesa per promuovere l’attività lavorativa dei detenuti a favore della valorizzazione e dello sviluppo della natura protetta italiana. Tre gli obiettivi primari del Protocollo: offrire uno strumento per il reinserimento nella società civile dei detenuti o dei condannati ammessi a misure alternative alla detenzione; avviare un processo di valorizzazione del sistema delle aree protette attraverso attività a valenza ambientale; rendere fruibili per queste attività quelle aree un tempo sedi di carceri e oggi trasferite al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Asinara e Pianosa). "Questa importante iniziativa – ha affermato il Ministro Castelli – offre nuove opportunità reali di lavoro ai detenuti, collocandosi lungo un percorso da tempo intrapreso da questo ministero e che sta dando buoni risultati nei penitenziari di tutta Italia dove è possibile promuovere attività lavorative. Ora è possibile puntare anche alla valorizzazione delle aree protette, anche quelle che ospitavano strutture penitenziarie chiuse in modo prematuro per motivi puramente ideologici". "L’accordo – ha dichiarato il Ministro Matteoli - ha un’alta valenza sociale ed ambientale: si offre ai detenuti la possibilità di un reinserimento nella società grazie a professioni nuove che servono a proteggere l’ambiente. Penso all’agricoltura biologica, all’eco-turismo, allo sviluppo dei prodotti tipici. In questo modo chi sconta una pena detentiva non interrompe il legame con l’ambiente esterno in vista di una progressiva reintegrazione nel tessuto sociale e produttivo". L’accordo darà l’opportunità, attraverso un circuito produttivo virtuoso, di costituire cooperative ed iniziative imprenditoriali, anche di carattere privato, che serviranno da volano economico sul territorio, in particolare su quello delle aree naturali protette. Nello stesso tempo si offrirà ai detenuti in esecuzione di pena e agli ex detenuti la possibilità, dopo un percorso di formazione professionale, di attivare esperienze pilota particolarmente innovative. Esperienze che saranno monitorate per valutarne i risultati e che potranno diffondere le cosiddette "buone prassi" all’interno del sistema delle aree protette.
Nuoro: sindacati denunciano clima di tensione a Badu ‘e Carros
L’Unione Sarda, 9 giugno 2004
Un ergastolano sarebbe stato aggredito da un agente di polizia penitenziaria. Ancora problemi di organico: nei giorni scorsi si è dimesso il comandante delle guardie. Detenuti siciliani in rivolta nel carcere di Badu ‘e Carros, il comandante delle guardie che si dimette, il personale in perenne agitazione e i livelli di sicurezza ridotti al minino. All’interno del penitenziario nuorese la situazione è sempre esplosiva. Nei giorni scorso un gruppo di reclusi ha scritto una lettera alla direzione della casa circondariale denunciando un presunto pestaggio. Lo stesso documento è stato inviato anche ai giornali. "In data 4 giugno 2004 - si legge - un nostro compagno è stato provocato e aggredito da un brigadiere di polizia penitenziaria. Il nuovo comandante del carcere con un espediente ha fatto uscire dalla cella un nostro compagno e con un agguato, vigliaccamente, lo ha fatto picchiare. A questo punto i detenuti hanno cominciato una serie di proteste affinché il nuovo comandante venga allontanato dall’istituto". Una ventina di detenuti (quasi tutti siciliani) hanno firmato la lettera. Tra loro non ci sono sardi. "Il documento - si legge ancora nella nota - viene firmato solo e volontariamente dai detenuti del continente, ciò per tutelare i compagni locali da una eventuale deportazione in continente". Sull’episodio circola però anche un’altra versione. Le cose sarebbero andate in modo diverso. Il detenuto, un siciliano condannato all’ergastolo per reati di mafia, al termine dell’ora d’aria dopo essersi rifiutato di rientrare in cella avrebbe aggredito poliziotto. Sulla vicende è stata aperta un’inchiesta. Di sicuro si tratta dell’ennesimo segnale negativo dal carcere. Sempre nei giorni scorsi il comandante delle guardie si è dimesso dall’incarico. "É ormai chiaro che la situazione all’interno del penitenziario è sempre più grave - dice Giorgio Mustaro della Cisl Funzione Pubblica - c’è uno stato di sofferenza che interessa non solo i detenuti, ma anche il personale". Il direttore Luigi Magri, arrivato qualche mese fa, divide il suo lavoro tra Badu ‘e Carros e il carcere di Viterbo. Tra guardie e impiegati amministrativi secondo i sindacati mancano almeno una trentina dipendenti. "Eppure - spiega Mustaro - secondo l’amministrazione penitenziaria ci sarebbero esuberi. Purtroppo però si assiste a un taglio drastico delle attività e di servizi per i detenuti. Da qualche tempo lo sport è ridotto al minimo. E tutti i servizi in genere. Chiaramente anche i poliziotti, con un problema di organico così grave, non possono garantire buoni livelli di sicurezza". Negli ultimi tempi c’è preoccupazione anche perché Badu ‘e Carros ospiterebbe numerosi detenuti particolarmente pericolosi, soprattutto mafiosi e camorristi. Alcuni reclusi hanno scritto numerose lettere ai parlamentari invitandoli a visitare il carcere per denunciare i disagi. "Ormai le lettere stanno uscendo dal penitenziario e superano anche la censura - aggiunge Mustaro - segno che evidentemente c’è l’interesse a far conoscere all’esterno il caso Badu ‘e Carros. In questa situazione particolarmente delicata c’è anche il cambio ai vertici dell’amministrazione penitenziaria. Il provveditore Francesco Massidda è stato trasferito a Bologna, in Sardegna arriva Lello Cesari. Gli avvicendamenti continuano a susseguirsi con una frequenza incredibile. Di questo e di altri problemi si parlerà oggi durante l’incontro dei sindacati unitari e autonomi. Bisogna rilanciare urgentemente la vertenza Badu ‘e Carros. Ormai è chiaro: la situazione è esplosiva e c’è la necessità di provvedimenti urgenti per tutelare i detenuti e il personale che lavora in carcere". Bollate: al via il secondo corso di formazione sul net working
Market Press, 9 giugno 2004
È stato inaugurata ieri a Bollate presso la II Casa di Reclusione di Milano, la nuova aula didattica dove si svolgeranno i corsi di formazione sulle nuove tecnologie rivolti ai detenuti. L’iniziativa di quest’anno che nasce da una più stretta collaborazione tra Cisco Systems e Hewlett Packard e in accordo con la Direzione della II Casa di Reclusione di Milano- Bollate è nella continuità rispetto al progetto originario risalente all’anno scorso che vedeva unicamente coinvolti Cisco Systems, Fondazione Adecco per la Pari Opportunità e Siam 1838 (Scuola d’Incoraggiamento Arti e Mestieri) e che ha visto due detenuti superare a pieni voti gli esami finali del primo e secondo modulo di certificazione CCNA. Questi detenuti saranno impegnati – pur continuando a completare il loro percorso - nel coadiuvare nelle esercitazioni pratiche la docenza dell’istruttore Siam sulla nuova classe di dieci detenuti già selezionati da Fondazione Adecco che è stata avviata. "Sono 10 gli studenti che partecipano al nuovo corso di formazione; un’occasione unica, per loro e per tutti gli operatori penitenziari che lavorano a questo progetto; si tratta di una proposta formativa assolutamente al passo con i tempi, questa è la novità più rilevante in ambito penitenziario. I detenuti porteranno a casa, una volta liberi, un’occasione di reinserimento reale, e di altissimo livello. L’entusiasmo per l’iniziativa ha contagiato anche la polizia penitenziaria, che partecipa ai progressi del progetto con grande curiosità e reale interesse, percependone gli elementi di novità assoluta rispetto al panorama formativo penitenziario. Valenza sociale dell’intervento, unito ad alta specializzazione formativa: ottimo binomio per un Istituto Penitenziario il cui obiettivo primario è l’inserimento socio-lavorativo dell’utenza" – ha dichiarato Lucia Castellano, direttrice del carcere di Bollate. La nuova aula è stata allestita con personal computer Hp collegati in una rete Wireless Lan attraverso gli Access Point Cisco Aironet. Il progetto prevede il corso Cisco Networking Academy che permette di conseguire la certificazione Ccna (Cisco Certified Network Associate), riconosciuta in tutto il mondo da qualsiasi azienda e il modulo Hp "It Essential", corso formativo introduttivo sull’utilizzo del personal computer e delle periferiche basate su tecnologia Hp. L’intero percorso formativo viene erogato sulla piattaforma e-learning del programma Cisco. "La formazione è un fattore di grande importanza nella strategia di Cisco Systems: la società è impegnata nel supporto e diffusione della conoscenza delle nuove tecnologie attraverso il Programma no-profit Cisco Networking Academy, nato già 7 anni fa, per formare in modalità e-learning figure professionali specializzate nell’ambito delle reti. La mancanza di personale qualificato resta il freno principale allo sviluppo dell’Ict legata alla produttività nel nostro paese. - ha affermato Stefano Venturi, Amministratore Delegato di Cisco Systems Italia – Il successo raggiunto ad oggi in questo progetto di Networking Academy presso la II Casa di Reclusione di Milano-bollate, ci ha confermato la validità del modello didattico a cui si aggiunge, in questo caso particolare, la valenza sociale che ha l’obiettivo di contribuire alla reintegrazione dei detenuti nel mondo del lavoro attraverso le tecnologie dell’informazione". "Il progetto di formazione presso la Iia Casa di Reclusione di Milano-bollate, rappresenta per Hp la prima iniziativa a livello internazionale finalizzata al reintegro dei detenuti nel mondo del lavoro. È un esempio di come le tecnologie informatiche possano essere uno strumento concreto al servizio della comunità" ha affermato Nicola Aliperti, Amministratore Delegato di Hp Italia. "Il progetto rientra in un preciso impegno di Hp nel mettere il proprio know-how e le proprie tecnologie a disposizione di associazioni non profit, della comunità scientifica, delle istituzioni scolastiche e della comunità in generale per portare avanti progetti a sfondo sociale, culturale e didattico volti all’integrazione sociale e all’inserimento nel mondo del lavoro." Per l’occasione, all’interno degli spazi della casa di reclusione, è stata allestita una mostra fotografica a cura di Barbara Sgarzi che ha ripreso le fasi di apprendimento degli studenti e il lavoro di laboratorio che ha coinvolto i detenuti nel corso della passata edizione della Networking Academy. Avellino: presentato volume su carcere e volontariato
Il Mattino, 9 giugno 2004
Verrà presentato oggi alle 9, alla Camera di Commercio, un sussidio pastorale della Caritas Italiana per aiutare chi in carcere svolge opera di volontariato a favore dei detenuti. Si tratta di una agile documento dal titolo "Liberare la pena" edito dalla EDB che è disponibile presso la Libreria Paolina di Piazza Libertà. Alla presentazione parteciperà il vescovo di Avellino Forte. Relatori saranno Marco Iazzolino, della Caritas Italiana, che illustrerà il testo del sussidio; don Vincenzo Federico, delegato Caritas Campania; Carlo Mele, della Caritas di Avellino, Don Raffaele Sarno e Luca Massari del Gruppo di redazione del sussidio. Dopo le relazioni seguiranno testimonianze degli operatori carcerari e un dibattito sul tema della risocializzazione dei detenuti. La presentazione del sussidio della Caritas italiana viene fatto per la prima volta ad Avellino per l’importante attività, oramai ultraventennale, che ad Avellino viene svolta dal locale gruppo carcere della Caritas. Il sussidio realizzato dalla Caritas tende a mettere in evidenza la distanza fra ciò che è scritto nelle leggi penitenziarie e ciò che invece viene correntemente vissuto dai volontari e dai carcerati. Saluzzo: teatro in carcere, i detenuti raccontano i loro sogni
L’Eco del Chisone, 9 giugno 2004
"Il luogo dei cigni" è il cortile interno della casa di reclusione "La Felicina" di Saluzzo, quello dell’ora d’aria e dell’angolo di cielo ritagliato da quattro alti muri in calcestruzzo. Quello dove il mondo di fuori sembra un po’ meno lontano, rispetto a quello visto attraverso le sbarre della cella. Lì "i sogni e i desideri prendono forma, si fanno metafore sulla vita, possibilità di salvezza. La storia da raccontare diventa via di fuga verso un futuro ancora da scrivere e un passato da non dimenticare. Lontani dalla pesante ombra del presente". A raccontare ed a raccontarsi sono gli stessi detenuti, vestiti di bianco ma con indumenti lacerati. Vorrebbero spiccare il volo, librarsi nell’aria libera e nel cielo terso. Ma il luogo in cui vivono è più simile ad uno stagno che ad un lago. E quell’acqua pesante glielo impedisce, infradiciandogli le ali e sporcandogliele. È la metafora della galera e il capovolgimento dell’anelito di libertà e leggerezza che le musiche di Ciajkovskji evocano, facendo da collante tra i sogni narrati dagli attori-detenuti. Perché "il carcere è assenza. Lì, il silenzio diventa sovrano, veleno, prigionia. È un cane che si morde la coda. E il cerchio diventa ogni giorno più piccolo. Ogni giorno meno passi. Meno aria. Meno vita". Lo spettacolo, intenso e coinvolgente, è il frutto del laboratorio teatrale di Grazia Isoardi, testi di Fabio Ferrero e regia di Koji Miyazaki. È stato realizzato dal "Progetto Cantoregi" e dall’associazione "Voci erranti", contando sulla disponibilità di coloro che vivono e operano nel carcere, a cominciare dal direttore Marta Costantino. Presenti alla prima anche il vescovo di Saluzzo Giuseppe Guerrini e il vice-ministro della Giustizia Michele Vietti. Roma: il carcere come laboratorio di arte e di idee
Adnkronos, 9 giugno 2004
"Arti e prigioni. Le pratiche dello spettacolo" e’ il titolo di un convegno in programma per domani al Teatro Vascello di Roma, a cura del Centro Europeo Teatro e Carcere (Cetec) e con il patrocinio della Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro e dei Teatri delle Diversità Rivista Europea. Il Cetec è nato come cooperativa sociale per promuovere la cultura all’interno degli istituti di pena, curando laboratori e produzioni teatrali, sia fuori che dentro le prigioni, al fine di favorire l’integrazione e il reinserimento sociale. Ed è proprio da questa attività di lavoro che va avanti da oltre 10 anni e che si svolge a contatto con una realtà difficile e dura come il carcere, che e’ nata l’esigenza di una giornata di riflessione sulla necessità di un intervento costante e preciso per mantenere vivo il legame tra le arti e le prigioni. Sardegna: all’Asinara tornano i detenuti, ma solo per curare l'isola
Sardegna Oggi, 9 giugno 2004
La struttura penitenziari dell’Asinara potrebbe avviarsi ad ospitare di nuovo dei detenuti. Non più come supercarcere però. L’intenzione del Ministro della Giustizia Roberto Castelli, che oggi ha firmato un accordo con il ministero dell’Ambiente, è di trasformare i 47 parchi naturali che si trovano sul territorio nazionale, in laboratorio per il reinserimento ideale dei detenuti. Secondo il progetto le isole carcere dell’Asinara e di Pianosa, da anni ormai chiuse, potrebbero dunque accogliere i carcerati a basso tasso di pericolosità, per impegnarli nei lavori di recupero dell’ambiente e dare loro la possibilità di reinserimento nella società. A
dettare i tempi di realizzazione del piano pensato da Castelli e Matteoli, la
necessità dei parchi esistenti e il numero dei detenuti che richiederanno e che
potranno parteciparvi. Intanto già si sa che i carcerati che aderiranno saranno
regolarmente retribuiti. "L’accordo ha un’alta valenza sociale
ambientale, ha dichiarato il ministro dell’Ambiente Altero Matteoli, si offre
ai detenuti, infatti, la possibilità di un reinserimento nella società grazie
a professioni nuove che servono a proteggere l’ambiente. Penso all’agricoltura
biologica, all’ecoturismo, allo sviluppo dei prodotti tipici. Il progetto si
svilupperà a macchia di leopardo su tutto il territorio italiano, dallo Stelvio
al Pollino". Sardegna: saranno costruite 5 nuove carceri
Sardegna Oggi, 9 giugno 2004
Si realizzerà il nuovo Carcere di Sassari. Dopo le decisioni del Comitato Paritetico tra il Ministero di Grazia e Giustizia e il Ministero per le Infrastrutture, e il parere favorevole dei due rami del Parlamento, il Ministro Castelli ha firmato il Decreto che stanzia 830 miliardi di vecchie lire per la realizzazione di sette nuovi carceri, tra cui Rovigo, Savona, Forlì, Cagliari, Oristano, Tempio e Sassari; mentre è stato rinviato al 2004 l’intervento per il carcere di Lanusei. Dal Ministro Castelli il Sindaco Nanni Campus ha avuto conferma che il Dipartimento per le Opere Pubbliche del Genio Civile ha già avuto il finanziamento per procedere alla progettazione già entro il 2003, mentre i lavori inizieranno nel corso del 2004. Campus ha espresso soddisfazione per la positiva soluzione di una battaglia da lui iniziata già nella veste di Parlamentare del territorio, "che si è potuta concretizzare - ha detto - grazie alla sensibilità del Ministro Castelli in prima persona, e all’interessamento costante del Ministro Beppe Pisanu". L’industria carceraria americana vive gli anni del "boom"
Vita, 9 giugno 2004
Carcerati nel mondo
Negli States, (creatori ed esportatori di democrazia) un milione di persone sono detenute per possesso o spaccio di droga, ma il consumo di sostanze stupefacenti non tende a diminuire. Nel 2001, oltre 5mila minori, tra i sette e i 17 anni, immigrati clandestini, orfani o abbandonati dai genitori, erano rinchiusi nelle prigioni americane. Almeno 500 bambini sotto i cinque anni, non adottabili perché privi di documenti, sono stati tenuti, per mesi e addirittura anni, negli asili nido delle carceri, in attesa che i burocrati decidessero del loro futuro. Mentre per gli adulti lavoratori, le autorità, sotto la pressione delle aziende che hanno bisogno di forza lavoro, chiudono un occhio, nei confronti dei minori la legge è inflessibile.
Lo sviluppo delle privatizzazioni ha favorito la nascita di una grande e articolata "industria delle carceri". Negli States la spesa carceraria supera i 20 miliardi di dollari l’anno. Gli istituti di pena privati sono circa 160 sparsi in trenta Stati, coprono il 7% del mercato carcerario, crescono a un ritmo del 35% l’anno. Tra le cinque società che gestiscono il business, le due maggiori sono quotate in Borsa e dominano il mercato. La Correctional Corporation of America gestisce il 51% circa delle prigioni private mentre la Wackenhut Corrections Corporation ne gestisce il 22%. La potente lobby, esercita forti pressioni su politici e magistrati, per impedire che nuove procedure e norme sulla libertà provvisoria, o nuovi finanziamenti alle prigioni pubbliche, interferiscano con i suoi interessi, incoraggiando, di fatto, l’incremento delle carcerazioni. La privatizzazione ha favorito lo sviluppo di un sistema carcerario sempre più impersonale e automatizzato, con alti livelli di sorveglianza e conseguente riduzione del personale. La lobby non ha nessun interesse nei confronti dei programmi di riabilitazione per i detenuti e quindi non opera per ridurre le percentuali di recidiva. Appaltatori,
fornitori delle forze dell’ordine e sindacato delle guardie carcerarie, hanno
fatto approvare una legge che inasprisce i tempi di detenzione: le celle non
rimangono mai vuote. Il Correctional Business si muove su tre fronti: investimenti per progettare, costruire e gestire le carceri; creazione di nuovi posti di lavoro (nelle aree rurali gli amministratori locali cercano di ottenere un carcere sul proprio territorio per le opportunità di lavoro all’interno e nell’indotto di servizi); sfruttamento del lavoro dei detenuti. Le prigioni private vengono costruite, dalle multinazionali delle sbarre, in metà tempo, rispetto a quelle pubbliche. Lo sfruttamento di forza lavoro nei luoghi di detenzione è diffuso anche in Russia e in Cina, mentre il business delle carceri private è presente, oltre che negli Stati Uniti, anche in Gran Bretagna e Australia. In Italia, il leghista Pagliarini ha proposto di affidare ai privati la gestione delle carceri.
Circa 22mila detenuti, in 111 carceri, vengono utilizzati soprattutto per rifornire l’industria bellica. Già nel corso della seconda guerra mondiale, i carcerati produssero tende, paracaduti, aerei, bombe, da inviare al fronte europeo e sul Pacifico, per un valore di 75 milioni di dollari. I prigionieri hanno lavorato per il Pentagono anche durante la guerra del Vietnam, di Corea e del Golfo. Le Federal Prison Industries sono tra i maggiori fornitori dell’amministrazione statunitense (39mo posto). Tremila
"dipendenti" in 14 stabilimenti delle industrie penitenziarie,
lavorano esclusivamente ai sistemi di comunicazione per le forze armate. In
Texas, a Beaumont, si producono tutti gli elmetti Kevlar utilizzati dai soldati
americani. Dagli stabilimenti di Greenville, Illinois, escono ogni giorno mille
magliette mimetiche. Nel 2002 il Pentagono ne ha acquistate quasi duecentomila. I "fortunati" prigionieri-operai, che vendono anche biglietti aerei, per conto di grandi compagnie, e confezionano jeans di marca (Levis), vengono retribuiti con un salario inferiore del 20% allo stipendio minimo dei colleghi "liberi". Il Dipartimento Penitenziario ne trattiene l’80% per coprire le spese di vitto e alloggio.
Nell’industria del carcere il settore delle nuove tecnologie è quello che cresce più velocemente, per le alte tecnologie impiegate all’interno degli istituti di pena: la schedatura elettronica interessa ormai un terzo della popolazione maschile. Tecnologie di seconda generazione prevedono dispositivi in grado di controllare l’individuo 24 ore su 24, registrando il ritmo cardiaco, la pressione, la quantità di adrenalina e la presenza nel sangue di alcool o sostanze stupefacenti. L’industria
delle sbarre svolge paradossalmente anche un ruolo calmierante nei confronti dei
tassi di disoccupazione, sottraendo al mercato del lavoro migliaia di persone,
ma crea occupazione nel campo dei beni e dei servizi carcerari. È stato
calcolato che negli ultimi dieci anni le carceri americane hanno contribuito a
ridurre, di due punti, il tasso di disoccupazione "assorbendo le
eccedenze".
Quando escono dal carcere – scrive Megan – i pregiudicati americani ricevono tra i due e i 200 dollari di "gate money" (buonuscita) per ricominciare, i loro vecchi vestiti e un biglietto per raggiungere la città in cui sono tenuti a stare. Ma molti di loro nella realtà escono dal carcere con un bagaglio diverso: dei 9 milioni di detenuti liberati nel 2002, più di 1.3 sono portatori del virus dell’epatite C, 137 mila hanno contratto l’AIDS e 12mila hanno la tubercolosi. Queste cifre, fornite dalla Commissione nazionale per la salute in carcere, rappresentano rispettivamente il 29%, tra il 13 e il 17%, e il 35% del numero totale di americani colpiti da queste malattie. Da anni, i ricercatori nel campo della salute pubblica, lanciano l’allarme sulla "epidemia di arresti" che ha colpito il paese e si è trasformata in una incubatrice di massa delle malattie infettive negli istituti penitenziari.
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