Rassegna stampa 3 giugno

 

Milano: venite un pomeriggio nel Cpt di Via Corelli...

 

Melting Pot, 3 giugno 2004

 

Qualcosa di nuovo davanti al Centro di Permanenza Temporanea di Milano. O meglio qualcosa di nuovo per me. Più mi avvicino al solito muro per segnalare ai Finanzieri la mia presenza e più mi colpisce la fila di donne, di bambini, le voci che segmentano il silenzio desolato di cui mi ero abituata andando a Corelli.

Già i parenti, gli amici, i legami degli invisibili con il fuori. C’è Fathima con una borsa di plastica con frutta fresca, c’e Tiziano con la maglietta rossa, la sigaretta in bocca e una borsa di Cd, tutta musica da camera, c’è una donna con un biberon e una bimba con il codino che beata fa merenda… Segmenti di vita. Segmenti di voci che animano l’attesa. Un attesa indefinita, al Centro si può entrare uno alla volta, nell’unica sala dei colloqui a disposizioni, Dalle 15 alle 18 e i bambini stanno fuori. Come, dice la signora che arriva da Bollate con il treno e con gli autobus , Mohamed vuole vedere sui figlia. No, signora i bambini stanno fuori. E io come faccio… venga domani, senza bambina. Si allontana con il suo passeggino e con il cellulare che squilla.

Voci che piano piano si trasformano in storie. Il papà della bambina, non mi ricordo il suo nome, è in Corelli da 11 giorni, era agli arresti domiciliari, la sua compagna era in ospedale con la bimba, lui è evaso da casa sua per raggiungerla. I carabinieri fanno un controllo, non lo trovano al suo ritorno lo portano in Corelli. Non so se la storia sia vera, non spetta a me giudicare io ascolto e vedo i suoi occhi. Fathima si avvicina è mi racconta che il suo compagno, Fathi, sta aspettando il rinnovo del permesso dal 3 giugno del 2003, ma ci sono problemi la questura ha bloccato tutto perché Fathi ha comparato un cellulare da un algerino che ha fatto male a un italiano. Cosa c’entra le domando.. Fathima non risponde, una pausa, inizia a piovere. Mi faccio dare il numero di telefono del suo compagno.

Arriva Tiziano, è italiano, porta i cd alla sua compagna perché l’ha sentita triste.. È nervoso. Ha paura di non potere vedere la sua futura moglie, come è successo ieri. Era scaduto il tempo. Mi chiede come sono le camerate, come si vive dentro. Vuole sapere e prepararsi. È arrabbiato:" mi hanno fregato, ci ho messo un anno per tirarla fuori, lunedì l’avrei portata a casa, ma venerdì hanno fatto una retata". Lei, la sua futura moglie, lavorava a Varese in strada. Due poliziotti in borghese, l’hanno fermata e le hanno mostrato delle fotografie, lei ne identifica due, e no.. bella o 5 identificazioni o nulla.. il nulla è Corelli e la sigaretta di Tiziano.

Scorre il tempo così. Si alza la sbarra. Posso entrare a parlare con Paola e Esequeil. Mi fermo. Mi sento in colpa, sto togliendo la possibilità a Tiiziano di dare i cd alla donna che sposerà sicuramente e alla signora con le fragole di consegnare il dono al compagno. Anche se forse non sa che questo piacere le verrà tolto.. è l’umanitario che prende in consegna la frutta e poi consegna. Questione di sicurezza…

Macchina infermale anche in questo. .. Corelli crea la lotta per il tempo e contro il tempo. Tentenno. Mi fanno fretta. Entro. Il perché non lo so.. forse perché Esequeli mai aveva chiamata più volte per rassicurarsi della mia visita. Il tempo frenetico del fuori, si frantuma con l’immobilità del tempo del dentro.

Cinque poliziotti che giocano a paroliere, due fanno le parole incrociate, 181 persone, 28 trans brasiliane, 24 donne e 94 uomini, attendono la corsa contro il tempo del fuori. Prima di entrare nella sala dei colloqui, incrocio un responsabile della Croce Rossa. È in uniforme.. si sta preparando per la parata del 2 giugno. Buon giorno, è dimagrita, come sta? Bene. Tutte le volte che entro in Corelli mi pesa. L’umanitario si prende molto a cuore i corpi delle persone…evidentemente. Prendo l’occasione e gli chiedo della rivolta di venerdì notte. Tutto è successo in 30 minuti. La rivolta è partita da 19 marocchini, arrivati da San Vittore. Mi chiede se voglio la versione ufficiale o quella vera. Scontata la risposta. Dunque , la rivolta era un diversivo, 4 volevano scappare. Un ragazzetto di 21 anni era alla guida della rivolta. Ci vogliono 11 secondi per salire sul tetto. Il settore A, B e C ha colto l’onda delle urla, volano tavoli e si frantumano vetri. L’umanitario si ritira, anche se qualcuno dell’umanitario istintivamente entra nei settori insieme al drappello della polizia. 2 contusi, 19 arresti: 13 rispediti a san Vittore, gli altri a Monza. La rivolta non nasce dal pollo che sicuramente la Sodexo non sgozza… Nasce perché la popolazione carceraria pensa di potersi muovere a Corelli come in carcere. Nasce perché non capiscono perché devono transitare in Corelli dopo aver scontato la pena. Insomma i 19 non erano contenti di essere di nuovo rinchiusi senza aver commesso nessun reato.

Penso che qualsiasi sia la versione tutto è così poco rilevante. Si sospende la vita, si modifica il tempo, si spezzano storie, si annullano le individualità, si intrappolano corpi e menti senza una ragione … in questo quadro forse la rivolta o lo sciopero della fame non hanno nulla di epico o di politico, parlano di un semplice, istintivo e naturale meccanismo di sopravvivenza e di ribellione alla cancellazione di se. Arrivano Paola ed Esquiel, la protagonista del film Princessa. Mi parlano con una voce calda e lenta della loro storia, di una sanatoria andata male perché il ricatto della sanatoria spesso è più pesante della clandestinità, mi mostrano l’iscrizione alla Scuola Europea di Cinema e Teatro per il 2004.. Sai, mi dice, io sono un attrice, chiama l’ArciGAy fatti raccontare quanto sono brava… Sono scaduti i miei 15 minuti. Esco sono le 17.00 ci sono in fila 8 persone. Piove.

Luca Volontè (Udc): Castelli faccia funzionare le carceri...

 

Adnkronos, 3 giugno 2004

 

"Sbandierare a ogni campagna elettorale gli slogan degli sceriffi del Nord e della sicurezza e non provvedere a risolvere i problemi concreti nelle carceri, soprattutto in quelle dove c’è il monocolore della Lega, è un atteggiamento incomprensibile".

Lo dichiara in una nota il capogruppo Udc, Luca Volontè, al termine della presentazione nel carcere di Treviso di due progetti ("Argo" e "Un libro e una voce") del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e supportati dal gruppo Udc della Camera, sulla possibilità di riscatto dei detenuti.

Maurizio Turco: 2 giugno... altro che festa, per detenuti e agenti!

 

Radicali.it, 3 giugno 2004

 

Dichiarazione di Maurizio Turco, Presidente dei deputati europei della Lista Bonino e relatore del Parlamento europeo sui diritti dei detenuti nell’Unione europea: "Questa notte Giuseppe Fiorino si è suicidato nel carcere di Vibo Valentia. Normale amministrazione : il suicidio in carcere è una delle pene accessorie di fatto, altro che recupero.

Certo che Giuseppe Fiorino avrebbe potuto pensare che con il suo gesto avrebbe macchiato la Festa. O forse ha pensato che c’era poco da festeggiare, d’altronde di chi vive in carcere, dai detenuti agli agenti, non frega niente a nessuno, in questa Repubblica. Non è passato nemmeno un mese dal 6 maggio scorso, quando Carmine Notturno si era anch’egli suicidato nello stesso carcere. Per non parlare del resto".

Firenze: minori stranieri tra marginalità e devianza

 

Redattore sociale, 3 giugno 2004

 

"Purtroppo le premesse non sono confortanti. La realtà del sistema penitenziario italiano sul fronte minorile, in particolare quando si parla di minori stranieri, è peggiore di quella che investe gli adulti. Basti pensare che non esiste una legge penitenziaria relativa ai minori, applichiamo quindi quella degli adulti, e questo vuoto normativo si è tradotto, in Italia ma anche guardando in particolare alla Toscana, in assenza di interventi concreti".

È il quadro della situazione che ha tratteggiato oggi a Firenze Antonietta Fiorillo, magistrato di sorveglianza del Tribunale dei Minori di Firenze, intervenendo al seminario "Minori stranieri tra marginalità e devianza" durante il quale è stato presentato il progetto Aladino. 

La Regione Toscana più di altre mostra lo sforzo di portare avanti le politiche sociali ma "ciò non toglie che gli interventi sono attuati "a pioggia" e in modo indistinto, e a livello generale siamo di fronte ad un sistema penitenziario vuoto di contenuti, perché non consente di dare attuazione alle previsioni legislative – commenta Fiorillo – .

Questo ha naturalmente ripercussioni gravi sui minori, soprattutto stranieri. Bisognerebbe pensare che i minori detenuti oggi rischiano di diventare gli adulti devianti di domani, e dunque attivare azioni di prevenzione anche per chi si trova in carcere, credendo nel fatto che è possibile limitare il danno ed evitare evoluzioni ancora più drammatiche".

I minori arrivano nelle nostre regioni "in molti casi illegalmente, vivono situazioni di deprivazione affettiva e materiale, e questo non può che favorire marginalità e devianza. Il punto è che il paese non ha mostrato una politica orientata all’accoglienza, scegliendo invece una risposta repressiva – e non risolutiva – di fronte ad un fenomeno, quello dell’immigrazione, del tutto prevedibile.

Paradossalmente i nostri interventi risultano più incisivi per i minori che entrano nel circuito penale – e per qualche tempo sono quindi più tutelati rispetto ai rischi che vivono fuori – rispetto a quelli irregolari che non hanno commesso reati e vengono rimpatriati, tornando nei contesti da cui avevano tentato di fuggire.

 

Il "Progetto Aladino"

 

Il parere degli operatori: i minori stranieri esprimono il disagio come violenza verso gli altri o verso se stessi. Aumenta l’uso di sostanze e la criminalità, spesso al servizio degli adulti

Le interviste ai testimoni privilegiati – in quanto operanti in centri di alfabetizzazione, ludoteche, centri di orientamento rivolti a minori stranieri, Siast – sono state condotte dai rappresentanti della cooperativa Cat alla fine della fase di mappatura di luoghi e servizi e parallelamente all’osservazione della realtà dei minori nel territorio cittadino. Risulta dal complesso delle risposte che "in questi ragazzi il disagio si manifesta come una sorta di schizofrenia interiore, sanno di essere legati alle proprie radici ma sentono il bisogno di negarle e vivere avendo in testa il modello occidentale. Spesso a casa parlano la propria lingua e fuori si rifiutano". Il disagio viene quindi fuori come violenza verso gli altri o se stessi.

 "L’uso di sostanze – emerge sempre dalle risposte degli operatori – è un esempio di violenza verso se stessi, nella maggior parte dei casi il disagio si manifesta in casi di intemperanza oppure con una chiusura verso l’esterno molto forte, una difficoltà di relazione e rapporto, un’assenza di crescita armonica, una difficoltà a trovare equilibrio". Come si può delineare una tipologia di minori a rischio? "ci sono tanti tipi di rischio, legati all’età e all’ambiente in cui questi adolescenti vivono, al fatto stesso di essere stranieri e quindi alla percezione del mondo di pensare che gli altri hanno nei loro confronti".

Dalla valutazione degli operatori risulta anche che "in tutti i minori stranieri c’è un aumento dell’uso di sostanze, in primo piano alcool, sostanze chimiche, eroina. Prendendo come riferimento i gruppi informali di ragazzi stranieri, i marocchini, più in generale i magrebini, così come gli albanesi rivolgono l’attenzione ad hashish, marijuana, nei casi peggiori eroina. Questi gruppi appaiono poco attratti dalle nuove droghe".

La microcriminalità è in aumento, "spesso al servizio di gente adulta, il vivere nella marginalità è quello che riporta al carcere. Il referente dei minori non accompagnati è la vendita di hashish e marjuana per vivere, referente al limite è la polizia che spesso, trovando il poliziotto giusto, diventa il primo "operatore sociale".

Si può parlare di un lavoro di rete che accompagna l’attività a tutela dei minori stranieri? Secondo gli operatori dei centri fiorentini "non esiste lavoro di rete, non c’è integrazione né conoscenza delle varie attività, servizi.

A volte si creano delle condizioni perché possa essere attivato un servizio in una realtà senza ascoltare chi vive in quella realtà. Prima di esprimere un giudizio sulla rete dovremmo costruirla, considerando che i minori stranieri sono cartina di tornasole per verificare le mancanze".

Firenze: minori stranieri, una ricerca e un progetto

 

Toscana Oggi on line, 3 giugno 2004

 

"Del passato hanno qualche ricordo, positivo e nostalgico anche se legato ad una vita trascorsa nella miseria. Per il futuro non hanno invece aspettative e ridare a questi ragazzi e alle loro giovanissime vite una speranza è sicuramente l’obiettivo più importante, il desiderio che ad un genio della lampada questi bambini chiederebbero subito di esaudire. Un modo per ridurre una situazione di marginalità estrema e contrastare al contempo la criminalità".

Così stamani il vicepresidente della Toscana Angelo Passaleva ha spiegato il progetto fiorentino "Aladino", realizzato anche con risorse regionali e che si rivolge ai minori stranieri che hanno avuto a che fare con la giustizia o si sono imbattuti in alcol e droga. I risultati della ricerca, condotta l’anno scorso attraverso anche operatori di strada, sono stati illustrati stamani all’auditorium fiorentino della Cassa di Risparmio di Firenze.

In tutto il comune l’anno scorso sono stati contati e seguiti circa seicento minori stranieri, spesso non accompagnati: rom, albanesi e magrebini per lo più, più distanziati i cinesi e i rumeni. E i minori negli ultimi anni sono cresciuti, in proporzione più che gli stranieri adulti.
"Questi ragazzi vivono un doppio carcere: quello della droga e quello legato ai reati che hanno commesso – spiega Passaleva - Non si tratta di reati gravissimi nella maggior parte dei casi, ma se non riusciamo a liberare questi ragazzi dalle loro dipendenze ed offrire loro un’opportunità nella società cadranno, una volta fuori, nelle mani delle organizzazioni malavitose che li utilizzeranno come manovalanza, contribuendo alla crescita peraltro di altra criminalità".

Firenze: immigrato rumeno muore stritolato tra i rifiuti

 

Redattore sociale, 3 giugno 2004

 

A pochi giorni di distanza dalla drammatica morte a Verona di Ioan Sunciu, immigrato rumeno stritolato da un camion di raccolta rifiuti, la cronaca si ripete portando tristemente sulla scena anche Firenze. Michael Rusu, 31 anni, immigrato nuovamente di nazionalità rumena, è morto martedì mattina, 1° giugno, durante la corsa all’ospedale dopo essere stato sottratto, già gravemente ferito, alla morsa di un camion compattatore dei rifiuti.

L’uomo aveva trovato riparo per la notte in un cassonetto vicino al Parco delle Cascine, era nascosto tra i cartoni e l’autista del camion, nonostante le telecamere di cui è dotato il mezzo, si è accorto della sua presenza solo dopo aver avviato la pressa. Le ferite riportate a quel punto erano tali da impedirgli di sopravvivere.

La vicenda ripropone fortemente il problema di tante persone senza fissa dimora prive di rifugi sicuri dove trascorrere le notti, e si aggiunge all’episodio che nella settimana scorsa ha coinvolto a Firenze un altro immigrato, che per sua fortuna ha riportato ferite guaribili.

Questa sera comincerà alle 20 una veglia in memoria di Michael, aperta a tutti e in particolare alla comunità rumena presente in città, promossa dall’associazione Aurora nella propria sede in via dei Macci 11. I volontari dell’associazione sono attivi da circa 15 anni sul territorio nell’offrire assistenza e pasti caldi a chi ha bisogno di aiuto.

Como: la polizia penitenziaria sotto organico del 30%

 

Il Corriere di Como, 3 giugno 2004

 

Il Bassone è al collasso. Con oltre 300 detenuti più di quanti potrebbe accoglierne e un centinaio di agenti di custodia in meno rispetto alla pianta organica. Una situazione che il sindacato giudica "drammatica" e che potrebbe letteralmente precipitare se, come sembra, altri 15 uomini dovessero essere spostati a Lecco, dove tra qualche mese entrerà in funzione la nuova casa circondariale.

Sabato prossimo, davanti al carcere di Pescarenico, è stato organizzato un presidio cui parteciperanno delegazioni di tutti i corpi di polizia penitenziaria della Lombardia. Una manifestazione convocata in coincidenza con l’inaugurazione dello stesso carcere, fortemente voluta dal ministro (lecchese) Roberto Castelli e criticatissima dal sindacato, che la giudica "propagandistica".
Spiega Armando Messineo, segretario della Cgil Funzione pubblica di Como: "Quello di sabato è un finto taglio del nastro. Il carcere di Lecco non potrà funzionare prima di alcuni mesi, l’inaugurazione è stata voluta per ragioni di bassa cucina elettorale".

Il previsto - e immediato - trasferimento di una quindicina di agenti, proprio in funzione della futura apertura della struttura lecchese, ha fatto tuttavia esplodere la questione organico, già denunciata alcune settimane fa in una conferenza stampa in cui vennero alla luce anche un paio di tentativi di evasione. I numeri, dicono Cgil, Cisl e Uil, sono chiari.

L’organico del Bassone è di 308 tra agenti e sottufficiali di polizia penitenziaria, attualmente il servizio è però garantito da 233 uomini, che diventeranno meno di 220, dicono i sindacati, con l’apertura di Lecco. Insomma, a partire da questo mese il personale in servizio al Bassone potrebbe essere del 30% inferiore a quanto fissato.

"Siamo messi malissimo - dice senza badare alla forma Messineo - Per capire come stanno le cose basta un dato. In Lombardia, il rapporto tra gli agenti in servizio e i detenuti è 1 a 50. A Como si sale fino a 1 a 80, con punte di 1 a 140 nei turni dalle 11.30 alle 13.30. A ciò bisogna aggiungere il fatto che almeno il 40% dei detenuti è extracomunitario, con problemi di comunicazione che rendono il lavoro difficilissimo.

Nelle assemblee - insiste Messineo - il malessere è palpabile, la gente si dice disposta persino ad azioni clamorose, nei limiti naturalmente di quanto la legge consente". Il carcere "esplode". E l’immagine, efficace, forse non rende come dovrebbe la drammaticità della situazione, destinata ad aggravarsi "nelle prossime settimane, quando bisognerà fare i conti con le ferie". Insieme con la direzione del Bassone, il sindacato sta predisponendo un piano per permettere agli agenti di godere del riposo estivo.

Cgil, Cisl e Uil hanno quindi deciso di lanciare un appello alle istituzioni e alle forze politiche, affinché "si attivino anche attraverso iniziative parlamentari per porre rimedio alla carenza di organico della casa circondariale". Non è possibile, concludono i sindacati, "fare le campagne elettorali sulla pelle degli agenti di polizia penitenziaria".

Bergamo: Bruni, Myallonnier, Paoli in visita al carcere

 

Radicali.it, 3 giugno 2004

 

Domani, venerdì 4 giugno il consigliere regionale radicale Giorgio Myallonnier si recherà in visita al carcere di Bergamo, accompagnato da Roberto Bruni, candidato sindaco del centrosinistra, e da Dino Paoli, segretario dell’Associazione Radicali Bergamo e candidato nella lista Bruni. Scopo della visita verificare le condizioni di vita all’interno del penitenziario e studiare forme di collaborazione tra la direzione del carcere e la nuova amministrazione comunale. Alle ore 12.15 si terrà una conferenza stampa all’ingresso del carcere

Nasce il sito degli operatori penitenziari del Lazio

 

Dal sito del Ministero della Giustizia

 

Da un gruppo di lavoro composto da operatori penitenziari del Lazio delle varie figure professionali: polizia penitenziaria,  educatori, assistenti sociali, comunicatori, ecc, è nato il sito www.farete.it.
L’obiettivo che il gruppo ha inteso proporsi è rappresentato dall’adozione di strumenti di lavoro più efficaci, con la finalità di facilitare lo scambio delle specifiche esperienze professionali rendendole fruibili nei contesti operativi.

Spoleto: lungometraggio racconta detenuti – attori

 

Ansa, 3 giugno 2004

 

Dietro le sbarre, ma liberi di fare teatro. I detenuti del supercarcere di Spoleto hanno allestito una loro "Boheme" pucciniana, e sul percorso che li ha portati a realizzare lo spettacolo è stato girato un lungometraggio, proiettato stamani nella casa di reclusione.

Per quattro mesi la macchina da presa della regista Porzia Addobbo è stata puntata sui detenuti -attori, "per testimoniare - ha detto la stessa regista - come un istituto di pena possa funzionare anche da comunità educante, perché non esiste luogo più libero delle tavole di un palcoscenico, dove l’unico limite è la fantasia".

"Gli ottanta detenuti che hanno partecipato alle riprese - ha sottolineato ancora la Addobbo - hanno interpretato se stessi mentre preparavano l’allestimento cinematografico della Boheme. Non c’è stata finzione narrativa, era tutto vero. Vere le aule, unico set disponibile, i detenuti, gli agenti di custodia". L’idea di girare un documentario sui detenuti-attori del carcere spoletino è nata nell’ambito dei corsi che l’istituto d’arte "Leonardi" di Spoleto tiene all’interno della stessa casa di reclusione.

Milano: ragazzi del Beccaria mettono in scena "Piccolo Principe"

 

Ansa, 3 giugno 2004

 

Re che rappano, uomini d’affari che ballano la Salsa in maniera divina, vanitosi che si lanciano in Break Dance spericolate. Sono alcuni degli ingredienti dello spettacolo "Alla ricerca del piccolo principe", realizzato dal regista Giuseppe Scutellà con i ragazzi del carcere Minorile Beccaria di Milano, e con la partecipazione straordinaria dell’attrice Lucia Vasini.

Lo spettacolo sarà aperto al pubblico il 7 e l’8 giugno presso l’Istituto Penale Cesare Beccaria di Milano, con ingresso a prenotazione obbligatoria (02.39310868- 340.8036703). Lo spettacolo, il decimo in dieci anni realizzato all’interno del carcere minorile, è prodotto da Puntozero (società che promuove la divulgazione dell’arte e dello spettacolo come strumenti di intervento sociale con particolare attenzione a luoghi e soggetti socialmente svantaggiati) e dal Ministero della Giustizia Dipartimento Giustizia Minorile, con il patrocinio della Regione Lombardia, Provincia di Milano e Comune di Milano, in collaborazione con Ctp Cavalieri, Teatro alla Scala, Eurogruppi, Gruppo Teatro S. M. Rosario.

"Avevamo un testo, "Il piccolo principe", che abbiamo mangiato, digerito e buttato in scena - racconta il regista - ciò che ne è venuto fuori è un quasi Musical. Siamo ancora alla ricerca di questo Piccolo Principe e forse mai ci stancheremo di cercarlo in noi.

Il sogno di tutti e comunque che questa ricerca trovi dei traghettatori. Compito del traghettatore - conclude Scutellà - è quello di inserirci in una stagione teatrale per far sì che non solo il carcere si apra alla città per i soli 7 e 8 giugno, ma che la città si apra al carcere per il resto dell’anno".

Fossombrone: serve una chiesa per il carcere


Il Messaggero, 3 giugno 2004


Ha partecipato al premio giornalistico "Volpini" con un articolo che chiede la riapertura della chiesa interna al carcere chiusa da trent’anni. Si tratta di Pasquale Gulisano, detenuto e alunno della quarta classe del corso Igea del polo scolastico superiore "Luigi Donati".

"Sono trascorsi quasi trent’anni - scrive - le porte della chiesa sono ancora sbarrate, da una delle sue finestre si intravede una lucina che come un faro sempre acceso ci ricorda la sua presenza. "Fossombrone, luglio 1977: forse gli abitanti del paese non si sono resi conto di ciò che stava succedendo in quella notte di venerdì 17 aprile, quando tutti i detenuti del carcere locale sono stati sfollati in fretta e furia per fare posto ai nuovi arrivati dalle varie regioni d’Italia. Era stato instaurato un nuovo regime penitenziario denominato "carcere speciale". Una torre di Babele - continua Pasquale Gulisano - dove ognuno parlava il proprio dialetto.

"La prima cosa ad essere preclusa è stata la religione, con la chiusura della chiesa e un prete che i detenuti, ben presto, impararono a definire "desaperecido". In cambio però si poteva contare sui "padri della rivoluzione" che sotto un alto pino insegnavano Marx e la materia. Una frangia di detenuti, cosiddetti bigotti spediva telegrammi al Papa dicendo che ai "prigionieri" non doveva mancare il pane così come la parola di Dio con la messa domenicale, giorno in cui tutti si riuniscono al cospetto dello stesso Padre. Con gli anni è cambiato il termine: non più "carcere speciale" ma sezione di massima sicurezza.

"C’è anche il prete - scrive ancora Gulisano - che con la sua cesta sotto il braccio, con dentro i suoi paramenti sacri, sembra un maratoneta sempre in cerca di un angolo dove "apparecchiare" l’altare e, con grande umorismo, dire la messa. Con i pochi parrocchiani che il luogo e la sicurezza permettono, per il Natale scorso si è fatto uno strappo alla regola: tutti i detenuti, come sardine, sono stati stipati in un’aula della scuola, perché era di scena il Vescovo.

Questi, in tanta affollata aula, si sentiva il fiato addosso, proprio come Gesù nella grotta, scaldato dall’alitare del bue e dell’asinello. D’altronde, nell’aula-grotta di quello "strano presepe" i detenuti accorsi a salutare l’arrivo del Vescovo, non potevano che avere il ruolo degli "animali".

Verziano: sfida calcistica fra agenti, detenuti e giornalisti

 

Il Giornale di Brescia, 3 giugno 2004


L’integrazione passa anche dal campo da calcio. In quest’ottica oggi pomeriggio torna a Verziano la coppa "Sorriso" di calcio a 7 giocatori promossa dall’Uisp (Unione italiana sport per tutti) nell’ambito del Progetto Carcere 2004. Giunta alla quarta edizione, l’iniziativa è ormai un appuntamento tradizionale e, tra le tante finalità, punta a stimolare il contatto tra i detenuti e il mondo "fuori", per facilitare il futuro reinserimento dei reclusi nella società, una volta terminato di scontare la pena.

Sul terreno di gioco della sezione di reclusione di Verziano scenderanno in campo anche i giornalisti di Bresciaoggi che, capitanati di Marco Bencivenga, alle 14.30 incontreranno la squadra della Polizia Penitenziaria. I detenuti della casa circondariale si confronteranno nel secondo incontro con gli studenti dell’Ipsia Moretto. A seguire, si terrà la finale per il terzo e quarto posto per le perdenti delle prime due partite e la finalissima che decreterà il vincitore della quarta coppa "Sorriso" fra le vincenti delle semifinali.
Le gare si disputeranno su due tempi da 15 minuti l’uno con intervallo massimo di 5 minuti. Il torneo sarà ad eliminazione diretta, con abolizione del pareggio: se al termine dei tempi regolamentari il risultato fosse di parità, per stabilire la squadra vincitrice saranno battuti i calci di rigore (una prima serie di cinque, poi l’eventuale sequenza a oltranza).

 

 

Precedente Home Su Successiva