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Cgil-Fp: allarme su sanità, formazione, misure alternative
Ansa, 25 giugno 2004
Un sistema carcerario che dovrebbe essere visto come un insieme di settori e di professionalità da valorizzare, superando la funzione esclusivamente repressiva e favorendo l’autonomia e la responsabilità di ha compiti dirigenziali, si scontra con uno scenario che in questi anni ha visto "delinearsi scenari regressivi, involutivi e neo autoritari nelle politiche del personale, nella riorganizzazione dell’amministrazione e nelle relazioni sindacali". Questo il quadro a tinte fosche delineato nel convegno "Le carceri e la pena nel sistema del Welfare" organizzato a Roma dalla Cgil Funzione Pubblica, al quale ha partecipato il direttore del Dap Giovanni Tinebra. Fabrizio Rossetti, responsabile nazionale del settore penitenziario, ha dato un giudizio "fortemente negativo", riferendosi, innanzitutto, al taglio "irresponsabile" delle risorse: 300 miliardi di vecchie lire stanziate dall’ultimo governo della precedente legislatura, e oltre cento milioni di euro delle successive leggi finanziarie e decreti tagli spese del ministro Tremonti. Ma anche la sanità in carcere ha bisogno di una inversione di rotta. "Deve essere professionalmente indipendente dalla direzione penitenziaria", ha detto Rossetti, facendo notare che medici e operatori sanitari continuano ad avere un rapporto part-time o di collaborazione "caratterizzato dalla precarietà ". Per il lavoro, la formazione professionale, le strutture e i servizi destinati al personale, la Cgil chiede al ministro Castelli "una diversa destinazione delle risorse affidate all’edilizia penitenziaria e spenda con coraggio su questo versante". Quanto alla questione delle misure alternative e sostitutive della detenzione servono "forme di cooperazione fra sistema penale e penitenziario e il sistema integrato dei servizi sociali del territorio", d’ intesa con le Regioni e gli enti locali e il mondo del terzo settore. Su questo tema Anna Finocchiaro, responsabile giustizia dei Ds, ha detto che "non si può parlare di carcere senza una riflessione sul sistema penale: le misure alternative, nate con scopi e modalità precise e legale al percorso personale del detenuto, vengono usate per le necessità dell’ordinamento che produce una detenzione illogica ed esuberante e costringe il sistema a difendersi". Il sindacato, infine, rimprovera all’amministrazione centrale di negare ai direttori, ai responsabili della polizia penitenziaria e delle aree amministrative "ogni affidamento di autonomia nell’organizzazione del lavoro e dei servizi". I direttori degli istituti continuano, di fatto, ad avere "un profilo basso ed esecutivo di direttive, di orientamenti e di politiche di servizio valutate e decise altrove". Cnca: "Sulla droga dal governo solo cattive notizie"
Vita, 25 giugno 2004
"Domani, 26 giugno, si celebra la Giornata mondiale sulla Droga. Si tratta di un evento che dovrebbe servire principalmente a fare un bilancio: e quello dell’anno appena passato è tutt’altro che positivo". Il giudizio è del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), che in una nota esprime il suo giudizio del tutto negativo su come l’attuale governo sta gestendo la questione droghe. Per prima cosa, il Cnca ribadisce il proprio rifiuto della proposta di legge Fini in materia di tossicodipendenza. "Si tratta – afferma - di un provvedimento disattento verso i giovani e sprezzante verso i tossicodipendenti, che manda un solo messaggio: colpire tutti coloro che consumano droghe. Lo spirito della legge Fini è l’opposto di quello che dovrebbe ispirare ogni buon educatore: punire per educare, invece di "educare, non punire". Le pene carcerarie previste sono pesantissime (sei anni minimi, come per le rapine aggravate, uno stupro, l’associazione mafiosa). Senza contare che i promotori della proposta di legge insistono nell’esternare distinzioni tra operatori buoni e operatori cattivi, comunità motivate ed affidabili e servizi pubblici inaffidabili". Dinanzi a una tale proposta legislativa, il Cnca ribadisce il proprio "secco no ad un’impostazione fondata sul carcere come strumento di risoluzione di problematiche sociali e culturali". Riafferma "il valore dell’ascolto, della prossimità, del rispetto delle persone e delle loro domande e fatiche"; chiede che "sia varata al più presto una legge sui giovani e che siano stanziati finanziamenti specifici per costruire proposte e percorsi di cultura e promozione alternativi alla noia del quotidiano e alle banalizzazioni del mercato". Invita a "preservare un sistema misto pubblico - privato nelle tossicodipendenze che molte nazioni in Europa ci invidiano: fornendo, a questo sistema, risorse certe pari almeno all’1,5% del fondo sanitario (oggi siamo allo 0,8% medio); integrando gli organici dei servizi pubblici, scoperti mediamente del 40%; alzando le rette per le comunità del privato sociale e garantendo tempi certi di pagamento (si registrano ritardi di oltre un anno)". "Insomma – continua il Cnca -, il governo mostra i muscoli, ricorre all’arma (letale) della demagogia, ma poi non fa quello che dovrebbe fare. Per esempio, stiamo ancora attendendo la celebrazione della Conferenza nazionale sulla Droga – che avrebbe dovuto essere tenuta questa primavera. Sarebbe stata la sede migliore per incontrare tutti coloro che si occupano del problema tossicodipendenze e discutere con loro le proposte del governo. E anche la Consulta nazionale sulla Tossicodipendenza, dopo il primo incontro di insediamento, rimane in attesa di essere convocata. Viene allora – legittimo – un sospetto: che il vice premier Fini, e l’intero esecutivo, preferiscano discutere di droghe con le (poche) organizzazioni che la pensano come loro e si sottraggano sistematicamente al confronto con l’intero complesso degli operatori pubblici e del privato sociale e gli esperti delle associazioni scientifiche". Continua la nota: "Che la retorica – l’uso politico degli argomenti – prevalga sull’effettiva volontà di affrontare il problema droghe, ci sembra confermato anche dalla questione dei finanziamenti alle politiche per le tossicodipendenze. Il Fondo Nazionale Lotta alla Droga ha subito, attraverso le leggi finanziarie di questi ultimi anni, una sorte in parte analoga a quella del Fondo per l’Infanzia e l’Adolescenza. In un primo momento – anno finanziario 2003 – il Fondo è stato, insieme a tutte le leggi di settore, inserito nel Fondo Nazionale Politiche Sociali – come gli altri anni –, ma questa volta aggiungendo: "Gli stanziamenti affluiscono al Fondo senza vincolo di destinazione". Così, nessuna istituzione pubblica era obbligata a destinare una somma precisa per affrontare la questione tossicodipendenze. Nella legge Finanziaria 2004, invece, si dice: all’articolo 133, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono aggiunte, infine, le seguenti parole: "con eccezione del Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga", che quindi non è più inserito, indistintamente, nel Fondo Nazionale Politiche Sociali. Verosimilmente in previsione della presentazione della legge Fini di modifica del DPR 309/30, si è sottratto il Fondo alle Regioni e lo si è assegnato al Nuovo Dipartimento Nazionale. Questo passaggio ha avuto, quindi –evidenzia il Cnca -, come primo effetto quello di far sparire il Fondo Nazionale Lotta alla Droga dal decreto di ripartizione del Fondo Sociale e non è neanche segnalato che quel Fondo dovrà essere gestito dal citato Dipartimento che, allo stato attuale, è sotto la responsabilità del presidente del Consiglio e del suo vice. La legge ancora in vigore afferma esplicitamente che il 75% dei fondi per la droga deve andare agli Enti Locali e solo il 25% al livello nazionale, ma – come detto – sembra che, nella nuova finanziaria, nulla sia previsto per gli Enti Locali. Anche qui viene spontanea una domanda: cosa succede se dei ministri non applicano una legge che sono obbligati ad applicare?". Le conclusioni al presidente del Cnca, Lucio Babolin: "Domani, Giornata mondiale sulla Droga, il Cnca sarà a Messina presso l’associazione Lelat, recentemente oggetto di una pesante intimidazione mafiosa. Presenza che vuole rendere testimonianza del fatto che solo la lotta alla criminalità e alle mafie è in grado di estirpare la mala pianta della diffusione della droga e che la repressione dei consumatori, al contrario, rende inutile il lavoro di migliaia di educatori e di volontari e spinge i giovani in braccio alla delinquenza organizzata." La Spezia: detenuti extracomunitari realizzano video
Agi, 25 giugno 2004
Un laboratorio teatrale stabile nel carcere spezzino di Villa Andreino, È il sogno di un gruppo di detenuti immigrati guidati dal regista Tony Garbini che quest’anno ha realizzato con i detenuti del carcere un video e uno spettacolo teatrale dal titolo "Leopardi" e tratto dallo Zibaldone. "Con il video - ha detto Garbini a margine della presentazione del video in Comune a La Spezia - che dura una decina di minuti, abbiamo voluto far risuonare le parole di Leopardi sulla libertà e sul senso della vita da parte di persone prive della loro libertà". In tutto sono stati coinvolti una decina di detenuti, di età compresa tra i 30 e i 40 anni, quasi tutti extracomunitari, che hanno lavorato per quattro mesi dietro il progetto, che ha avuto il sostegno del Comune di La Spezia. Nei prossimi mesi il video sarà proiettato nei cinema della città e agli studenti delle scuole, ma l’obiettivo È di portare, a novembre, in scena fuori dalle mura del carcere un testo teatrale di Harold Pinter interamente recitato da detenuti e creare una sorta di compagnia teatrale composta da detenuti. Quello di La Spezia È stato classificato tra i peggiori carceri italiani per condizioni di vita e ospita in tutto circa duecento detenuti. Opera: calcio, il progetto della squadra FreeOpera
Vita, 25 giugno 2004
"Pazza idea", cantava Patty Pravo. Quella di Alessandro Aleotti, patron del Brera calcio (la terza compagine milanese dietro a Milan e Inter), non era da meno: iscrivere a un torneo ufficiale della Figc una squadra composta interamente da detenuti. Ma Aleotti è un tipo cocciuto. Il primo gradino da scalare è stato quello di trovare un campo, ma soprattutto un direttore di carcere che sposasse la sua pazza idea. Due obiettivi centrati in pochi mesi grazie alla disponibilità di Alberto Fragomeni, timoniere della casa di reclusione di Opera dove 1.400 uomini e 60 donne stanno scontando il loro debito con la giustizia. I passi successivi sono state le convenzioni firmate con la Federazione perché consentisse al FreeOpera di giocare tutte le partite sul polveroso campo interno al carcere, in deroga alla normale alternanza casa-trasferta, e col ministero della Giustizia in modo tale da permettere l’ingresso in carcere di arbitri e avversari. Nove mesi dopo, con in tasca da pochi secondi la promozione in seconda categoria, cosa è rimasto di questa esperienza? "L’aspetto più importante", interviene proprio Fragomeni, al termine degli ultimi 90 minuti durante i quali si sarà fumato almeno due pacchetti di sigarette per la tensione, "è stata la serenità che questa iniziativa ha portato qui dentro". Nessun pericolo quindi sul versante della sicurezza interna? "Dopo le prime settimane di riscaldamento, il meccanismo si è oliato. Mi spiace solamente che durante i play off le squadre avversarie abbiano preteso di giocare senza tifosi". Un boccone amaro per i 500 ultras-detenuti della curva Libertà. Napoli: Associazione "Maniphesta", per andare oltre il carcere
Il Mattino, 25 giugno 2004
Un carcere "possibile". In grado di aiutare davvero uomini e donne che hanno sbagliato a ricostruire la trama lacerata di relazioni sociali (e affettive), a rieducarsi a comunicare (e a vivere) senza violenza né illegalità, attraversando il tunnel del regime di privazione della libertà. È un percorso ostico ma catartico quello scelto da Giorgia Palombi, presidente dell’associazione Maniphesta, che con due sue compagne d’avventura napoletane, Alessandra Di Castri e Susanna Poole, ha voluto varcare la soglia dei luoghi di detenzione, femminile e maschile, per affrontare una sfida: sprigionare, attraverso la parola (teatrale, poetica, romanzesca, persino sacra) le energie migliori di individui incapaci non solo di esprimersi, ma di ascoltarsi e, dunque, di essere ascoltati. Un esempio concreto? Si potrà avere lunedì sera, nel Cortile del Maschio Angioino, dove andrà in scena (alle 20) il "Vangelo di Matteo", ispirato al lavoro di Pasolini e interpretato dai detenuti del penitenziario di Secondigliano, coinvolti da Giorgia, Alessandra e Susanna in un’iniziativa sperimentale ad alta densità emotiva con il patrocinio dell’assessorato alla cultura del Comune e della Camera Penale di Napoli, che non a caso presenta oggi (alle 19, presso la Feltrinelli di piazza dei Martiri) il progetto "Il carcere possibile" con interventi, tra gli altri, di vari avvocati (tra i quali Domenico Ciruzzi e Riccardo Polidoro) e con la proiezione di un video "Il carcere dimenticato", sul dramma della detenzione. "Il carcere è un mondo a parte, in apparenza impenetrabile, dove il teatro, la letteratura, possono creare un varco donando un prezioso spazio non soltanto fisico che altrimenti non esiste" spiega Giorgia, 38 anni, attrice, regista e laureata in Psicologia che dalla natia Roma (dove ha lavorato con registi come Ricci, Merlino, con autrici come Dacia Maraini e con numerosi artisti stranieri vicini tra l’altro a Peter Brook, al Living Theatre, all’Actor Studio di New York) è approdata nel 1993 a Napoli. Membro del Teatro di pace - gruppo di azione teatrale nato a Napoli nel settembre 2001 - un ricco bagaglio di laboratori coordinati nei licei "Labriola" e "Genovesi" e realizzati, a partire dal 1996, anche nella Casa Circondariale femminile di Pozzuoli (ogni anno, da marzo a giugno), poi nel carcere di Secondigliano (da ottobre a febbraio), Giorgia ha imparato, dalla sua esperienza radicale in luoghi estremi e collaudata nei centri di accoglienza per immigrate, "a ricominciare ogni giorno daccapo - dice - lasciandomi interpellare da chi è diverso da me e che, come i sottoproletari di Pasolini, sa prendere il Vangelo alla lettera, raccontando i fatti e leggendo con il corpo e la memoria parole che sono echi di storie personali incancellabili. Non a caso, nessuno dei detenuti ha voluto interpretare il ruolo di Giuda". Casal del Marmo: presentate iniziative per il reinserimento
Vita, 25 giugno 2004
In occasione della "Festa dell’estate" presso l’Istituto Penale Minorile di Casal del Marmo, presentate le iniziative per la formazione dei minori ristretti per l’anno 2004/2005 Oggi, in occasione della "Festa dell’estate" presso l’Istituto Penale Minorile di Casal del marmo, l’assessore alle Politiche per le Periferie, per lo Sviluppo Locale, per il Lavoro del Comune di Roma, Luigi Nieri, ha presentato le iniziative riguardanti la formazione dei minori ristretti per l’anno 2004/2005. ‘‘L’obiettivo - dichiara Nieri - È quello di creare un meccanismo virtuoso che segua passo passo il reinserimento socio-lavorativo dei ragazzi attraverso varie fasi, costantemente seguite, monitorate e accompagnate dall’Amministrazione comunale. Il progetto s’inserisce in un percorso cominciato dal Comune di Roma nel maggio 2003, con l’apertura di uno sportello integrato di orientamento, con lo scopo di fornire informazioni lavorative, educative e culturali ai ragazzi detenuti nell’Istituto’’. "L’idea - prosegue Nieri - È quella di creare i presupposti per dare stabilità all’intervento comunale seguendo le diverse fasi che vanno dal radicamento dell’orientamento alla strutturazione della formazione, per poi successivamente far sfociare l’intervento stesso in un inserimento lavorativo attraverso tirocini, stage, borse lavoro e progetti di auto-imprenditoria. Un’impresa ambiziosa - conclude Nieri -, ma nella quale vale la pena di investire risorse per dare una possibilità concreta ai giovani, una possibilità che vada al di là degli interventi emergenziali e che miri a stabilire buone prassi che diventino regola, anziché caso esemplare".
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