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Firenze: a Sollicciano il terzo suicidio in pochi mesi
Nove da Firenze, 16 giugno 2004
La scorsa settimana un detenuto si è ucciso nella sua cella impiccandosi ai rinforzi delle sbarre in cemento apposti in seguito alle ben note evasioni. Il giorno precedente un altro detenuto aveva tentato il suicidio nell’identico modo ma era stato salvato in extremis. Questi i risultati dell’ultima ondata repressiva che ha colpito il carcere fiorentino ed in particolare la sezione dei detenuti di nazionalità albanese, che si trovano a dover patire ulteriori limitazioni e restrizioni solo perché della stessa nazionalità degli evasi: niente lavoro, aria a turno, scuola e attività sospese, vigilanza accentuata. Questo ad aggravare le già inumane condizioni di non-vita all’interno di Sollicciano dove si vive, per 21 ore al giorno, in quattro in una cella di otto metri quadri e si fanno i turni per rimanere in piedi (in quattro non ci si sta, se uno è in piedi gli altri devono stare sul letto). Nonostante diverse ispezioni di parlamentari si siano susseguite negli ultimi tempi e l’Unità abbia dedicato una serie di articoli sul carcere, oggi un altro detenuto muore (per un altro c’è mancato poco) nel silenzio più assoluto. Il mondo? Sarà salvato dai ragazzini, dentro e fuori dal carcere
Vita, 16 giugno 2004
Da una parte, i ragazzi rinchiusi in un carcere minorile, dall’altra, i giovanissimi studenti di una scuola media: sono entrati in contatto per caso, questi ragazzi apparentemente così lontani, perché una classe, stanca forse delle solite materie scolastiche, ha scelto di leggere gli articoli di Garçon, il giornale dei ragazzi di Casal del Marmo, e di scrivere loro. Ne è uscito un quadro divertente e intelligente dei giovanissimi di oggi, e anche l’idea consolante che la scuola a volte riesce davvero a dare spazio ai ragazzi, alla loro spontaneità, alle insicurezze, alle paure, alla voglia che hanno di essere al centro dell’attenzione.
Ornella Favero
Ciao amici, mi chiamo Bubu, dicono che sono esaurita. Forse perché io mi mangio il prosciutto con la Nutella, però, se devo dire la verità, è buono. Poi mi chiamano "impedita", forse è vero perché quando cammino cado ogni metro poi, non so perché, ridono di me quando parlo. Forse perché faccio ridere? O forse faccio dei discorsi stupidi? Però non mi sembra, perché parlo sempre dei miei denti che non ce l’ho e poi mi fissano dalla punta dei piedi fino alla testa, mi chiedo perché. Ma forse perché non ho il corpo da Naomi e lo so, mi piacerebbe, ho un naso che è più lungo del mio piede, una corporatura che fa schifo, però gli accessori ci stanno. Di questo non mi posso lamentare però peccato che non servono a nulla. Mi dicono che sono malata di mente, ma sarà vero? Boh! Però se lo dicono loro magari è la verità. I miei accessori sono le mie ossa che sono più vecchie di un albero secco. Mi fermo e parlo con l’albero, ma quell’albero non mi vuole proprio rispondere, gliel’ho chiesto anche per favore ma niente, perché mi hanno detto che solo quando si chiede "per favore" si ottiene tutto, ma non è così. Io ho chiesto all’albero "per favore", però mica mi ha risposto. Mo’ mi metto a parlare con le mie scarpe. Va bene! Ciao! Spero di avervi fatto un po’ ridere! Ciao Bubu, siamo 3 ragazze che frequentano il terzo anno della scuola media di Brugine, un paesino di campagna a una ventina di chilometri da Padova. Abbiamo letto la tua lettera pubblicata su Garçon e ci ha molto incuriosito!!! A proposito del prosciutto con la nutella, non pensiamo sia assurdo che tu lo mangi e dato che: il prosciutto è ottimo; la nutella è ancora meglio, perciò non vediamo perché insieme debbano fare schifo. La verità è che gli adulti giudicano troppo in fretta le cose senza aver magari mai provato!!! Sai, anche noi facciamo parte del gruppo delle IMPEDITE, perché, soprattutto 2 di noi, non sanno giocare con la palla (si mettono ad urlare appena vedono quell’essere sferico e liscio che piomba addosso a loro e le guarda con occhi diavoleschi!!!!). Senti, non crediamo giusto che ti rassegni ad essere "esaurita" solo perché lo dicono loro, devi affrontare la vita e non arrenderti e nasconderti sotto false opinioni che i "sapientoni" ti danno!! Vasto: protesta della Polizia Penitenziaria
Il Messaggero, 16 giugno 2004
Hanno proclamato lo stato di agitazione gli agenti di Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Vasto. Con un documento, sottoscritto da otto sigle sindacali, contestano la gestione del lavoro all’interno del carcere di Torre Sinello. "Il personale di Vasto - scrivono i rappresentanti dei lavoratori - sta subendo le conseguenze di una organizzazione del lavoro assolutamente illogica ed irrazionale. Non vi è certezza circa la fruizione dei diritti ed è messa in discussione la stessa sicurezza operativa di quanti lavorano nei vari reparti interni dell’istituto". In discussione ferie, riposi ma anche ordine e sicurezza. Le organizzazioni sindacali ricordano di aver più volte chiesto al Direttore dell’istituto di pena di adoperarsi per ottenere l’invio di personale in missione al fine di poter predisporre un piano ferie ma, sino ad ora, senza esito. Piccoli boss crescono: dati minorenni detenuti per reati di mafia
Avvenire, 16 giugno 2004
Facile, in fondo: "I ragazzi sostanzialmente ripetono un modello, quello mafioso", viene spiegato nella ricerca del Dipartimento di Giustizia minorile. E anche soltanto ripetendolo "le logiche non sono meno logiche, anzi prendono le vesti di ragioni, danno senso e significato, dunque formano". Ecco perché - con le parole del Procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna - il minore fino a qualche decina di anni fa "veniva usato dalle associazioni mafiose come copertura, adesso invece è diventato un vero protagonista dell’associazione. Copia gli "eroi" negativi di queste associazioni". Ripete, appunto. E il ragazzo-protagonista "si nota e lui stesso si fa notare", scrive il Dipartimento riferendosi ai gruppi realizzati negli istituti penali minorili per mettere a punto la ricerca: "È una presenza scenica, però che enfatizza molto il personaggio e molto poco la persona". Qualcosa che "travalica l’identità personale del ragazzo, quasi annullandola nell’identità di appartenenza". Eppure la loro realtà - quella vera - è tragicamente tristissima. "Senza melensi raggiri narrativi, le storie raccontano di ragazzi soli. Chiamati ad affrontare da soli le faccende ingarbugliate delle loro esistenze, a comprendere tutto da soli in mondi poveri di fiducia, da soli a fronteggiare la crisi penale, spesso senza un papà, smarrito anch’egli nelle brutte storie di mafia, un papà a cui stare al fianco e cui fare le domande anche banali". Ma c’è anche il "completo rifiuto" dello Stato, soprattutto risultato della "messa in sicurezza della propria identità d’appartenenza" mafiosa. Ancona: un alloggio come alternativa al carcere
Corriere Adriatico, 16 agosto 2004
Un alloggio al posto del carcere. La giunta ha approvato il progetto sugli interventi in materia penitenziaria e post penitenziaria, finanziato da un contributo regionale ed elaborato sulla base del lavoro del tavolo di concertazione con l’amministrazione penitenziaria, la casa circondariale di Montacuto, il centro territoriale permanente per l’educazione degli adulti, l’ufficio servizio sociale minorenni, le cooperative sociali e la conferenza regionale volontariato penitenziario. Il tavolo ha evidenziato che le criticità si evidenziano maggiormente nel momento del complesso reinserimento sociale e nella possibilità di sperimentare nuovi progetti di vita per l’ex detenuto. Il progetto prevede la realizzazione sperimentale di un centro di accoglienza per quattro soggetti al massimo, come misura alternativa al carcere e la costituzione di un comitato carcere-territorio. La Chiesa boccia i Cpt: chiudete i centri per i clandestini
La Sicilia, 24 giugno 2004
Una veglia di preghiera e di protesta per tutti quegli "ospiti o detenuti" dei centri di permanenza temporanea. La Famiglia missionaria comboniana ha promosso una campagna per informare i cittadini sulla "realtà che gli immigrati vivono all’interno dei Cpt e chiederne la chiusura". Il posto prescelto per parlare dopodomani dei diritti umani degli extracomunitari è il lido Rossello, quello stesso che è stato teatro del naufragio e della morte di oltre 60 clandestini. "Il Mediterraneo non può continuare ad essere sepolcro per chi viene da lontano - dice padre Gaspare Di Vincenzo, missionario comboniano a Licata, che ha ieri presieduto una conferenza stampa al Seminario di Agrigento per presentare l’iniziativa -, ma deve diventare punto d’accoglienza, quella stessa che noi abbiamo trovato nel nostro essere stranieri non troppo tempo addietro". Il dito non è puntato contro i Cpt provinciali di contrada San Benedetto e di Lampedusa, ma in generale contro le strutture di accoglienza. "Nonostante la falsità del nome, i Cpt non sono altro che luoghi di detenzione, muniti di sbarre e filo spinato - sostengono i comboniani - che costringono a vivere una condizione di esclusione, umiliazione e marginalità, in sedi nelle quali ai "detenuti" non è previsto alcun contatto con l’esterno, né la possibilità di conoscere i loro diritti, ammesso che ancora ne abbiano". Una mozione sui Centri di permanenza temporanea e assistenza è stata presentata al Senato dal Tavolo di Lavoro costituito dalla Commissione di Minoranza del Senato, da Associazioni del Volontariato e da Partiti Politici. Il documento esprime dubbi sul rispetto dei diritti umani ed il loro margine effettivo di costituzionalità e sulla situazione di ambiguità e vacanza giuridica che riguarda tutta la materia della gestione dei Cpta in Italia. A conclusione, con la mozione, si chiede di "attuare immediatamente una moratoria sulla realizzazione di nuovi Cpta e di avviare una profonda riflessione sull’efficacia e quindi sull’esistenza stessa dell’istituto del trattenimento presso i Cpta". Alla veglia prenderanno parte due associazioni palermitane che si occupano di immigrati, "Forum" e "Laboratorio Z", ma anche gli uffici diocesani di pastorale familiare, giovanile, dei problemi sociali e Migrantes, la Caritas e gli Scout. A guidare la veglia sarà il parroco di Realmonte, don Giuseppe Gagliano. Bologna: Estate Dozza 2004, esperienza volontariato in carcere
Per chi è interessato, il 21 giugno il primo incontro organizzativo. Estate Dozza aspetta proprio te, aspetta il tuo impegno, il tuo entusiasmo e la tua voglia di conoscere una realtà nuova, di vivere un’esperienza ricca di incontri e di amicizie. Quattro domande ti aiuteranno a capire di che cosa si tratta...
Che cosa?
Estate Dozza è un’iniziativa di solidarietà che nasce nel 1996 grazie a due associazioni bolognesi, A.Vo.C. (Associazione Volontari Carcere) e Centro Poggeschi, da tempo presenti sul territorio bolognese con molteplici attività di aiuto alle minoranze più disagiate ed emarginate. Il carcere "Dozza" rappresenta il cuore di questa proposta: per due settimane il mondo del carcere e il mondo "di fuori" si avvicineranno e un gruppo di volontari avrà la possibilità di conoscere ed incontrare i detenuti. Quando si "inciampa" ci si guarda intorno alla ricerca di qualche mano tesa. Lo scopo dell’iniziativa vorrebbe essere proprio questo: tendere una mano, con amicizia e senza giudizi o pre-giudizi. Durante la prima settimana (dal 30 agosto al 4 settembre) volontari e detenuti collaboreranno in laboratori di arte, danza, teatro, musica, mentre nella seconda (dal 6 all’8 settembre) verranno organizzati feste e momenti di svago presso tutte le sezioni coinvolte.
Dove?
Estate Dozza si svolge presso il carcere "Dozza" di Bologna (Via Del Gomito, 2), ma sono previsti anche momenti di confronto e verifica, per condividere le esperienze forti vissute durante la giornata di attività.
Quando?
Estate Dozza si svolge dal 30 agosto all’8 settembre. Non è obbligatorio partecipare all’intero periodo dell’iniziativa, ma sarebbe preferibile la presenza di ogni volontario per almeno mezza giornata (8.30 - 12 oppure 13.30 - 17) durante l’intera settimana dal 30 agosto al 4 settembre. Se sei interessato, partecipa alla prima riunione organizzativa presso il Centro Poggeschi: lunedì 21 giugno dalle 19 alle 20.15, oppure consulta il sito: www.centropoggeschi.org nei giorni successivi.
Per informazioni: Centro Poggeschi Via Guerrazzi 14 - 40125 Bologna Tel. 051/22.04.35 Fax 051/291.50.35 Roma: terza rilevazione nazionale su volontariato penitenziario
Il Messaggero, 16 giugno 2004
Il 18 giugno si terrà a Roma la presentazione della "Terza rilevazione nazionale sul volontariato penitenziario" intitolata "Volontari in carcere: quanti, dove e perché", prodotta dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia in collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. L’incontro, che inizierà alle ore 11,45 alla Sala Grande dell’Hotel Bologna (Senato) in via Santa Chiara, vedrà la presenza dei garanti per i diritti dei detenuti del Comune di Roma, Luigi Manconi, e della Regione Lazio, Angiolo Marroni; del vice capo del Dap Emilio Di Somma e del presidente della Conferenza Livio Ferrari. La relazione sulla ricerca sarà tenuta da Renato Frisanco responsabile del settore studi e ricerche della Fivol. A coordinare i lavori ci sarà la giornalista di Repubblica Claudia Fusani. Il Garante dei detenuti c’è ma non riesce a lavorare
Il Messaggero, 16 giugno 2004
Dovrebbe prevenire i conflitti interni alle carceri, mediare i rapporti fra soggetti, difendere i diritti. Ma non ha la possibilità di accedere alle prigioni. L’esistenza di una figura, quale il Garante dei detenuti, prevista sulla carta, ma praticamente inattiva, suscita diverse polemiche e perplessità tra gli esperti di settore e nell’opinione pubblica. L’idea di istituire tale ruolo è contenuta in una proposta di legge in discussione nella Commissione Affari costituzionali della Camera e in via di sperimentazione a livello locale. La sua funzione consisterebbe nell’essere un’autorità terza per il rapporto tra detenuti ed amministrazioni pubbliche, con il compito di prevenire e mediare; i primi tentativi sono avvenuti a Roma, Firenze e Bologna, dove sono stati accolti positivamente, ma il problema resta l’assenza di un potere effettivo sul campo. La tutela dei diritti di salute e lavoro dei detenuti è un proposito valido per molti, quindi, anche se sembra restare più una teoria che una pratica, a causa del rischio di sovrapposizione con la Magistratura di Sorveglianza, la quale già controlla la legalità del sistema giudiziario. A contrapporsi a questa posizione si trovano diversi sostenitori dell’iniziativa, quale Sergio Lo Giudice, presidente di Arci Gay e consigliere comunale Ds a Bologna, dove la proposta è stata sperimentata sul campo: secondo il suo pensiero, l’azione di tale figura rappresenterebbe un alto esempio di passione civile e raccoglierebbe diverse energie, utili a livello sociale. E’ evidente, dunque , che c’è ancora molta strada da fare al riguardo e il primo passo da compiere è quello di superare sovrapposizioni e competizioni esistenti, in favore di un’integrazione fra poteri, in grado di garantire realmente un sistema di rapporti efficaci. Roma: opera multimediale "Olivo. Una storia lunga una vita"
Redattore sociale, 16 giugno 2004
"La formazione professionale è una chiave importante di rinascita sociale per la popolazione carceraria". È quanto affermato dal vicepresidente della Regione Lazio, Giorgio Simeoni, intervenendo presso la casa circondariale femminile di Rebibbia, a Roma, alla presentazione dell’opera multimediale "Olivo. Una storia lunga una vita", un progetto che ha coinvolto, per un periodo di tre anni, gli alunni della scuola per adulti dei quattro istituti penitenziari di Rebibbia, facenti capo all’Istituto comprensivo statale di via Tiburtina Antica. "Il progetto multimediale - ha aggiunto - realizzato dagli insegnanti dell’istituto comprensivo statale di via Tiburtina Antica insieme agli alunni degli istituti penitenziari di Rebibbia, si è tradotto in un cd rom dall’alto contenuto didattico e conoscitivo che ha spaziato tra arte e storia, letteratura, religione e alimentazione. Emerge nel progetto l’obiettivo di sostenere un’attività formativa mirata all’integrazione delle categorie svantaggiate e adeguata ad uno dei principi più originali della riforma Moratti, l’integrazione delle conoscenze e delle competenze". "Con la delega alle province - ha aggiunto -, sono queste ultime a dover gestire la formazione professionale e avviare, attraverso l’utilizzo dei fondi europei, una specifica politica formativa nell’ambito degli istituti penitenziari. Personalmente, sono convinto che ai detenuti si debba offrire un valido supporto formativo in grado di garantirgli un contatto diretto e continuo con la realtà esterna. Lo scopo dei corsi di formazione, e in questo caso del cd rom presentato, è proprio quello di elaborare una didattica innovativa capace di produrre opportunità concrete per un futuro inserimento nel mondo del lavoro, interno o esterno al carcere che sia". Milano: nuovo forum su legittima difesa sul sito "Il Due"
Redattore sociale, 16 giugno 2004
Un Charles Bronson versione giustiziere, pistola in pugno, pronto a sparare. In rosso il titolo "Deathwish", desiderio di morte. È questa la locandina scelta da "Il Due", magazine on line gestito dai detenuti/redattori del carcere milanese di San Vittore, per introdurre il nuovo forum dedicato alla "legittima difesa". "Gli ultimi tragici episodi di cronaca -si legge sul sito- e i clamori suscitati dalle gravi reazioni di alcuni commercianti a furti e rapine commesse ai loro danni ci hanno spinto ad occuparci del delicato argomento, dato che questo è ora anche al centro del dibattito giuridico e legislativo". Se da un lato ci sono i difensori dell’allargamento del principio di difesa della proprietà privata contro aggressioni esterne, dall’altro c’è chi invoca maggiore attenzione nella concessione del porto d’armi. I redattori de "Il Due" invitano a un dibattito aperto e privo di pregiudizi e cercano di dire la loro. "È un argomento scomodo, lo sappiamo bene -dichiara Emilia Patruno, direttrice de "Il Due"-e il progetto è coraggioso: un gruppo di detenuti che aprono un dibattito su un argomento che in fondo li riguarda da vicino". L’idea del forum, spiega Emilia, nasce proprio dal profondo desiderio dei detenuti di confrontarsi con il mondo esterno su un argomento sul quale hanno molto da dire. "Vogliamo parlarne senza preconcetti e pregiudizi -dice Emilia - e lo facciamo con una certa tensione: è la prima volta che affrontiamo un argomento così controverso e così vicino alle cause che portano al carcere. Di solito trattiamo argomenti lontani dal carcere, che aiutino a sognare ed evadere, almeno virtualmente". Ma come la pensano i detenuti? Una prima risposta si trova nella pagina introduttiva del forum, che pubblica il contributo di Guido Conti, uno dei redattori/detenuti de "Il Due". In un articolo, intitolato "Invece del Far West", Conti crea un interessante parallelismo tra un ambiente in cui "la difesa permessa ad ogni cittadino ha la sua massima estensione" (il far west appunto) e il nostro mondo moderno, analizzando il problema della sicurezza da diversi punti di vista. "Quello di Guido è il primo contributo da parte dei detenuti - dice Emilia - ma ne seguiranno altri". Aperto ieri, il forum ha già visto cinque interventi: le opinioni sono discordanti, c’è chi crede ciecamente alla maggiore diffusione delle armi come deterrente del crimine, chi invece non ci crede e teme conseguenze disastrose all’aumento del possesso di armi. Il forum poi è arricchito da alcuni contributi di opinion leader, che si esprimono sulla questione. Nella pagina introduttiva, sono pubblicati vari articoli: "Illegittima difesa" di Leonardo Zega, "Né la borsa né la vita" di Giacomo Amadori e Maurizio Tortorella, "Le paure e il ricorso alle armi" di Fulvio Scaparro, "Controlli coordinati, la strategia vincente" di Giuliano Pisapia.
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