Rassegna stampa 15 giugno

 

Cirielli (AN): la pena deve intimidire, non rieducare...

 

Ansa, 15 giugno 2004

 

La pena non dovrà tendere solo a rieducare il reo, come prevede ora la Costituzione, dovrà essere certa e dovrà anche intimidire, suonare insomma come una vera e propria minaccia, un deterrente per chi vuole delinquere. È quanto prevede la proposta di legge, appena presentata alla Camera, del deputato di An Edmondo Cirielli.

Il provvedimento, che modifica l’articolo 27 della Costituzione, stabilisce tra l’altro che la rieducazione ci potrà essere solo con "la collaborazione del condannato" e con criteri fissati per legge. L’attuale testo dell’articolo 27 stabilisce che la responsabilità penale è personale, che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva e che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". In più vieta la pena di morte. Nella "versione" di Cirielli i primi due punti restano uguali.

Quello che cambia è il terzo capoverso che viene così riformulato: "La pena, che non può consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, assicura la giusta punizione del reo per il fatto commesso, la prevenzione generale e speciale del reato e deve tendere, con la collaborazione del condannato, alla sua rieducazione. Sono stabiliti con legge i limiti della finalità rieducativa in rapporto con le altre finalità e con le esigenze di difesa sociale".

Anche qui si esclude la pena di morte (ma senza riferimento al codice militare) e si stabilisce inoltre che "la legge determina, secondo principi coerenti con le disposizioni di cui ai commi precedenti, le finalità e le modalità delle misure di sicurezza".

"La nostra Costituzione - spiega Cirielli - accoglie un’idea della pena esclusivamente ispirata alla teoria secondo la quale "le pene devono tendere alla rieducazione del condannato". Questa teoria oggi è stata messa in discussione dalle più grandi correnti di pensiero giurisprudenziali che, al contrario, promuovono la teoria della "prevenzione generale" come mezzo efficace per prevenire i reati, dissuadendo dal commettere crimini minacciando con pene esemplari e senza alcuna chance di impunità".

"La mia proposta di legge - aggiunge il vice capogruppo di An alla Camera - tende a modificare l’articolo 27 della Costituzione ispirandosi, appunto, alla teoria della prevenzione generale dei reati. E ha lo scopo di garantire una sempre più adeguata e concreta pena per gli autori dei reati equiparando la finalità rieducativa del condannato all’interesse della collettività ed alle più importanti esigenze di difesa sociale".

Il provvedimento prevede quindi che la pena possa tendere anche alla rieducazione, ma solo se c’è "la collaborazione del condannato". Secondo Cirielli infatti "dal momento che la rieducazione non può essere imposta coercitivamente, questa trova un ostacolo nell’eventuale rifiuto opposto dal destinatario della sanzione". E a questo proposito cita il caso dei brigatisti rossi i cui delitti sono stati "il frutto di una scelta politico-ideologica".

Camere Penali: consigliamo a Cirielli di leggersi Beccaria

 

Ansa, 15 giugno 2004

 

Una copia del libro di Cesare Beccaria "Dei delitti e delle pene" sarà recapitata dall’Unione camere penali ad Edmondo Cirielli, il parlamentare di An che ha presentato una proposta di legge che punta a riformare la Costituzione così da prevedere la pena non più con una finalità rieducativa, ma come deterrente per chi delinque. "L’on. Cirielli, a distanza di qualche mese dalle indimenticabili e preveggenti dichiarazioni con le quali si scagliava contro l’introduzione nell’ordinamento italiano del reato di tortura - affermano gli avvocati penalisti - si produce oggi in una improbabile ed antistorica proposta di modifica dell’articolo 27 della Costituzione, utilizzando accenti ed argomenti presettecenteschi". "Maltrattando concetti quali la prevenzione generale e speciale, l’ex ufficiale dei Carabinieri propone, infatti, una idea della pena sconfitta, più o meno, tre secoli orsono. Senza riuscire ad apprezzare questa opera di antiquariato legislativo - conclude l’Ucpi - sarà cura della Unione delle Camere Penali recapitare al parlamentare un’ opera non recentissima, dovuta all’ingegno di tal Beccaria Cesare, la cui consultazione sarà certamente d’aiuto, anche a fini preventivi, al neo legislatore".

Bonito: proposta di legge Cirielli? Siamo al pre-illuminismo

 

Ansa, 15 giugno 2004

 

La proposta di legge presentata dal deputato di An Edmondo Cirielli che punta a riformare la Costituzione per prevedere la pena non più con una finalità rieducativa, ma come deterrente per chi delinque, viene criticata aspramente dal deputato dei Ds, Francesco Bonito, che parla di "ritorno al pre-illuminismo". "Sul piano culturale - spiega Bonito - è un ritorno indietro di qualche secolo con la cancellazione della straordinaria tradizione penalistica italiana che, nell’illuminismo, trovò la sua massima espressione in Cesare Beccaria".

"A parte ciò - aggiunge il deputato dei Ds - e tornando alla politica di oggi e alla proposta di legge espressa con prosa pessima (che di per se costituisce già un tradimento della Costituzione che è bella anche per come è stata scritta) osservo che nel novellato articolo 27 della Costituzione, oltre alla nuova disciplina della prevenzione del diritto penale, c’è tutta la inadeguatezza della destra italiana a proporsi come destra di governo. Tornino pure a fare gli estremisti...".

Nisida: studio-pilota su Minori e criminalità organizzata

 

Redattore Sociale, 15 giugno 2004

 

Sono quasi tutti maschi e per la maggior parte di età compresa tra i 16 e i 18 anni i minori iscritti alle Procure di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia per il reato di 416 bis, che definisce la natura dell’associazione di tipo mafioso dal punto di vista giuridico e le pene relative.

Lo dice il report di ricerca "Minori e criminalità organizzata: analisi del fenomeno e ipotesi di intervento", realizzato dalle scuole di formazione del personale per i minorenni di Roma e Messina e presentato questo pomeriggio al Centro Europeo di Studi di Nisida.

Si tratta di uno studio-pilota che analizza i meccanismi di associazione dei minori alle organizzazioni criminali - mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita - partendo dall’analisi dei dati forniti dall’imputazione di 416 bis esistenti presso le procure minorili, per arrivare ai tipi di intervento attuati dai servizi della giustizia minorile.

Il bisogno di appartenenza, prima ancora che la ricerca di emozioni non comuni, e tratti di personalità di tipo antisociale alla base dell’affiliazione ad organizzazioni criminali, che avrebbe quindi cause di più di tipo socio-culturale che psico-sociale e un forte carattere di territorialità.

Secondo quanto ha rilevato la scuola di formazione del personale per i minorenni di Roma - che ha svolto il lavoro di ricerca per la Puglia e la Campania - alle procure di Bari, Lecce, Taranto, Napoli e Salerno dal gennaio 1990 all’ottobre 2002 risultano iscritti 148 minori per il reato associativo di stampo mafioso. Il 44,22% dei minori è iscritto alla Procura di Napoli e il 31,3% a quella di Bari; seguono con pochi casi Lecce, Salerno e Taranto.

Per il 60,54% dei minori l’iscrizione avviene tra i 16 e i 18 anni, età in cui si compie il maggior numero dei reati. Il 21,77% dei soggetti viene iscritta all’età di 19-21 anni; l’8,84% tra 13-15 anni; il 4,76% tra 22-24 anni. La maggior parte dei reati correlati al 416bis sono quelli contro il patrimonio (95 casi); a seguire quelli connessi agli stupefacenti (84) e quelli contro la persona (33); 17 i casi di detenzione illegale di armi.

I minori appartenenti alla fascia 16-17 anni sono quelli maggiormente inviati ai servizi: ben 75 (del resto è la fascia di età di maggiore iscrizione nei registri degli indagati e di avvio del procedimento), mentre pochi sono i casi appartenenti alla classe di età 12-13 anni. Sono quasi tutti maschi i coinvolti nel 416 bis (solo tre le ragazze); quasi la metà di essi (il 43,59%) ha conseguito la licenza media e una buona percentuale (il 23,08%) frequenta la scuola media; una piccola - il 5,12% - quella superiore; il 24,35% ha la licenza elementare. Quasi tutti i minori, al momento dell’ingresso nei servizi, risulta avere precedenti penali; solamente il 20,51% dei soggetti non ne ha.

La ricerca rileva poi come il 40,30% dei giovani mafiosi abbia familiari già coinvolti in azioni giudiziarie per 416 bis: generalmente padri, madri, zii paterni e materni, cugini, nonni, ma soprattutto fratelli. Non molti, tuttavia, risultano gli interventi specifici verso le famiglie dei minori imputati, soprattutto perché la maggior parte dei familiari evita il contatto con gli operatori o perché il padre risulta detenuto per lo stesso reato del figlio. Infine, per quanto riguarda le figure maggiormente coinvolte nel recupero dei minori criminali, al primo posto nelle città pugliesi e campane figura l’educatore, seguito da assistente sociale e psicologo.

Lanciano: morto in carcere detenuto di 36 anni

 

Il Messaggero, 15 giugno 2004

 

Suicidio o altro? È sconcerto a Lanciano e dintorni per l’arrivo da Bologna della notizia dell’improvvisa morte di Tommaso Bolletta, 36 anni, implicato nel processo sulla maxi rapina alla Bls di Lanciano, bottino 3 miliardi, avvenuta il 2 gennaio 1998. Bolletta, conosciuto dagli amici come Massimo, è stato trovato senza vita venerdì sera, alle 19.30, nella sua cella del carcere bolognese, dove era solo e vi era stato trasferito da quello di Vasto, per scontare 6 anni e 6 mesi di reclusione.

Un processo fortemente indiziario che coinvolse altre 5 persone, di cui lui è stato capo indiscusso, secondo la motivazione della sentenza. Bolletta dopo cena e il momento di socialità era andato in bagno. Dopo un quarto d’ora non è stato visto tornare: è stato trovato privo di vita, con avvolto al collo un giubbino. La magistratura ha aperto un’inchiesta.

Bolletta risiedeva a Cesano Boscone (Milano), ma si sentiva "frenano" perché il padre Donato è originario di Bardella di Ortona, la mamma, Chiarina Altobelli, di S. Vito Marina, costernati per la perdita dell’unico figlio. Con un ottimo passato nelle giovanili dell’Inter, giocò da provetto attaccante anche nelle file del S. Vito. Tommaso non stava bene ultimamente. Forse la detenzione, l’attesa di altri processi per rapina, forse il mancato ottenimento della semilibertà per il lavoro; la fine di un amore con una ragazza di S. Maria Imbaro, a lui vicinissimo durante il processo. Ma nessuno può immaginare la scelta di una fine così tragica. I funerali potrebbero tenersi già domani, mercoledì, a Cesano Boscone.

Carinola: morto per un malore il boss Raffaele Ascione

 

Il Mattino, 15 giugno 2004

 

All’improvviso si è accasciato a terra nella sua cella. Ha fatto appena in tempo a chiedere aiuto, poi ha perso i sensi. Raffaele Ascione, 50 anni, il "padrino" di Ercolano, è morto ieri durante il trasporto all’ospedale di Caserta. Da qualche tempo il boss era rinchiuso nel supercarcere di Carinola. Ieri sera, improvvisamente, si è sentito male.

Secondo quanto raccontato dagli inquirenti, don Raffaele non aveva alcuna particolare patologia. Anzi, gli investigatori di Ercolano sono sempre stati convinti che anche da dietro le sbarre del penitenziario riuscisse a portare avanti le fila del suo clan e a gestire il traffico all’ingrosso della droga in tutta la "piazza" del Vesuviano.

Proprio per questo i sanitari, dopo averne accertato il decesso, hanno subito disposto l’autopsia. Probabilmente gli esami saranno svolti nella giornata di oggi. Nel frattempo, presso l’obitorio dell’ospedale, sono state predisposte ingenti misure di sicurezza. Molte anche le persone che dalla provincia di Napoli sono giunte a Caserta per essere vicini alla sua famiglia e dare l’ultimo saluto al boss.

Esponente di spicco della guerra di camorra che fin dagli anni Ottanta ha insanguinato le strade di Ercolano, Raffaele Ascione ha un trascorso criminale di rilievo. Imprenditore degli affari illeciti, gestiva spaccio di droga, estorsione, usura. È sopravvissuto a diverse faide per il controllo del territorio. Storico rivale di Simone Cozzolino, il pentito dalle cui confessioni è poi scoppiato lo scandalo che ha coinvolto diversi poliziotti del commissariato di Portici, Ascione è stato protagonista anche nella faida che ha visto il suo clan in guerra con i Birra.

Ha alternato periodi in carcere ad altri di libertà. Clamoroso, tre anni fa, l’episodio della scarcerazione per un cavillo, per poi essere nuovamente riarrestato su disposizione dell’autorità giudiziaria di Milano, dopo poche ore. E ancora. Soltanto qualche anno prima, invece, fu arrestato dalla polizia per aver picchiato un giovane che "osava" continuare a passeggiare nei pressi della sua abitazione nonostante i suoi affiliati lo avessero diffidato a farlo.

Da tempo era lontano (almeno ufficialmente) dalla sua città, ma avrebbe firmato diverse condanne a morte dei suoi avversari. Secondo gli investigatori vesuviani, pare che riuscisse a gestire anche un "portafogli" di circa seicento pusher addetti alla vendita della droga, oltre a poter contare sulla propria famiglia.

Parma: Vivicittà in carcere, 15 minuti di corsa per sentirsi liberi

 

Gazzetta di Parma, 15 giugno 2004

 

Vivicittà 2004 nell’istituto penitenziario di via Burla, 15 minuti di corsa attorno al campo da calcio interno al penitenziario di via Burla: questi il percorso e la durata della gara di atletica organizzata dai promotori dell’iniziativa Vivicittà 2004.

Più di 20 giovani detenuti hanno così potuto sfidare alcuni giovani atleti in una gara di corsa ed essere premiati con coppe e medaglie. Tiziana Mozzoni, assessore provinciale ai servizi sociali e alle pari opportunità, dopo aver dato il via alla gara ha spiegato come la Provincia abbia collaborato con l’Uisp per il finanziamento e l’organizzazione dell’evento: "Abbiamo deciso di sostenere attività sportive di vario tipo all’interno del carcere, per dare un’opportunità di svago ai detenuti. Oggi con questa corsa concludiamo l’esperienza dell’annata in corso; nel futuro, con l’aiuto dell’Uisp tenteremo di aggiungere altri sport per migliorare sempre più la vita dei detenuti". "Siamo arrivati alla seconda edizione di Vivicittà. - dichiara Vincenzo Manco, presidente provinciale dell’Uisp, e aggiunge - Penso che per queste persone poter correre liberamente, anche solo per un quarto d’ora, sia fondamentale per trovare le forze di andare avanti e sopportare tutte le difficoltà della vita carceraria. Oggi deve essere un momento di festa per tutti: per i detenuti ma anche per noi, e dobbiamo festeggiare l’ottima riuscita dell’iniziativa".

Tra i presenti c’era anche un piccolo gruppo di alpini di Collecchio, anch’essi fra i promotori della giornata assieme all’amministrazione comunale di Collecchio. Franco Ceccarini, assessore allo sport del comune di Collecchio, ha spiegato lo spirito di giornate come questa: "Oggi abbiamo voluto portare lo sport in carcere, ma il nostro obbiettivo per i prossimi anni è di portare parte dei detenuti all’esterno, per farli correre all’aperto, senza muri di cemento attorno a loro. Ci piacerebbe che a queste esperienze aderissero non solo le associazioni ma anche i comuni cittadini".

Brescia: un calcio alle sbarre, a Verziano finali campionato Uisp

 

Giornale di Brescia, 15 giugno 2004

 

Un calcio alle... sbarre. Le finali del campionato di calcio in carcere hanno rappresentato un particolare momento di incontro tra i detenuti, i familiari e le realtà esterne. Il particolare appuntamento ha vissuto l’altro giorno uno dei momenti più emozionanti di tutto il "Progetto -Carcere" dell’Uisp, sostenuto dalla direzione carceraria, dalla Provincia e dalla Regione.

Per i detenuti e le detenute assistere con i propri figli e familiari, seppur per poche ore, alla manifestazione è stata infatti una straordinaria occasione d’incontro che va al di là dell’evento sportivo. A Verziano si sono disputate le finali dell’edizione numero 19 del campionato di calcio a sette giocatori, iniziato nell’ottobre scorso, con la partecipazione di dodici formazioni tra detenuti, agenti e squadre esterne.

Dopo otto mesi pieni di incontri, sono giunte a contendersi il titolo quattro formazioni: I Bonvicino Brescia, che hanno conquistato il terzo posto battendo per 9 a 5 i campioni in carica del Bar Off Limits-Pizzeria da Luigi Ghedi, mentre l’Over 35 Ghedi "B&B" ha iscritto per la prima volta il proprio nome nell’albo d’oro, vincendo la finale per 3 a 1 sulla Polisportiva Euplo Natali Brescia. Esaurita la fase giocata, sono seguite le premiazioni delle squadre finaliste, dei cannonieri Roberto Cavagnini (Over 35 Ghedi) e Massimo Insauto (Bar Off Limits-Pizz. da Luigi Ghedi).

Presenti l’assessore allo Sport del Comune di Ghedi, Antonio Serio e la vice presidente di Brescia Export, Maura Grazioli, il responsabile del "Progetto Carcere" Uisp, Alberto Saldi e il presidente provinciale, Tarcisio Lanfredi, hanno consegnato una targa al comandante della Polizia penitenziaria, Giuseppe Di Blasi, che hanno ringraziato, comprendendo nel riconoscimento tutto il personale penitenziario, "per la preziosa collaborazione nella realizzazione delle molteplici iniziative proposte, soprattutto in questi periodi di difficile gestione degli Istituti penitenziari (non solo bresciani) a causa della mancanza di personale".

Alcuni detenuti e detenute sono poi intervenuti ribadendo l’importanza di queste occasioni non solo per i reclusi, ma per tutta la società civile che vuole mantenere aperto un positivo collegamento con l’istituto carcerario. Nello stesso contesto, gli esponenti dell’Uisp hanno anche colto l’occasione per consegnare gli attestati e le foto ricordo della nona edizione del "Vivicittà- Porte Aperte", la corsa podistica internazionale che ha visto quest’anno una nutrita partecipazione con oltre 150 atleti tra i reclusi, oltre a partecipanti esterni e studenti.

Premiazioni, inoltre, anche per la quarta edizione della "Coppa Sorriso", quadrangolare di calcio tra studenti dell’Ipsia Moretto, giornalisti, agenti e detenuti, che per la prima volta hanno vinto il trofeo battendo in finale in un "classico scontro" proprio gli agenti di Polizia penitenziaria. Le attività del "Progetto Carcere" dell’Uisp continuano a Verziano per la Sezione femminile con i corsi di ginnastica, scacchi e biodanza. In calendario anche il 22° Torneo di volley tra detenute ed atlete esterne.

 

 

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