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L’esecuzione della pena sconta l'assenza di progettualità di Patrizio Gonella
Italia Oggi, 15 gennaio 2004
La fase esecutiva della pena è caratterizzata dall’assenza di una visione d’insieme e di una progettualità complessiva È quanto affermato dal procuratore generale Francesco Favara nella sua relazione introduttiva all’anno giudiziario. L’ordinamento penitenziario negli ultimi cinque anni ha subito molte modifiche, non tutte nello stesso segno e non tutte apprezzate allo stesso modo dal procuratore generale. Da un lato vi è stata una estensione applicativa del regime duro previsto dall’articolo 41 bis, dall’altro l’allargamento dei limiti di concedibilità della liberazione anticipata, da una parte l’esclusione dai benefici premiali per alcuni reati, dall’altra la concessione più rapida della liberazione anticipata affidata all’organo monocratico. Si tratta di provvedimenti legislativi che rispondono a filosofie di fondo non coincidenti, in parte restringono e in parte allargano le maglie dell’ordinamento penitenziario. Il Pg parla di leggi-tampone, le quali producono una sorta di effetto fisarmonica al sistema penitenziario, provocando sconcerto tra gli operatori (direttori, educatori, poliziotti, magistrati di sorveglianza) i quali perdono di vista gli obiettivi finali del loro lavoro. I 13.423 procedimenti pendenti davanti ai circa 200 magistrati di sorveglianza sono definiti "intollerabili" e costituiscono appunto il segno di un affaticamento dell’intero sistema, che negli ultimi mesi, ha subito l’ulteriore aggravio di lavoro prodotto dall’indultino. I giudici di sorveglianza sono sempre più i giudici in concreto della pena, coloro i quali decidono la effettiva quantità di anni di galera da scontare. Nel corso del tempo il numero dei detenuti in misura alternativa si è progressivamente espanso, sino agli attuali 40 mila soggetti che scontano una pena, in parte, o del tutto, fuori dal carcere. Il Pg attenua gli allarmi. Le misure alternative funzionano. Le revoche o le fughe dai permessi premio sono al di sotto dell’1%, ossia al limite "dell’irrilevanza statistica". L’espansione dell’area penale esterna non ha ridotto il sovraffollamento carcerario. Oggi, dopo i primi mesi di applicazione della legge sull’indultino, i detenuti sono circa 55 mila contro i 56.403 del 30 giugno 2002. La capacità regolamentare massima, invece, è di 42 mila posti letto. Il sovraffollamento riduce la qualità della vita in carcere. Seppur non dimostrabile, un nesso con gli atti di autolesionismo e i suicidi è comunque evidente. Il Procuratore generale ne cita 83, nel periodo che va dal 1° gennaio 2002 al 30 settembre 2003, ma soprattutto lamenta l’assenza di dati precisi. Solo nell’ultima settimana ci sono stati altri tre morti in carcere. Qualche giorno prima si era ammazzato un ragazzino rumeno di 16 anni a Casal del Marmo a Roma. Gli extracomunitari sono circa il 30% della popolazione detenuta. I tossicodipendenti sono il 27%. I delitti per cui si va maggiormente in prigione sono il furto e la violazione della normativa sugli stupefacenti, rispettivamente 36.996 e 21.286 condanne nel 2002. Le condanne per omicidio sono state, nello stesso arco temporale, 1.118, in crescita rispetto agli anni precedenti, al pari delle lesioni personali volontarie. Infine, Favara valuta positivamente la riduzione percentuale del numero degli imputati in carcere in custodia cautelare. I detenuti condannati definitivamente sono 34.695. Nonostante ciò l’Italia resta il paese che usa con più disinvoltura nel vecchio continente la carcerazione preventiva.
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