Rassegna stampa 3 dicembre

 

Un’alternativa di civiltà, di Alessandro Margara e Franco Corleone

 

Non è davvero un bel momento per chi tenacemente insiste a delineare un ruolo del carcere diverso da quello che si impone con la forza dei dati bruti dalla lettura del terzo rapporto di Antigone. Si conferma il ruolo del carcere come puro "contenitore assistenziale".

Infatti la popolazione detenuta è arruolata negli strati sociali più poveri. Il 35% non ha raggiunto il traguardo della scuola dell’obbligo, oltre il 40% proviene dal Sud e il 30% dei presenti sono immigrati con punte del 70% in alcuni penitenziari del centro-nord.

La Toscana non si discosta da questo quadro avvilente: l’Osservatorio sugli istituti penitenziari della nostra regione indica il 28% di detenuti tossicodipendenti, il 40% di immigrati, un incremento della presenza di figure fortemente marginali. All’aumento di questa componente di "detenzione sociale", vanno contrapposte misure concrete di presa in carico dei problemi e delle persone: interventi per rimuovere o ridurre le condizioni di disagio e di rischio sul territorio, creazione di opportunità di alternativa alla pena detentiva, riduzione degli effetti desocializzanti del carcere.

Rispetto all’idea - dichiarata da tanti - del carcere come ultima ratio, si è affermato nella realtà un carcere come strumento sostitutivo di risposte sociali che non sono state e non vengono date in maniera sufficiente: di fronte a una inesorabile contrazione di risorse e strumenti di intervento, che investe il sistema delle protezioni sociali, il carcere è scelto sovente come la soluzione più agevole e immediata per contrastare quelle forme di disagio che possono spingere verso la commissione di reati.

Non possiamo chiudere gli occhi di fronte all’imbarbarimento in atto del livello di civiltà del paese ad opera di chi ha addirittura responsabilità istituzionali: l’evocazione di taglie, di legge del taglione, di emergenze securitarie rischia di produrre un arretramento culturale da fare letteralmente paura. E ancora, è iniziato in senato l’esame della proposta del vicepresidente del consiglio e ora anche ministro degli esteri Gianfranco Fini di punire il consumo di qualunque sostanza stupefacente senza distinzione con pene da 6 a 20 anni di carcere. È addirittura difficile immaginare che cosa succederebbe in termini non di sovraffollamento ma di vera e propria invivibilità negli istituti di pena: un vero inferno!

Occorre rispondere non rimanendo sulla difensiva ma rilanciando una alternativa di civiltà. Per questo nel convegno di oggi e domani che si tiene a Palazzo Vecchio delineeremo e proporremo una riforma del quadro normativo e amministrativo in grado di ridurre la penalità e favorire processi di reinserimento. Per quanto riguarda la situazione di Firenze e in particolare di Sollicciano che ha vissuto mesi assai scabrosi, vogliamo assumere la realizzazione del "Giardino degli Incontri", ultimo progetto di Giovanni Michelucci, come segno di una possibile inversione di tendenza, di una "ingerenza umanitaria" della città nel territorio chiuso della pena. Sollicciano grazie all’arte, all’archiettura, alla poesia insomma, dovrà tornare all’originario progetto dal quale si è profondamente allontanato, di un carcere fondato su un trattamento attivo e aperto dei detenuti. La nostra sfida non deve risolversi in un sogno. Occorre una determinazione intransigente delle istituzioni e della città.

Nuoro: l’urlo dei detenuti nel cuore della notte

 

L’Unione Sarda, 3 dicembre 2004

 

Pentole, tamburi e urla. I detenuti protestano ad alta voce e dall’altra parte della rete di recinzione del carcere una ventina di persone rispondono con canti e slogan. "Liberi tutti, liberi tutti", ripetono alcuni ragazzi di Rifondazione Comunista. "Aiutateci", rispondono i carcerati. La seconda giornata di mobilitazione all’interno del penitenziario inizia poco prima delle mezzanotte di mercoledì. Gli ospiti della casa circondariale danno il via alla protesta, gridano, fanno chiasso. Le loro voci si sentono forti e chiare. Fuori c’è una nebbia fittissima e fa freddo. Una ventina di persone (tra loro non ci sono parenti dei reclusi) sfidano il maltempo e armate di pentole e tamburi si portano a ridosso della rete metallica, vicino a via Badu ‘e Carros. Si limitano a cantare e urlare a squarciagola. A dieci metri di distanza ci sono due pattuglie della polizia e una dei carabinieri. Le forze dell’ordine controllano la situazione. Non accade niente di grave.

Nessuna tensione, niente scontri. A mezzanotte e mezza, però, quando la protesta si conclude tutti i manifestanti vengono invitati a "favorire i documenti". Poi tutti casa in attesa della replica di ieri sera. La protesta dei detenuti continuerà anche oggi. Gli ospiti della case circondariale hanno deciso di far sentire la loro voce e sono pronti continuare la mobilitazione anche nei prossimi giorni. Chiedono servizi, assistenza, condizioni di vita migliori. Da qualche mese il direttore Paolo Sanna sta facendo di tutto per migliorare la situazione all’interno del penitenziario. Negli ultimi mesi sono state infatti promosse numerose iniziative di carattere culturale e sportivo.

Qualche settimana fa anche la squadra di calcio della Nuorese ha disputato una partita contro una formazione di detenuti. I carcerati hanno avuto modo di assistere inoltre a reading letterari e concerti di musica pop e jazz. Ma evidentemente tutto questo non basta. E per questa ragione dall’altro ieri ha preso il via la protesta. A promuovere la mobilitazione è stato un gruppo di trentatré reclusi del continente. "Non partecipano i detenuti sardi? si legge in un documento? anche se sono solidali con questa nostra iniziativa, perché non vogliamo che corrano il rischio di essere deportati fuori dalla loro regione, lontani dalle proprie famiglie, come è accaduto a noi".

Il Comitato spontaneo contro le carceri chiede interventi urgenti da parte dell’amministrazione penitenziaria e di tutte le più importanti istituzioni che operano nel territorio. Si rivolgono al ministro della Giustizia per ottenere il "federalismo penitenziario, ossia la fine della deportazione dei detenuti, quelli del continente in Sardegna e quelli sardi in continente.

È un diritto dei prigionieri, espresso chiaramente dall’ordinamento penitenziario, quello di scontare la pena in un carcere che sia nella stessa regione o il più vicino possibile a dove vive la propria famiglia". Ieri sera il sindaco di Nuoro e l’assessore ai Servizi sociali hanno incontrato il direttore del carcere Paolo Sanna.

"Attiveremo immediatamente gli uffici per studiare dal punto di vista tecnico-giuridico la strada da percorrere per istituire la figura del difensore civico dei detenuti", ha detto Mario Zidda al termine della riunione.

Riforma Giustizia: Ciampi a Castelli, valuterò in un mese

 

Il Gazzettino, 3 dicembre 2004

 

È ancora grande freddo tra Presidente della Repubblica e ministro della Giustizia: dopo l’invito di Castelli a promulgare "quanto prima" la legge sull’ordinamento giudiziario, il Quirinale puntualizza che "eserciterà le sue prerogative" nei tempi previsti dalla Costituzione.

In cima al Colle le cronache dei giornali non sono piaciute. Non è piaciuto, soprattutto, quel virgolettato del Guardasigilli con l’invito a "promulgare quanto prima" la legge delega. Ignorare o no? Dopo una rapida valutazione, la Presidenza della Repubblica ha scelto la via del comunicato ufficiale: "In relazione a sollecitazioni al Capo dello Stato attribuite al ministro della Giustizia, senatore Roberto Castelli, negli ambienti del Quirinale si sottolinea che il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, anche in questa occasione, così come ha fatto sempre, eserciterà le prerogative costituzionali che gli competono nei tempi stabiliti dalla Costituzione". Cioè entro un mese dall’approvazione.

Parole misurate, che celano a stento l’irritazione del Presidente per la fretta del ministro. D’altra parte, solo qualche giorno fa Ciampi si è visto negare la controfirma di Castelli sulla grazia a Bompressi. Nonostante le reiterate professioni di "deferenza" da parte del Guardasigilli, si è avuta la netta impressione che già allora il clima fosse glaciale. Mercoledì sera, i commenti del ministro subito dopo il sì definitivo della Camera ("Mi auguro che il provvedimento venga promulgato quanto prima") non hanno certo contribuito alla distensione. Castelli è comunque lesto a rientrare nei ranghi con una nota dell’ufficio stampa: non c’è stata alcuna "sollecitazione" al Quirinale. "Quello da me espresso sui tempi di promulgazione della riforma dell’ordinamento giudiziario - spiega il ministro - era un semplice e ovvio augurio fatto innanzitutto a me stesso e non una sollecitazione nei confronti del Quirinale. La Costituzione, del resto, parla chiaro".

Di un’aggiunta importante si incarica il capogruppo della Lega, Cé: "Il ruolo del Capo dello Stato è importantissimo e da rispettare fino in fondo. Non crediamo che su questa legge ci siano dei rilievi di incostituzionalità, ma se il Presidente della Repubblica dovesse, attraverso un proprio rinvio alle Camere, sottolineare quali parti della legge possono essere oggetto di un ripensamento, la Cdl ne prenderà atto e apporterà quelle piccole modifiche di cui necessita la legge stessa". Come avvenne, insomma, per la legge Gasparri.

Intanto la maggioranza guarda avanti. Precisamente alla legge sulla recidiva e al "pacchetto sicurezza", oggetto ieri pomeriggio di un incontro tra Castelli, Gargani (Fi) e La Russa (An). La Cdl non ha ancora deciso se concentrare il "pacchetto" in un decreto ad hoc o usare come veicolo la legge sulla recidiva. Ma di sicuro, riferisce La Russa, sono allo studio "misure per aumentare la certezza della pena, sulla sicurezza sul territorio, sul turn over di coloro che escono dal carcere con estrema facilità, nonostante quando siano fuori commettano altri crimini".

Le opposizioni continuano a tenere alto il tiro. Come minimo - è il caso del senatore Mancino - accusano il governo di aver attuato "un’offensiva nei confronti della magistratura". Ma va molto anche l’accusa di incostituzionalità. "Mi auguro vivamente - dice Cossutta - che al Quirinale si rifletta molto prima di firmare la legge".

Lo scontro ha un’immediata proiezione nel Csm. Tutti i 16 consiglieri togati chiedono un plenum straordinario per "approfondire con urgenza" le "ricadute" della riforma dell’ordinamento giudiziario su "ruolo, funzioni, competenze e organizzazione" dell’organo di autogoverno della magistratura. I laici della Cdl bollano l’iniziativa come "politica" e promettono "iniziative forti", come far mancare il numero legale, per impedire "interferenze" sul Presidente della Repubblica.

Napoli: niente scandalo, si applichino le leggi…

 

Il Mattino, 3 dicembre 2004

 

Altro che giro di vite. Le leggi sono già "fin troppo repressive". È il parere di Domenico Ciruzzi, presidente della Camera penale di Napoli, che invita la classe politica "a non lasciarsi tentare da scorciatoie per ottenere consensi". L’esito del processo sulla rapina di via Manzoni può lasciare il cittadino sconcertato. "Ma è una reazione sbagliata. I giudici hanno applicato le leggi. E se vogliamo affrontare il discorso in un’ottica più ampia, posso dire che la magistratura applica in maniera rigorosa norme già repressive". Ma allora come si spiegano le scarcerazioni facili?

"Il cittadino viene tratto in inganno da informazioni fuorvianti provenienti da rappresentanti delle istituzioni che ancora una volta cadono nella tentazione del pendolarismo legislativo: a volta sembra privilegiarsi il garantismo, a mio avviso giustamente. Poi sull’onda delle emergenze si passa a scorciatoie repressive". La domanda di sicurezza però è forte. "Non discuto.

Ma la sicurezza non si ottiene aumentando le pena né condizionando la magistratura con esternazioni come quelle dei giorni scorsi. Anche perché l’opinione pubblica poi, a giusta ragione, si scandalizza quando assiste a errori giudiziari. Errori che solo in minima parte vengono resi noti". Secondo lei come si risponde agli allarmi di questi giorni? "La magistratura non deve correre dietro alle emergenze. E mi auguro che nessuno si faccia condizionare dal clima. Il processo è un rito che deve accertare i fatti in relazione alle singole responsabilità. Non è compito del giudizio penale stroncare la criminalità". Non ci sono vie d’uscita?

"Ci sono, a patto che non s’illuda il cittadino che attraverso proposte liberticide si possa risolvere il problema. E una legislatura, o mezza come in questo caso, non basta". Faccia qualche esempio. "La sicurezza si ottiene, oltre che con indagini di qualità soprattutto, con una bonifica sociale concreta: nelle scuole con una educazione alla legalità che insegni non solo a rispettare i divieti ma anche a rivendicare i diritti al lavoro, alla salute, alla casa, alla dignità; e nelle carceri provando a rieducare il detenuto. Ma per farlo occorrono docenti, educatori, psicologi, gratificati e motivati. E servono quelle risorse che in questi settori vengono tagliate".

Rovigo: individuare percorsi di reinserimento per i detenuti

 

Il Gazzettino, 3 dicembre 2004

 

"La crescita della popolazione carceraria è direttamente proporzionale al numero di violenze, suicidi e atti di autolesionismo tra i reclusi: le carceri scoppiano, e costringono anche il personale dell’amministrazione penitenziaria a vivere ogni giorno nell’emergenza".

È l’analisi di Livio Ferrari, presidente della Conferenza nazionale volontariato-giustizia e responsabile locale del Centro francescano d’ascolto, che in collaborazione con la Caritas diocesana, ieri pomeriggio al teatro Duomo di Rovigo ha organizzato un convegno sulla vivibilità in carcere.

Se l’emergenza è un fatto quotidiano negli istituti di pena, perché "le celle sono invivibili sia dal punto di vista umano sia igienico" , ha aggiunto Ferrari, il rischio è di "trasformare la pena in vendetta, perdendo di vista la funzione riabilitativa e la restituzione del danno alle vittime". La soluzione? La risposta di Livio Ferrari è "liberare la pena", come suggeriva il titolo dell’incontro, "per non continuare a calpestare i diritti delle persone recluse".

Nella casa circondariale di Rovigo le condizioni dei detenuti sono comuni alle altre carceri italiane: le celle sono sovraffollate, ma i casi di chi ha scelto di costituirsi proprio a Rovigo, raccontano che la situazione non è grave come in altri istituti. "Oggi, mentre il governo aumenta i fondi per costruire nuove carceri, e taglia quelli per i medicinali ai detenuti, pensare di "liberare la pena" è fantascienza", ha replicato Ferrari durante il dibattito a chi, tra il pubblico, gli ha contestato che la "liberazione dalla pena" avrebbe conseguenze simili a quelle provocate dalla chiusura degli istituti psichiatrici. La proposta, allora, è "individuare percorsi di reinserimento da affiancare o far subentrare alla detenzione".

Tra i relatori, sono intervenuti il direttore della Caritas diocesana don Dante Bellinati, il cappellano del carcere di Rovigo don Marino Zorzan, e don Giancarlo Perego, delegato della Caritas italiana sulla giustizia. All’incontro ha partecipato anche il vescovo della diocesi di Adria e Rovigo.

"Chi passa davanti a un carcere - ha detto monsignor Lucio Soravito de Franceschi - di solito immagina che ci siano dentro delle persone che in fronte hanno scritto "ladro". Ma così dimenticano che ognuno ha dentro delle risorse e delle specialità. E che anche nella persona più disgraziata ci sono 5 centesimi di buono, che possono aiutare chi ha sbagliato. Vorrei che un giorno - ha concluso il vescovo di Adria e Rovigo - le carceri diventassero ospedali dello spirito".

Varese: un convegno per riaprire dialogo col mondo esterno

 

Varese News, 3 dicembre 2004

 

Spesso le carceri moderne non sono ben distanti dalle torri medievali: il detenuto non ha più nessun contatto con il mondo esterno, che sembra essersi dimenticato di lui. Eppure il reinserimento nella società sarebbe ancora più efficace se, nel periodo di reclusione, il dialogo con la realtà esterna non fosse interrotto. Per fare maggiore chiarezza su questo argomento e per "rompere il muro", almeno per un giorno, Uisp (Unione Italiana Sport per Tutti) ha organizzato l’incontro "Oltre il silenzio, la disinformazione del/sul carcere", patrocinato da Regione, Provincia e Comune, che si svolgerà a Varese sabato 4 dicembre dalle 9 alle 13 presso l’istituto De Filippi in via Brambilla 16.

All’incontro parteciperanno varie autorità locali e vari esperti, tra cui Carlo Alberto Romano, docente di criminologia all’Università di Brescia. Al convegno parteciperà anche un detenuto, in rappresentanza di tutti i detenuti del carcere di Varese, per esprimere in prima persona il disagio creato da questo isolamento.

Uisp, con questo incontro, prosegue il suo impegno in favore del recupero dei detenuti, infatti, come ha commentato il presidente Paolo Cassani: "L’UISP è da anni impegnata in attività sportive all’interno dei carceri (nella foto "Vivicittà" 2003 nel carcere di Busto) come momento di socializzazione, di comunicazione, di gestione positiva delle tensioni, di tutela della salute.

Quest’anno in particolare l’UISP, grazie ad un finanziamento regionale, ha organizzato in diverse carceri lombarde (e nel nostro territorio a Varese e Busto Arsizio) tornei, corsi disciplinari, avviamento e altro ancora. a settembre si è svolto sul Lago d’Iseo un Seminario di formazione per operatori e tecnici sportivi".

L’attenzione per queste tematiche a livello locale, testimoniata anche dall’iniziativa della Cgil davanti al carcere di Busto poche settimane fa, rende sicuramente questo incontro di particolare interesse.

Airola: sul palco arriva gruppo musicale "Gli amnistia"

 

Il Mattino, 3 dicembre 2004

 

Si inaugura la serie di appuntamenti musicali destinati al pubblico delle case circondariali. Si parte con il saggio-concerto del corso di educazione musicale svoltosi nella Casa circondariale di Arienzo e curato dal maestro Franco Capozzi in collaborazione col maestro Antonio Luongo e con la consulenza informatica di Nadia Capozzi.

Il progetto mira a svolgere un percorso di educazione musicale che favorisca non solo l’apprendimento dei contenuti disciplinari, ma che sviluppi soprattutto le risorse dell’individuo, al fine di riscoprire sé stessi e il senso dell’appartenenza, in modo integrato, alla collettività.

Ad esibirsi saranno nove detenuti. I maestri, dopo aver realizzato gli opportuni arrangiamenti dei brani sia per il coro che per le voci soliste, hanno curato i preparativi per lo spettacolo musicale che si terrà nella sala teatro dell’Istituto penale per minorenni di Airola, domani alle ore 11. "Gli Amnistia" (questo è il nome della formazione) si cimenteranno in di brani che hanno consacrato al successo i più famosi cantautori ed interpreti della musica leggera italiana.

Sondrio: coltivava una pianta marijuana in casa: assolto

 

La Provincia di Sondrio, 3 dicembre 2004

 

Il 18 settembre dell’anno scorso era stato sorpreso in giardino mentre innaffiava una pianta di canapa indiana alta un metro e mezzo. La successiva perquisizione aveva permesso alle forze dell’ordine di trovare anche 14,8 grammi di inflorescenze essiccate.

E immediatamente per Sandro Lersa, nato a Tirano nel ‘77 e residente a Villa di Tirano, era scattata la denuncia per detenzione di sostanze stupefacenti. Tanto nelle foglie fresche quanto in quelle secche, infatti, era stato riscontrato il principio attivo della marijuana. Ieri la vicenda è finita all’attenzione del gup Antonio De Rosa che ha deciso per l’assoluzione dell’imputato con la formula "perché il fatto non costituisce reato", disponendo nel contempo la confisca e la distruzione della canapa finita sotto sequestro. Due gli elementi che avrebbero fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte dell’assoluzione. In primo luogo il fatto che non fosse stato riscontrato nessun elemento tale da far pensare a una possibile attività di spaccio.

Da subito, infatti, l’indagato aveva ammesso di essere un assuntore di marijuana negando però di aver mai ceduto ad altri il prodotto della propria coltivazione. In secondo luogo, poi, la reale efficacia della droga sequestrata non è stata sufficientemente dimostrata. In pratica, non sarebbe possibile garantire che il principio attivo contenuto nelle foglie trovate in possesso di Lersa fosse presente in quantità tale da poter parlare a pieno titolo di droga. Anche la situazione del certificato penale dell’imputato, che risulta privo di precedenti, potrebbe aver influito sulle decisioni del giudice e sulla sentenza finale di assoluzione.

Varese: tre anni di collaborazione per aiutare i detenuti

 

Varese News, 3 dicembre 2004

 

"Dato il successo dello scorso anno, abbiamo deciso di rinnovare la collaborazione con il Carcere di Varese addirittura per i prossimi tre anni". Con questa premessa, il Sindaco Fumagalli ha firmato questa mattina il Protocollo d’Intesa per la gestione di azioni di integrazione rivolte a persone detenute ed ex-detenute del Carcere di Varese.

Nato un anno fa in collaborazione con la Casa Circondariale, il Centro Servizio Sociale Adulti del Ministero di Giustizia e l’Associazione Carcerari di Varese, il protocollo ha lo scopo di "gestire con risorse comunali e del territorio le esigenze alloggiative per chi non ha stabilità - spiega l’assessore ai Servizi sociali William Malnati -. Oltre a verificare le disponibilità sul territorio di strutture già esistenti, l’accordo mira anche al reinserimento degli ex-detenuti nella società".

Proprio in base a queste linee guida è partito quindi il 1 giugno il progetto S.P.A.R.S.I. (Sostegno a Percorsi di Autonomia in una Rete Sociale Integrata) con la collaborazione, oltre ai partner già citati, dell’ASL-SERD, il Consorzio SOL.CO, la COLCE (Cooperativa di Lotta all’Esclusione Sociale, l’Associazione Volontari Carcere, l’Associazione San Vincenzo Dè Paoli.

Finanziato dalla Cariplo, S.P.A.R.S.I. è un progetto che parte dal carcere e che viene poi gestito dai servizi sociali. Prevede l’accoglienza di emergenza nel centro comunale, la formulazioni di percorsi individuali per facilitare il contatto con il mondo del lavoro, e soprattutto l’attivazione di borse lavoro - del valore di 550 euro al mese – che nascono da accordi fra Comune e imprese.

I posti letto offerti al momento dall’amministrazione sono quattro collocati in una palazzina di Via Maspero, e tre le collaborazioni già partite in concreto. Solo l’ultima parte del progetto, che prevede la sperimentazione di micro-crediti da aprte del Comune per facilitare l’acquisto di una casa, non è ancora stata sperimentata.

"Nei primi sei mesi le persone coinvolte sono state tre, due detenuti al lavoro in esterno e un ex detenuto – spiega il Direttore del Carcere Gianfranco Monelli -. Purtroppo i problemi per chi ha vissuto un periodo di detenzione sono tanti una volta fuori. Nella società ci sono ancora molti pregiudizi e queste iniziative mirano proprio ad abbattere questi ostacoli". Ma il Comune di Varese non volge l’attenzione solo al dopo-carcere.

"Soprattutto in un periodo come il Natale- spiega Piera Cesca, organizzatrice di varie manifestazioni per conto del Comune -. È necessario pensare a chi non potrà festeggiare in modo "classico". Per regalare quindi anche solo un momento di gioia ai detenuti, per il secondo anno abbiamo organizzato il 9 dicembre un concerto in carcere". Gli artisti, sette giovani della Betaband, offriranno un ricco repertorio, spaziando fra musica classica, jazz, blues e musiche natalizie.

"È vero che noi affrontiamo in modo mediatico questi problemi solo in queste occasioni - ha concluso Fumagalli - ma non bisogna dimenticare i volontari, che lavorano dietro le quinte e rendono possibile queste iniziative"

Nuoro: convegno per ricordare l’impegno di Anna Cualbu

 

L’Unione Sarda, 3 dicembre 2004

 

Un convegno ricorderà oggi Anna Cualbu, instancabile animatrice del volontario nel carcere di Badu ‘e Carros. Nel pomeriggio, alle 16.30, la biblioteca Satta ospita l’incontro organizzato dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria casa circondariale di Nuoro, dal consorzio per l’università e dalla scuola media n. 4.

Partecipano il direttore del carcere Paolo Sanna e il cappellano don Giuseppe Meloni. Intervengono Leonardo Bonsignore, presidente del tribunale di sorveglianza di Cagliari, don Salvatore Bussu, ex cappellano del carcere di Badu ‘e Carros, Licio Ferrari, presidente della conferenza nazionale volontariato della giustizia, e don Ettore Cannavera, responsabile della comunità "La collina".

Coordina l’incontro Bachisio Porru, presidente del consorzio universitario nuorese. Il convegno ricorderà la figura di Anna Cualbu, scomparsa nei mesi scorsi. E sarà anche l’occasione per approfondire i temi legati al volontariato. Anche il titolo è indicativo: "Giornata in ricordo di Anna Cualbu, riflessioni sul volontariato penitenziario".

Firenze: oltre 3800 detenuti nei 18 penitenziari toscani

 

Redattore Sociale, 3 dicembre 2004

 

Un quadro sulla realtà del carcere in Toscana. È quello che ha cercato di tracciare oggi la prima delle due giornate "nella mattina di domani la conclusione" del convegno organizzato a Firenze (Palazzo Vecchio) dalla Fondazione Michelucci, in collaborazione con il Comune di Firenze (Ufficio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale) e l’assessorato alle politiche sociali della Regione. Sono oltre 3800 al settembre

2004 (secondo l’Osservatorio sugli Istituti penitenziari attivato dalla Fondazione Michelucci in sinergia con il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e con il Centro servizi sociali adulti di Firenze) le persone detenute nei 18 penitenziari della Regione, (3842 per la precisione), di questi 3648 sono uomini e 194 donne. Un dato che va a messo a confronto con la capienza regolamentare segnalata dall’amministrazione (2833 posti al 21 settembre 2004), e con la cosiddetta capienza "tollerabile" (ovvero il numero massimo sopportabile dalle strutture), pari a 3956 posti.

Al giugno 2004, ci dice ancora l’Osservatorio Michelucci, i detenuti tossicodipendenti erano 1112, il 27,9% della popolazione allora presente (3980 detenuti), gli alcoldipendenti erano 137, mentre le persone affette da Aids ammontavano a 77, circa il 2%. Spostando l’attenzione sulla popolazione straniera si ricava che al 31 agosto 2004 erano presenti 1521 detenuti stranieri, circa il 40% del totale, una percentuale che in questi ultimi anni ha acquisito stabilità. La percentuale di stranieri più alta si registra all’istituto fiorentino di Sollicciano, con il 56% di presenze - sempre all’agosto 2004 - su un totale di circa 920 detenuti. Un elemento importante da considerare si lega alla presenza di persone che godono delle forme alternative alla detenzione. Considerando il primo semestre del 2004, "sono 1664 le persone affidate in prova al servizio sociale, 380 i detenuti domiciliati, si arriva quindi ad un totale di circa 2000 persone - ha spiegato Roberto Grippo, direttore Cssa di Firenze - a cui si devono aggiungere circa 210 persone in semilibertà. Di queste 2000 persone circa il 70% vengono direttamente dalla libertà, non hanno quindi mai vissuto la realtà del carcere. E bisogna anche dire che queste 2000 persone sono in carico a poco più di circa 140 assistenti sociali". Dobbiamo dire "addirittura 2000 persone" si è chiesto Grippo " oppure solo 2000 persone fuori dal carcere" La risposta non la deve dare l’amministrazione penitenziaria ma la società civile, perché il sistema delle misure alternative è nato proprio nella società, ed è quindi l’intera società civile che deve mostrare accoglienza e farsi carico.

Negli ultimi vent’anni è cresciuto enormemente il sistema delle misure alternative coinvolgendo persone provenienti direttamente dalla libertà, è rimasto stabile il numero delle persone coinvolte da queste misure e provenienti dalla realtà del carcere". L’auspicio ha aggiunto Grippo è che si cominci a parlare di più anche delle persone che scontano la pena fuori, una realtà che esiste nel mondo civile e rispetto alla quale occorre schierarsi".

In Toscana c"è una sensibilità diversa rispetto ad altre realtà, ci sono le esperienze del Polo Universitario, le attività teatrali, la Regione è attiva nel collaborare con l’amministrazione penitenziaria "ma la cosa da sottolineare è che, a livello nazionale, un buon 50% della popolazione detenuta non dovrebbe stare in carcere - ha rilevato Massimo De Pascalis, Provveditore regionale dell’amministrazione

penitenziaria - Questo, come la realtà del sovraffollamento, non dipende dal sistema penitenziario. E" certo che la direzione non deve essere quella di creare nuove carceri". Il vero punto dolente, "l’elemento critico è legato alla non conoscenza dei detenuti" ha aggiunto De Pascalis -. Le iniziative messe in campo rischiano di essere vanificate se non si potenziano le aree trattamentali, se non si migliora la conoscenza delle realtà che vivono i detenuti usando a questo scopo il mondo interno al carcere, gli strumenti di conoscenza che è in grado di offrire, abbattendo il più possibile gli ostacoli della gerarchia". In sostanza, non dobbiamo misurare "il livello di pericolosità di un detenuto" ha concluso De Pascalis "ma piuttosto il senso di responsabilità delle persone e la loro capacità di vivere il "percorso trattamentale" all’interno del carcere, per potersi poi avviare alla vita fuori del carcere".

Firenze: in primavera pronto "il giardino degli incontri"

 

Redattore Sociale, 3 dicembre 2004

 

Sarà pronto per la prossima primavera il "Giardino degli incontri": oltre 4000 metri quadri di terreno che circondano il carcere di Sollicciano a Firenze ospiteranno un edificio coperto e riscaldato ed un giardino. Si completerà così tra pochi mesi un progetto concepito circa 20 anni fa da un gruppo di detenuti del penitenziario fiorentino, raccolto e sostenuto negli anni dall’architetto Giovanni Michelucci: creare un’area per accogliere i detenuti e i familiari che si ritrovano nel momento dei colloqui, uno spazio a disposizione dei bambini detenuti insieme alle madri.

Dare vita quindi ad una struttura che possa far sentire il carcere meno distante, meno isolato dalla realtà e dalla comunità in cui è inserito. "Il progetto è partito nel 1985, grazie all’impegno di Michelucci - ha spiegato oggi Corrado Marcetti, direttore della Fondazione - con l’idea di sfruttare un’ampia

area abbandonata nella zona del carcere, e con l"intenzione di dare ai detenuti un ambiente migliore in cui trascorrere del tempo con i familiari, di avvicinare il carcere alla città, creando un giardino con caratteristiche urbane".

Nel 1990 Giovanni Michelucci (che muore quello stesso anno) e Corrado Marcetti elaborano il progetto di massima e si arriva nel 1992, con l’intervento del collegio degli ingegneri di Firenze, al progetto definitivo che tuttavia cade nel vuoto senza concrete possibilità di realizzazione. Nel 1998 la situazione si sblocca, grazie all’intervento di Alessandro Margara, allora Direttore dell’amministrazione penitenziaria e di Franco Corleone, allora

sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia con delega al carcere, il progetto viene finanziato dal Ministero dei Lavori Pubblici. "I lavori saranno con ogni probabilità terminati per la prossima primavera - ha detto Marcetti - il progetto ha seguito le linee elaborate da Giovanni Michelucci.

Il giardino è predisposto in modo da accogliere persone come una normale area urbana, circonderà un edificio coperto pensato anche per dare spazio a mostre, esposizioni per presentare i lavori e le attività in cui sono coinvolti i detenuti.

È straordinario essere riusciti dopo 20 anni a concretizzare un’idea simile, che "lavora sul confine" portando avanti un obiettivo ambizioso: agevolare l’incontro tra il carcere e la comunità, ridimensionando il concetto di separazione tra la struttura e chi vive al di fuori".

Napoli: l’80% degli internati negli Opg potrebbe uscire…

 

Redattore Sociale, 3 dicembre 2004

 

"L’80% dei ricoverati negli ospedali psichiatrici italiani potrebbe uscire se vi fossero strutture adeguate ad accoglierli, poiché solo il 20% di essi si può considerare socialmente pericoloso". Lo dice Adolfo Ferraro, psichiatra, dal 1997 direttore dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, in provincia di Napoli, dove oggi e domani psichiatri da tutta Italia si confrontano su "Crimine & Delirio".

"È chiaro che gli ospedali psichiatrici sono anacronistici – ci dice Ferraro – e che non dovrebbero più esistere ma, anche se la legge 180 ha cancellato il termine pericolosità sociale, in realtà la possibilità di commettere reati in condizioni di malattia mentale è consistente. Tuttavia su 1200 internati negli Opg italiani solo 200 sono veramente pericolosi. La maggior parte degli internati è rappresentata da persone che hanno commesso maltrattamenti o violenze in famiglia e aggressioni a pubblici ufficiali, e potrebbe essere curata con modalità diverse".

Ferraro pensa ad un rapporto di collaborazione più stretta con i Dipartimenti di Salute Mentale, come nel caso dei protocolli d’intesa che l’Opg di Aversa ha stipulato con le Asl di Caserta 1 e 2 e di Salerno 2, che prevedono la presa in carico congiunta dell’internato, che viene seguito anche da uno psichiatra Asl all’esterno dell’ospedale giudiziario. "Servirebbero più protocolli come questi – dice Ferraro – che ci permetterebbero di trattare i pazienti in modo diverso a seconda delle loro situazioni specifiche". Con 220 internati, l’Opg di Aversa è uno dei più grandi d’Italia, oltre ad essere il più antico – è stato aperto nel 1876 – ed ospita per la maggior parte persone tra i 30 e i 40 anni, con misure di sicurezza che variano a seconda del reato ma durano, in media, due-tre anni.

"Il 40% circa degli internati ad Aversa resta nell’ospedale perché ha la proroga delle misure di sicurezza a suo carico, e la metà di essi perché non ci sono strutture esterne in grado di accoglierli. Servono più protocolli d’intesa con le Asl, ma anche una territorializzazione maggiore degli ospedali psichiatrici giudiziari: strutture più piccole, solo per i casi più gravi e realmente pericolosi, non lontane dai loro luoghi di vita". Ad Aversa, come negli altri cinque ospedali giudiziari d’Italia (il Sant’Eframo a Napoli, gli altri a Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Barcellona Pozzo di Gotto e Castiglione delle Siviere), ci sono infatti persone provenienti da tutto il Paese, lontane dalle loro famiglie. Quasi tutti hanno un livello d’istruzione basso, anche se in ospedale hanno la possibilità di studiare, oltre che di seguire corsi e laboratori di colore, ceramica, falegnameria, musico-terapia, psicodramma, e di curare l’area verde allestita insieme alle associazioni ambientaliste, con oltre 400 specie di animali diversi.

"Tutte attività che servono per esprimersi. Fino a poco tempo fa gli internati si chiamavano per numero e non per nome, e questo è un abominio da cui ci distacchiamo, come da tempo i pazienti non si legano più. La nostra è l’idea di un ospedale aperto, senza sentinelle, dove ritrovarsi è importante. A fine anno apriremo con la Caritas di Aversa una casa famiglia per ex internati; con il convegno ogni anno cerchiamo di mettere in pratica l’idea di una struttura che sia luogo di confronto e di crescita culturale e umana".

Milano: sport veicolo di solidarietà all’interno del carcere

 

Redattore Sociale, 3 dicembre 2004

 

"Lo sport è un veicolo di solidarietà all’interno del carcere e può essere una cassa di risonanza per parlare dei problemi dei detenuti". Lo afferma Franco Giannellati della Uisp (Unione italiana sport per tutti), che per domani ha organizzato il convegno "Oltre il silenzio" in programma all’interno dell’istituto di pena "De Filippi" di Varese (via Brambilla 16, ore 9) per parlare di disinformazione sul carcere.

E non stupisca il fatto che a organizzare un incontro sul carcere sia la Uisp, impegnata da anni nella promozione dell’attività sportiva per tutti, appunto. Dentro al carcere lo sport si pratica: basket, pallavolo e calcio, ma anche ginnastica, pesistica e ping-pong. Sono alcune delle attività che i volontari della Uisp cercano di promuovere ormai da molti anni all’interno delle 205 carceri italiane,offrendo opportunità ludico-ricreative alle 56.532 persone che vivono negli istituti di pena italiani (dato del Dipartimento amministrazione penitenziaria al 30 giugno 2004, ndr).

"Nel 1989 abbiamo siglato un accordo con il ministero dell’Interno e nel 1997 una Convenzione con il ministero di Grazia e Giustizia - spiega Giannellati - per proporre le nostre attività ai singoli istitituti di pena, come la piccola palestra di pesistica allestita nel carcere di Varese, la cui direzione ha dimostrato piena disponibilità nei confronti della Uisp".

Un atteggiamento non sempre condiviso da altre realtà: "Sulla scorta dell’ esperienza del carcere di Opera - prosegue Giannellati - abbiamo tentato di mettere in piedi un torneo di calcio presso la casa circondariale di Busto Arsizio, coinvolgendo 13 squadre amatoriali della zona, che si erano dichiarate disposte ad entrare in carcere una volta alla settimana per giocare contro i detenuti. Purtroppo la direzione non ci ha consentito di realizzare questo progetto, ma lo riproporremo anche l’anno prossimo. Per ora è partito un torneo interno,tra le squadre dei detenuti".

Ma la missione della Uisp va oltre la proposta sportiva. "Lo scopo della nostra associazione è anche quello di sviluppare una rete di relazioni con tutte le realtà interessate al mondo dei detenuti", afferma Alberto Saldi, responsabile del "Progetto carcere"‘ della Uisp Lombardia -.

Vogliamo lavorare insieme alle associazioni di volontariato, alle scuole e a tutti i soggetti della società esterna al carcere che non vogliono dimenticare la drammaticità dei luoghi di pena", fatta di sovraffollamento, carenza del personale, aumento dei casi di suicidio ed emergenze sanitarie. Per non spegnere il riflettore su queste realtà la Uisp Lombardia ha organizzato il convegno "Oltre il silenzio. La disinformazione del/sul carcere", che si terrà domattina presso l’istituto di pena "De Filippi" di Varese.

Patrocinato dalla Regione Lombardia, dalla Provincia e dal Comune di Varese, "Oltre il silenzio" è il secondo appuntamento regionale del 2004 voluto dall’Uisp, all’interno del progetto territoriale dedicato alle carceri. "Lo scorso ottobre abbiamo organizzato un seminario di formazione per gli operatori sportivi e penitenziari - spiega Saldi - e nel 2003 abbiamo dedicato due appuntamenti al tempo libero in carcere, un convegno a Lodi e un incontro nella casa circondariale di Cremona". Insieme agli interventi delle associazioni "Carcere e territorio", "Ristretti" del carcere Due Palazzi di Padova e della "Vol.Gi.Ter." di Busto Arsizio, è previsto l’intervento di Luigi Pagano, provveditore regionale della Lombardia per l’Amministrazione Penitenziaria.

Rapporto Censis 2004: crescono i reati più violenti

 

Redattore Sociale, 3 dicembre 2004

 

Nell’ultimo anno crescono i reati più violenti: aumentano dell’11,4% gli omicidi, che dal 1994 al 2003 erano sempre diminuiti; crescono le rapine (+4,4%) proseguendo il trend di tutto il decennio. In aumento anche i crimini contro la proprietà: i furti dell’1,8%, i furti in appartamento del 2,2%; stessa sorte per gli scippi e i borseggi.

Lo segnala il Censis nel 38° Rapporto Censis sottolineando che dalla graduatoria provinciale emerge che il 30,5% dei delitti denunciati in tutta Italia si concentra nelle 4 province di Roma, Milano, Torino e Napoli.

"Di fronte alla criminalità che cresce, si è sviluppato un mercato della sicurezza privata fatto di strumenti di prevenzione e di difesa personale ritagliati su misura delle esigenze del privato cittadino, - si legge nello studio -.

Il dispositivo per la protezione dell’abitazione del quale è maggiore la richiesta è la porta blindata (installata dal 40,8% delle famiglie). Seguono il sistema di bloccaggio alle finestre (adottato dal 26,4%) e le inferriate alle porte o alle finestre (21,4%). La spesa media annuale per la sicurezza privata nel 2003 è stata di circa 700 euro a famiglia, con un incremento rispetto all’anno precedente del 7%".

A maggio del 2004 10 nuovi Paesi sono diventati membri dell’Ue: nonostante le campagne allarmistiche, tutti i dati disponibili sembrano dimostrare che l’ingresso avrà un impatto piuttosto debole sulla struttura della popolazione straniera presente nel nostro paese. Infatti gli 86.670 cittadini provenienti dai 10 nuovi stati membri rappresentano appena il 4% degli stranieri soggiornanti in Italia e di questi, tre quarti proviene da un unico paese, la Polonia, con 65.847 presenze.

Inoltre, appena il 3,1% dei cittadini residenti nei 10 nuovi stati membri dichiara una generica inclinazione ad emigrare, valore che si abbassa allo 0,8% se si considerano coloro che mostrano una ferma intenzione a lasciare il proprio paese.

Del resto, la preoccupazione che l’ingresso dei nuovi stati membri possa portare con sé effetti negativi non sembra essere condivisa dalla maggioranza degli italiani: il 59,5% della popolazione italiana esprime un’opinione favorevole rispetto all’allargamento dell’Unione europea.

Crescono gli immigrati che scelgono di lavorare e di stabilirsi nel Sud del paese: circa il 90% degli immigrati regolarmente presenti nel Mezzogiorno svolge un’attività lavorativa. Il 70,2% è impegnato in un’attività full-time; il 74% ha un contratto a tempo indeterminato; il 78,2% dichiara di svolgere un lavoro regolare.

Il livello di soddisfazione rispetto alla propria condizione lavorativa risulta essere piuttosto elevato: infatti, oltre i due terzi degli intervistati (il 67,4%) si dichiarano soddisfatti. Sul versante delle imprese, la scelta di avvalersi di manodopera extracomunitaria sembra essere una pratica molto diffusa al Sud: quasi tre quarti degli imprenditori intervistati (il 73%) ritengono che la decisione di assumere immigrati sia un fatto ampiamente consolidato tra le aziende della zona in cui operano.

I dipendenti immigrati sono più giovani rispetto ai lavoratori autoctoni: tra di loro il 68,6% ha meno di 30 anni e di questi il 15,1% ne ha meno di 25. Vi è poi un alto livello di turnover: circa il 90% della manodopera extracomunitaria lavora in azienda da meno di 5 anni, e circa il 60% da meno di due. Raramente gli immigrati ricoprono posizioni di responsabilità: l’82,8% sono operai generici, mentre sono del tutto assenti figure di dirigenti e di quadri aziendali.

Il 46,3% degli imprenditori dichiara di assumere immigrati perché ha difficoltà a reperire manodopera sul mercato del lavoro locale; il 41,5% sottolinea la maggiore flessibilità negli orari di lavoro da parte degli immigrati e il 30,9% è convinto che siano più abili nello svolgere il lavoro richiesto.

Dopo il lavoro, la casa rappresenta il principale problema per gli immigrati, la cui soluzione è fondamentale per avere una vita normale e aspirare a ricongiungersi al proprio nucleo familiare: si può stimare che su quasi 2.600.000 stranieri presenti in Italia nel 2004, circa 1.600.000 si trovino in condizioni abitative stabili (148.000 proprietari e 1.500.000 in affitto) e poco più di 948.000 vivano in condizioni di precariato abitativo di diversa natura.

Brescia: progetto Sturzo per il recupero dei detenuti

 

Giornale di Brescia, 3 dicembre 2004

 

È partito il 18 novembre il "Polo di eccellenza di promozione umana e della solidarietà", dedicato alla redenzione del mondo carcerario. Tre detenuti sono stati trasferiti presso il Fondo rurale, che fu dei fratelli Mario e Luigi Sturzo, in contrada Russa dei Boschi a Caltagirone, in provincia di Catania. Il progetto "Sturzo" prevede la realizzazione di una cittadella assistita, destinata al reinserimento sociale dei detenuti in fase finale della pena ed alle loro famiglie che, fatto unico in Europa, vivranno insieme ai detenuti presso il Fondo, per partecipare ad un programma triennale alternativo alla carcerazione, in vista di una piena riabilitazione.

Entro 5 anni, la cittadella potrà ospitare in una ventina di appartamenti, altrettanti detenuti regolarmente pagati, i quali collaboreranno con operatori sociali e volontari, in attività agricole e zootecniche.

È prevista la creazione di laboratori di trasformazione dei prodotti, di ambienti di socializzazione (e a questo punto dovrà essere risolto anche il problema dell’istruzione dei figli, ma la vicina Caltagirone offre ampie possibilità) e di espressione religiosa. Speriamo in una pronta proliferazione dell’iniziativa in altre regioni italiane.

Catania: scacchi per i detenuti, domani torneo tra gli alunni

 

La Sicilia, 3 dicembre 2004

 

Lo sport è un elemento importante nella rieducazione e per rendere più sopportabile la vita carceraria negli istituti penitenziari. Un progetto di formazione scacchistica ha coinvolto i detenuti della Casa circondariale "Bicocca", che hanno partecipato ad un corso di quindici ore, organizzato dalla "Federazione scacchistica Sicilia".

A completamento del corso, tenuto dal maestro russo Igor Naumkyn, domani venerdì, alle ore 10.30, si svolgerà un torneo tra gli alunni. Su invito del direttore della Casa circondariale, Giovanni Rizza, assisteranno alla manifestazione il presidente della Provincia regionale Raffaele Lombardo e l’assessore alla Pubblica istruzione Salvo Panebianco.

"Non bisogna restare indifferenti agli aspetti rieducativi dello sport - ha dichiarato Lombardo - le basi per il reinserimento nella società stanno nel binomio sport e solidarietà. Come amministratori, abbiamo già mostrato attenzione ai problemi dei detenuti, soprattutto se minori, ai fini del loro recupero. Questa ci sembra una via giusta, che continueremo a percorrere".

Caltanissetta: liceali del "M. Ausiliatrice" incontrano i detenuti

 

La Sicilia, 3 dicembre 2004

 

Nei giorni scorsi, presso la casa di reclusione di San Cataldo, si è svolto il secondo degli incontri, a carattere formativo, programmati tra i detenuti del locale carcere e gli studenti liceali dell’Istituto"Maria Ausiliatrice", ospitati nell’auditorium annesso al penitenziario. Tema di discussione e confronto, la morte. S’è assistito ad uno sciorinare di testimonianze da parte dei detenuti, i quali hanno dimostrato, di possedere spiccate doti di sensibilità. A seguire brevi interventi da parte di due psicologhe, la dott.ssa Sonia Cazzotta e la dott.ssa Mariella Buono, le quali hanno inquadrato il tema della morte dal punto di vista storico - mitologico, superstizioso tradizional-popolare.

Subito dopo il Dott. Michele Lapis, educatore, ha recitato, di fronte ad attenti spettatori, la celeberrima poesia dell’indimenticabile "principe della risata", al secolo Totò, "a livella", rimarcando il fatto che innanzi alla dea nera con la falce, si è tutti uguali, senza titoli o natali illustri che tengano. Il momento più coinvolgente,e sicuramente più gradito agli occhi dei presenti, si è avuto con il balletto classico eseguito dalle ragazze del terzo anno, le quali hanno strappato lunghi e convinti applausi da parte di tutti.

Prima dei saluti e del ritorno alla vita solitaria di ogni giorno, i detenuti hanno ricevuto elogi e parole di conforto da parte di Suor Maria Carletta e dell’Educatore Lapis e i calorosi applausi di tutti gli studenti, quasi a voler sottolineare che chi ha sbagliato nei confronti della società, ed è stato punito per quanto fatto, non può e non deve essere posto nel "dimenticatoio della civiltà". Un prossimo incontro si terrà prima delle vacanze natalizie.

Como: è nata la colletta libraria, 500 volumi per i carcerati

 

Provincia di Como, 3 dicembre 2004

 

Potremmo chiamarla "colletta libraria". Si perché il meccanismo è uguale a quello della colletta alimentare: chi va a fare la spesa riempie un sacchetto anche per chi non può permetterselo. In questo caso, invece, compra un libro per i detenuti del Bassone.

L’iniziativa è della libreria Colombre di Erba, che domani alle 21 consegnerà altri 200 volumi a un’operatrice del carcere, in concomitanza con la presentazione di un’antologia benefica a favore del centro per disabili gravi "Sim-Patia" di Valmorea. Nei mesi scorsi i clienti della libreria erbese avevano già acquistato 300 libri, puntualmente passati ai detenuti.

Il progetto "Regala un libro alla Biblioteca del Carcere" era nato in seguito a un incontro sul tema "Disagio e letteratura" organizzata dalla Colombre nel dicembre 2003 e continuerà nei prossimi mesi. L’antologia che si presenta stasera (in via Plinio 27 a Erba) si intitola "Di-versi" ed è curata dal critico comasco Vincenzo Guarracino, che interverrà assieme ad alcuni poeti del territorio: Mauro Fogliaresi, Giuliano Beretta, Serena Scionti, Marialuisa de Romans e Alina Rizzi.

Usa: fuori videogame dalle prigioni, sono troppo violenti

 

Punto Informatico, 3 dicembre 2004

 

O almeno alcuni, quelli più violenti. Succede nel Missouri, dove le autorità locali non vogliono che i detenuti passino il loro tempo tra le violenze dei game di nuova generazione. I genitori, che per lungo tempo sono stati chiamati in causa dai produttori di videogiochi perché spetta a loro sorvegliare quel che fanno i propri figli,non saranno più gli unici a doversi preoccupare di cosa contengono e come funzionano i videogame in circolazione.

Nel Missouri le autorità della polizia penitenziaria di Jefferson City hanno infatti stabilito di ritirare decine dei giochi messi a disposizione nella sala dedicata della prigione locale. Su circa 80 titoli disponibili per Playstation, 35 sono stati ritirati nelle scorse ore. A loro dire, giochi come Hitman: Contracts, si presentano con un contenuto di violenza, omicidi, furti e stupri che non favoriscono la rieducazione dei detenuti.

Il sovraintendente del penitenziario di massima sicurezza aperto di recente, Dave Dormire, ha spiegato ai giornalisti che "fin qui non avevamo analizzato in profondità la cosa. Ci era stato detto che questi giochi offrono una violenza da cartone animato". Una visione a suo dire "edulcorata" rispetto al realismo raggiunto da molti dei titoli oggi in commercio.

La posizione di Dormire è tutt’altro che isolata. Con lui, oltre a psicologi locali, sembra essere d’accordo anche il Governatore del Missouri, Bob Holden. Una sua portavoce ha infatti fatto sapere che giochi violenti sono, secondo il Governo, inappropriati per i detenuti.

Il sovrintendente di Jefferson City ha comunque voluto sottolineare che ci sono tutta una serie di altri giochi, come quelli legati alle attività sportive o alla fantascienza, che non solo non sono violenti ma risultano utili a mantenere un clima di tranquillità tra le mura del carcere.

Calabria: master "Criminalità, devianza e sistema penitenziario"

 

Comunicato stampa, 3 dicembre 2004

 

La criminologia, la sociologia e il diritto sono le discipline cardine del Master, che intende offrire molteplici approcci di studio utili alla comprensione dei fenomeni delittuosi. Nelle discipline suddette confluiscono, integrandosi, dati, conoscenze e metodi provenienti dai diversi campi del sapere, per esempio psicologico e medico. Inoltre, il Master prevede l’approfondimento di alcune tematiche del servizio sociale, al fine di offrire un nuovo modo di intendere la prevenzione del crimine, così come di aiutare a predisporre strumenti trattamentali e di reinserimento adeguati alla realtà attuale.

Il Master rappresenta un’occasione mirata di accrescimento di competenze specifiche rivolto a coloro che, per professione o per vocazione intellettuale, sono interessati alle condotte criminali e alle relative risposte punitive e trattamentali.

L’accesso al Master è aperto a laureati con laurea specialistica (o con diploma di laurea conseguito secondo il precedente ordinamento) in: Giurisprudenza, Scienze politiche, Scienze della formazione, Psicologia, Sociologia, Filosofia, Medicina, Programmazione e Gestione delle Politiche e dei Servizi Sociali, Scienze delle Politiche e dei Servizi Sociali, Economia e Scienze Economiche e Sociali ed equipollenti.

L’offerta formativa è rivolta anche a funzionari laureati delle diverse aree dell’Amministrazione Penitenziaria, ai quali è riservata una quota di partecipazione pari al 20%.

Al Master è ammesso un numero massimo di 60 allievi e la sua attivazione è subordinata al raggiungimento di un numero minimo di 30. Qualora le domande superassero il numero dei posti disponibili si procederà alla compilazione di una graduatoria sulla base dei titoli e di una prova selettiva.

Il Master si articola in 12 moduli di insegnamento di 20 ore ciascuno, approfondimenti contenutistici, attività di tirocinio e discussione finale di un elaborato scritto. L’espletamento del totale delle attività previste dal Master permette di conseguire 60 crediti formativi. Il costo complessivo del corso di Master è di € 1.250,00 da pagarsi in due soluzioni. Per il bando completo e il modulo di domanda: http://scienzepolitiche.unical.it; http://www.unical.it/portale/strutture/facolta/scipol/

 

 

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