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Lettera aperta dal carcere a Giuliano Zincone...
In risposta all’articolo: "La gabbia": due platee nel carcere di Rebibbia
Egregio Dottor Zincone, ho letto il suo articolo sul Corriere della Sera a proposito dello spettacolo teatrale "La Gabbia" di Salierno, presentato nel carcere di Rebibbia. Sono contento che tutti i suoi luoghi comuni su chi sta in carcere siano franati e che abbia scoperto qualcosa che non immaginava. È giusto abbattere definitivamente quell’immagine "poverina" del criminale dietro le sbarre che si pente e piange il suo dolore per gli sbagli commessi. La realtà è un po’ più variegata e complessa e però supera sicuramente anche quello che lei ha percepito dai testi messi in scena e dai contributi della platea di detenuti presenti allo spettacolo. Le lascio qualche pensiero per stimolarla a continuare a riflettere. I cattivi non sono tutti in gabbia o perseguitati dalla legge, fuori non sono poi tutti così buoni, in carcere non sono tutti irriducibili e arroganti. Certo, chi conosce bene il carcere sa che oggi è un concentrato di emarginazione e disagio sociale più che di cattiveria e non è spesso quel disagio poverino che chiede pietà, che si pente, talvolta è quasi impresentabile a chi vuole compatire. C’è anche gente – pochi – che apparentemente tanto disagiati non sono, hanno soldi, famiglie, potere. Ognuno di loro resta comunque una persona con una storia umana, bella o brutta che sia. Forse abbattere tutti i luoghi comuni e superare una concezione manichea dell’animo umano è l’unico sistema per arrivare alla conoscenza e mantenersi nella direzione della verità. A lei, che dell’informazione è un professionista, chiedo un po’ più di pazienza nel cammino per farsi un’opinione sui detenuti e un po’ di prudenza, perché è facile passare da un luogo comune ad un altro e continuare a capirci poco. Gli stereotipi presi acriticamente sono delle gabbie pericolose per chi è fuori come per chi è dentro il carcere.
Stefano Bentivogli Detenuto della Redazione di Ristretti Orizzonti Giornale dalla Casa di Reclusione Due Palazzi – Padova Giuliano Zincone: "La gabbia", due platee nel carcere di Rebibbia
Corriere della Sera, 19 dicembre 2004
Nel carcere romano di Rebibbia si recita La gabbia, testo del sociologo Giulio Salierno, grande esperto di galere non soltanto perché le ha studiate, ma soprattutto perché c’è stato. La platea è divisa in due ranghi. Davanti siedono gli ospiti innocenti, dietro ci sono circa 300 detenuti. Dal palcoscenico, gli attori vomitano monologhi scandalosi e violentissimi contro il sistema penitenziario. I galeotti applaudono ("Brava, hai detto la verità!"), sotto gli sguardi impassibili delle guardie. L’atmosfera è surreale, anzi surrealista. Tutta la forza di questa recita è nella sua "crudeltà" intellettuale: quando si esce dal teatro/carcere, non sarà più possibile riposarsi nelle vecchie convinzioni, non si potrà più credere ai maestri di pensiero che descrivono la società non come è, ma come la vorrebbero. Perché le testimonianze, tutte vere, di questo spettacolo, rovesciano radicalmente i luoghi comuni che imbozzolano le storie dei delinquenti. Innanzitutto, nessuno dei protagonisti criminali si pente di ciò che ha fatto. I più, anzi, se ne vantano. Ecco il mafioso che rivendica l’utilità sociale delle sue imprese: "Creavo ricchezza, davo lavoro, fornivo alle persone perbene i servizi che loro si vergognano di gestire". Ed ecco il camorrista innamorato di Cutolo, che "ha creato una comunità, una famiglia, un reddito sicuro per migliaia di giovani". Ovviamente il reddito non è affatto sicuro e la vita dei "guagliun ‘e malavita" è rischiosissima, come dimostrano le cronache recenti. E lo spettacolo va avanti: pugni nello stomaco per l’ ospite innocente. C’è il killer professionista che non prova alcuna emozione, quando ammazza uno sconosciuto. Freddo come lui è il rivoluzionario sudamericano, che finanzia la sua banda guerrigliera con i sequestri di persona. Parlano due donne. Una è criminale, l’altra è soltanto puttana. La prima canta la propria gioia, quando impugna la pistola per fare una rapina. Questo sentimento di potenza, grida, è più forte di un orgasmo. La seconda, albanese, sostiene che col suo lavoro mantiene anche noi italiani. Perché? Perché lei e le sue colleghe sono cinquemila e mandano in patria milioni di euro ogni anno. Così contribuiscono alla rinascita economica del loro Paese, con una cifra che, a quanto pare, è il doppio di quel che l’Italia investe per la Cooperazione allo sviluppo. La prostituta, insomma, contribuisce a farci risparmiare. Ed è felicissima del suo mestiere, perché può guadagnare fino a mille euro al giorno, mentre le operaie albanesi ne prendono cento al mese, quando va bene. La platea degli innocenti incassa queste raffiche, stupefatta e ferita. I carcerati applaudono, lieti di sentir proclamata la normalità del crimine insieme con l’orgoglio della devianza. La galera e l’astinenza, nel frattempo, li hanno imbalsamati. Se appare una donna sul proscenio, sghignazzano e commentano come i loro coetanei degli anni Cinquanta, quando ogni branco di maschi si sentiva obbligato a ostentare la propria virilità repressa. "Io non sono cattiva", recita una signorina al proscenio. "No, tu nun sei cattiva, sei bbona", risponde subito un recluso. Fuori, in una qualsiasi via del Corso, passeggiano centinaia di minigonne generose. E nessuno si volta a guardarle. Emilio Di Somma: Cassa Ammende, restituiamo tutto Intervista realizzata da Stefano Arduini
Vita, 23 dicembre 2004
La Cassa Ammende, riformata nel 2000, è un fondo regolato dall’articolo 129 del regolamento penitenziario che prevede che queste risorse (circa 80 milioni di euro) provenienti dal pagamento di ammende e multe oggetto di sentenze penati di condanna, siano impegnate in programmi di reinserimento sociale e professionale dei detenuti. Fino all’inizio del 2004 la Cassa è rimasta inutilizzabile a causa della mancanza di un regolamento attuativo, emanato il 26 febbraio scorso. A questo punto doveva essere tutto a posto. E invece nessun progetto presentato da associazioni esterne al Dap è stato mai nemmeno esaminato, senza che fosse fornita alcuna motivazione, benché la legge preveda questa possibilità. Un muro di silenzio infranto dall’impegno che il vice capo dell’amministrazione penitenziaria si è assunto con l’intervista a Vita. Si aprono le serrature della Cassa Ammende. A una settimana dall’inchiesta di Vita, che denunciava il congelamento del fondo destinato al sostegno lavorativo dei detenuti (circa 80 milioni di euro), il vice capo del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nonché vice presidente della stessa Cassa Ammende, Emilio Di Somma annuncia al nostro settimanale che "i primi progetti privati saranno finanziati dal consiglio di amministrazione del prossimo gennaio".
Finalmente, stavamo iniziando a perdere le speranze. Quei soldi sono risorse dei detenuti ed è giusto che vadano a loro vantaggio.
Quanti progetti state esaminando? La maggior parte ci sono stati solo preannunciati, ma non sono ancora arrivati.
In che modo avete pubblicizzato l’esistenza della Cassa Ammende? Il 30 luglio abbiamo inviato una circolare a tutte le strutture periferiche dell’amministrazione penitenziaria.
E i privati? Non abbiamo mai fatto mistero dell’esistenza di questo fondo. E il fatto che i progetti stanno arrivando significa che la questione è nota.
Intanto però, e ben prima di questa estate, sono stati approvati due progetti, entrambi dal Dap. Com’è stato possibile? In realtà è stato approvato un solo progetto, promosso dalla direzione generale dei detenuti in trattamento. L’approvazione definitiva è avvenuta nell’ultima seduta del consiglio di amministrazione di fine novembre e quindi dopo il via libera al regolamento, emanato il 26 febbraio scorso. L’altro progetto, quello riguardante la telemedicina, del valore di 3 milioni di euro, invece è stato sospeso per approfondimenti.
Perché in occasione di quella seduta del consiglio di amministrazione non avete esaminato proposte provenienti da altri enti? Quello sulla psichiatria era un progetto presentato con largo anticipo, e poi le iniziative dell’amministrazione hanno per legge la precedenza rispetto ai privati. Teniamo presente che nel consiglio di amministrazione che esamina le proposte siedono anche rappresentanti esterni, primo fra tutti il delegato del ministero degli Esteri. Non abbiamo nulla da nascondere.
Però la Cassa Ammende serve per favorire l’inserimento lavorativo dei detenuti. L’importante è che questi soldi siano spesi in favore della popolazione detenuta. Poi, certo, i progetto devono avere una ricaduta nella vita professionale dei carcerati. In questo caso i detenuti con problemi psichiatrici saranno anche utilizzati per il riordino di alcune strutture. Per questa mansione saranno pagati proprio dalla Cassa Ammende.
Precedenza all’amministrazione penitenziaria significa che per le associazioni gli spazi sono chiusi? Non vuol dire soffocare gli spazi per il privato sociale. Anzi. Considerate le difficoltà che il pubblico incontra nel creare occasioni di lavoro che offrano uno sbocco anche dopo la carcerazione penso che le associazioni su questo terreno possano essere protagoniste.
Quindi, se un’associazione volesse presentare un progetto, cosa deve fare? Chiamare la segretaria della Cassa Ammende, qui al Dap, al numero 06.665911. Basilicata: iniziative settimana ambientale a Melfi e Matera
Adnkronos, 23 dicembre 2004
La Basilicata aderisce all’iniziativa del Dap (Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria) del Ministero della Giustizia che ha organizzato dal 18 al 24 dicembre la Settimana per il recupero del patrimonio ambientale. Domani, a Melfi, una decina di detenuti della casa circondariale effettueranno un intervento di pulizia e piccola manutenzione del primo tratto del sentiero che da Melfi conduce a Rapolla, all’altezza della porta Venosina. Roma: da 15 anni la guida "dove mangiare, dormire, lavarsi"
Redattore Sociale, 23 dicembre 2004
Compie 15 anni la guida "Dove mangiare, dormire, lavarsi", curata dalla Comunità di Sant’Egidio per gli homeless che gravitano e vivono nella capitale; stampata in 15mila copie, ha 30 pagine in più (175 in totale) rispetto all’edizione 2003. Il manuale, corredato dalla Nuova Mappa di Roma con gli indirizzi utili, è stato presentato questa mattina presso la mensa di via Dandolo, gestita dalla Comunità. La "guida alla sopravvivenza nella città di Roma", chiamata anche "Guida Michelin dei poveri", contiene numerosi nuovi indirizzi e sezioni e rappresenta uno dei "regali di Natale" della Comunità per chi vive in strada o al di sotto della soglia di povertà nella Capitale. Sarà pubblicata una versione anche a Firenze, Genova e Barcellona. Il testo (in italiano, ma con i simboli internazionali) è suddiviso in 12 grandi sezioni: mangiare, dormire, lavarsi, curarsi, centri di ascolto, assistenza sociale, assistenza sanitaria, lavoro, pensioni, casa, servizi per stranieri, trasporti. Il pratico manualetto tascabile sarà distribuito nei centri di accoglienza, presso le associazioni e le istituzioni che si occupano di persone senza dimora. In questi giorni è fitto il calendario di appuntamenti proposto da Sant’Egidio ai poveri della città. Il giorno di Natale in 34 punti di Roma i volontari celebreranno la nascita di Gesù con le persone bisognose e sole: oltre 2mila solo nella zona di Trastevere, circa 5mila nella città. Per il 31 dicembre, in collaborazione con "Musica per Roma", l’appuntamento è all’Auditorium, dove i poveri festeggeranno il Capodanno con una cena, un concerto di gospel, un circo sul ghiaccio e i fuochi d’artificio. Il 1° gennaio alle ore 10.30 è in programma una marcia per la pace "per ricordare tutte le terre che soffrono per la guerra e il terrorismo", che partirà da piazza della Chiesa Nuova per concludersi in piazza San Pietro, dove i partecipanti ascolteranno il messaggio di Giovanni Paolo II, nella Giornata internazionale della pace. Roma: Comunità S. Egidio assiste 1.650 persone senza dimora
Redattore Sociale, 23 dicembre 2004
Il servizio sulla strada svolto dalla Comunità di Sant’Egidio: quest’anno i volontari hanno raggiunto 1.650 persone senza dimora (1.400 nel 2003) in 75 punti diversi della città, ma se ne stimano 4mila. Solo una piccola parte dorme nei centri di accoglienza in convenzione con il Comune di Roma, che ha messo a disposizione 1.500 posti, 700 in meno rispetto al 2003, ma in questi giorni "sono in corso nuove convenzioni per aprire altri centri di accoglienza temporanea". Lo ha annunciato Mario Marazziti, portavoce della Comunità, durante la conferenza stampa svoltasi questa mattina presso la mensa di via Dandolo. "È in atto una polverizzazione della povertà, meno visibile e più difficile da raggiungere – ha proseguito -. Sta avvenendo un imbarbarimento e indurimento della vita anche per chi sta meglio dei poveri, con il rischio che si riducano le reti di solidarietà e che si veda in chi è più povero un possibile concorrente o avversario". Ogni settimana circa 600 volontari di Sant’Egidio sono coinvolti nella distribuzione di cibo e bevande alle persone che vivono sulla strada; i pasti sono preparati da 400 persone. Ma gli homeless sono sempre più dispersi in tutta la capitale, in ogni municipio, nelle periferie, "dove si verificano frizioni sociali - ha riferito Marazziti -. La città deve chiedesi come adottare il povero sotto casa: non è un problema solo del Comune o dei fondi regionali, ma una responsabilità personale dei cittadini". Il centro di accoglienza per gli italiani gestito dalla Comunità ha accolto per la prima volta quest’anno 497 persone; il 38% ha più di 65 anni, mentre nel ‘99 gli anziani erano il 18%. Il 30% degli ospiti del centro è una famiglia in difficoltà, il 29% dei casi riguarda persone senza dimora e il 3% invalidi. Sempre quest’anno, San’Egidio ha distribuito ai poveri 10mila coperte, 50mila pacchi di viveri (per un valore complessivo di 500mila euro) e 50 tonnellate di vestiario. Nel 2004 5.847 persone sono andate per la prima volta alla mensa per i poveri della Comunità: 365 sono italiane (+14% rispetto allo scorso anno), 5.482 straniere (-19%). Forte incremento dei connazionali over 65: circa l’8%, raddoppiati in un decennio (nel ‘94 erano il 3,7%). Se il 32% degli immigrati frequenta la mensa da 1 a 3 mesi, per gli italiani è più difficile uscire dal disagio (il 28% va alla mensa da oltre 4 anni, invece gli stranieri sono il 4,3%). I dati sono stati resi noti stamane presso la mensa di via Dandolo, gestita dalla Comunità di Sant’Egidio, durante una conferenza stampa convocata per la presentazione della 15° edizione della guida "Dove mangiare, dormire, lavarsi". Gli anziani frequentano la mensa più a lungo rispetto a giovani; complessivamente gli ospiti sono stati oltre 10mila nel 2004, e dal 1988 ad oggi oltre 130mila persone diverse hanno mangiato a via Dandolo. In particolare, quest’anno hanno consumato il pasto alla mensa 200 italiani in più rispetto al 2003. "Gli immigrati frequentano la mensa per meno tempo rispetto agli italiani - ha notato Mario Marazziti, portavoce della Comunità -, perché hanno una maggiore forza ed energia nel ricostruirsi una vita normale". Tra i connazionali che frequentano la mensa, 3 su 10 sono famiglie e altrettanti gli homeless; in aumento anche gli anziani "che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, hanno una casa ma non riescono a comprare il necessario per vivere: sono un volto delle nuove povertà, anche se non estreme". Firenze: Passaleva regala "Fuori binario" a consiglio e giunta
Redattore Sociale, 23 dicembre 2004
Un abbonamento a "Fuori binario", il giornale di strada che esce ogni mese a Firenze, è l’originale dono natalizio che il vicepresidente della Regione Toscana Angelo Passaleva ha indirizzato a tutti i colleghi della giunta e del consiglio regionale. "Fuori binario" da dieci anni raccoglie articoli, poesie, testimonianze dei senza dimora, e permette a diversi di loro, attraverso la vendita per strada, di avere una fonte di reddito necessaria per sopravvivere. "L’abbonamento – ha spiegato Passaleva – è un mio personale gesto di partecipazione a una piccola ma importante esperienza auto gestita e auto finanziata che racconta storie e vicende, sconfitte e speranze di un ‘popolo’ particolare e scomodo: quello dei senza fissa dimora, le persone che non ce la fanno a reggere il ritmo di una esistenza normale". "In una fase storica – ha proseguito il vicepresidente – nella quale le cronache giornalistiche raccontano sempre più spesso vicende legate alle vecchie e nuove povertà, l’impegno della Regione Toscana contro l’esclusione sociale si concretizza anche nella diretta partecipazione a Retis, la rete europea per l’inclusione sociale". Ma l’abbonamento a Fuori binario, ha concluso Passaleva, esprime anche un augurio: l’augurio di un Natale di serenità e di impegno. Milano: festa di Natale per i clochard alla Stazione Centrale
Redattore Sociale, 23 dicembre 2004
Una Santa Messa e festa di Natale per i senzatetto: è l’iniziativa dei City Angels, i volontari di strada d’emergenza in basco blu e giubba rossa, in collaborazione con il comitato Milano per l’Uomo. L’evento si svolgerà la vigilia di Natale, venerdì 24 dicembre, alle ore 15. La Messa sarà celebrata da Don Antonio Mazzi. Subito dopo, verso le 15,30, inizierà la festa di Natale per gli emarginati, con distribuzione di panettoni, dolci, generi alimentari vari, bibite e regali. Verranno anche distribuiti pacchi regalo e sacchi a pelo da parte dell’azienda The North Face. E dalle 16 alle 18, presso il Dopolavoro Ferroviario della Stazione in via Tonale, Sos Exodus organizza un concerto della Bar Boon Band, la banda musicale composta da clochard creata da Maurizio Rotaris. "Vogliamo portare lo spirito del Natale a chi, sotto le feste, si sente ancora più emarginato, perché è povero e solo mentre gli altri festeggiano" spiega Mario Furlan, fondatore dei City Angels. Lo stesso Furlan invita i milanesi a partecipare portando un pensierino per un emarginato: " Sarà un modo per rendere il Natale più bello per lui e per voi". Isili: detenuti della colonia piantano decine di alberi
L’Unione Sarda, 23 dicembre 2004
La proposta del Ministero dell’ambiente che dal 18 al 24 dicembre ha indetto "La settimana del recupero ambientale" è stata accolta con grande entusiasmo dai detenuti della colonia agricola di Isili. Tra martedì e mercoledì sei giovani stranieri tra i 26 e i 40 anni in permesso premio autorizzato dal magistrato competente si sono recati nelle due zone della piscina comunale e in località "Asusa", dietro il nuraghe di Isili, dove sono state piantate numerose piante di leccio provenienti dalla colonia. Nonostante le gelide giornate di dicembre il gruppo ha lavorato sodo, in stretta collaborazione con gli operai del Comune, fino all’ora di pranzo. Ieri la manifestazione si è conclusa con un invito a pranzo nel podere del sindaco Salvatore Pala, che ha ospitato tutti i partecipanti all’iniziativa, dai detenuti ai diversi operatori della colonia e del Comune. "Dietro questo gesto di collaborazione ci sono tanti significati - spiega il direttore della colonia Marco Porcu - a partire dalla volontà di queste persone di sentirsi utili per la comunità". Iniziative che oggi fanno notizia ma che nel 1800 erano frequenti. "Si prestava la propria opera a favore della comunità - ricorda Pala -, ma nei decenni scorsi questo tipo di manifestazioni è andato in disuso". Il primo cittadino ha anche annunciato l’intenzione di presentare richiesta al ministero perché vengano concessi finanziamenti per la creazione di gruppi di lavoro e di collaborazione con gli ospiti della colonia, sempre nell’ottica dell’inserimento di queste persone all’interno della comunità, affinché non si sentano isolati. La collaborazione con gli enti locali, dall’amministrazione comunale alla Comunità montana , alle varie associazioni, è un punto fondamentale per il direttore della colonia, Marco Porcu. Tante altre attività sono in programma, le idee non mancano e la voglia di fare è sempre tanta, come l’entusiasmo dei detenuti. Alla settimana ecologica, oltre alla colonia di Isili, hanno inoltre aderito i detenuti della colonia penale di Mamone diretta da Vincenzo Alastra, che nei giorni scorsi hanno anche rinunciato ai permessi premio per partecipare alle operazioni di bonifica a Galtellì, uno dei centri più colpiti dalla recente alluvione. Francia: in carcere dottor Hamer, padre della "nuova medicina"
Italiasalute.it, 23 dicembre 2004
È ancora in carcere in Francia il fondatore della "nuova medicina" e si moltiplicano le iniziative, anche in Italia, per indurre Chirac a concedere la grazia. Il dottor Ryke Geerd Hamer, autore di Testamento per una nuova medicina, in cui spiega il suo modo rivoluzionario di vedere e combattere il cancro, il 9 settembre 2004 è stato arrestato e portato in un carcere di Madrid, su mandato dell’autorità giudiziaria francese che non ha mai visto di buon occhio la sua attività che contraddice gli assiomi attuali del mondo della medicina. Il dottor Ryke Geerd Hamer, ha radicalmente trasformato il corso della sua ricerca e attività professionale dopo aver sviluppato un tumore in seguito a un fortissimo trauma emotivo (suo figlio è stato ucciso accidentalmente da una fucilata di un discendente dei Savoia, nel ‘78). Poco dopo la morte Hamer si ammalò di cancro ai testicoli. Lavorando come primario in ginecologia nella clinica oncologica universitaria di Monaco, gli venne il dubbio che la sua malattia potesse essere in rapporto allo choc della morte di suo figlio e quindi che il suo tumore al testicolo non fosse scaturito da una "cellula impazzita", ma dovesse essere in relazione al cervello. Chiese ai suoi pazienti se anch’essi avessero vissuto un avvenimento terribile e scoprì che tutti, in effetti, avevano subito un evento traumatico prima di ammalarsi. Hamer giunse all’elaborazione di cinque leggi biologiche che spiegano come psiche, cervello e organi siano tre livelli dello stesso organismo. Questa visione implica comporta un globale capovolgimento della comprensione diagnostica che porta ad una diversa comprensione della genesi delle malattie e in particolare del cancro. L’apprendimento della sua visione permette al paziente di non sentirsi più congelato dalla paura e dal panico di fronte alla propria malattia. L’effettiva e reale comprensione e, di conseguenza, la fiducia nell’intelligenza infinita della Natura, lo può mettere in condizione di eliminare la sensazione di impotenza di fronte ad una diagnosi apparentemente ineluttabile: da quell’idea appiccicosa del presunto "brutto male che lo rode dall’interno e da cui apparentemente non ha scampo. Nell’ottobre 1981, quando volle portare la sua scoperta ad una conferenza medica, il dott. Hamer fu richiamato dal direttore della clinica e posto davanti alla scelta di negare le sue scoperte o di lasciare la clinica. Non potendo certo rinnegare i dati da lui raccolti e verificati, conscio dell’immenso potenziale di beneficio per tutti i pazienti contenuto nelle sue scoperte, decide, suo malgrado di lasciare la clinica. Prima di partire riuscì a raccogliere i dati di tutti i suoi pazienti affetti da cancro ed i relativi risultati. Egli presentò quindi la sua ricerca all’università di Tubingen e Heidelberg, dove insegnava da diversi anni, allo scopo di verificare la fondatezza delle sue scoperte a livello universitario. Pochi mesi dopo i decani dell’università respinsero in circostanze misteriose le sue teorie sulla correlazione tra cancro e psiche, senza nemmeno verificarne l’esattezza. Incurante delle opposizioni nazionale ed internazionali, degli attentati alla sua vita, dei 67 tentativi d’internamento psichiatrico forzato e alle campagne mediatiche calunniatrici, il dott. Hamer, dal canto suo, ha continuato l’assidua ricerca e verifica delle leggi biologiche da lui scoperte, indagato su più di 30mila pazienti e verificato in ogni caso l’esatta corrispondenza e fondatezza delle sue scoperte. Infine, il 11 settembre 1998, presso l’istituto oncologico S. Elisabetta a Bratislava e il dipartimento oncologico di Trnava si è proceduto alla verifica delle cinque leggi biologiche della Nuova Medicina a livello universitario, trovandole perfettamente confermate. Condannato per truffa, abuso ed esercizio illegale della professione medica, in quanto già precedentemente radiato dall'Ordine dei medici, il Dr. Ryke Geerd Hamer è stato recluso nel penitenziario di Malaga e poi di Madrid e trattato come un criminale pericoloso. Attualmente l'avvocato che difende il Dr. Hamer sta cercando di ottenerne la scarcerazione, sulla base della confutazione dell’immotivato e presunto pericolo di fuga, e sulla mancanza dei presupposti dell'esecutività della sentenza. In tutta Europa vi sono mobilitazioni per la sua scarcerazione e riabilitazione. Ecco come A.L.B.A., Associazione Leggi Biologiche Applicate, dava notizia della detenzione del dottor Hamer: "Per l’ennesima volta il braccio di potere di una parte della classe medica, ottusa all’evidenza scientifica e reticente alla semplice possibilità di verificare le scoperte scientifiche del dottor Hamer, ha perpetrato, tramite una denuncia dell’Ordine francese dei medici, un atto ingiusto e violento nei confronti del medico tedesco, riuscendo a rinchiuderlo in un carcere spagnolo, per la successiva estradizione in Francia. Tutti conosciamo le motivazioni opportunistiche che alimentano questa pervicace e ostinata persecuzione nei confronti di un uomo al quale il genere umano intero, un giorno, dovrà rendere merito per le sue scoperte e le sue sofferenze. Ma le verità scientifiche divulgate dal dottor Hamer hanno già messo radici profonde e a noi spetta il compito di contribuire a far crescere questo albero della vita. L’associazione A.L.B.A., tramite i suoi organi deliberanti e tutti i suoi associati, rivolge un appello a tutti coloro che, in qualità di medici, terapeuti, pazienti o semplici conoscitori delle leggi biologiche scoperte dal dottor Hamer, possano unirsi in un’azione comune di sostegno e di difesa. Chiediamo pertanto a tutti di manifestare la propria testimonianza e consenso attraverso l’invio di una e-mail, o a mezzo posta/fax agli indirizzi riportati in calce, utilizzando il fac-simile della lettera da scaricare qui sotto. Ciascuno potrà aggiungere osservazioni o esperienze personali a supporto della propria dichiarazione. Lo sforzo di tutti contribuirà a costituire la giusta premessa per un’azione legale a livello europeo e mondiale per richiedere semplicemente il riconoscimento scientifico delle scoperte del dott. Hamer, dopo la necessaria verifica nelle sedi più opportune." Il Dottor Hamer è stato estradato in Francia e non ha ancora avuto l’opportunità di parlare con un avvocato, parenti o amici. L’ambasciata tedesca in Francia, ha semplicemente mandato una delegazione. Ciò costituisce, secondo quanto riportato dal sito web Laleva.org, che sta seguendo passo dopo passo la vicenda, una violazione di diritti: diritti della Comunità Europea, diritti Internazionali, diritti umani. Il Coordinamento per la libertà di Coscienza (http://www.coordiap.com) la versione francese di una futura federazione italiana di associazioni per la libertà di scelta terapeutica ha lanciato un’iniziativa su Internet a favore di Hamer. Ecco parte del loro messaggio: "Ci sentiamo molto toccati dal caso del Dr. Hamer e vogliamo fare il massimo per lui. Vi scrivo perché sembrate già esservi attivati molto per aiutarlo. Vogliamo condurre una "cyber-azione" per la liberazione del Dott. Hamer. Una tale azione consiste nel far spedire da un massimo di persone la stessa richiesta verso una sola e stessa persona. Nel nostro caso, sarà il Presidente Chirac che dovrà ricevere migliaia di e-mail che chiedono la liberazione del Dr. Hamer. Noi abbiamo già contattato 200 gruppi per proporre questa stessa azione e stiamo aspettando la loro risposta. In Francia numerose cyber-azioni hanno già avuto luogo per diversi motivi (vedere http://www.coordiap.com. Con amicizia, Paul Vinel. A condurre un’iniziativa a favore del dottor Hamer in Italia è stato Alberto Mondini, presidente dell’ARPC, l’Associazione per la Ricerca e la Prevenzione del Cancro (AeRrePiCi), fondata a Torino nel 1992 con lo scopo di cercare e applicare nuove vie nella ricerca e nel trattamento dei tumori. Alberto Mondini è salito agli onori della cronaca recentemente per la trasmissione andata in onda il giorni 13 ottobre 2004 del Maurizio Costanzo Show, nel corso della quale è stata esposta, presenti in studio degli oncologi, la tesi secondo la quale la chemioterapia non offre alcun valido aiuto per la guarigione dei tumori, mentre esistono oggi delle valide alternative. Convinzione, a detta dell’associazione, supportata da serie ricerche scientifiche, pubblicazioni e il sostegno di scienziati di prim’ordine. Mondini afferma che nel corso della trasmissione è stato attaccato e minacciato di azioni giudiziarie. Ecco la traduzione in italiano della lettera che Mondini ha chiesto di spedire all’Eliseo per chiedere al Presidente della Repubblica francese la grazia per il dottor Hamer: "Sig. Presidente della Repubblica, la prego di voler portare un’attenzione tutta particolare sui motivi e sulle condizioni di detenzione del dott. Docteur Ryke Geerd Hamer (N° d’écrou 334750, bat D5 et Cellule M 29 à Fleury-Mérogis). Il dott. Hamer è stato arrestato in Spagna il 9 settembre 2004, poi instradato il 18 ottobre in Francia e incarcerato nella prigione di Fleury-Mérogis, dove inoltre ha subito un trattamento dei più inquietanti. Quest’uomo è stato incarcerato per il solo motivo delle sue ricerche, che offrono uno sguardo nuovo sulla genesi delle patologie sul loro trattamento. Egli sarà verosimilmente riconosciuto tra poco come un grandissimo medico e scienziato prestigioso che ha portato dei significativi avanzamenti alla scienza. I motivi della sua condanna a 3 anni di prigione sono: "esercizio illegale della professione medica"..."generico" (si intende che questo esercizio illegale sarebbe stato effettuato anche attraverso la semplice diffusione dei suoi libri!) e istigazione alla Nuova Medicina (già verificata anche a livello universitario dal 1998!) È chiaro in questo affare, signor Presidente, che i veri motivi della sua carcerazione sono dovuti ad un accanimento corporativo senza discernimento, così come di una campagna di disinformazione calunniosa condotta da certi dirigenti del corpo medico in Germania e in Francia, dopo i tentativi di validazione delle scoperte del dott. Hamer. In queste condizioni, si è fatto in modo di creare le peggiori mescolanze (ciarlatani, sette, ecc...) attorno ad una autentica scoperta scientifica degna di riconoscimento e di rispetto. Queste strategie sono state impiegate molte volte nella nostra storia per sbarrare la strada a grandi scoperte. È tempo di cambiare queste pratiche ai nostri giorni! Voi avete il potere, signor Presidente, di mettere rimedio oggi al caso Hamer... La mobilitazione per la liberazione del dott. Hamer e già partita, attraverso differenti collettivi di sostegno composti di persone di ogni orizzonte, che hanno avuto aiuto, da vicino o da lontano, dagli insegnamenti della Nuova Medicina. Dopo aver preso conoscenza di tutte le informazioni che voi giudicherete utili al fine di fare la sua intima convinzione, le chiedo solennemente, signor Presidente, in nome dei Diritti dell’Uomo e della Libertà di Coscienza, cari al suo impegno politico e all’identità della Francia nel mondo, di esercitare il suo potere di grazia alfine che il dott. Ryke Geerd Hamer sia istantaneamente liberato. Nell’attesa della sua decisione, la prego di accettare, signor Presidente, l’espressione della mia rispettosa considerazione". Perugia: arte e ceramica nel carcere di Spoleto...
Adnkronos, 23 dicembre 2004
Il progetto "Arte e ceramica, terre creative" è un’iniziativa attuata all’interno del carcere di Spoleto da Forris - ricerca e formazione, grazie ai finanziamenti del fondo sociale europeo, gestiti dalla provincia di Perugia, in favore del sostegno professionale rivolto ai detenuti. Con il supporto della direzione dell’amministrazione penitenziaria si sta, infatti, cercando di costruire, secondo le finalità del programma, un lavoro di rete per coinvolgere le varie realtà territoriali come il Comune, la scuola, le associazioni di volontariato, gli operatori sociali ed il mondo produttivo, con l’intento di favorire interventi utili al reinserimento dei reclusi nella comunità, oltre e nonostante le mura della prigione. Grazia parziale di Ciampi per gli ex vertici dell’Enel
Repubblica, 23 dicembre 2004
Il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha firmato la grazia parziale per Franco Viezzoli, 79 anni, e Giovanni Battista Zorzoli, 72, ex vertici dell’Enel, condannati per corruzione, rispettivamente, il 22 gennaio 1999, a 4 anni e 3 mesi e a 4 anni e 6 mesi. Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, si era pronunciato in modo favorevole alla concessione della grazia parziale, che ridurrà a tre gli anni rimasti da scontare a Viezzoli e Zorzoli. Una soluzione che apre loro la possibilità di chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. I due ex dirigenti avevano ottenuto la possibilità di sospendere la detenzione in carcere per motivi di salute. Ragusa: la dentista di Vittoria fu uccisa in carcere?
La Sicilia, 23 dicembre 2004
Accogliendo la istanza dei familiari (rappresentati dall'avv. Santino Garufi), la Procura della Repubblica di Milano (pm Giuseppe Calacicco) ha riaperto le indagini sulla morte del medico dentista vittoriese, Luisella Lami di 46 anni, arrestata nel marzo del 2003 per tentato uxoricidio e trovata impiccata, nel bagno di una cella multipla, a San Vittore, il 5 dicembre del 2003. Il tragico evento era stato archiviato come suicidio. Ora, a distanza di un anno è stata aperta una pratica per omicidio volontario a carico di ignoti. "Vogliamo che venga a galla la verità sulla morte della nostra congiunta - dice Laura Lami, pure lei medico, 44 anni, sorella della scomparsa -. Luisella non avrebbe avuto alcun motivo per togliersi la vita perché non vedeva l’ora che fosse fissato il processo per fare emergere la verità sui drammatici eventi che l’avevano portata in carcere". Luisella Lami, una volta separata dal marito, il medico Alberto Criscino, si era trasferita al Nord, dapprima a Piacenza e quindi a Milano. Il 6 marzo del 2003, giorno del suo compleanno, si era recata in casa del figlio (studente universitario) per invitarlo a cena; lì aveva trovato a sorpresa il marito. In uno scatto d’ira tirava fuori dalla borsa la pistola (che deteneva con regolare porto d’armi) e aveva sparato. L’uomo era stato colpito per fortuna in maniera non grave. La donna venne arrestata. A San Vittore si trovava perciò in attesa di giudizio. Era in cella con altre sei detenute. Aveva manifestato, scrivendo ai familiari, timori per lei e pericoli per i suoi due figli che tanto amava. Quel 5 dicembre venne trovata (lei piccolina) impiccata in maniera decisamente anomala, con un lenzuolo per cappio, legato alle sbarre di una finestra molto alta, senza alcuno sgabello. "Ci auguriamo - sostiene l’avv. Garufi - che questa volta venga fatta chiarezza sulla fine della povera Luisella". Modena: in Provincia i detenuti lavorano per l’ambiente
Sassuolo 2000, 23 dicembre 2004
"L’impiego dei detenuti per interventi di tutela ambientale si è dimostrata un’esperienza positiva che intendiamo riproporre con un progetto permanente". È questo il giudizio di Alberto Caldana, assessore all’Ambiente della Provincia di Modena, al termine dei lavori che hanno visto in questi giorni una trentina di detenuti della casa circondariale di S. Anna di Modena e della casa di reclusione e lavoro di Castelfranco impegnati nella pulizia lungo il Percorso Natura del Panaro. L’iniziativa - che si sono conclusi ieri con le ultime operazioni di sistemazione nel cantiere di Vignola - è stata organizzata dalla Provincia di Modena e dai responsabili dei due carceri modenesi, in collaborazione con il Consorzio di bonifica di Burana, nell’ambito della "Settimana del recupero ambientale", promossa fino al 24 dicembre dal Ministero della Giustizia per favorire il coinvolgimento dei detenuti in attività di salvaguardia della natura e che prevede interventi in tutta Italia. "I detenuti impegnati nel progetto - sottolinea Caldana - hanno dimostrato che la popolazione carceraria può essere una risorsa positiva per tutta la comunità, senza dimenticare che queste attività rappresentano anche un’occasione di reinserimento in vista della conclusione del periodo di reclusione". I detenuti del carcere di S. Anna che partecipano al progetto sono stati scelti tra quelli con un residuo di pena non superiore ai tre anni e che possono usufruire di permessi premio. Quelli del carcere di Castelfranco Emilia sono detenuti che hanno già scontato la pena ma devono rispettare ancora misure di sicurezza. A partire da lunedì scorso, 20 dicembre, sono stati eseguiti interventi di pulizia e ripristino lungo il Percorso Natura del Panaro a Spilamberto e Vignola e sui canali del Consorzio di bonifica di Burana, in particolare il canale S. Pietro a Spilamberto. Il lavoro, svolto gratuitamente, ha permesso di eliminare diversi rifiuti abbandonati, ripristinare gli scoli e sistemare complessivamente alcuni tratti del percorso, in particolare nella zona di Vignola, da anni meta abituale di numerosi cicloturisti. Milano: a S. Vittore i promotori di "Carcere, disastro annunciato"
Redattore Sociale, 23 dicembre 2004
Un momento di incontro, un gesto di vicinanza. Domani i promotori dell’appello "Carcere, un disastro annunciato", passeranno la vigilia di Natale con 25 detenuti nel carcere di San Vittore. "Non sarà un atto di buonismo, ma una giornata di lavoro" dice Giorgio Roversi, coordinatore del dipartimento Welfare della Cgil Lombardia. Oltre a scambiarsi gli auguri, i partecipanti si confronteranno sui problemi della vita in carcere, per proporre alla regione Lombardia una serie di emendamenti al Progetto di legge sulle persone private della libertà. Lo scorso 22 novembre un comitato composto da forze sociali, politiche e associazioni (da Cgil ad Arci, da Caritas a Gruppo Abele, dalle opposizioni in Consiglio regionale a cooperative ed educatori carcerari), lanciava l’appello "Carcere, un disastro annunciato", con tre conferenze stampa simultanee davanti ad altrettanti istituti di pena lombardi. I temi affrontati nell’appello, che denunciava la preoccupante situazione sanitaria delle carceri lombarde e la mancanza di diritti dei detenuti (vedi lanci del 9 e 11 novembre) verranno ripresi domani durante l’incontro a San Vittore. "Manca un’attenzione sistematica alla realtà del carcere da parte della stampa - dice Giorgio Roversi - . Per questo, in una giornata che di solito si trascorre in famiglia, andremo a passare qualche ora con chi trascorrerà il Natale in solitudine. Ma non vuole essere un atto di buonismo – sottolinea -: anzi, sarà una giornata di lavoro". I promotori dell’appello terranno un seminario con detenuti e operatori del carcere per discutere ed avere il loro contributo sui temi affrontati nell’appello (sanità in carcere, garante dei diritti, lavoro, ndr) e poi aprire un tavolo negoziale con le istituzioni locali, regionali e nazionali. Si discuterà anche il progetto di legge che la Regione Lombardia ha approvato in terza commissione sulle persone private della libertà, che verrà discusso in aula a metà gennaio. "I contributi dei detenuti saranno fondamentali per preparare gli emendamenti alla legge - dice Roversi -. Abbiamo già chiesto un’audizione alla Regione per presentare i contributi e le proposte delle associazioni". Il Comitato punta molto a diffondere presso tutti gli enti locali ‘istituzione del Garante delle persone private della libertà, accolta dalla provincia di Milano (vedi lancio del 22 novembre) ma finora respinta dalla Regione Lombardia con la motivazione che non è una figura prevista dalla legislazione nazionale", nonostante sia già presente in città come Roma, Bologna, Firenze, Torino e nella regione Lazio. Contenuto in una proposta di legge da tempo all’esame del Parlamento, Il Garante avrebbe il compito di prevenire i conflitti all’interno dei luoghi di detenzione, di soddisfare le esigenze dei detenuti, di controllare la legalità e, dove necessario, denunciare abusi e mancanze, oltre ad incentivare la comunicazione tra il mondo carcerario e il resto della società. Il seminario, a cui saranno presenti parlamentari, sindacalisti, consiglieri regionali e delle amministrazioni locali, si terrà dalle 10 alle 13 all’interno del carcere di San Vittore e si concluderà con una conferenza stampa. Lodi: diretta radiofonica e messaggi d’affetto ai detenuti
Redattore Sociale, 23 dicembre 2004
Due iniziative per ricordare il Natale di chi si trova in carcere: una diretta radiofonica su Radiolodi per portare saluti e messaggi d’affetto ai carcerati del penitenziario di Lodi e la proposta "Arrestate quel libro!", attraverso la quale i lodigiani potranno regalare ai detenuti un libro per Natale. Le due iniziative sono state ha organizzate dal gruppo di volontari che due anni fa ha dato vita a "Uomini Liberi", giornale realizzato all’interno del carcere di Lodi. "Uno strumento - spiega Andrea Ferrari di Uomini Liberi - che abbiamo pensato per far dialogare il carcere con l’esterno". L’iniziativa ha avuto successo, al punto che ogni mese, Il Cittadino di Lodi, quotidiano locale, ospita una pagina dedicata e scritta a e da i detenuti. "Ogni mese ci occupiamo di temi diversi che riguardano la realtà carceraria e non solo. Questo mese sarà un numero particolare: il mese scorso per la prima volta, a Lodi, un detenuto si è suicidato in cella. È un fatto che ha scosso molto i detenuti e che ha aperto un dibattito all’interno del carcere", dice Ferrari. Oltre al giornale, un modo per evadere sarà quello che andrà "in onda" con l’iniziativa di domani, Vigilia di Natale. Dalle 14.30 alle 16, infatti, Radiolodi (le frequenze su FM sono 100.5 per Lodi e 88.850 in Lombardia) ospiterà per la prima volta una diretta sul carcere. Chi vorrà potrà chiamare al numero 0371-544544 e salutare in diretta amici e parenti reclusi o anche solo portare un messaggio d’affetto e di auguri a chi si trova dietro le sbarre. L’iniziativa, chiamata "Radiocagnola" (Cagnola è la via dove si trova il carcere di Lodi) viene proposta per il primo anno con lo scopo, dice Andrea Ferrari, "di ricordare a tutti la durezza della vita in carcere soprattutto in giorno come questi, in cui tutti faranno festa". La trasmissione tra l’altro ospiterà interventi di don Luigi Ciotti e Rita Borsellino, che in passato hanno visitato il carcere di Lodi. Parteciperà anche il comico di Zelig Leonardo Manera, che lo scorso anno realizzò uno spettacolo in carcere. Oltre alla diretta sul carcere, il giornale "Uomini Liberi" propone "Arrestate quel libro!", iniziativa che viene proposta per il secondo anno. I volontari del carcere hanno raccolto una lista di libri desiderati dai detenuti che, chi vorrà, potrà comprare in alcune librerie di Lodi (Libreria Sommaruga, del Sole e Petruccelli) per poi farli avere ai detenuti come regalo di Natale. Nel carcere di Lodi sono recluse circa 100 persone, "una piccola realtà che come tutti i penitenziari è al limite del collasso - dice Ferrari -. Le dimensioni ridotte però permettono che almeno alcuni diritti siano garantiti. Da questo punto di vista quella di Lodi è una realtà un po’ più fortunata rispetto ad altre". Padova: progetto "casa vita nuova" accoglierà 15 detenuti
Il Gazzettino, 23 dicembre 2004
Si chiama "Progetto Casa Vita Nuova" la nuova esperienza culturale che stanno portando avanti i detenuti del Carcere circondariale di Padova. Una "bomba" come dice don Marco Girardi, il cappellano andato al di là delle sbarre nel maggio scorso su invito del vescovo di Padova e capace in poco tempo di creare entusiasmo tra gente che era piombata nell’apatia e nel pessimismo. Questo prete quarantunenne, dagli occhi celesti come nelle favole, tenue sorriso, biondo rossiccio nei capelli, fisico poderoso, ma logoro nella schiena per il lavoro manuale al fianco ai recuperandi e ai detenuti, ha lanciato una sfida: "Tutti hanno diritto e sono in grado, dopo un opportuno percorso formativo, a rientrare a pieno titolo nella società!". Marco il lavoro lo conosce e sa che l’"allenamento" può portare a grandi cose: il suo passato tra le giovanili del Padova e della Primavera del Vicenza gli hanno insegnato "che chi la dura la vince". Questo messaggio sta trasmettendo ai detenuti. Le loro risposte sono lusinghiere. "Il carcere - dice - non serve a nulla se non viene affiancato da un percorso valido e moderno di recupero dei detenuti. Da ottobre li ho coinvolti a far leva sulla riscoperta e sulla valorizzazione delle loro forze interiori e spirituali. A messa ne venivano una decina, ora sono arrivato a ottanta persone. Ci siamo riuniti in tre gruppi, con una percentuale al 50% di italiani e stranieri, proponendo, attraverso un cammino culturale, che il carcere divenga la preparazione a una vita nuova. Ho coinvolto l’amministrazione comunale, tramite il sindaco Zanonato e l’assessore Claudio Sinigaglia, che hanno risposto con grande entusiasmo alla mia provocazione. Gli amministratori hanno già individuato una casa dove una quindicina di detenuti, che hanno risposto alle sollecitazioni, potranno essere accolti per una vita di condivisione e onestà, in preparazione alla vita accanto agli altri. Utopia? Gesù Cristo, per primo, ci dice che basta un po’ di fede per spostare le montagne. Io credo in questo progetto, il cui testo ho presentato, l’8 dicembre scorso, al mio vescovo. Antonio Mattiazzo verrà nel carcere circondariale la vigilia di Natale, alle 17, per celebrare la messa e da lui attendo l’assenso e soprattutto la benedizione del progetto. "Ero carcerato e siete venuti a visitarmi" è ancora l’invito di Cristo. Nel carcere c’è un tesoro enorme da scoprire. Invito soprattutto le persone di cultura ad un percorso che può comunicare nuove riflessioni costruttive". Il Natale poi don Marco lo trascorrerà al "Pozzo di Giacobbe", la casa di fraternità di Vo’ Vecchio, centro di prima accoglienza per persone in difficoltà che tentano di reinserirsi nella società. Ospiti lì ce ne sono otto: due italiani, un rumeno, un cingalese e quattro africani, ma saranno in tanti, tra amici, benefattori, parenti, ospiti a far festa, anche quelli della Fraternità di San Benedetto. La celebrazione della messa a mezzanotte e poi un buffet. Il 26 dicembre il gruppo FDB (Fraternità di Betlemme), cinque chitarre e un percussionista, artisti amici del prete, eseguiranno un concerto alle 20.30 nella chiesa di Arino di Dolo, raccontando la vita e i suoi problemi, con una chiave di lettura spirituale. Enna: intesa Comune-carcere, detenuti a tutela dell’ambiente
La Sicilia, 23 dicembre 2004
È stato avviato a Enna, grazie alla collaborazione tra l’assessorato per il recupero dei beni ambientali e il ministero della giustizia, il progetto "Recupero del patrimonio ambientale", che permette ad alcuni detenuti di uscire dalle mura della casa circondariale per svolgere delle mansioni utili, ma che soprattutto, consente loro di socializzare con l’ambiente esterno. L’iniziativa, che si protrarrà dal 18 al 24 dicembre, sta permettendo a tre detenuti, scelti sulla base di determinati requisiti, tra cui un comportamento lodevole all’interno del carcere, di usufruire di un permesso - premio che consiste nella visita alle proprie famiglie e nell’esecuzione di attività pratiche. "Alle tre persone selezionate - spiega la dott. Nuccia Micciché, educatrice della casa circondariale di Enna - è stato affidato il compito di curare delle zone messe a disposizione dal Comune, e nella loro opera sono coordinati da un tecnico comunale. I primi interventi sull’ambiente sono già in atto presso la Villa Torre di Federico. I detenuti stanno dimostrando un alto senso di responsabilità e una ferma volontà di reinserirsi nella società, dalla quale sperano di essere accolti, una volta terminato il periodo di detenzione". E la direttrice del carcere, Letizia Belelli, sottolinea il valore dell’iniziativa e l’importanza della collaborazione del comune che si è mostrato favorevole verso tale trattamento riabilitativo poiché "ciò è segno di un’unione d’intenti verso il recupero di questi soggetti". Il sindaco Rino Ardica e il vicesindaco Mario Salamone hanno espresso la loro disponibilità nei confronti di iniziative di tal genere poiché "si rivelano utili e produttive ai fini sociali in quanto l’inserimento di queste persone nella società, spesso, comporta delle difficoltà, pertanto è necessaria la collaborazione degli enti territoriali, che hanno il dovere di intervenire per rendere più agevole il loro passaggio da un ambiente circoscritto a quello più vasto, dove i rapporti interpersonali sono indispensabili per un vivere armonioso". Catania: detenuti-giardinieri domani al lavoro al Parco
La Sicilia, 23 dicembre 2004
Si conclude a Catania, al Parco Gioieni cittadino, il progetto nazionale "Settimana del recupero del patrimonio ambientale" avviato dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il progetto che ha visto coinvolti molti Istituti Penitenziari della Repubblica ha avuto lo scopo di coinvolgere fattivamente i detenuti per il recupero delle aree verdi e del patrimonio ambientale delle città nelle quali hanno sede gli Istituti. Difatti fra le principali finalità istituzionali degli Istituti penitenziari rientra ogni tentativo d’integrazione con il territorio tramite l’attivazione della comunità penitenziari come positiva risorsa al servizio della collettività locale. Domani, dalle ore 9 alle ore 13, un gruppo di detenuti in permesso premio presterà opera di volontariato per la cura del verde del Parco Gioieni di Catania. Interverranno per la chiusura del progetto il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tinebra, il Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Sicilia Orazio Faramo, l’on. Salvo Fleres, vice presidente dell’Assemblea regionale, il sindaco Umberto Scapagnini, l’assessore al Verde Pubblico D’Antoni. "Il progetto che si conclude - ha detto il direttore del carcere di piazza Lanza Rosario Tortorella - segna un passo importante di collaborazione tra l’istituzione penitenziaria ed il territorio perché il carcere non è avulso dal contesto ed è necessario ogni sforzo per una integrazione sempre più efficace allo scopo di fornire al detenuto occasioni concrete di riscatto in attività di utilità sociale". San Vincenzo de Paoli: ergastolani adottano bambini in Africa
Giornale di Vicenza, 23 dicembre 2004
I bambini le loro lettere le inviano a Babbo Natale, domiciliato a Rovaniemi, Finlandia. Gli ergastolani le spediscono ad Annunziata Rigon, casa a Villaverla e ufficio a Vicenza città, già insegnante, responsabile nazionale della San Vincenzo per gli affari internazionali, gemellaggi e adozioni in primis. I bambini ricevono doni, sotto l’albero. Gli ergastolani ricevono parole d’amicizia, quelle appena pronunciabili tra chi non si conosce bene, tra chi ha un retroterra di sangue rappreso e chi nel presente argina il sangue che scorre e la fame che incalza. Bambini ed ergastolani, un rapporto impossibile. Fino a pochi mesi fa. Quando da Porto Azzurro, penitenziario di 350 detenuti, arriva una prima richiesta: "Signora Annunziata, voglio adottare un bambino che soffre. Col poco che ho". Una missiva analoga parte da Sulmona, casa di reclusione e di lavori forzati. Il tam tam dietro le sbarre produce nuove domande. Scrive Giuseppe R. che è diventato "papà" di una bimba sudanese a Karthoum: "Vivo assistito dai miei familiari, con quello che mi possono lasciare mensilmente, dato che sono persone di campagna. Se avessi la possibilità non uno ma mille bambini adotterei. Ma sono condannato a vita e posso solo riconoscere quello che voi state facendo". Gli fa eco Fabio S: "Trovo giusto aiutare chi ha bisogno, io non sono ricco ma qui lavoro come muratore e avendo capito che nel mondo c’è tanta gente che soffre, trovo giusto dare loro una mano. Sono un detenuto, io purtroppo in passato ho commesso tanti sbagli e ora sto pagando con una lunga condanna. Nel corso dell’espiazione della mia condanna il mio essere interiore è molto cambiato. Il tempo qui, in questo triste luogo, non passa mai e allora medito moltissimo sul mio futuro e su quello che potrò realizzare nella vita. Avendo una condanna senza fine, voglio fare qualcosa di utile per il mio prossimo". Fabio ha adottato un bimbo sudamericano, come aveva richiesto. Sono i volontari della San Vincenzo, presenti delle carceri italiane, a parlare della loro attività assistenziale agli ergastolani. Animano le biblioteche come nel carcere della mafia, l’Ucciardone di Palermo. Organizzano premi letterari, come quello appena concluso a Rebibbia, con targhe del presidente del Senato e medaglie del Presidente della Repubblica. Qualcuno tra i detenuti si incuriosisce al lavorio dei vincenziani professori, professionisti, avvocati che pensano all’oggi (abiti, letture, studio, possibilità di lavoro) e al domani (reinserimento all’uscita della cella, riconnessione con la famiglia d’origine). All’impossibile nessuno aveva pensato mai. Sono 6.712 complessivamente le adozioni a distanza coordinate dalla San Vincenzo italiana in tutti i continenti: con fenomeni strani, ad esempio una prevalenza della Sicilia sul Nord, 500 adozioni solo a Ribera, nell’Agrigentino. Vicenza si difende bene: ha tessuto reti di adozioni nelle banche, nelle parrocchie, nei quartieri. L’affacciarsi degli assassini nella tela della solidarietà non era previsto, nemmeno ipotizzato: "È vero che le adozioni a distanza sono sostenute soprattutto da persone che hanno pochi mezzi - spiega Annunziata Rigon - e che magari nel tempo non riescono a garantire continuità proprio perché avvertono gli alti e bassi della situazione economica. È vero anche che questi detenuti nella solitudine sviluppano una sensibilità molto elevata: cercano il contatto umano con ogni mezzo e forse l’adozione a distanza in un certo senso lo è". Sognano il fuori, l’altrove dove non potranno mai vivere, vivono il riflesso di una paternità immateriale, mai sperimentata perché il delitto è stato commesso da giovani, poco più che ragazzi, quando non avevano una famiglia propria, e non hanno più potuto realizzarla. Sono padri senza volto, alla ricerca di un riscatto che non ha pietà se non nello scorrere dei giorni: "In questi posti senza speranza non si può vivere - scrive S.F. - Ora vivo per Ronald perché voglio che questo bambino abbia la possibilità di studiare e di fare una vita normale come tutti i bambini della sua età. Nei suoi occhi leggo un bambino diligente e questo mi fa piacere tantissimo. Farò di tutto per dargli la possibilità di crescere sano e con ciò che desidera". Non avranno cultura, gli ergastolani, ma sanno toccare corde profonde. Simone ha già scontato dieci anni di reclusione, in cui - dice - "ho preso coscienza delle necessità di condividere, di quanto il mondo vive aspetti sconvolgenti come la povertà, la carestia, la malattia, la guerra. Sono consapevole di quanto sia pericoloso il potere. I governi hanno il dovere morale di dare a tutti i bambini le stesse chance, ma a me sembra che lo Stato vero in cui credere sia oggi solo quello del volontariato, che non fa i suoi interessi, ma quelli dei deboli... per il superamento di quell’avarizia di sè che ci rende tutti più poveri". L’adozione si materializza in bollettini postali, autorizzati di volta in volta dalla direzione del carcere, con versamenti di 30-50 euro, un capitale per chi non ha nulla. Salvatore da Porto Azzurro scrive al "figlio" in Tanzania: gli dice poco di sé, vuol sapere tutto di lui, la mediazione di qualche traduttore lo aiuterà. A Natale sono partiti gli auguri: giro posta con Vicenza, Annunziata smista e spera che a ciascuno giunga la parola più giusta, quella capace di accendere la luce che s’è spenta. Per partecipare alla rete di adozioni internazionali (155 euro l’anno per ogni bambino) ecco i riferimenti: San Vincenzo dè Paoli, via Ziggiotti 15, 36100 Vicenza, tel. 0444.514455; c/c postale 14798367 intestato a Società San Vincenzo dè Paoli via Ziggiotti 15, Vicenza; c/c bancario 9774397-01-27 c/o Banca Intesa spa corso Palladio 72 Vicenza, cin G, abi 03069 cab 11830. Ragusa: festa anche per detenuti della casa circondariale
La Sicilia, 23 dicembre 2004
È difficile dare un senso al Natale, quando i giorni, i mesi, gli anni trascorrono sempre uguali fra le mura di un carcere. Parlare di Natale, in questi casi, potrebbe essere persino contraddittorio, se si assegnasse ai due termini un significato rigido. Il Natale è gioia, è stare insieme in famiglia. Il carcere è isolamento, esclusione ed emarginazione. Termini opposti e lontani, inconciliabili. Ma le parole sono flatus vocis, emissioni di suono i cui significati si svuotano, si ampliano o si restringono a seconda delle realtà che occorre descrivere. Se la realtà è quella dura del carcere, allora la parola "Natale" va intesa in un’accezione convenzionale e formale. Sarà pure un Natale retorico, quello dei detenuti, ma almeno non è il Natale dei dimenticati. A ciò concorrono, infatti, una serie di iniziative sportive, culturali, religiose, organizzate in occasione delle festività nelle case circondariali di Modica e Ragusa, che regalano ai detenuti qualche momento di serenità e aiutano a stemperare il senso di solitudine e di tristezza che l’atmosfera di festa contribuisce ad acuire. "A Modica - spiega il direttore della casa circondariale di piano del Gesù, Giovanni Mazzone - in occasione delle festività natalizie gli alunni della scuola "E. De Amicis" di Modica Alta incontrano i detenuti. Ormai è diventata un po’ una tradizione. L’incontro, che si svolge nel cortile centrale della struttura, prevede recite, canti natalizi e uno scambio di doni tra la scolaresca i detenuti. Gli alunni della "De Amicis" portano in dono dei dolci e i detenuti, a loro volta, regalano piccoli oggetti di artigianato, costruiti per l’occasione". Un dono lo farà anche la Provincia regionale, offrendo uno spettacolo teatrale nei primi giorni di gennaio. "Per quanto riguarda le iniziative religiose - aggiunge Mazzone - gli scout del Masci hanno portato in dono la "luce della Pace di Betlem". Si tratta di una lampada che arde da secoli nella chiesa della Natività a Betlem, alimentata dall’olio donato a turno dalle nazioni cristiane della Terra. Poco prima di Natale con quella lampada si accende una fiammella che poi viene distribuita nei paesi cristiani dai gruppi scout. Poi, per iniziativa del nostro cappellano, è venuto a farci visita un gruppo parrocchiale di Pozzallo". Iniziative simili sono previste anche a Ragusa, nel carcere di contrada Pendente. "Per trasmettere l’atmosfera del Natale, abbiamo fatto l’albero e lo abbiamo addobbato con una grande stella cometa - conferma il direttore, Aldo Tiralongo - Numerose le iniziative in programma, a cominciare dal torneo triangolare di calcio tra una rappresentanza di detenuti e le formazioni della polizia penitenziaria e della polizia provinciale. I ragazzi della scuola "Vann’Anto", inoltre, hanno organizzato alcune rappresentazioni teatrali e uno spettacolo musicale con canti natalizi, mentre il prossimo 5 gennaio la banda di San Giorgio eseguirà un concerto per i detenuti. Non mancano le iniziative di socializzazione con visite ai detenuti da parte di alcune associazioni, né le manifestazioni religiose che culmineranno con la messa solenne celebrata dal vescovo". Pesaro: il teatro - carcere raccontato in un libro
Corriere Adriatico, 23 dicembre 2004
Un libro e un video per testimoniare l’importante esperienza del "teatro in carcere" verranno presentati questo pomeriggio, alle ore 17, presso la Biblioteca San Giovanni. Si tratta di due importanti documenti che illustrano sia l’attività di laboratorio teatrale, magistralmente guidata nella struttura penitenziaria di Villa Fastiggi da Vito Minoia, che gli spettacoli realizzati dentro e fuori dal carcere e per finire l’incontro dei ragazzi della scuola media Alighieri con i detenuti. Vito Minoia, docente presso la facoltà di scienze della formazione dell’Università degli Studi di Urbino, si occupa da 10 anni di teatro della diversità ed anche il suo lavoro a Villa Fastiggi è stato un successo. "Oggi nella struttura abbiamo una vera e propria compagnia teatrale - ha commentato Enrichetta Vilella, responsabile dell’area educativa dell’istituto penitenziario - Minoia ha aiutato i ragazzi ad aprire una finestra nel muro del carcere". Il Comune di Pesaro e la quarta circoscrizione hanno creduto fin dall’inizio in questo progetto, con l’obiettivo di dare ai detenuti una serie di vantaggi nella sfera delle relazioni sociali nel momento in cui riconquisteranno la libertà. "I rapporti con il carcere sono ormai un elemento consolidato della nostra vita politica e amministrativa - ha affermato l’assessore ai servizi sociali Marco Savelli nel corso della conferenza stampa di presentazione - Il nostro comune appoggia questo genere di progetti e lo fa perché vuole sviluppare le relazioni dei detenuti con la comunità, al fine di farli uscire da quell’isolamento che necessariamente la cinta muraria del carcere rappresenta". "La presentazione del volume e della video cassetta sono un’occasione importante per fare il punto sulla collaborazione tra amministrazione e istituto - ha proseguito l’assessore alla cultura Luca Bartolucci - Il detenuto va prima di tutto recuperato e la cultura può giocare un ruolo fondamentale perché sviluppa sensibilità e aiuta a crescere. Anche la biblioteca San Giovanni ha avuto dei meriti, in quanto oltre a mettere a disposizione la struttura concede regolarmente prestiti librari ai detenuti e giornali in lingua straniera per coloro che hanno perso la libertà lontano dal proprio paese".
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