Rassegna stampa 21 dicembre

 

Giustizia: "salva-Previti? Una mannaia per i più poveri"

 

Vita, 21 dicembre 2004

 

La denuncia della Conferenza nazionale volontariato giustizia contenuta in una lettera inviata al Parlamento. Dalla proposta di legge sul cosiddetto salva-Previti, nascerà un "doppio binario della giustizia. Chi ha una buona difesa tecnica, grazie ai tempi lunghi del processo, riuscirà a garantirsi l’impunità, chi invece ha meno risorse sarà più probabilmente a rischio di condanna e quindi di recidiva e perciò di maggiore penalizzazione". Lo afferma la Conferenza nazionale volontariato giustizia (organismo che riunisce le associazioni che operano nelle carceri) che ha inviato una lettera aperta al Parlamento chiedendo che si fermi l’iter del provvedimento.

"Il parlamento - afferma la Conferenza - abbandoni il provvedimento che aprirebbe la strada ad un ulteriore atteggiamento di vendetta sociale che uno Stato democratico non può avallare e che trova riscontro storico solo nel periodo della dittatura che ha poi portato alla seconda guerra mondiale". L’organismo di volontariato sostiene che se venisse approvata la legge, si "costituirebbe il definitivo e tragico passaggio verso una selezione di classe della popolazione detenuta. Da un lato il regime delle prescrizioni, dall’altro le norme sulla recidiva si muovono nella stessa direzione, ossia verso un doppio binario di giustizia".

In particolare, sulla prescrizione, la Conferenza ritiene che "la riduzione dei tempi di prescrizione per alcuni gravi reati costituisce un grosso rischio per la celebrazione dei processi più importanti. Non c’è processo ai danni di un tossicodipendente, di un immigrato, di uno qualsiasi degli abitanti delle nostre carceri che non si chiuda in tempi rapidi. Altro che prescrizione! Quest’ultima opera solo sui processi penali con una difesa tecnica efficiente la quale utilizza strategie dilatorie. Ciò significa che solo la microcriminalità diffusa verrà giudicata, condannata, incarcerata e ulteriormente penalizzata da questa legge".

Sulla recidiva, "almeno il 60% della popolazione detenuta negli istituti penitenziali è costituito da persone che hanno un legame con le questioni dell’immigrazione o della tossicodipendenza. Per ciascuno di essi vi è un alto rischio di esclusione sociale primaria e secondaria, e quindi di recidiva. Si tratta di un nutrito numero di persone che vive di piccoli espedienti. Saranno loro a cadere sotto la mannaia della legge Cirielli-Vitali. L’aumento delle pene, seppur indiretto, e la riduzione all’osso delle possibilità di fruire dei benefici penitenziari e delle alternative alla detenzione produrrà un effetto di sovrappopolazione detenuta. Questa legge aumenterà notevolmente la popolazione detenuta".

"Rimane il fatto - si legge ancora nella lettera - che la strada, delineata ormai con nettezza, è esattamente quella: riempire le carceri di quante più persone ed emarginati possibile. Ad esempio, prevedere che colui il quale evade da una misura penale esterna poi, se recidivo, non possa avere più alcun beneficio, oppure ridurre al lumicino le possibilità di avere permessi premio, affidamento, detenzione domiciliare o semilibertà significa togliere di mezzo l’impianto risocializzante della Gozzini.

Dichiariamo inammissibili le scelte in materia penale e penitenziaria portate avanti da questo governo, e culturalmente assecondate da gran parte dell’ opposizione. Infatti se è pur vero che questa legge potrà "salvare" qualcuno, rimane certo che sommergerà definitivamente tantissimi altri, la gran parte della popolazione detenuta e delle aree di marginalità sociale, nella logica di essere deboli con i forti e forti con i deboli.

Di questi, ci facciamo in qualche modo portavoce, in quanto quotidianamente impegnati come volontari nelle carceri e sul territorio per una maggiore giustizia sociale e per favorire percorsi di integrazione. Questa legge è una inaccettabile discriminazione e contraria ai principi della Costituzione, non tanto perché salverà il potente di turno ma perché costituisce una pietra al collo, una condanna senza appello per i sommersi, per le decine di migliaia di poveri ed emarginati".

Shop in jail: il mercato di Natale organizzato dai detenuti

 

Vita, 21 dicembre 2004

 

T-shirt, borse, mosaici, quadri, oggettistica e tanto altro ancora. Sono i prodotti rigorosamente realizzati da detenuti, in vendita dal 21 dicembre sul sito della cooperativa sociale Made in jail. Al progetto Shop in jail, che ha condotto all’accordo tra il ministero della Giustizia e la cooperativa Made in jail, hanno lavorato Sebastiano Ardita, direttore generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria; Maria Pia Giuffrida, dirigente generale del dipartimento e Silvio Palermo, presidente della cooperativa seriarte ecologica Made in jail ed ex detenuto. La cooperativa collabora da 15 anni col mondo penitenziario sia minorile che adulto al fine di sviluppare le capacità professionali degli ex detenuti e per favorire il loro reinserimento sociale. L’organizzazione, in particolare, è nota per i corsi di formazione professionale attivati in alcuni istituti e per la produzione di T-shirt con stampate immagini e scritte che richiamano il mondo delle carceri.

L’iniziativa, che parte con le festività di Natale, prevede anche l’organizzazione di periodiche mostre mercato on line da effettuarsi sul sito della cooperativa Made in Jail per pubblicizzare gratuitamente l’arte povera nonché prodotti realizzati a seguito di corsi di formazione o da specifiche lavorazioni penitenziarie, e favorirne la vendita all’esterno e il conseguente guadagno per i detenuti.

Milano: Natale a San Vittore, festa nel reparto "La Nave"

 

Vita, 21 dicembre 2004

 

"Il Natale quando arriva, arriva" dice una famosa pubblicità. Ed è vero. A Natale si fa festa ovunque, anche in carcere e San Vittore, lo storico penitenziario milanese ha vissuto una giornata all’insegna dello spirito natalizio.

Per la verità stiamo parlando di un solo reparto, "La Nave", che si occupa della riabilitazione dei detenuti tossicodipendenti attraverso un progetto terapeutico della Asl molto particolare.

Appena entrati nella Nave, il III° piano del III° raggio del carcere, si viene subito colpiti dalla luce che inonda il reparto. Per chi abbia conoscenza, anche solo per aver visto un documentario in tv, dell’atmosfera delle carceri nostrane, si tratta di una vera sorpresa e ancora più sorprendente è il contesto di civiltà che offre un reparto "a norma", cioè tanto per cominciare non sovraffollato.

Per questa festa di Natale, per la verità, l’ultima di una serie di giornate a tema, era previsto uno spettacolo teatrale, una mostra di "racconti fotografici" curata da Carla Zaffaroni, una artista milanese che ha fatto interagire la propria creatività con quella dei detenuti attraverso una serie di fotografie, la presentazione di una serie di prodotti botanici creati dai carcerati e un concerto.

Lo spettacolo teatrale è stato l’evento clou della giornata, con una compagnia di detenuti della Nave che ha messo in scena un breve atto unico davvero divertente. Efficacissima tra l’altro l’autoironia con cui i carcerati tossicodipendenti hanno rappresentato se stessi nella finzione-realtà del teatro. Il "tossico" che chiede i soldi per un panino alla fermata dell’autobus diventa un personaggio che fa ridere proprio nei suoi comportamenti deteriori e i primi a riderci sopra sono loro stessi, i detenuti, quelli che fino a poco prima facevano esattamente le stesse cose per procacciarsi una "dose".

Decorazioni, luci, stelle di Natale. Ovunque alla Nave si è respirata l’aria della festa. Ma è soprattutto negli occhi vivi di alcuni carcerati che si nota quanto faccia bene al cuore un giorno di Natale e quanto lavoro sia stato fatto con questi 43 ex tossicodipendenti.

Intendiamoci, il carcere è sempre il carcere: perennemente in bilico tra chi vorrebbe stiparlo di detenuti e chi pensa che non dovrebbe nemmeno esistere. La vita del detenuto è dura, durissima anche in un reparto come la Nave dove è vero che entra tanta luce, ma pur sempre con la mediazione angosciante di quelle enormi sbarre di acciaio.

Per oggi però possiamo accontentarci di quella scintilla di vita negli occhi di quei detenuti. Un piccolo segnale di speranza per loro e per la società dove dovranno prima o poi reinserirsi. Aveva proprio ragione il vecchio Scrooge dopo essere stato visitato dai tre fantasmi: il Natale arriva ovunque, basta crederci.

Nuoro: a Badu ‘e Carros un concerto in carcere

 

L’Unione Sarda, 21 dicembre 2004

 

Concerto degli Istentales oggi nel carcere di Badu ‘e Carros. L’evento inizierà alle 16 nella cappella del carcere e sarà preceduto dalla presentazione della biografia del gruppo scritta da Luciano Piras. "La richiesta è partita dai carcerati - ha spiegato Gigi Sanna leader della band - che hanno chiesto la nostra partecipazione attraverso una fitta corrispondenza virtuale.

E grazie alla sensibilità del direttore Paolo Sanna e alla intermediazione del direttore della biblioteca Satta, Tonino Cugusi, siamo riusciti nell’intento. Per noi cantare per chi sta dietro le sbarre è come partecipare a San Remo, abbiamo realizzato un sogno". Da sempre le canzoni degli Istentales toccano i vari aspetti del sociale: "Per questo - dice Sanna - ci sentiamo particolarmente vicini ai carcerati, la musica non ha confini, attraversa perfino le sbarre della prigione. I detenuti amano le nostre canzoni perché rappresentano la loro voce all’esterno".

Cagliari: solidarietà ai detenuti, stasera la fiaccolata

 

L’Unione Sarda, 21 dicembre 2004

 

Fiaccolata di solidarietà a favore dei detenuti di Buoncammino e dei loro familiari questa sera in città. È organizzata da un comitato spontaneo di cittadini e associazioni di volontariato che da tre anni scende in piazza per richiamare l’attenzione sulla situazione sempre più invivibile del carcere cagliaritano. L’appuntamento è per le 19.30 davanti alla Cattedrale della città in piazza Palazzo.

Il corteo percorrerà via Martini, piazza Indipendenza, Porta Cristina, viale Buoncammino per confluire davanti ai due bracci del penitenziario. Da qui si porgeranno gli auguri di Buon Natale ai carcerati e si manifesterà attraverso letture e messaggi spontanei la solidarietà della cittadinanza verso chi soffre e chi deve ricominciare.

Numerose le associazioni e le comunità coinvolte che hanno aderito all’iniziativa: da Mondo X di Padre Morittu, alla Collina di don Ettore Cannavera, dall’Oftal fino alla Caritas diocesana e alle confraternite di Misericordia. Dall’Azione cattolica alla comunità l’Aquilone di don Carlo Follesa passando per il Coordinamento volontariato giustizia e il Gruppo missionario di S. Elia.

Animeranno la fiaccolata con i loro canti di Natale gli scouts dell’Agesci. L’obiettivo è quello di vivere un momento forte di pace e amore gratuito, cercando di andare oltre il pregiudizio e l’atteggiamento di condanna, per lanciare un messaggio di speranza. Per dire ai detenuti che al di là delle sbarre c’è anche chi li aspetta per ricominciare, lasciando indietro il loro passato.

Milano: duemila in piazza contro la legge "salva-Previti"

 

Corriere della Sera, 21 dicembre 2004

 

Al grido di "Basta alle leggi vergogna", ieri pomeriggio i "girotondini" si sono radunati davanti al Palazzo di Giustizia di Milano. E nel giro di mezz’ora sono diventati, giurano loro, almeno duemila. Per la questura un migliaio. Il fiorentino Francesco Pardi, il "Pancho" del popolo dei girotondi, non ha dubbi: " A Roma è stata una improvvisata, ma qui è tutt’altra musica. La mobilitazione eccezionale dimostra l’esistenza di un popolo che si oppone alla vergogna delle nuove leggi fatte per pochi".

Nel mirino del "Girotondo per la legalità" soprattutto la "salva-Previti". Tra i manifestanti, il premio Nobel Dario Fo, il senatore della Margherita Nando Dalla Chiesa, il deputato dei Ds Roberto Zaccaria e l’attrice Ottavia Piccolo.

"Siamo passati dalle leggi per difendersi dai processi - ha detto l’ex presidente Rai - alle leggi per uscire dal carcere. Il decreto contro la recidiva mette in discussione il principio su cui si fonda la democrazia: quello dell’uguaglianza fra i cittadini, un principio costituzionale. E quando si tocca la Costituzione - ha concluso Zaccaria - la gente scende in piazza".

Sul palco sono poi saliti Dalla Chiesa - "il prossimo bersaglio della maggioranza sarà Ciampi", ha detto - e Dario Fo. Che ha paragonato la situazione politica italiana al Carnevale di San Giacomo, festa dell’Inghilterra medievale durante la quale chi si impossessava di un cappello appeso a un albero, poteva fare per un giorno tutto quello che gli pareva. "È quello che è successo da noi - ha detto Fo - ci trattano a legnate, ci sbeffeggiano, ma arrivati a un certo punto la gente, che ha il senso della misura, dice basta".

Varese: uccise la madre malata di Alzheimer, è stata assolta

 

Corriere della Sera, 21 dicembre 2004

 

Ida non sopportava più di vedere la madre ridotta a un vegetale dal morbo di Alzheimer; Ida non vedeva più un futuro nemmeno per sé, rimasta senza lavoro e assorbita completamente dall’assistenza a quell’anziana malata. Per questo Ida Lardini, il 16 novembre di due anni fa, soffocò e uccise la madre ottantaduenne, Giuseppina Brusati, nella loro casa di Travedona, un paesino in provincia di Varese.

 

Soffocata

 

Per quel delitto la donna non sarà punita: è stata dichiarata completamente incapace di intendere e di volere soltanto nel momento in cui ha tenuto premuto un cuscino sul volto della madre.

Ida è da tempo uscita dal carcere, non subirà né processi né misure alternative di sorveglianza e ha lasciato Travedona, libera di rifarsi una nuova vita. Il provvedimento, sul quale finora c’era stato il massimo riserbo, è stato preso dal giudice per l’udienza preliminare di Varese Giuseppe Trombino che ha preso la sua decisione sulla base di una perizia psichiatrica sull’imputata. A convincere il gup è stata anche la testimonianza della psicologa che ha seguito la donna nel carcere milanese di San Vittore, durante la sua reclusione.

 

Assistenza

 

L’antefatto. Ida Lardini viveva con la madre e la sorella Giancarla: le due figlie avevano perso il lavoro di operaie in una camiceria di Travedona e l’unico sostegno familiare era la pensione di invalidità della madre, da quasi dieci anni colpita dall’Alzheimer e da quattro immobile su una sedia a rotelle, incapace di svolgere da sola qualunque funzione. La mattina del 16 novembre del 2002 Ida attende che la sorella esca per andare dal medico, come ogni giorno fa il bagno alla madre poi la fa sdraiare sul letto e le tiene un cuscino e un asciugamani premuti sul viso, fino a quando l’anziana muore.

Pochi istanti dopo Giancarla rientra in casa e trova la sorella seduta su una sedia accanto al letto, con lo sguardo fisso nel vuoto. "Ho ucciso la mamma" riesce a dire. Più tardi, ai carabinieri che vanno ad arrestarla, confessa: "Non sopportavo più di vederla soffrire".

 

Eutanasia

 

È un caso controverso: si è trattato di una sorta di "eutanasia" casalinga. "Le gravissime condizioni della madre - dice l’avvocato difensore Irene Visconti - hanno convinto Ida ad agire: non vedeva più alcun futuro né per sé né per l’anziana". Il piano prevedeva anche il suicidio di Ida, ma il ritorno della sorella in casa scongiurò quest’altra tragedia. Lo psichiatra ha parlato in questo senso di "suicidio allargato", poiché l’imputata avrebbe voluto uccidere se stessa e la madre e anche di omicidio dettato dalla pietà.

Ma, al di là di queste considerazioni, l’elemento decisivo davanti ai giudici diventano le condizioni di salute mentale di Ida Lardini: i medici che la visitano la giudicano perfettamente lucida. Tranne che nel momento in cui è scattato il raptus omicida. Poi il vuoto mentale, fino all’arrivo della sorella. E infine la confessione: "Ho ucciso la mamma".

 

Verdetto

 

Altro elemento decisivo per la decisione del gup è l’esclusione della pericolosità sociale dell’imputata. In altri termini: Ida non è mai stata una donna aggressiva, come provano gli anni spesi interamente a prendersi cura della madre, non c’è alcun rischio che torni a commettere atti simili su altre persone; dunque nei suoi confronti non deve essere nemmeno applicata alcuna misura di vigilanza sociale. Per tutte queste ragioni messe insieme, il giudice di Varese ha deciso di cancellare in partenza ogni accusa. Tornata in libertà pochi mesi dopo l’omicidio, Ida Lardini è stata completamente scagionata, ha ripreso una vita normale, è una persona come tante altre in un paese diverso da Travedona. "Forse non si tratta di una sentenza facile da far comprendere - commenta l’avvocato Visconti - ma ha indubbiamente tenuto conto delle condizioni in cui è maturato il delitto. In questo senso è stata sicuramente equilibrata".

Un giorno al lavoro fuori dal carcere, per sentirsi utili

 

Il Manifesto, 21 dicembre 2004

 

Si chiama Adel Bentoumi, è nato a Tunisi ma attualmente "risiede" a Rebibbia. Ieri - insieme ad una trentina di altri detenuti, uomini e donne - ha rinunciato ad uno dei suoi quarantacinque giorni di permesso per bonificare un’area verde alla periferia di Roma.

Con Adel Bentoumi e con i suoi compagni, anche numerosi addetti dell’Ama e del servizio giardini del comune che - in veste di volontari - hanno prestato gratuitamente il proprio servizio. E ancora: i rappresentanti delle tante cooperative che lavorano fuori e dentro il carcere, gli assessori del V Municipio del comune di Roma Maurizio Cocciolo e Carmine Farcomeni nonché esponenti della polizia penitenziaria.

Per tutti, un unico obiettivo: aprire il carcere al territorio - come afferma Coccioli - consentendo ai detenuti di testimoniare il proprio impegno sociale e di costruire percorsi di recupero, reinserimento, riabilitazione e riscatto. "La nostra speranza - dichiara Enzo Saulino vicepresidente e coordinatore della Commissione sanità della Consulta del comune di Roma - sarebbe quella di ottenere quote di lavoro per i detenuti come misure alternative alla pena. E per questo sono fondamentali spazi e commesse". Saulino lavoro come psicologo al Ser.T. del Nuovo complesso di Rebibbia e si occupa soprattutto di tossicodipendenti.

Dunque a ragione può aggiungere: "I programmi di recupero terapeutico non bastano. Ora sono necessari piani di recupero lavorativo". Quello che serve - è il commento di Pietro Rossi, presidente della cooperativa Artemisia e in articolo 21 - "è la possibilità di creare opportunità per tutti coloro che già stanno pagando il proprio debito con la società. Questa giornata è una testimonianza di maturità sociale e ambientale". E la pensa così anche Simone Sestianelli, ispettore di polizia penitenziaria presso la Casa di reclusione romana: "Ci auspichiamo - dice - che iniziative del genere vengano ripetute. Ne va dell’immagine dei detenuti. Che - è banale dirlo - sono persone come le altre". Proposta dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e nata nell’ambito di una convenzione siglata tra il ministero della giustizia e quello dell’ambiente, la "Giornata fuori dal carcere" vede coinvolti - in tutta Italia - 917 detenuti perlopiù protagonisti di storie di rapine, furti e spaccio di stupefacenti e con un fine pena di due-tre anni.

La Giornata ha preso il via, ieri, a Roma e a Milano dove circa duecento detenuti delle carceri lombarde (soprattutto Opera, Bollate e San Vittore) hanno ripulito i giardini di via Palestro, del Castello Sforzesco e di due case di riposo per anziani. E proseguirà sino al 24 dicembre prossimo: oggi toccherà alla Liguria mentre domani il permesso per "utilità sociale" verrà concesso ai detenuti di Piemonte Sardegna e Basilicata.

Quindi sarà la volta di Campania, Toscana, Umbria, Puglia e Emilia Romagna. Sarà compito dei detenuti siciliani - chiamati a dividersi tra Catania e Palerma per ripulire il parco Gioemi e quello della Favorita - mettere fine alla lunga giornata.

Èdi questa settimana, infine, un accordo siglato dal Garante regionale del Lazio per i diritti dei detenuti Angiolo Marroni e da Cgil, Cisl e Uil: tra i contenuti del protocollo, il miglioramento dei servizi sanitari, l’elaborazione di proposte formative spendibili sul mercato del lavoro, la promozione in carcere di cultura e sport.

Ma soprattutto azioni finalizzate a eliminare l’ingresso e la permanenza dei bambini in carcere con misure alternative per le madri detenute. "Quando un individuo entra in carcere - ha affermato Marroni - perde il diritto alla libertà ma conserva gli altri: all’educazione, alla formazione, alla sanità e al lavoro".

Bologna: in carcere è possibile anche lavorare…

 

Intervista a "Il Profumo delle Parole", nuova casa editrice nata all’interno della casa circondariale di Bologna.

 

Bandiera Gialla, 21 dicembre 2004

 

Come risulta dalle precedenti interviste della nostra inchiesta, il mercato editoriale bolognese è caratterizzato da alcuni elementi ricorrenti. Prima di tutto ci sono i problemi legati alla fase di distribuzione del libro, soprattutto per le piccole e medie case editrici: tutti gli editori fin qui sentiti convengono nel sostenere che i costi di distribuzione sono troppo alti e che il mercato è controllato, o meglio dominato, dalle grandi catene distributive. Secondariamente riscontriamo una tendenza alla specializzazione. Una casa editrice appena nata, per potersi affermare e consolidare, deve occupare necessariamente gli spazi di mercato lasciati liberi dalle grandi case. In questo modo si creano mercati di nicchia e la produzione si specializza. Durante la ricerca abbiamo anche constatato che sono molte (e in crescita) le attività editoriali impegnate nel sociale. Per il nostro quarto appuntamento con l’inchiesta, ci siamo dedicati ad un caso un pò particolare. "Il Profumo delle Parole" è un progetto editoriale nato da pochi mesi che ha come fine ultimo il reinserimento lavorativo e sociale dei detenuti. Promotore di questa iniziativa è il Sic (consorzio di cooperative sociali), in collaborazione con alcuni enti locali e nazionali. Per capire di cosa si tratta, ne parliamo con Gianni De Vincentis, coordinatore del progetto.

 

Ci spiega cos’è "Il Profumo delle Parole" e in che cosa consiste la vostra attività?

"Il Profumo delle Parole" è il nome della tipografia attiva all’interno della Dozza, la casa circondariale di Bologna. Il progetto prevede all’interno della tipografia l’assunzione di tre detenuti a media/lunga detenzione. L’attività lavorativa intramuraria è permessa e regolamentata dalla legge Smuraglia, che favorisce la reintegrazione sociale del detenuto. L’iniziativa è partita dal Sic (consorzio di 14 cooperative sociali) ed è sostenuta dal Comune e dalla Provincia di Bologna, dalla Regione Emilia Romagna e dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia. Abbiamo cominciato i lavori lo scorso settembre con l’intento di dare professionalità ai detenuti. Per il momento il periodo finanziato è di tre mesi, ma i risultati che stiamo ottenendo ci permetteranno di continuare e di aumentare il numero di detenuti impiegati nella tipografia.

 

Quindi il vostro progetto sta avendo un buon successo. Ciò vi permetterà il grande passo di diventare anche casa editrice?

Si, questa è la sfida che stiamo per affrontare. Dopo un mese di lavori, a ottobre, ci venne questa idea. La tipografia andava bene, perciò, per consolidare il progetto, abbiamo pensato di entrare nel mercato editoriale. La tipografia è già molto professionale e con la nascita della casa editrice puntiamo a rendere completamente autonoma questa attività dai finanziamenti degli enti pubblici e istituzionali. Naturalmente la nostra attività non è a scopo di lucro, per noi è sufficiente pagare le spese e i detenuti. Abbiamo deciso di produrre libri che si occupano del sociale e non.

 

Iniziare un’attività editoriale non deve essere molto facile, soprattutto considerando il livello di saturazione del mercato. In una situazione del genere immagino abbiate già programmato i primi passi da fare. Come pensate di raccogliere le proposte culturali da pubblicare?

Per cominciare stiamo programmando un concorso interno per prodotti letterari. La partecipazione è aperta a tutte le case circondariali della regione ed è completamente gratuita. Ci saranno nove premi divisi in tre temi:disegno, poesia, racconto breve. Ci saranno dunque tre primi, tre secondi e tre terzi posti.

Il soggetto comune da sviluppare è "Ho fatto un sogno". Gli elaborati saranno valutati da una commissione mista (Detenuti, Direzione CC, Direzione SIC e valutatori qualificati esterni). E ripeto, chi vorrà partecipare al concorso non dovrà sborsare neanche un euro. A parte questo, le proposte di pubblicazione dall’esterno non mancano. Grazie alle collaborazioni con le associazioni "Piazza Grande" e "Un ponte per…" ora siamo molto più conosciuti, abbiamo acquistato più visibilità.

 

Mi sembra di capire che le collaborazioni con altre associazioni sono per voi importanti, se non addirittura necessarie. Ma in che modo si sviluppano queste sinergie?

Lavorare insieme ad altre realtà associative è quasi naturale direi. Condividiamo molti valori e idee, quindi non stupisce che, quando si tratta di cercare collaborazione, le associazioni sono sempre disponibili a darti una mano perché più sensibili a certe iniziative.

Ad esempio, per l’associazione "Un Ponte Per…" abbiamo stampato un set di 5 quaderni dal titolo "Basta Guerra" in sostegno del progetto gemellaggi scolastici. E poi c’è il progetto "Punto Zero" sviluppato con Piazza Grande, che prevede interventi di qualificazione per il giornale e di miglioramento tecnologico per la nostra tipografia. Abbiamo anche realizzato lavori commissionati dalla Provincia di Bologna e dall’Università di Bologna.

 

Uno dei problemi più urgenti del sistema penitenziario italiano è il sovraffollamento delle carceri. Per porvi rimedio, il Governo ha stanziato dei fondi per la costruzione di nuove case circondariali. Non pensa che il problema andrebbe risolto diversamente, magari dall’interno del carcere? Un progetto come il vostro permette la reintegrazione dei detenuti nella società e di conseguenza può contribuire a risolvere il problema della recidiva, evitando quindi la reiterazione dei reati.

Sono pienamente d’accordo con una politica del genere. La soluzione più ovvia (come quella di costruire nuove strutture penitenziarie) non è quasi mai quella più adatta a risolvere un problema. Con la reintegrazione sociale, diminuirebbe notevolmente il numero di detenuti che tornano in carcere. Il nostro progetto, comunque, non è nato per risolvere problemi logistici, ma nasce dall’esigenza di ridare dignità e professionalità al detenuto. Come recita il sottotitolo nel nostro sito web, noi diamo voce a chi sussurra nel frastuono. A differenza di chi vuole uno stato di polizia, basato sull’intransigenza e sulla rigidità, noi vogliamo dare al detenuto la possibilità di riacquisire quei valori che gli permetteranno un rientro meno traumatico nel tessuto sociale. Gli diamo la possibilità di scegliere: quando esce dal carcere può tornare a svolgere attività criminose oppure può farsi valere onestamente con le competenze acquisite durante la sua detenzione. Il nostro progetto dovrebbe essere da esempio per tutti. È una normalissima azienda, con l’unica eccezione che trova la manodopera in carcere. Invece di avere la sua struttura produttiva al di fuori dei penitenziari, ce l’ ha all’interno. Oggi si considera il diverso un estraneo, che va escluso, e invece bisognerebbe considerarlo facente parte della società. L’emarginazione non permette la reintegrazione. Le difficoltà che incontra il detenuto all’esterno dovrebbero riguardare tutti noi poiché spesso siamo noi i responsabili.

 

Molto spesso iniziative impegnate nel sociale come questa incontrano notevoli difficoltà. Quali sono state nel vostro caso?

Beh, il periodo più difficile è stato quello di preparazione. Ma è normale, considerando il numero di soggetti coinvolto nel progetto. Bisogna coordinare il lavoro insieme e seguire una direttiva comune, altrimenti non si va avanti. A questo si aggiungono i problemi dovuti alla fase distributiva. La percentuale sulla vendita di un prodotto che incassa una azienda di distribuzione è troppo elevata e spesso realtà editoriali piccole come noi non riescono a coprire i costi di produzione. Comunque sono convinto che uno degli strumenti per superare questo ostacolo è internet. La vendita per corrispondenza è l’unica via per evitare i costi di distribuzione. È grazie ad essa che noi siamo riusciti a consolidarci.

 

Possiamo dunque affermare che internet è lo strumento per stravolgere gli equilibri del mercato. Ma quanto è determinante nell’economia di una azienda editoriale?

Tantissimo direi. Internet è un veicolo molto importante se sfruttato nel modo giusto. È strumento di vendita e soprattutto di facile promozione. Grazie al nostro sito, in un mese e mezzo abbiamo ricevuto 750 contatti e puntiamo ad arrivare a mille entro la fine del 2004.

È anche grazie a internet che la tipografia diventerà autonoma, con un fatturato tale da migliorare la struttura produttiva all’interno della Dozza; in più ci permetterà di coinvolgere persone non specifiche del carcere, in modo da professionalizzare di più la nostra attività.

 

Il Profumo delle Parole

www.ilprofumodelleparole.it

SIC - Consorzio Iniziative Sociali - Coop Sociale Scarl

Via del Fonditore 16, 40138 - Bologna

Tel 051/53.22.72 - Fax 051/53.87.50

Roma: il "kit delle 48 ore" con generi di prima necessità

 

Redattore Sociale, 21 dicembre 2004

 

In distribuzione il "kit delle 48 ore", uno zainetto con oggetti di prima necessità per aiutare tutte le persone ex detenute ad affrontare i primi giorni di libertà. Dopo i primi 800 distribuiti lo scorso anno, il Comune ha deciso ora di rendere permanente il progetto promuovendo una nuova distribuzione negli istituti di pena della città. Infatti sono stati consegnati oggi presso il carcere di Regina Coeli 200 "kit delle 48 ore", realizzati dall’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune in collaborazione con le direzioni degli istituti di pena e con la Consulta Cittadina per il carcere del Comune di Roma.

Alla conferenza stampa sono intervenuti tra gli altri: Mauro Mariani, il direttore della Casa Circondariale Regina Coeli, Luigi di Mauro, Presidente della consulta cittadina per il carcere, Mauro Calamante, Presidente dell’ATAC, ed i rappresentanti delle aziende e delle organizzazioni che hanno contribuito alla realizzazione del kit (oltre ad Atac, Ferrovie dello Stato, Telecom, Comunità di S. Egidio).

Negli Istituti di pena romani (Regina Coeli e i 4 complessi di Rebibbia) sono detenute 3270 persone). Il numero complessivo di persone rilasciate per fine pena dalle carceri romane è di circa 10.000 l’anno. "Molte di loro - ha detto l’Assessore Raffaela Milano - versano in condizioni di estremo disagio socio-economico e una volta fuori dal carcere rischiano di trovarsi in uno stato di assoluta indigenza anche per affrontare questioni di prima necessità (mangiare, vestirsi, dormire).

Per questo motivo assieme alla Consulta penitenziaria cittadina lo scorso anno decidemmo di realizzare 800 Kit e di promuoverne la distribuzione. L’esito della sperimentazione è stato talmente soddisfacente che ora abbiamo deciso di rendere permanente l’iniziativa, realizzando subito altri 800 Kit da consegnare alle carceri romane".

Contenuto in uno zainetto appositamente realizzato, il kit contiene tutto ciò che può essere utile per affrontare le prime 48 ore di libertà (sia materiale informativo che dotazioni pratiche per vita quotidiana) e verrà distribuito in accordo con le Direzioni degli Istituti e grazie alla collaborazione con le Associazioni di Volontariato e in particolare dei cappellani delle carceri, a tutti i detenuti che versano in condizione di disagio socio-economico che escono dalle carceri romane.

Ogni kit contiene: una mappa dei trasporti pubblici di Roma (Atac); una brochure in 4 lingue (italiano, inglese, spagnolo e francese) con informazioni e numeri di telefono "utili" (Chiama Roma 060606, Agenzia Comunale per le Tossicodipendenze, Asl, servizi sociali dei Municipi, ecc.); 4 buoni pasto da 5,25 euro l’uno; 5 biglietti giornalieri BIT Metrebus; la Guida "Dove mangiare, dormire, lavarsi" realizzata dalla Comunità di S. Egidio; un kit per l’igiene personale; una maglietta di cotone; una scheda telefonica Telecom da 5 euro; un marsupio; un portachiavi; biglietti ferroviari (su segnalazione specifica) per raggiungere le località di provenienza. Parte del materiale del kit è stato realizzato dalla cooperativa "Made in Jail", formata da persone detenute ed ex detenute. Rilevante e significativo il contributo che molti sponsor hanno offerto alla realizzazione del Kit (Atac, Telecom, Comunità di S. Egidio, Ferrovie dello Stato, Ministero del Lavoro).

Salerno: l’inserimento dei detenuti nel tessuto sociale

 

Salerno Notizie, 21 dicembre 2004

 

Il Consigliere Comunale di AN Roberto Celano lancia una proposta a due presidenti di Commissione Consiliare per il reinserimento dei detenuti nel tessuto sociale. Ecco il testo integrale della lettera inviata per conoscenza anche al Direttore dell’Istituto penitenziario di Salerno: "Signori Presidenti, nei mesi addietro, insieme al Presidente del Comitato di quartiere di Torrione, ho avuto modo di interloquire telefonicamente e a mezzo lettera con il dott. Tinebra, Direttore Generale del dipartimento amministrazione istituti di pena, e di incontrare il dott. Stendardo, Direttore della struttura carceraria di Salerno, per verificare la disponibilità del Ministero di Grazia e Giustizia a sostenere ed aderire ad un progetto che potrebbe garantire un reinserimento nel tessuto sociale di taluni detenuti che, accuratamente selezionati, potrebbero dare un notevole contributo alla bonifica del patrimonio ambientale della città.

La proposta da noi avanzata è stata accolta con entusiasmo dai Dirigenti del Ministero che auspicano una fattiva collaborazione tra le Amministrazioni locali e i responsabili delle strutture carcerarie e sollecitano affinché l’iniziativa che abbiamo proposto possa effettivamente concretizzarsi e trovare il sostegno da parte dell’Amministrazione Comunale.

Si tratterebbe, peraltro, di un’iniziativa dall’alto valore simbolico e di sicuro prestigio per la nostra città. In tal modo, infatti, non solo si tutelerebbe l’ambiente, che versa in condizioni di evidente abbandono, ma risulterebbero amplificate, nel contempo, le possibilità di inserimento sociale dei soggetti utilizzati nei lavori di bonifica che avrebbero anche la possibilità di godere di uno sconto di pena a fronte dei servigi offerti alla collettività.

Simili progetti sono stati già attuati, seppur solo per periodi di tempo molto brevi e non con la continuità che noi auspichiamo, con totale successo, da altre Amministrazioni (cito su tutti il caso di Verbania, in Piemonte), con indiscusso beneficio per la collettività. Salerno potrebbe divenire in tal modo esempio da seguire per altre Amministrazioni comunali per contribuire a rendere, almeno per talune categorie di detenuti sapientemente selezionati, la struttura carceraria luogo non solo di espiazione delle pene ma anche di recupero e di reinserimento nella società.

Per tali motivi e affinché si possa insieme discutere sulla validità e sull’opportunità di una tale iniziativa vi chiedo di convocare una seduta congiunta delle Commissioni da voi presiedute e di invitare a partecipare gli Assessori alle Politiche sociali ed all’Ambiente ed il Direttore della struttura carceraria di Salerno dott. Stendardo". Roberto Celano, Consigliere Comunale AN.

Brescia: visita dei radicali, la situazione è preoccupante

 

Giornale di Brescia, 21 dicembre 2004

 

"La situazione di Canton Mombello è davvero preoccupante". Il capogruppo del gruppo radicale in Regione Lombardia, Alessandro Litta Modignani, si è dichiarato molto preoccupato dopo aver visitato la casa circondariale di Brescia. "Si tratta di un istituto vecchio con strutture vetuste - ha detto Litta Modignani - che porta con sé mali insanabili che caratterizzano gran parte delle carceri italiane: il sovraffollamento". Secondo i dati forniti dai rappresentanti radicali Canton Mombello, che nominalmente dovrebbe accogliere 200 detenuti, ne ospita 430.

"Una situazione - prosegue Modignani - inqualificabile. Abbiamo visto celle destinate a due persone con 5 detenuti; in quelle più grandi di 4 metri per 4 vengono "stivati" 12 detenuti. In queste stanze i detenuti passano 22 ore su 24 sempre sdraiati". I rappresentanti radicali, che annualmente compiono delle ispezioni nelle carceri lombarde, hanno parlato anche delle condizioni igieniche: "Le docce hanno i tubi che perdono acqua dal soffitto e i muri divisori sono marci, in un’ala dell’istituto, poi, l’acqua è solo fredda perché sono in corso dei lavori di ristrutturazione.

Una situazione davvero difficile". Litta Modignani fornisce anche i dati generali dei detenuti: "147 detenuti sono in carcere in via definitiva, 185 sono in attesa del giudizio di primo grado, 66 stanno attendendo l’appello e 33 sono in attesa della decisione in Cassazione. Dei 430 detenuti, solo 11 sono in condizione di semilibertà". L’ultimo dato è quello relativo alla tossicodipendenza: "Nel carcere ci sono circa 180 tossicodipendenti, ma solo 13 seguono un regime metadonico".

Secondo il capogruppo dei radicali, l’istituto di Canton Mombello si segnala, tuttavia, "per il tentativo lodevole di attivare corsi ricreativi: corsi di informatica, corsi di prima alfabetizzazione per gli stranieri. Questo anche se mancano gli operatori: sono due gli educatori che lavorano nel carcere, ma uno è a tempo determinato". Le condizioni sono difficili anche per chi lavora all’interno della casa circondariale anche se "l’organico del personale è stato aumentato di 50 persone con una possibilità di turnazione più flessibile".

Napoli: il presepe moderno dei ragazzi di Nisida

 

Il Mattino, 21 dicembre 2004

 

Il presepe dei ragazzi di Nisida. Un lavoro lungo e complesso che ha occupato per mesi i giovani detenuti del penitenziario minorile: hanno lavorato duro, con impegno e passione, estro e abilità, per portare a termine un’opera che mai avrebbero immaginato di riuscire a realizzare.

Alla fine è stato davvero un successo, e soprattutto una grande soddisfazione: quel presepe, infatti, è stato acquistato dal club Baia Verde, con il suo presidente Angelo Cammarosano, e il ricavato è andato tutto a favore degli stessi laboratori di Nisida dove - dicono i promotori dell’iniziativa - i fondi non bastano mai.

Una attualizzazione della natività, quella ultimata dai ragazzi di Nisida - con la collaborazione del maestro Antonio Cristo - per la realizzazione di un presepe napoletano reinterpretato in chiave moderna grazie anche alla ricerca dei colori del maestro ceramista Giovanni Sinno. Alla scenografia poi ci ha pensato il giovane allievo Grich Hicam che ha lavorato senza sosta per riuscire a portare a termine l’opera nei tempi previsti.

Un laboratorio molto attivo dove l’arte presepiale è diventata ben presto il filo conduttore di una iniziativa volta al recupero dei giovani a rischio. Quel laboratorio, infatti, partendo da una esperienza tradizionalmente napoletana, ha ugualmente offerto ai ragazzi di diversa nazionalità la possibilità di esprimere la propria arte e la propria fantasia.

Napoli: carcere militare, detenuti in scena con Weiss e Levi

 

Il Mattino, 21 dicembre 2004

 

Una giornata particolare nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Un giornata con protagonisti i detenuti, sia quelli militari sia i definitivi delle forze dell’ordine, che in mattinata hanno ricevuto gli attestati per i corsi di formazione promossi dalla Regione Campania e nel primo pomeriggio sono stati impegnati con lo spettacolo teatrale "L’istruttoria" dall’opera originale di Peter Weiss supportata da brani tratti da "Se questo è un uomo" di Primo Levi.

"Una proposta per festeggiare insieme il Natale con un coinvolgente lavoro di gruppo". Questa la motivazione dei membri de "Il laboratorio" che hanno potuto contare sulla caparbietà e sulla pazienza della dottoressa sociologa Elisa Bosco. Ad assistere alla rappresentazione c’era il generale Celeste Rossi, comandante dell’organizzazione penitenziaria militare nonché il tenente colonnello Roberto Salucci, comandante del carcere.

"Uno spettacolo toccante - ha commentato entusiasta il generale Rossi - che ha concluso in maniera esemplare una giornata iniziata con la consegna degli attestati per i corsi di formazione dopo un semestre di grande impegno". Venti detenuti, infatti, hanno partecipato ai laboratori di giardinaggio e pittura ricevendo anche una borsa di studio di 500 euro.

Un’iniziativa senza dubbio molto interessante alla quale dovrà essere dato necessariamente un seguito. L’impegno delle istituzioni è sicuramente fondamentale e quindi già da subito il Comune, la Provincia o la Regione potrebbero dare un forte segnale interessandosi in maniera ancora più concreta alle iniziative in programma all’interno del carcere militare. Ospitare all’esterno della struttura una mostra con le opere che i detenuti hanno eseguito durante i corsi di formazione sarebbe un primo, forte segnale. E a questo appello il sindaco Enzo Iodice non mancherà di far pervenire la sua adesione.

Made in jail: slogan e t-shirt, la parola ai detenuti

 

Rai News, 21 dicembre 2004

 

Quadri, borse e cinture in pelle, ma soprattutto T-shirt. Prodotti realizzati da detenuti e ora venduti on-line. Le celle dei carceri che si aprono al business con un solo scopo: il reinserimento degli ex detenuti nel mondo del lavoro.

Nasce dalla collaborazione tra il ministero della Giustizia e la cooperativa "Made in jail" il progetto "Shop in jail". Per acquistare i prodotti basta inoltrarsi nel sito www.madeinjail.com che dischiude le sue porte proprio come quelle di una vera prigione e propone magliette con slogan creativi che giocano proprio sul gergo carcerario e sui luoghi comuni trasformandoli in globali.

"Arresta il sistema", "Regole 0", "Non mi avrete mai come volete voi", "Non è tutto loro quello che luccica": sono solo alcune delle scritte che troneggiano sulle magliette realizzate dai detenuti di molte carceri italiane, da quello di Casal del Marmo alla Terza Casa Penale di Rebibbia a Roma, da Villa Andreina di La Spezia alla Casa circondariale di Viterbo, che ora si possono acquistare on-line sul sito realizzato della cooperativa sociale "Made in jail" dove sono pubblicizzati gratuitamente.

L’e-commerce, dunque, conquista anche le carceri. L’iniziativa, che parte con le festività di Natale, prevede anche l’organizzazione di periodiche mostre mercato on line, sempre sul sito della cooperativa, dove si possono trovare oggetti di arte povera e prodotti vari realizzati a seguito dei corsi di formazione tenuti all’interno dei penitenziari.

Uno dei più apprezzati è sicuramente quello di stampa serigrafica che ha dato vita ad un vero e proprio laboratorio artigianale. La Cooperativa Sociale Seriarte Ecologica che lo propone, è nata nel 1988 a Roma, nell’istituto Penitenziario di Rebibbia, e da anni collabora con il mondo penitenziario sia minorile che adulto al fine di sviluppare le capacità professionali degli ex detenuti e favorire il loro reinserimento sociale.

Coniugare, insomma, solidarietà a impresa si può. A decretarne il successo le spiritose T-shirt che hanno anche dato voce ai detenuti attraverso la stampa di immagini e slogan che compaiono sugli articoli d’abbigliamento griffati Made in Jail. Tutti i prodotti sono presenti da tempo nei punti vendita che espongono il marchio ma ora anche su internet.

Al progetto hanno lavorato Sebastiano Ardita, direttore generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Maria Pia Giuffrida, dirigente generale del dipartimento, e Silvio Palermo, presidente della cooperativa ecologica "Made in jail" ed ex detenuto.

E se nella home del sito www.madeinjail.com viene citato un passo di Neruda che dice: "Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce", attraverso "Shop in jail" i detenuti italiani hanno trovato sicuramente il modo di parlare a chi non conosce ma anche di far cambiare di tanto in tanto "la marca" dei vestiti.

Sulmona: inaugurata una mostra "dell’arte reclusa"

 

Il Messaggero, 21 dicembre 2004

 

Il Direttore dell’Istituto Penitenziario di Sulmona, Giacinto Siciliano, presente Stefania Pezzopane, presidente della Provincia, che ha concesso il patrocinio, del Comune di Sulmona e la collaborazione degli studenti del Liceo Pedagogico "G.B. Vico", ha presentato la mostra inaugurata poi dal Presidente della Provincia, "colori dentro", esposizione "d’arte reclusa" che si tiene presso i locali della Provincia in via Mazara fino al 6 gennaio 2005.

"È con orgoglio che presento quest’iniziativa - ha detto Giacinto Siciliano - perché costituisce una tappa importante nel processo di avvicinamento del carcere al territorio. Visitare la mostra, comprare un’opera, vuol dire dare un senso agli sforzi di coloro che, anche in carcere, impiegano il loro tempo in modo utile e costruttivo".

Sono esposte più di cento opere e il ricavato sarà devoluto favore del reparto di Pediatria dell’Ospedale di Sulmona. L’iniziativa, come ha sottolineato Stefania Pezzopane è stata fortemente voluta dalla Provincia, così l’assessore Teresa Nannarone, ha sottolineato come "la città debba riconoscere come sua, la realtà carceraria che ospita".

Salerno: detenuti-artisti per progetto di reinserimento

 

Il Mattino, 21 dicembre 2004

 

Protagonisti per un giorno. Attori e cantanti nell’ambito di un programma di reinserimento sociale interamente voluto dalla direzione del carcere e dal tribunale di Sorveglianza. Dieci detenuti di Fuorni animeranno domani (a partire dalle 16) piazza del Crocifisso con uno spettacolo ideato ed organizzato dal maestro Francesco Granozzi: "Migliori in una città migliore", piccoli segmenti di prosa per accompagnare canti natalizi e l’addobbo di un abete che resterà poi in regalo alla città.

Un "albero dei desideri" dove, accanto alle solite decorazioni, ci saranno tanti bigliettini scritti dai detenuti: sogni, speranze e buoni propositi per ricordare ai salernitani che, anche dietro le sbarre di un carcere, la speranza non muore.

Attori in pectore per qualche ora, i dieci detenuti potranno godere di un permesso di libertà che consentirà loro di poter andare da soli all’appuntamento di piazza. Un’occasione per assaporare per qualche ora il piacere di stare in compagnia, di dimostrare a tutti ciò che si è capaci di fare. Il gruppetto è composto di uomini ma anche di donne, tra loro anche una giovanissima brasiliana di origini polacche che ha alle spalle una commovente storia di emarginazione e di dolore.

L’età media varia dai 26 ai 33 anni. E la scelta di ognuno di loro non è stata casuale: hanno tutti già avuto una condanna definitiva e si sono distinte per buona condotta. Insomma, per loro si tratta di un premio per il corretto comportamento. E proprio per questo si è deciso di lasciarli liberi, di consentire loro di andare da soli in piazza del Crocifisso, di non essere "controllati a distanza".

Ma l’iniziativa di domani è anche l’occasione, per il direttore della casa circondariale di Fuorni, Alfredo Stendardo, per parlare dei tanti progetti mai decollati a favore del reinserimento sociale dei detenuti. "Abbiamo tante idee - ha detto in conferenza stampa il direttore Stendardo - tanti progetti fermi nel cassetto dal 1991, avviati con la Provincia e poi rimasti bloccati senza un perché.

Progetti mirati ad aiutare alcuni dei nostri detenuti, ed anche ex ospiti di questo carcere, a trovare un lavoro, a rendersi utile così come è avvenuto a Varese o a Milano. Invece, i nostri buoni propositi sono rimasti al palo. Come il programma di recupero della fascia costiera, la trasformazione di una vecchia struttura ai confini di Salerno da destinare ad officina di vecchi mestieri, come la realizzazione di orto botanico. Abbiamo persino avuto una proposta di collaborazione dai cittadini di Torrione per la pulizia del verde pubblico.

Ci siamo incontrati, ne abbiamo discusso, poi niente. Invece sarebbe importante riprendere questo discorso, garantire un futuro a chi ha sbagliato perché l’errore non si ripeta, perché non si diventi delinquente di professione". Insomma, gli addetti ai lavori chiedono maggiore attenzione per il mondo carcerario. Un mondo fatto di persone, e non solo di detenuti.

Di uomini e donne che chiedono attenzione e fiducia da parte dei cittadini. Per questo motivo il direttore di Fuorni anticipa, in contemporanea, anche l’avvio di altri due progetti: quello sportivo, in collaborazione con il tecnico della Primavera della Salernitana, Raffaele Novelli, che sarà presente tre volte alla settimana per allenare i detenuti; e quello con le scuole e la facoltà di Comunicazione di Fisciano (docenti e studenti) per un cineforum su tematiche sociali che verranno poi approfondite e spiegate.

Per il presidente del tribunale di Sorveglianza Della Valle, la conferenza stampa diventa invece occasione per denunciare disservizi degli apparati burocratici in tema di sentenze e di giusta condanna. Da parte dell’assessore alle Politiche sociali, Nino Savastano, e del presidente della III commissione consiliare, Augusto De Pascale, un impegno a riaprire la discussione.

Droghe: per i cocainomani comunità solo nel weekend

 

Vita, 21 dicembre 2004

 

Intervista di Stefano Arduini a don Egidio Smacchia, presidente della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche. Don Egidio Smacchia, oltre a dirigere la comunità per adolescenti "Il Ponte" di Civitavecchia, è al timone della Federazione Italiana delle Comunità Terapeutiche.

 

I cocainomani vanno in comunità?

"Siamo al 4% delle presenze".

 

Non molto, non le pare?

"Siamo di fronte a una rivoluzione culturale enorme. Il drogatone emarginato che si faceva di eroina non esiste quasi più. Il nuovo drogato è una persona precisa, in giacca e cravatta. Integrato e con un posto di lavoro.

 

Che mai entrerebbe in comunità…

"I nostri cocainomani sono persone all’ultima spiaggia. Adolescenti con problemi esistenziali e/o economici, o quaranta/cinquantenni con famiglia e professione. Spesso sono le mogli a bussare alla nostra porta".

 

Il capo del dipartimento antidroga, Carlesi sostiene che per vincere la guerra alla cocaina le comunità sono fondamentali, più dei Ser.T. Concorda?

"Sì, anche perché questo tipo di abuso è spesso correlato alla depressione. E su questo terreno i farmaci possono essere utili sono in alcuni casi e nella prima fase, dopo conta il processo di accompagnamento".

 

Il problema però è che le comunità stanno chiudendo.

 

"Se un cinquantenne, manager e padre di famiglia, ci contatta, non possiamo offrirgli un piano di reinserimento che lo impegna 24 ore al giorno, mollando lavoro e famiglia. Le comunità scontano un’incapacità di ripensarsi. Devono trovare altri sistemi. La terapia per un cocainomane deve avere tempi più ristretti, i fine settimana, le ferie, e luoghi diversi dalle comunità per tossici. Questa però è solo una faccia del problema, l’altra consiste nell’aspetto economico".

 

Si spieghi...

"Quelle che chiudono sono le piccole comunità che non hanno finanziamenti pubblici. L’asse privato non profit-pubblico va rafforzato".

 

La legge Fini è utile per frenare la corsa della cocaina?

"Vietare una o l’altra sostanza non serve. Ogni giorno escono sul mercato 4mila droghe sintetiche. Sarebbe utile una norma per sostenere la formazione degli operatori".

Droghe: aumenta consumo giovanile di alcool e droghe

 

Progetto Uomo, 21 dicembre 2004

 

I ragazzi bevono di più, fuori pasto e con l’intenzione di ubriacarsi, uno su cinque tra loro fa uso di cannabis mentre aumenta il numero di quelli che hanno consumato cocaina ed eroina. E’ quanto emerge dal Progetto ESPAD (European School Survey Project on Alcohol ad other Drugs), un’indagine condotta nel 2003 dal Consiglio d’Europa tramite il Gruppo Pompidou e il Consiglio svedese su alcool e droghe, e realizzata, per quanto concerne l’Italia, in collaborazione tra Consiglio nazionale delle ricerche e Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il progetto ESPAD ha coinvolto gli studenti tra i 15 e i 19 anni di 35 paesi europei. Il campione italiano conta circa 30.000 sedicenni. I dati più significativi che emergono dallo studio europeo sono i seguenti.

 

Consumo di tabacco

 

L’Italia si pone in una posizione intermedia tra i paesi europei, con il 25% dei sedicenni di entrambi i sessi che riferisce di aver fumato sigarette più di 40 volte nella vita. I valori più elevati, con il 42% risultano quelli di Austria e Groenlandia, mentre la Turchia risulta all’ultimo posto, sia per media (13%), sia per i due generi: 17% dei maschi, 7% delle femmine. Il paese con il maggior numero di fumatori sedicenni maschi è la Lituania con il 49%, stessa percentuale che si riscontra tra le ragazze della Groenlandia, che si piazzano al primo posto della graduatoria.

 

Consumo di alcool

 

L’Italia mostra un incremento rispetto alla precedente rilevazione del 1999, con il 33% dei ragazzi ed il 16% di ragazze che riferisce di aver consumato alcool 40 o più volte nella vita: la media tra i due sessi, del 24%, è superiore di ben 6 punti a quella di quattro anni prima. Al primo posto si colloca la Danimarca con il 50% di media (57% dei ragazzi, 42 delle ragazze). Anche Austria, Repubblica Ceca e Olanda contano però valori superiore al 50% per i maschi o al 40% per le femmine. Valori inferiori al 20% per i maschi e al 15% per le ragazze si trovano in Norvegia, Islanda e Turchia.

Relativamente alle intossicazioni acute da alcool (10 o più ubriacature nel corso dei 12 mesi precedenti l’intervista), l’Italia con il 7% per i maschi ed il 2% per le ragazze si pone, insieme con la Francia, agli ultimi posti della graduatoria a livello europeo. In paesi come la Danimarca vengono riferite frequenze analoghe dal 40% dei ragazzi e dal 29% delle ragazze, in Irlanda dal 30% dei ragazzi e dal 28% delle ragazze.

 

Consumo di droghe

 

Con il 22% dei maschi di 16 anni ed il 18% delle ragazze che riferisce un’esperienza d’uso di cannabis nella vita, l’Italia si colloca tra i paesi europei con consumi medi elevati, anche se non evidenzia significativi incrementi dalla rilevazione del 1999. Valori superiori al 30% per i maschi ed al 28% per le femmine vengono riferiti da Repubblica Ceca, Svizzera, Irlanda, Francia, Regno Unito, Spagna e Belgio. Con valori inferiori al 10% in entrambi i sessi si evidenziano Norvegia, Svezia, Grecia, Turchia, Cipro e Romania.

Differente si mostra, la situazione italiana, per quanto riguarda le altre sostanze illegali: il nostro paese, insieme con la Spagna e la Repubblica Ceca, conta l’11% dei maschi che riferisce una esperienza di consumo di altre sostanze psicotrope (specialmente cocaina ed eroina) nella vita, e con il 6% delle ragazze si colloca tra i paesi più colpiti. Preoccupa in particolare l’aumento di 3 punti percentuali per entrambi i generi rispetto al rilevamento del 1999.

 

 

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