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Non ho casa, portatemi in carcere
Corriere della Sera, 19 aprile 2004
Respinto
dalla moglie e dai genitori, nell’ultima settimana il giovane ha dormito in
auto. "Non ho casa, portatemi in carcere"
Sabato sera si è presentato dai carabinieri di Pieve Emanuele e ha chiesto di essere arrestato. "Ho violato l’obbligo di dimora che mi ha imposto il Tribunale. Ma non potevo fare altrimenti: non ho una casa dove stare. Per favore, riportatemi in carcere". Quando i militari lo hanno accontentato, ha tirato un sospiro di sollievo. Perché grazie a questa auto-denuncia per G.L., 30 anni di cui sei passati in cella per reati legati agli stupefacenti, è finita un’odissea.
Dopo
qualche settimana, però, la donna gli ha chiesto di andarsene. Il giovane si è
trasferito dal padre (i genitori sono separati), in provincia di Roma. È qui
che il Tribunale aveva stabilito l’obbligo di dimora. Ma anche il genitore, a
un certo punto, non ne ha voluto più sapere. Di lui si sono occupati la Caritas e il Centro Studi Teologici che, negli ultimi mesi, gli avevano anche trovato un lavoro a Milano. "Chiederò al Tribunale di rivedere la decisione sulle misure restrittive - dice il difensore, Gianluigi Sguazzi -. Il mio cliente ha sbagliato ma può riabilitarsi. Se non gli diamo una mano, come può farlo?" Felice Mapelli, responsabile del Centro Studi Teologici spiega: "Lo Stato deve prestare più attenzione a chi esce dal carcere: il momento più difficile è affrontare la vita fuori dalle sbarre".
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