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Parla Luigi Pagano, direttore di San Vittore "Sogno un carcere dal volto umano"
Il Giorno, 9 novembre 2003
"Il carcere ideale? Non esiste". Luigi Pagano dirige il Carcere di san Vittore da 14 anni. È "Il Direttore" per 1.420 uomini e 125 donne all’ultimo, diciamo così, censimento: "Non esiste, il carcere ideale - spiega - perché il carcere è qualche cosa di sbagliato, una istituzione dei nostri tempi." Qualsiasi carcere. Figuriamoci San Vittore, "bellissimo edificio, esteticamente parlando, naturalmente a mio parere" che fu fondato nel 1879, quando era nell’ordine delle cose gettare la mela marcia nel sotterraneo e buttare via le chiavi, ma che oggi, con i suoi quattro piani e i suoi spazi angusti, è quanto mai inadatto all’applicazione di una nuova, diversa filosofia della pena. Tra non carcere e realtà, occorre mediare: "Parlerei allora di un ideale strutturale: un carcere nel centro della comunità, dove un detenuto possa trascorrere in cella non più di un’ora della propria giornata, e vivere il proprio percorso di recupero, che tutela non solo lui ma anche la società che lo riaccoglierà, in spazi adeguati, diversi". Il tempo in carcere è un contenitore vuoto. La scommessa, anche a san Vittore, è riempirlo, se possibile, di attività e contenuti. Viva dunque la Polisportiva, e una squadra di calcio "imbattuta e imbattibile - scherza il direttore - non credo solo perché composta da cattivi galeotti...", ma anche la lettura, per agevolare la quale si lavora sul territorio ed in rete, il teatro e ogni possibilità di integrazione in un gruppo. San Vittore s’è inventato anche un "Gruppo di trasgressione e di sfida" per andare al cuore del peccato originale di ogni detenuto, e trovare il nocciolo. A volte, si può scoprire anche qualche cosa di simpatico, perché trasgressione non sempre significa sangue: "Vi sono reati che comportano una certa dose di genialità. Si pensi a certi truffatori, per dirne una, particolarmente creativi. Il reato è reato. Ma ciascuno deve riconoscere se stesso, per ritrovarsi". In 14 anni, problemi in continuo cambiamento, a passo di danza con le giravolte della legge, i fatti storici, un’opinione pubblica mutevole. Il problema più grave oggi, a San Vittore? "Sicuramente il sovraffollamento. Ma anche la difficoltà nel creare la rete di lavoro, interna ed esterna. E, per quello che è il mio particolare sentire, il rapporto del detenuto e dell’istituzione carcere con la famiglia. Una famiglia che deve essere una risorsa, per il presente e per il futuro".
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