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Lombardia – carceri
Il Giorno, 4 marzo 2003
Carceri vecchie e carceri nate vecchie. Detenuti in cronico esubero. Carceri da umanizzare, per gli adulti e per i minori. Tutela della salute. Lavoro. Nuova edilizia per i detenuti ma anche per i loro custodi, gli uomini in divisa blu, spesso costretti alla fuga dagli affitti siderali che taglieggiano chi vive all'ombra della Madonnina. Un accordo quadro sottoscritto da Regione Lombardia e ministero della Giustizia tenta una terapia per i mali storici. Trenta pagine. Le firme del governatore lombardo Roberto Formigoni (foto in basso) e del ministro Roberto Castelli (foto in alto a destra). Un protocollo che una commissione "mista" cercherà di tradurre in atti concreti.
Salute
Un diritto pieno anche per chi vive in carcere. La strada è quella delle convenzioni con ospedali e presidi per prestazioni sanitarie, ambulatoriali, ospedaliere e anche per prestazioni specialistiche. Regione e ministero si impegnano per la profilassi delle malattie infettive. I detenuti potranno iscriversi al Servizio sanitario nazionale. Salute mentale e tossicodipendenza. Regione e ministero definiranno progetti di sperimentazione con i dipartimenti di salute mentale delle aziende ospedaliere. Si cercherà di stipulare convenzioni fra gli istituti penitenziari e le aziende ospedaliere.
Lavoro
La Regione si è già impegnata per 3 milioni e mezzo di euro l'anno per centinaia di corsi mirati. Il lavoro in carcere verrà canalizzato sia attraverso le Cooperative sociali sia monitorando le possibilità offerte dal mondo del lavoro. Una quota delle commesse degli enti pubblici dovrebbe essere destinata a cooperative e consorzi che impiegano detenuti ed ex detenuti.
Edilizia
Le carceri sono al collasso. L'accordo individua una correttivo nella costruzione di reparti a custodia attenuata, di reparti destinati alle misure alternative alla detenzione, di eventuali nuovi insediamenti penitenziari "integrati" nel territorio. Verranno ricercate soluzioni di edilizia agevolata e convenzionata per gli agenti della polizia penitenziaria.
"Vogliamo - dice Formigoni, che ha accanto l'assessore ai Servizi sociali Giancarlo Abelli - che quello trascorso in carcere non sia solo tempo dedicato all'espiazione ma anche al recupero pieno della persona. Che un giorno sarà libera. Qui si inquadra la nostra iniziativa, in un momento in cui è particolarmente alta la richiesta di sicurezza da parte dei cittadini". "Al problema del sovraffollamento delle carceri - dice Castelli - si possono dare due risposte. Una è quella di aprire sic et simpliciter le porte ma non la condivido anche perché la nostra Costituzione impone di garantire la sicurezza dei cittadini. La seconda è quella di provvedimenti particolari e faticosi, più difficili da raggiungere, ma che sono la strada maestra". Il Guardasigilli ricorda la legge Bossi-Fini che consente agli extracomunitari di tornare nei loro paesi se non hanno più di due anni di carcere da scontare e il trattato fra Italia e Albania che offre ai detenuti schipetari la possibilità di scontare la pena in un carcere di casa. E San Vittore? Da chiudere. "Stiamo lavorando - sintetizza Castelli - per ridare la fruizione di San Vittore alla intera città". Poi il ministro si reca nel carcere di piazza Filangieri per quella che definisce "un'ispezione ordinaria, assolutamente ordinaria". Intanto Antonella Maiolo, presidente della commissione speciale carceri della Regione, annuncia un progetto di legge d'iniziativa consiliare per applicare l'accordo. Carceri più umane per recuperare i detenuti
L’Eco di Bergamo, 4 marzo 2003
"Recuperare i detenuti non è solo un dovere costituzionale, ma è conveniente. Un cittadino onesto, recuperato alla società, è conveniente per la stessa società". Con queste parole il ministro della Giustizia Roberto Castelli ha presentato ieri pomeriggio al Pirellone l'accordo quadro sottoscritto con la Regione Lombardia per l'individuazione di una serie di misure per l'umanizzazione delle nostre carceri. A rappresentare la casa circondariale di Bergamo sono intervenuti, tra gli altri, don Virginio Balducchi, cappellano dal '90, Pia Palmieri, uno dei due vicedirettori, e Vito Somma, neocomandante del reparto di Polizia penitenziaria. Questi, in sintesi, gli interventi programmati: il convenzionamento diretto delle aziende ospedaliere con gli istituti penitenziari, l'iscrizione dei carcerati (italiani e stranieri) al Servizio sanitario, l'avvio di programmi di profilassi contro le malattie infettive, maggiore attenzione alla tutela del diritto di espressione religiosa e la realizzazione di interventi di formazione e di inserimento lavorativo in collaborazione con le imprese pubbliche e private del terzo settore. Sul fronte
dell'edilizia penitenziaria sono previste la realizzazione di reparti destinati
all'esecuzione di misure alternative alla detenzione, alcune facilitazioni sulla
casa per il personale operante nel settore penitenziario e la sperimentazione di
affitti calmierati per le persone ammesse alle misure alternative e per gli ex
detenuti. Il patto d'intesa - firmato da Castelli e dal presidente della Regione
Roberto Formigoni - rilancia il protocollo d'intesa (datato 1999) tra l'allora
ministro della Giustizia, Oliviero Diliberto, e il governatore lombardo. Nella
premessa dell'accordo si rimarca, tuttavia, che "a circa tre anni dalla
sottoscrizione non appaiono compiutamente perseguiti gli obiettivi sottesi al
protocollo". Speriamo dunque che il nuovo impegno assunto ieri dal governo
nazionale e da quello regionale si traduca in opere e non rimanga sulla carta.
C'è la buona volontà per farlo: a lavorare in modo permanente sarà una
commissione regionale mista. Il governatore della Lombardia non entra nel merito del tanto discusso indultino. Gli preme sottolineare l'attualità del patto siglato, che definisce un "gesto di intelligenza. Attraverso questo accordo miriamo al recupero della persona del carcerato. Vogliamo che il tempo trascorso in cella non sia soltanto dedicato all'espiazione della pena ma, se possibile, al recupero per intero della dimensione sociale". È un chiaro riferimento al concetto di giustizia riparativa, contenuto nel regolamento di esecuzione dell'accordo. "Il carcere di Bergamo - dice don Balducchi, presidente dal 2000 della Conferenza regionale lombarda sul volontariato e giustizia - si aspetta che siano fissati gli strumenti per poter utilizzare maggiormente le alternative al carcere, riconciliative con la società". Anche Chiara Perla, educatrice al Gleno - da 15 anni educatrice penitenziaria - concorda sul fatto che il carcere non è l'unico modo per saldare il conto con la giustizia: "Ci aspettiamo un forte impulso alle misure alternative e una maggiore collaborazione con i servizi territoriali competenti. Senza l'aiuto del territorio non è possibile sviluppare le possibilità occupazionali per i carcerati". Per Somma, infine, "l'accordo è un passo importante: porterà a un miglioramento nella gestione quotidiana della vita del detenuto, anche nell'ottica della sua uscita dal carcere".
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