Patrizio Gonella

 

Quando latitano i diritti umani

di Patrizio Gonella (Associazione Antigone)

 

Fuoriluogo, luglio 2003

 

"È iniziata l’estate che dovrebbe essere la stagione delle ferie, del mare, dei divertimenti. Di solito in estate viene spontaneo riflettere sull’anno che è appena trascorso, fare una sintesi. Quest’anno ci sono state tante promesse di rinnovamento, di riforme... ma si sono avuti tagli alla spesa sanitaria che superano il 60%, la riduzione del personale sanitario, i medicinali salvavita introvabili, l’inesistenza di medici specialisti per la mancanza di fondi. Con l’arrivo dell’estate manca l’acqua potabile e la situazione igienica ha scatenato un’epidemia di scabbia. E impossibile farsi la doccia nei giorni festivi. I detenuti del carcere di San Vittore di Milano denunciano la situazione di reale disagio e la mancanza di rispetto della dignità umana. Questo nel paese che sta per presiedere l’Unione europea e che a voce del suo Ministro della Giustizia dichiara che le carceri italiane sono alberghi a 4 stelle. Noi detenuti oltre che invitarlo a trascorrere una notte in questi alberghi ci chiediamo con quale criterio ha fatto la sua analisi... La popolazione detenuta chiede solo i suoi diritti".

Così centinaia di detenuti reclusi a San Vittore hanno inteso denunciare le loro condizioni di vita nel sovraffollato carcere milanese. Nelle scorse settimane l’associazione Antigone ha presentato "Il collasso delle carceri italiane" (edizioni Sapere 2000), versione tradotta del Rapporto degli ispettori europei anti-tortura sull’Italia. Il sovraffollamento crescente, oltre a imporre soluzioni deflative eccezionali, ripropone con forza la questione dei diritti delle persone private della libertà personale e delle possibili nuove forme di tutela. I diritti umani sono universali, non ammettono eccezioni. La pena detentiva è una provvisoria sospensione della libertà di movimento. La carcerazione non può e non deve comportare altre restrizioni e non deve consistere in trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

La centralità della questione dei diritti umani, non da leggersi riduttivamente come ultima chance dopo il fallimento del mito rieducativo, è oggetto di un pacchetto articolato di proposte di legge presentate a Montecitorio da Antigone: riconoscimento di diritti negati da un lato e strumenti innovativi di tutela dall’altro. Dal 1997 si parla in Italia, sull’onda di esperienze analoghe in altri Paesi europei, di difensore civico delle persone private della libertà personale. La lentezza del percorso legislativo è ben descritto nella metafora di una "iena" televisiva, che rincorre Melchiorre Cirami chiedendo a lui, esperto in leggi rapide, di usare la stessa velocità per il disegno di legge sul difensore civico delle persone private della libertà personale.

Il Comune di Roma ha di recente istituito la figura del garante dei detenuti in ambito cittadino. Le tre proposte di legge, i cui primi firmatari sono Giuliano Pisapia, Anna Finocchiaro ed Erminia Mazzoni, sono pendenti da tempo presso la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati. Nelle prossime settimane dovrebbe, si spera, iniziare la discussione parlamentare.

La tutela dei diritti fondamentali richiede strumenti articolati: informali, formali, giurisdizionali. La Corte Costituzionale, con una sentenza di oramai 4 anni e mezzo fa, ha sollevato la questione della insufficiente tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti. Non si è sostituita però al legislatore, da allora rimasto colpevolmente inerte. Le procedure di reclamo previste dalla legge non garantiscono l’esercizio dei diritti fondamentali. L’ordinamento penitenziario è sotto tale profilo incostituzionale.

La doppia proposta congiunta di introdurre la figura del difensore civico e di rafforzare i meccanismi di tutela giurisdizionale davanti alla magistratura di sorveglianza mira a rendere meno effettivi tutti quei diritti - vita, salute, lavoro, integrità della propria persona, relazioni affettive - previsti sulla carta.

Alcuni diritti, però, sono negati anche sulla carta. I diritti politici sono preclusi a coloro che subiscono condanne che portano con sé la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Una negazione di diritti che si protrae fin dopo la fine della pena, ossia fino al momento, non facile e non immediato, del conseguimento della riabilitazione civile. L’esclusione dai diritti politici costituisce una ingiustificata e vessatoria esclusione dalla partecipazione alla vita democratica. Essa etichetta il detenuto e l’ex detenuto quali soggetti non meritevoli di decidere chi li deve rappresentare e governare, a livello territoriale o nazionale. Questa anomalia italiana deve essere rivista. Non si deve dare per scontato che chi commetta reati vada per sempre espunto dalla società politica. La retorica della democrazia universale richiede la promozione e il riconoscimento di diritti universali. Nei prossimi mesi su queste tre proposte di legge dovrà ripartire una campagna parlamentare nazionale. Nel frattempo si spera che quell’estate che in carcere porta fatica, diritti negati, autolesionismi e suicidi passi presto, molto presto.

 

 

Precedente Home Su Successiva