Francesco Massidda

 

"Siamo un’isola felice, abbiamo tre carceri dove si lavora all’aperto: Isili, Mamone e Is Arenas"

 

L’Unione Sarda, 28 agosto 2003

 

È l’unico a essere d’accordo col ministro Castelli. È l’unico che non si lamenta perché mancano i fondi. Francesco Massidda da 30 anni è "dentro" le carceri sarde: da direttore all’Asinara prima, poi a Sassari, a Nuoro nei tempi duri del terrorismo, quando le donne di paese "dicevano che non si spogliavano nemmeno davanti ai mariti, figurarsi alla poliziotta che doveva scavare nei vari strati". Oggi è seduto sull’ultima sedia sarda che poteva occupare nella sua carriera in ascesa: è il provveditore regionale alle carceri. Sa tutto, di tutte le carceri, perché tutto decide, ciò che non può essere deciso dai direttori (sotto di lui) o dal ministro della Giustizia (sopra di lui). E dal suo alto scranno - un primo piano in via Tuveri, sede del dipartimento regionale del ministero della giustizia - vede tutto rosa: "Siamo un’isola felice".

Siamo privilegiati, a dir suo, perché "abbiamo tre carceri che consentono il lavoro all’aperto (Isili, Mamone, Is Arenas). È un bel cuscinetto, su 1.800 detenuti in tutta l’isola". Ammette che per Sassari e Cagliari la situazione è critica: non ci sono spazi. I metri per un campo da calcetto ci sono, però. "Ognuno può dire che l’idea è sua, ma il progetto era già pronto più di un anno fa". E perché ancora non c’è? Mancano i ragionieri, spiega, poi è intervenuta la sovrintendenza che deve dare l’approvazione, ora ci sta lavorando una geometra, "entro 15 giorni restituirà il disegno pronto". Poi ci sarà l’appalto e "entro la prossima estate anche Buoncammino avrà il suo campetto. Ma spero prima". L’ex falegnameria e l’officina, poi, saranno trasformate in sale ricreative. La foto di Carlo Azeglio Ciampi sorride, dietro la testa del Provveditore. Su tutti gli altri temi caldi, Massidda non vede troppi guai. Gli agenti? "In organico dovremmo averne 1.324, a giugno erano 1.439". Quindi sono in eccesso.

Ma perché tutti dicono che manca personale? Perché magari ci sono istituti che ne hanno 20 in più, altri 10 di meno, "ma gli standard nazionali non possiamo discuterli". Più agenti ci sono, meglio è, naturalmente, ma il problema è semmai "che non abbiamo più agenti giovani". Comunque il personale in carcere fa un lavoro durissimo, aggiunge il provveditore, un lavoro che deve essere apprezzato da tutti. Vero, ma è altrettanto vero che qualche agente, uno su mille, picchia i detenuti? "Di botte ne danno poche, dopo i fatti di Sassari. Anzi, per me, non ne danno, e sì che li provocano".

Massidda assicura anche che non c’è carenza di medici ("in carcere curano i detenuti meglio che in qualsiasi ospedale"), né di psicologi o criminologi. "Non ho toccato da un anno le ore di nessuno. Dovrò farlo da settembre, forse, ma è poca cosa. L’assessore regionale poi ci dà gratis le medicine". Anche alla parola "sovraffollamento", nessun problema. "Non mi risulta (mostra i grafici, tendenza numerica dei detenuti: costante). Se c’è, sono i direttori a dover chiedere i trasferimenti. Da Buoncammino non me ne hanno chiesti neanche quando c’erano 480 persone". Aggiunge che poi, da Cagliari, in pochi vogliono spostarsi (perderebbero i colloqui con i familiari) e pochi potrebbero farlo (solo i detenuti sani, non a disposizione della magistratura, con buona condotta).

Al capitolo direttori (5 titolari per 12 istituti) il provveditore ammette: sono pochi. "In Sardegna mancano educatori, ragionieri e direttori". La "medicina", per i sardi, è quindi quella dei concorsi regionali, in modo da avere personale sardo a disposizione. "I continentali se ne vanno in fretta, magari dopo un anno di lavoro e 4 di malattia, e dicono che hanno lavorato 5 anni. I direttori lavorano bene, ottime persone, ma con la famiglia lontana se ne vanno. E dov’è la continuità? Non basta portare qui in vacanza con moglie e figli per dire che si sta lavorando".

Alla voce nuovi progetti per le carceri sarde, spuntano le produzioni di pomodori secchi in scatola (Isili), allevamento di polli e melanzane sott’olio (Is Arenas), miele (Mamone). Sul tavolo ci sono barattolini con la veletta a quadri rossi sul tappo, sono i prototipi di ciò che si potrà vendere. Ma a Buoncammino si è condannati a non lavorare. "Per questo occorre il sostegno degli enti locali, e ci vuole coraggio a far lavorare i detenuti", devono averne il direttore e il giudice, ma anche l’ente. "Comunque quando io l’ho fatto - da direttore, precisa - non ho mai avuto problemi". La formula ideale, in questi casi, è quella della cooperativa, anche per assicurare continuità di lavoro dopo la scarcerazione. "Lavoro da 30 anni e ho la coscienza a posto - conclude Massidda -. Sono stato durissimo quando era necessario, o duro, ma con alcuni detenuti siamo amici. Ci sono mamme che vengono qui un pomeriggio a parlare". Insomma, un Provveditore perfetto.

 

 

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