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Nei penitenziari italiani va tutto bene. Firmato Roberto Castelli, ministro della Giustizia. Ma la realtà, purtroppo, è un’altra...
Il Manifesto, 8 agosto 2003
Il ministro della Giustizia Roberto Castelli non riesce proprio ad entrare nella parte che le forze politiche gli hanno, misteriosamente, assegnato. Ogni volta che parla si scatena il finimondo. Eppure lui vorrebbe fare analisi ragionate, partire da cifre certe e inconfutabili, tema che solletica il palato di ogni buon ingegnere. Ieri ha deciso di rispondere con una lettera polemica a un editoriale del Corriere della Sera che aveva criticato il governo Berlusconi, e il ministro Guardasigilli, per la situazione di degrado assoluto in cui versano le carceri italiane. Editoriale arrivato dopo una serie di inchieste su vari istituti di pena condotte dal quotidiano di Via Solferino. Il ministro ha voluto precisare quelli che a suo dire sono alcuni semplici "dati di fatto", sollecitando una risposta da parte del centrosinistra. Secondo Castelli, le carceri italiane "non sono al collasso". Anzi, va tutto bene. E se qualcosa va male è colpa degli anni in cui governava l’Ulivo. Ma, sfortunatamente per lui, la sua difesa delle carceri non è piaciuta a nessuno. Né all’opposizione né ai suoi stessi compagni di maggioranza. Mi si accusa di lasciare le carceri sovraffollate, si chiede Castelli, ma è il regolamento del 1999, quando c’era l’Ulivo, che fissa per le celle dei parametri arbitrari in metri quadri per ogni detenuto a cui ora ci adeguiamo. Le regole italiane però vanno bene, anzi, "sono convinto che possano fare da riferimento per tutti gli stati europei". Spazi comuni inesistenti? "Affermazione destituita di ogni fondamento". Pochi agenti di polizia penitenziaria? Neanche per sogno, l’Italia ne ha quasi uno a testa per ogni detenuto, solo che sono distribuiti male, "sono troppi al Sud". Manca l’assistenza sanitaria? Non è vero, "la spesa pro capite annua per detenuto è pari a 2.150 euro contro una spesa di 1.360 euro per ogni cittadino". Qua e là ci sono topi e sporcizia? "Affermazione sconcertante". Dopo tutti questi dati, il ministro si lancia in una filippica contro l’Ulivo. E chiude con un lamento: "Perché alla sinistra tutto è permesso e alla destra niente è permesso? Voglio risposte". Che, puntuali, arrivano di buon ora. Come ricorda il Sappe, sindacato autonomo degli agenti di polizia penitenziaria, le leggi italiane sono tra le più avanzate, ma mancano le risorse e il personale, quindi sono completamente inattuate. Le parole del ministro hanno poi provocato sconcerto e, a dir poco, indignazione, non solo tra chi in carcere lavora o si occupa da anni, ma anche in alcuni parlamentari della stessa maggioranza che solo pochi giorni fa gli ha rinnovato la fiducia. Basta ascoltare Sergio Cola, deputato di An: "Le condizioni delle carceri italiane sono ai limiti del convivere civile e della civiltà europea. A Poggioreale ci sono 14 detenuti in 20 mq. Castelli lo deve sapere e se non lo sa è meglio che s’informi". Anche Alfredo Biondi, ex guardasigilli e vicepresidente della Camera di Fi, attacca il ministro: "Da quando c’è lui c’è un’interpretazione della funzione carceraria che non credo corrisponda non dico a quella europea, ma nemmeno a quella dei tempi di Cesare Beccaria". Il ministro infatti ignora od omette alcune questioni. Le condizioni materiali di detenzione non sono fissate a caso, ma sono le stesse in tutti i 45 paesi del Consiglio d’Europa, Italia compresa. Sono stabilite con una Convenzione in vigore fin dal 1989. Ed esiste un comitato europeo, che collabora con i governi, che vigila sull’applicazione di un trattamento umano alle persone private della libertà, il Comitato per la prevenzione della tortura con sede a Strasburgo. Come spiega Mauro Palma, rappresentante italiano in questo comitato, "in base a quelle norme, recepite nel regolamento penitenziario, la capienza massima degli istituti italiani è di circa 42mila detenuti". Che però sono invece quasi 57mila. Nessun numero arbitrario quindi, né c’è bisogno di standard internazionali condivisi, che esistono già. Al limite il ministro potrà adoperarsi in sede europea per modificarli. Sulla questione dell’assistenza sanitaria in carcere, per la quale Castelli si lamenta di spendere di più che per le persone libere, Graziella Mascia del Prc ricorda che l’ultima finanziaria ha tagliato l’accesso ai medicinali specialistici, ogni detenuto deve pagarli di tasca propria con il risultato che, di fatto l’assistenza sanitaria in carcere, anche per le gravi carenze di personale, non è garantita o solo a macchia di leopardo. Inattuata anche la vecchia ipotesi di trasferirla nel servizio sanitario nazionale. Altro argomento citato dal ministro: l’Ulivo ha chiuso 12 carceri senza costruirne di nuove. È facile ricordare, come fa il senatore Mario Cavallaro della Margherita, che l’attuale piano di edilizia penitenziaria è ancora quello pensato dal centrosinistra. Diverso il caso della Dike Aedifica Spa, la nuova società che in pieno stile Tremonti dovrà costruire nuove carceri con investimenti privati. Non è malevolo temere, come fanno alcuni, che il guadagno dei privati sarà acquisire le vecchie carceri nei centri storici e costruirne di nuove nelle periferie, speculando. Proprio difendendo l’operato dei governi dell’Ulivo è intervenuto il Verde Franco Corleone, sottosegretario alla giustizia dal `96 al 2001. "Le dichiarazioni di Castelli non mi stupiscono. Del resto disse che le carceri non devono essere Grand Hotel. Il ministro dimentica però che il regolamento del 1999 l’ha approvato l’Ulivo ed è avanzatissimo. Oltre alle modifiche strutturali degli edifici (finestre senza bocche di lupo, servizi igienici ogni due celle, interruttori per la luce disponibili in ogni cella), prevedeva, tra l’altro, il diritto allo studio, al lavoro e alla libertà religiosa". In sostanza, dice Corleone, "avevamo iniziato ad abbandonare la concezione custodialistica del carcere come luogo dove si sta in cella 20 ore su 24, mirando a garantire la rieducazione e la risocializzazione dei detenuti". Ma, ricorda ancora Corleone, "abbiamo anche approvato molte leggi" e cita la Simeone (pena alternativa per reati minori), la Smuraglia (sul lavoro), per le detenute madri e i detenuti malati di Aids, la nuova sanità penitenziaria. "Ma il ministro ha fatto sì che fossero ineffettive e le carceri oggi sono al collasso", conclude amaro Corleone.
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