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La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia
La Conferenza è nata allo scopo di rappresentare enti, associazioni e gruppi impegnati quotidianamente in esperienze di volontariato nell'ambito della giustizia in generale e più compiutamente all'interno e all'esterno degli istituti penitenziari per affrontare ogni tematica che abbia a che vedere con la realtà della reclusione e dell'esclusione sociale.
La Conferenza ha i seguenti scopi:
Storia della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia Alla fine del
1994 nasce il progetto di costituire un tavolo di confronto per tutto
il volontariato che opera nel vasto campo della giustizia. Promotori dell'idea
il Coordinamento Enti ed Associazioni di Volontariato Penitenziario SEAC,
Arci-Ora d'Aria, Caritas Italiana e Fondazione Italiana per il Volontariato. I Membri della Conferenza
Consiglio Direttivo
E-mail: vol.giustizia@tiscalinet.it CONFERENZA NAZIONALE VOLONTARIATO GIUSTIZIA ART. 1 - Costituzione E’ costituita la "Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia", di seguito detta Conferenza, ha sede legale in Via Nazionale n. 39 a Roma. La Conferenza è apartitica, non persegue fini di lucro, e ha durata illimitata. La Conferenza è articolata a livello nazionale attraverso il Consiglio Direttivo e a livello regionale attraverso le Conferenze regionali. La Conferenza è dotata del presente statuto e del regolamento di esecuzione dello stesso. I rapporti tra la Conferenza nazionale e le Conferenze regionali saranno regolati dal Consiglio direttivo. ART. 2 - Finalità La Conferenza ha i seguenti scopi:
ART. 3 - Aderenti Sono aderenti della Conferenza gli organismi nazionali che sottoscrivono il presente statuto e l’atto costitutivo, altri organismi nazionali e le Conferenze regionali dotate di atto costitutivo e statuto che ne faranno richiesta e la cui domanda di ammissione sarà accolta dal Consiglio direttivo. Sono condizioni essenziali per essere ammesso a far parte della Conferenza nazionale:
Nella domanda di ammissione l’aspirante aderente dichiara di accettare senza riserve lo statuto della Conferenza. L’iscrizione decorre dalla data di delibera del Consiglio direttivo. Un rappresentante per ogni organismo aderente ha diritto di partecipare al Consiglio direttivo, di votare direttamente o per delega e di recedere dall’appartenenza alla Conferenza. La delega può essere data solo ad un componente del Consiglio direttivo stesso. Gli aderenti hanno l’obbligo di rispettare le norme del presente statuto e del regolamento di esecuzione, nonché di pagare le quote sociali annuali per l’ammontare fissato dal Consiglio direttivo. La qualifica di aderente si perde, oltre che a seguito di dimissioni, per:
ART. 4 – Organi Sono organi della Conferenza:
ART. 5 – Il Consiglio direttivo Il Consiglio direttivo è composto da un rappresentante per ogni organismo nazionale aderente e da un rappresentante di ogni Conferenza regionale. E’ presieduto dal Presidente o, in sua assenza, dal Vice Presidente. Per necessità finalizzate agli obbiettivi statutari può cooptare sino ad un massimo di cinque esperti, che avranno solo voto consultivo. Il Consiglio direttivo si riunisce, su convocazione del Presidente o su richiesta di almeno un terzo dei componenti, almeno tre volte all’anno. Il Consiglio è validamente costituito con la presenza della metà più uno dei rappresentanti degli organismi aderenti e delibera a maggioranza dei presenti; in caso di parità di voti prevale quello del Presidente. Alle riunioni del Consiglio direttivo hanno facoltà di partecipare i componenti del Collegio dei revisori dei conti, con funzioni consultive. Il Consiglio direttivo ha i seguenti compiti:
ART. 6 – Il Presidente Il Presidente è eletto dal Consiglio direttivo a maggioranza di voti, e cessa dalla carica secondo le norme del successivo articolo 9. Rappresenta legalmente la Conferenza, convoca le riunione del Consiglio direttivo e ne garantisce l’esecuzione delle deliberazioni; in caso di assenza impedimento o cessazione le sue funzioni sono svolte dal Vice Presidente. ART. 7 – La Giunta nazionale E’ formata dal Presidente, Vice Presidente, Tesoriere e sei componenti del Consiglio direttivo, questi ultimi nominati dal Consiglio stesso. Si riunisce su convocazione del Presidente o su richiesta di almeno un terzo dei componenti. E’ validamente costituita con la presenza della metà più uno dei componenti e delibera a maggioranza dei presenti; in caso di parità di voti prevale quello del Presidente. ART. 8 – Il Tesoriere Il Tesoriere ha i seguenti compiti:
ART. 9 – Il Collegio dei revisori dei conti Il Collegio dei revisori dei conti è costituito da tre componenti, tra i quali uno con la funzione di Presidente, eletti dal Consiglio direttivo; Il Collegio esercita i poteri e le funzioni previsti dall’articolo 2403 e seguenti del codice civile; Il Collegio riferisce annualmente, e ogni qualvolta il Consiglio lo richieda, con relazione scritta. ART. 10 – Gratuità e durata delle cariche Le cariche sociali sono gratuite, fatto salvo il rimborso delle spese sostenute e preventivamente determinate. La durata delle cariche sociali è di tre anni e quella di Presidente può essere riconfermata per una sola volta. Le cooptazioni effettuate decadono allo scadere del triennio di insediamento del Consiglio. ART. 11 – Risorse economiche La Conferenza trae le proprie risorse economiche, per il funzionamento e lo svolgimento delle sue attività, da:
I fondi sono depositati presso un istituto di credito stabilito dal Consiglio direttivo. ART. 12 – Quota sociale La quota associativa a carico degli organismi aderenti è fissata dal Consiglio direttivo. Ha carattere annuale e non può essere restituita in caso di recesso. ART. 13 – Bilancio di previsione e conto consuntivo Il Consiglio direttivo approva ogni anno il bilancio di previsione e il conto consuntivo, redatti dal Tesoriere. Il Collegio dei revisori dei conti redige annualmente una relazione da allegare al conto consuntivo. ART. 14 – Modifiche allo statuto e al regolamento di esecuzione Le proposte di modifica a questo statuto e al regolamento di esecuzione possono essere presentate al Consiglio direttivo da uno degli aventi diritto a partecipare al Consiglio stesso. Le relative deliberazioni di modifica sono approvate dal Consiglio direttivo con il voto favorevole della maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto. ART. 15 – Le Conferenze regionali Le Conferenze regionali sono composte dai rappresentanti degli organismi locali presenti nella regione che ne facciano richiesta e la cui domanda di ammissione venga accolta dal Consiglio regionale stesso. Ogni Conferenza regionale elegge un Responsabile regionale, che ne convoca le riunioni e le presiede, nonché cura i rapporti con il Consiglio direttivo nazionale. Il Responsabile regionale, a fronte dell’ammissione della relativa Conferenza regionale, fa parte di diritto del Consiglio direttivo nazionale. Il Responsabile regionale dura in carica tre anni e può essere rieletto. ART. 16 – Disposizioni finali Per quanto non previsto in questo statuto valgono le disposizioni legislative in materia. Il presente statuto è redatto in conformità alla Legge 266/1991 e sostituisce il precedente approvato in data 6 aprile 2001, mentre resta valido l’atto costitutivo redatto in data 1 giugno 1998. Roma, 26 gennaio 2002 IL PRESIDENTE - Livio Ferrari - Art. 1 – Efficacia del regolamento
Art. 2 – Modifiche al regolamento
Art. 3 – Attività della Conferenza
Art. 4 – Elezione degli Organi direttivi
Art. 5 – Il Consiglio direttivo
Art. 6 – Il Presidente
Art. 7 – Il Vice Presidente
Art. 8 – La Giunta nazionale
Art. 9 – Aderenti
Art. 10 – Il Segretario
Approvato dal Consiglio direttivo della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, convocato a Roma, nel giorno di venerdì 6 aprile 2001, alle ore 11,00. Letto, confermato e sottoscritto. Per essere ammessi alla Conferenza: Sono condizioni essenziali per essere ammesso a far parte della Conferenza nazionale: che l'organismo richiedente sia strutturato a livello nazionale, con una presenza minima in cinque regioni; che le Conferenze regionali siano dotate di atto costitutivo e statuto. CONFERENZA REGIONALE VOLONTARIATO GIUSTIZIA DEL (nome regione) Statuto (modello base) ART. 1 - Costituzione E’ costituita la "Conferenza Regionale Volontariato Giustizia del (nome regione), di seguito detta Conferenza, ha sede legale in Via ____________ n. __ a ______________. La Conferenza è apartitica, non persegue fini di lucro, e ha durata illimitata. ART. 2 - Finalità La Conferenza ha i seguenti scopi:
ART. 3 - Aderenti Sono aderenti della Conferenza gli organismi che sottoscrivono il presente statuto e l’atto costitutivo, altri organismi presenti nella regione dotati di atto costitutivo e statuto che ne faranno richiesta e la cui domanda di ammissione sarà accolta dal Consiglio regionale. Nella domanda di ammissione l’aspirante aderente dichiara di accettare senza riserve lo statuto della Conferenza. L’iscrizione decorre dalla data di delibera del Consiglio regionale. Un rappresentante per ogni organismo aderente ha diritto di partecipare al Consiglio regionale, di votare direttamente o per delega e di recedere dall’appartenenza alla Conferenza. Gli aderenti hanno l’obbligo di rispettare le norme del presente statuto e di pagare le quote sociali annuali per l’ammontare fissato dal Consiglio regionale. La qualifica di aderente si perde, oltre che a seguito di dimissioni, per:
ART. 4 – Organi Sono organi della Conferenza:
ART. 5 – Il Consiglio regionale Il Consiglio regionale è composto dai rappresentanti degli organismi locali che sottoscrivono il presente statuto e l’atto costitutivo, e dai rappresentanti degli organismi locali presenti nella regione che ne faranno richiesta e la cui domanda di ammissione venga accolta dal Consiglio regionale stesso. E’ presieduto dal Responsabile regionale o, in sua assenza, dal Vice Responsabile regionale. Per necessità finalizzate agli obbiettivi statutari può cooptare sino ad un massimo di cinque esperti, che avranno solo voto consultivo. Il Consiglio regionale si riunisce, su convocazione del Responsabile o su richiesta di almeno un terzo dei componenti, almeno tre volte all’anno. Il Consiglio è validamente costituito con la presenza della metà più uno dei rappresentanti degli organismi aderenti e delibera a maggioranza dei presenti; in caso di parità di voti prevale quello del Responsabile. Il Consiglio regionale ha i seguenti compiti:
ART. 6 – Il Responsabile regionale. Il Responsabile regionale è eletto dal Consiglio regionale a maggioranza di voti, e cessa dalla carica secondo le norme del successivo articolo 8. Rappresenta legalmente la Conferenza regionale, convoca le riunioni del Consiglio regionale e ne garantisce l’esecuzione delle deliberazioni; in caso di assenza impedimento o cessazione le sue funzioni sono svolte dal Vice Responsabile regionale. E’ componente del Consiglio direttivo della "Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia", all’interno della quale rappresenta la Conferenza regionale. ART. 7 - L’economo. L’economo ha i seguenti compiti:
ART. 8 – Gratuità e durata delle cariche. Le cariche sociali sono gratuite, fatto salvo il rimborso delle spese sostenute e preventivamente determinate. La durata delle cariche sociali è di tre anni e quella di Responsabile può essere riconfermata per una sola volta. Le cooptazioni effettuate decadono allo scadere del triennio di insediamento del Consiglio. ART. 9 – Risorse economiche La Conferenza trae le proprie risorse economiche, per il funzionamento e lo svolgimento delle sue attività, da:
ART. 10 – Quota sociale La quota associativa a carico degli organismi aderenti è fissata dal Consiglio regionale. Ha carattere annuale e non può essere restituita in caso di recesso. ART. 11 – Bilancio di previsione e conto consuntivo. Il Consiglio regionale approva ogni anno il bilancio di previsione e il conto consuntivo, redatti dall’economo. L’economo redige annualmente una relazione da allegare al conto consuntivo. ART. 12 – Modifiche allo statuto. Le proposte di modifica a questo statuto possono essere presentate al Consiglio regionale da uno degli aventi diritto a partecipare al Consiglio stesso. Le relative deliberazioni di modifica sono approvate dal Consiglio regionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto. ART. 13 – Disposizioni finali. Il presente statuto è stilato in base alle indicazioni contenute nella Legge quadro sul volontariato n. 266/1991. Per quanto non previsto in questo statuto valgono le disposizioni legislative in materia. IL RESPONSABILE REGIONALE Progetto "Forum Europeo Volontariato Giustizia" Le trasformazioni che stanno caratterizzando la vita sociale e politica delle nazioni alla fine di questo secolo, indicano sempre più chiaramente che non è possibile perseguire e produrre impegni di natura sociale, economica e politica confinandoli regionalmente o nazionalmente, ma è indispensabile dispiegare i propri orizzonti e creare tavoli di confronto e collaborazione in termini più allargati, coinvolgendo nell’azione soggetti simili di altri Paesi. Questo perché la mondialità che è stata sino a qualche anno addietro solo un segmento sta diventando una linea che attraversa via via ogni nazione e, perciò, non è pensabile esimersi dal confronto, perché in tutte le scelte che oggi uno stato può produrre è evidente che non possono essere fatte solo pensando in maniera circoscritta al proprio territorio e confinandole con le modalità del passato, perché la storia quotidiana si alimenta di fattori sempre più fortemente interetnici e il non tenerne conto significa relegarsi in posizioni di emarginazione socio-politica. E’ però altrettanto chiaro che non bisogna nemmeno disperdersi e che è necessario mantenere evidenti radici di valori, che possono diventare motivo di scambio e di comune crescita, tenendo in giusta evidenza la diversità storica e i presupposti che ne derivano, al punto da assurgerli a connotati di maggiore ricchezza culturale per tutti i soggetti coinvolti. Le modalità di confronto e rapporto hanno bisogno di essere disciplinate da percorsi ed obbiettivi che accomunino le diversità degli organismi coinvolti, che siano di possibile realizzazione nelle singole nazioni dove gli stessi operano, e che non diventino motivo di contrapposizione ma abbiano sempre quelle prerogative di proposizione positiva, insomma che parlino comunque di solidarietà, pace e giustizia. Il volontariato impegnato nei percorsi della giustizia, in questo momento storico, ha la necessità fondamentale di rapportarsi e di mettersi in dialogo con organismi simili che operano nelle altre nazioni europee, per affrontare insieme, in modo organico, le problematiche che toccano i soggetti stranieri che si sono impigliati nelle maglie dell’emarginazione, che significa soprattutto infrangere le regole della convivenza sociale e sprofondare negli angoli bui del disagio che diventa tossicodipendenza, strada, carcere, etc., per la ricerca di progetti e soluzioni che tengano conto delle radici sociali ed etniche degli stessi. Le tematiche che si dispiegano in questo settore toccano una vasta gamma di problemi, tra i quali spiccano quelli relativi alla reclusione, ai diritti e alle garanzie nel sistema penale, alla legalità e lotta contro la criminalità organizzata, alla mediazione penale, alla sicurezza, etc. Da sempre le carceri di tutte le nazioni sono state popolate di stranieri, ma mai come nell’ultimo decennio il fenomeno ha segnato l’Europa, e il numero di reclusi immigrati è stato così alto ed in continuo aumento, un dato allarmante sia per quanto riguarda gli adulti che per i minori. In questo ambito la necessità di interagire tra tutti i soggetti coinvolti nell’esecuzione penale è sempre più urgente, anche se le problematiche non si fermano solo all’aspetto carcerazione, che è l’evidenziatore dei guasti prodotti dalla società. Altrettanto improrogabile è che il privato sociale e il volontariato europeo, presente in modo diversificato nei vari paesi, si confronti sulle scelte da adottare e sulle progettualità da alimentare, per rendere sempre più omogenei i percorsi di giustizia dei propri governi, affinché contengano quelle caratteristiche di garanzia, di rispetto della dignità e dei diritti umani che devono connaturare gli ordinamenti penali continentali. La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, pertanto, cercherà, partendo da questo appuntamento di Terni, di mettersi in rete con gli organismi impegnati contro l’esclusione sociale e per gli interventi di giustizia che operano nei diversi stati del vecchio continente, per realizzare un "Forum europeo del volontariato giustizia". Le proposte che potrebbero venire elaborate da un tavolo sociale rappresentativo dei territori europei che vogliono parlare lingue di giustizia, alimenterebbe di sicuro anche altri impegni e potrebbe andare ad incidere fortemente sulle politiche di quei paesi che continuano a perpetrare aberranti scelte di morte, ingiustizia e discriminazione, per un punto irrinunciabile di arrivo e successivamente di partenza, fondamentale da raggiungere: l’abolizione della pena di morte in tutti gli stati; nonché amplificare in maniera determinante le direttive di giustizia, diritti e dignità delle persone che provengono dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo. Gli obbiettivi e i progetti sui quali si potranno esplicare le attività di questa rete del volontariato europeo impegnato nella giustizia sono molteplici, tutti però si configurano all’interno di un "tavolo di benessere sociale" di cui non è più possibile procrastinare la nascita per quelle drammatiche necessità di non far perdere terreno alle politiche della legalità, dei diritti e della giustizia nei territori dei paesi europei, per diventare mano tesa verso ogni essere umano in difficoltà, per affermare il primato dell’attenzione e dell’accoglienza contro le logiche della speculazione e dell’egoismo, ed essere segno di speranza per tutti. ocumento sulla giustizia riparativa e la mediazione penale
1. Con il termine mediazione si intende, in via generale, un procedimento di risoluzione dei conflitti che coinvolge un terzo neutrale con l'intento di favorire la comprensione e il riconoscimento reciproco tra le parti e promuovere fra loro l'eventuale stipulazione di accordi volontari. In particolare, la mediazione in ambito penale deve intendersi come un procedimento tramite il quale la vittima e il reo hanno la possibilità di partecipare attivamente e a titolo volontario alla risoluzione dei problemi che sorgono dalla commissione dei reato con l'aiuto di un terzo che agisce in modo imparziale. All'esito dell'incontro è possibile l'elaborazione di un'attività riparativa, materiale o simbolica, nella forma - per esempio - di prestazioni gratuite a favore dell'offeso o della collettività, dei risarcimento dei danno, etc. Esistono vari modelli e numerose tecniche di conduzione dell'incontro tra autore di reato e vittima: dai modelli negoziali che mirano al raggiungimento di un superficiale accordo transattivo sulle restituzioni e sul risarcimento dei danno, a modelli improntati al problem solving e al lavoro sulla diversità di "posizioni" tra i confliggenti, a modelli, infine, di stampo "umanistico" attenti alle implicazioni esistenziali e ai vissuti delle parti, caratterizzati da un profilo culturale, filosofico e scientifico estremamente ricco e articolato. L'esperienza internazionale sta dimostrando che, proprio nell'ambito penale, sono soprattutto tali ultimi esempi a garantire i migliori risultati, in termini di efficacia e di soddisfazione delle parti. Come osservato da un autorevole studioso statunitense - Mark Umbreit -, è importante evitare la "mcdonaldizzazione", cioè lo scadimento in logiche semplicistiche e di "produttività", e mantenere saldo, invece, il carattere profondo e significativo della giustizia riparativa.
2. Requisiti essenziali della mediazione:
1. La volontarietà e la consensualità: l’iter di mediazione è offerto alla libera adesione di tutte le parti (reo/i, vittima/e). La sottoposizione al programma non può essere condizionata e la scelta - soprattutto per l'autore dei reato - di non partecipare alla mediazione non può comportare conseguenze processuali sfavorevoli. Il libero consenso all'attività mediatoria deve essere espresso fin dall'inizio e 'coprire' ogni stato della procedura, anche se gli interessati possono revocarlo in ogni momento. 2. La responsabilizzazione rispetto al comportamento che ha originato il conflitto, attraverso la possibilità - offerta a tutti gli interessati - di esprimere i propri vissuti e le conseguenze esistenziali e relazionali dell'accaduto. In particolare, l'incontro diretto con la vittima, nello spazio libero ma significativo della mediazione, pone le condizioni per favorire la presa di coscienza della dannosità del reato, il riconoscimento dei valore tutelato dal precetto penale trasgredito e l'interruzione dei meccanismi di neutralizzazione sviluppati dal reo. 3. La terzietà dei mediatore tra le parti in conflitto, in termini di indipendenza ed equidistanza, senza escludere, però, la piena partecipazione empatica, l'accoglienza e l'ascolto attento ai bisogni e ai vissuti dei protagonisti della vicenda penale. 4. La confidenzialità assicurata alle parti riguarda sia l'inutilizzabilità delle loro dichiarazioni ai fini processuali, sia il divieto di diffondere all'esterno i contenuti degli incontri. La confidenzialità garantisce il clima di protezione che consente alle parti - unitamente al consenso - di esprimersi liberamente e di affrontare il conflitto anche negli aspetti umanamente importanti, ma giuridicamente trascurabili. 5. La preparazione, competenza e formazione dei mediatori: i programmi di mediazione mirano ad assicurare forme più 'accessibili' e meno formali di giustizia che coinvolgono la 'comunità' valorizzandone le risorse umane, culturali e tradizionali. Tale natura "informale" e accessibile delle pratiche mediatorie deve trovare il corretto equilibrio con l'esigenza di garantire un alto livello di competenza e preparazione da parte dei mediatori, soprattutto dei mediatori penali. Non esistono professionalità più adatte di altre, e i mediatori ben potrebbero essere anche dei semplici volontari (come accade in molti programmi stranieri): è in ogni caso indispensabile che chi si accinge a svolgere tale compito sia adeguatamente formato ed esperto sia dei sistemi penali su cui la mediazione si innesta e influisce, sia delle dinamiche - spesso distruttive - che si possono instaurare tra un reo e una vittima. 6. L'accessibilità della mediazione: la mediazione penale dovrebbe essere un servizio generalmente disponibile, anche grazie al riconoscimento dello Stato quale metodo alternativo o complementare al processo penale tradizionale. Pur garantendo l'autonomia della mediazione, come nuovo paradigma rispondente a logiche, a finalità, a principi in parte differenti e nuovi rispetto alla giustizia penale ordinaria, è importante sia un controllo giudiziario sugli esiti delle attività mediatorie, sia una capacità di queste ultime di rinnovare, migliorare e cambiare il sistema penale tradizionale. Autonomia della mediazione non significa infatti 'irrilevanza' processuale o penale dell'incontro tra autore di reato e persona offesa. Si ritiene anzi che l'ordinamento giuridico debba tenere conto - in modi ancora da studiare, affinare e approfondire - dei lavoro interpersonale e socialmente significativo che si è svolto tra le parti di una mediazione riuscita. Il rischio che si corre altrimenti è che la giustizia riparativa finisca con il diventare una proposta incontrollata, eticizzante e moralistica all'interno dei delicato ambito penale che resa immutato nei suoi presupposti di fatto ancora oggi retributivi e nel suo arsenale inutilmente afflittivo. 3. Recentemente il tema della mediazione e della giustizia riparativa in ambito penale è stato oggetto di interesse a livello internazionale. Si ricorda infatti che il Consiglio d'Europa ha adottato la Raccomandazione (99)19 proprio sulla mediazione penale che offre autorevoli linee guida per la costituzione di centri di mediazione e l'applicazione dei relativi programmi. E' inoltre in fase di elaborazione l'insieme dei Principi-base (o regole minime) delle Nazioni Unite sulla giustizia riparativa. Per quanto riguarda le applicazioni locali, i primi programmi sperimentali hanno trovato spazio in seno al processo penale minorile in quanto - grazie alla riforma dei 1988 - fortemente orientato al recupero e al reinserimento educativo dei giovane autore di reato. Pochi erano invece gli spazi normativi per l'introduzione della mediazione per gli adulti, spazi di fatto limitati all'ipotesi di tentativo di conciliazione tra querelante e querelato (art. 564 c.p.p., poi artt. 555 c.p.p.), fra l'altro sostanzialmente lettera morta nella prassi di uffici di polizìa giudiziaria, procure e tribunali. Oggi il Decreto Legislativo 274/00 (di prossima entrata in vigore) ufficializza il ricorso alla mediazione e alla riparazione. Basti pensare che l'art. 29 dei D.Lgs. prevede che il giudice possa avvalersi dell'opera di centri pubblici e privati di mediazione. Sono allo studio anche altre possibilità applicative - nello spirito 'riparativo' della legge - rinvenibili, per esempio, nelle misure di cui agli artt. 34 (definizione anticipata dei procedimento per particolare tenuità dei fatto), 35 (estinzione dei reato in seguito a condotte riparatorie) e 57 (lavori di pubblica utilità). Per quanto concerne, infine, l'affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 o.p.) pare utile riflettere sul significato di un iter di mediazione rispetto al requisito di legge dell’ "adoperarsi in quanto possibile a favore della vittima". E' importante però riconoscere che l'affidamento si applica in fase esecutiva della pena, spesso a distanza di molto tempo dalla commissione dei reato e in seguito alla condanna con i relativi effetti. stigmatizzanti e criminalizzanti. Occorre preparare molto bene reo e vittima all'eventuale mediazione, sottolineando per il reo il carattere comunque volontario dei percorso. Inoltre, non potendo la mediazione essere una radicale diversion dal processo penale (stante il principio di obbligatorietà dell'azione sancito dall'art. 112 Cost.), particolare cura dovrà essere riposta nella selezione dei casi da inviare ai centri: si dovrà evitare che l'incontro autore di reato/persona offesa - di per sé non previsto dal legislatore - diventi una prescrizione e un adempimento aggiuntivi per l'imputato. La proposta della mediazione ben potrebbe, invece, portare a un estensione dei concreti margini applicativi di alcune misure rieducative o di alcuni benefici. Gli scenari futuri lasciano intendere una diffusione della giustizia riparativa: è indispensabile farsi trovare pronti, preparati, competenti, in grado di conservarne lo spirito e il significato originari.
Sede legale: via S.Bernardino, 4 – 20122 Milano Sede operativa: via Conventino, 8 – 24125 Bergamo – tel. 035.4598401- C.F. 97233870159
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