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Carceri, da scuola di delinquenza a territorio di vita Livio Ferrari denuncia: in aumento detenuti e casi di suicidio
Gazzetta del Sud, 22 giugno 2003
"Il carcere è ancora solo una scuola di delinquenza...". È quanto ha affermato il presidente della conferenza nazionale del volontariato giustizia Livio Ferrari. Un grido d’allarme lanciato nel corso di un convegno – svoltosi l’altra sera sul tema: "Volontariato, giustizia e società" – al quale è intervenuto e che gli ha consentito di sottolineare che gli istituti di pena, "sono luoghi fallimentari dove è molto difficile portare avanti un lavoro di rieducazione. Purtroppo la realtà carceraria la vediamo ancora inserita in un contesto di totale emarginazione dove i detenuti sono sempre più numerosi, più soli e più abbandonati". A sostegno di questa tesi il presidente Ferrari ha snocciolato il numero di suicidi fra i detenuti che negli ultimi anni è cresciuto del 78%. Infatti si è passati dai 21 del 1991, ai 70 del 2001. In questi anni è cresciuta anche la popolazione carceraria. Dalle 34 mila unità del 1991 si è passati alle 56 mila del 2001. "Questi dati sono il sintomo – ha sottolineato Ferrari – più evidente che le carceri sono un luogo di sofferenza e di privazioni". Nel corso del convegno sono intervenuti, fra gli altri, il vescovo mons. Domenico Cortese, il provveditore regionale degli istituti di pena Paolo Quattrone, il coordinatore regionale della conferenza volontari di giustizia Antonio Morelli e il direttore della casa circondariale vibonese Rachele Catalano. Carico di ottimismo l’intervento del dott. Quattrone il quale ha rilevato che, nonostante i numerosi problemi che gravano sulle carceri calabresi "è in atto un’opera di risanamento delle strutture penitenziarie. Puntiamo ad assicurare la migliore efficienza del sistema carcerario e all’integrazione degli ex detenuti nella società – ha detto –. Chi ha scontato una pena ha pagato il suo debito con la giustizia e a questo punto bisogna offrirgli opportunità concrete. Non chiediamo un rapporto privilegiato da parte del mondo imprenditoriale, ma solo di non avere preclusioni. E lo stesso deve fare l’amministrazione dello Stato, che invece continua ad averne". Guardando al futuro il provveditore regionale ha promesso la realizzazione di importanti iniziative. "Abbiamo in animo di avviare – ha rimarcato Quattrone – un progetto per quanto riguarda la giustizia riparativa; una giustizia nuova per realizzare ciò che da sempre a noi penitenzialisti sta a cuore: un carcere che da isola di disperati si trasformi in territorio di vita per quanti vogliono reinserirsi nella società". Molto disponibile a recepire le istanze di cambiamento del carcere anche il direttore Rachele Catalano la quale ha dimostrato di tenere in grande considerazione il lavoro che giornalmente svolgono i volontari di giustizia. "È indispensabile trovare una piattaforma – ha suggerito – su cui avviare il confronto e la successiva programmazione ed attuazione degli interventi. L’Istituzione, da parte sua, deve tener fede al proprio ruolo, considerando l’intervento del volontariato un valore aggiunto "di qualità", per migliorare la realtà ma non sostitutivo e comprensivo di carenze proprie. Ritengo – ha proseguito – che il volontariato debba vedere anche "oltre" il carcere, collocando il proprio intervento nel contesto sociale affinché carcere e territorio si incontrino, creino sinergie ed incentivino la cultura del trattamento e del reinserimento sociale: obiettivi primari di un carcere che cambia". Il vescovo mons. Cortese nel suo intervento conclusivo ha ricordato che "la società deve farsi carico dei problemi del carcere. In particolare le Istituzioni che hanno il dovere di seguire il percorso rieducativo dei detenuti".
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