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Casa Sturzo si apre ai detenuti
La Sicilia, 5 novembre 2002
Quarantuno
ettari di terreno in cui coltivare con la propria famiglia la speranza di una
vita migliore, ma anche una cittadella senza steccati ideologici per promuovere
la dignità dell’uomo e sviluppare il dialogo interreligioso. Non si adegua,
la Chiesa di Piazza Armerina. Non si accontenta delle parole, passa ai fatti,
facendo diventare realtà quello che fu il sogno del suo vescovo Vincenzo
Cirrincione: e così trasforma in un’opera di promozione umana lo storico
fondo, per lungo tempo incolto, che ha ereditato dagli Sturzo di Caltagirone. In
questo modo dedicando un monumento vivo a Mario Sturzo, dal 1903 al 1941 vescovo
della Diocesi di Piazza Armerina, e a don Luigi, il fondatore del partito
popolare. E i due fratelli ricambiano, verrebbe di dire. Con gli anni il fondo - interamente in territorio di Caltagirone ma proprio al confine con la provincia di Caltanissetta, e assai prossimo alle province di Enna e Ragusa - si andò degradando, e a tal punto che nel 1997 l’allora vescovo di Piazza Armerina, Vincenzo Cirrincione, fu costretto a chiedersi che farne. La soluzione più semplice sarebbe stata venderlo, ma Cirrincione - parlandone con don Giuseppe Giugno, direttore della Caritas di Piazza Armerina e oggi anche della Caritas siciliana - pensò che quella proprietà poteva prestarsi ad un’opera di bene divenendo un polo di promozione umana e di solidarietà. Così alla fondazione "Istituto di promozione umana mons. Francesco Di Vincenzo", un ente morale di cui il
vescovo pro tempore di Piazza Armerina è di diritto presidente onorario, fu
dato - in comodato d’uso gratuito - il fondo, ma soprattutto venne chiesto di
avviare un progetto per trasformarlo in un’opera capace di incidere
positivamente sul territorio. E così sabato 9 e domenica 10, nell’auditorium - ad Enna bassa - del Consorzio ennese universitario, il progetto verrà presentato, per poi avviarsi nei prossimi mesi. "Sarà
- spiega mons. Pennisi - un’oasi di speranza in un territorio (che tocca
Caltagirone ed è limitrofo ai Comuni di Niscemi, Gela, Acate e Vittoria, nda)
purtroppo gravato dalla disperazione di molti uomini e puntellato da un gran
numero di carceri". Contestualmente, in questa prima fase, si ridarà funzionalità anche alla residenza degli Sturzo, al cui interno troveranno collocazione un auditorium con 250 posti, una biblioteca, sale di aggregazione e socializzazione e spazi dedicati alla degustazione e alla commercializzazione di prodotti dell’agricoltura e della zootecnia. Già, perché il fondo diventerà (anche) un’azienda agricola e di allevamento. In una seconda fase, infatti, si creeranno cooperative di produzione e di lavoro - in cui verranno subito coinvolti i detenuti - per l’avvio dell’azienda agricola (che sfrutterà l’uliveto esistente sul fondo, ma introdurrà anche nuove colture - piante officinali, cereali, eccetera) e di allevamento di ovini e lumache (sì, lumache). Ma non solo: nel fondo si costruiranno anche una ventina di abitazioni per le famiglie dei detenuti, che lì, accanto ai loro cari, andranno a vivere: ed è questo l’aspetto innovativo, "rivoluzionario", del progetto. Inoltre si realizzeranno una chiesa e spazi ricreativi e formativi. Il progetto prevede l’impiego lavorativo
costante di una sessantina di persone, un terzo dei quali detenuti: questi
ultimi lavoreranno nel fondo per tre anni, prima della loro scarcerazione, e da
uomini pienamente liberi ancora per un anno. Al termine di questi quattro anni,
la fondazione "Francesco Di Vincenzo" li inserirà in altre realtà
lavorative, in parte legate all’indotto che la stessa azienda svilupperà.
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