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Gruppo Volontari Carcere di Lucca
La storia
Il Gruppo Volontari Carcere è nato quasi 20 anni fa dall'esperienza di alcune persone che, singolarmente, hanno iniziato ad entrare in carcere per ragioni diverse: Agnese Garibaldi, già assistente volontaria (il suo impegno, in origine, era legato soprattutto ai colloqui con le detenute della Casa Circondariale di Lucca), Davide Pellegrini, entrato in carcere come obiettore di coscienza e successivamente diventato assistente volontario e Piergiorgio Licheri, che, lavorando alla Commissione provinciale assegnazione alloggi, venne contattato per risolvere le problematiche relative alle abitazioni delle famiglie dei detenuti. Grazie alla collaborazione dell'allora direttore della Casa Circondariale di Lucca, Dottor Giovanni Truscello, la presenza del volontariato all'interno del carcere era molto ben accetta tant'è che i volontari partecipavano in maniera stabile al Gruppo di osservazione e trattamento. Il nostro impegno in carcere comprendeva sia momenti di puro svago e divertimento, come ad esempio l'organizzazione di spettacoli musicali o teatrali interpretati dai detenuti stessi, sia momenti più seri in cui venivano presi in considerazione i diritti dei detenuti: erano infatti i primi tempi di attuazione della "Legge Gozzini" e molti detenuti, pur avendo maturato le condizioni previste dalla legge, non la conoscevano a pieno; proprio per questo organizzavamo molto spesso, in quel periodo, assemblee volte a far conoscere meglio ai detenuti i loro diritti. Nel frattempo una certa apertura verso il carcere sembrava provenire anche dagli Enti pubblici: in particolare la Provincia in quegli anni organizzava corsi di formazione professionale per detenuti che si tenevano non all'interno del carcere ma fuori, ai quali i detenuti potevano partecipare grazie ai permessi concessi dalla direzione; in seguito a questa valida iniziativa molti datori di lavoro, alla fine del corso, hanno effettivamente assunto il detenuto una volta uscito dal carcere. Un'altra grossa problematica con cui ci siamo scontrati è stata quella legata alla paura di certi detenuti di uscire dal carcere, quasi come se il carcere, con le sue regole e le sue burocrazie interne, li avesse totalmente inglobati nel suo circuito di emarginazione e degrado. Infatti, molti detenuti, al momento di uscire, o in permesso o addirittura per sempre, esprimevano a noi volontari tutta la loro paura e il loro disagio dovuti sia al fatto di non essere accettati dalla società sia a problematiche prettamente pratiche, come il fatto di non avere un posto dove andare: effettivamente, nonostante la legge lo preveda, non succede quasi mai che l'istituzione carceraria, tre mesi prima della scarcerazione, si preoccupi di ristabilire i legami tra l'ex-detenuto e, ad esempio, i servizi sociali o il collocamento. Proprio per far fronte a questo tipo di esigenze, pensammo di attivarci per dar vita ad un Centro di accoglienza per ex-detenuti, detenuti in permesso e famiglie dei detenuti. Il primo problema da risolvere era quello di trovare i locali adatti alla realizzazione di questo progetto: ci rivolgemmo dunque al convento di San Francesco, nel centro della città, in quanto sapevamo che una parte di esso era praticamente inutilizzata. Un contributo rilevante per la realizzazione di questo progetto venne offerto sia dalla Cassa di Risparmio di Lucca sia dal Comune stesso; il resto (circa 300 milioni) venne raccolto grazie alle offerte fatte dalle varie parrocchie. La Casa San Francesco, aperta nel 1991, è diventata in seguito, la sede dell'associazione. Attualmente ci sono circa 15 posti letto che ci consentono di ospitare detenuti agli arresti domiciliari, detenuti in permesso o in semilibertà e ex-detenuti. Gli "ospiti" sono chiamati a partecipare alla gestione della casa (pulizie, preparazione del pranzo e della cena, ecc.). L'esiguità della struttura ha permesso di organizzare la vita quotidiana secondo ritmi e modalità familiari e ciò rappresenta un fattore positivo: infatti, i detenuti che trascorrono un permesso nella Casa, apprezzano in modo particolare questa caratteristica, in quanto li fa sentire accolti e pienamente integrati nella realtà della nostra città. L'obiettivo che la nostra Casa si propone non è solo quello di dare assistenza morale e materiale ai detenuti, bensì di aiutare queste persone ad essere pienamente accettata dalla comunità esterna; in pratica vogliamo dare a questi ragazzi, che sicuramente hanno commesso di grandi errori, la possibilità di riscattarsi, la possibilità di mostrare alla città che anche loro hanno qualcosa da poter offrire soprattutto ai più bisognosi. Riteniamo che il modo migliore per tentare di ricucire il rapporto tra la società e i detenuti sia quello di sensibilizzare questi ultimi nei confronti dei problemi e dei disagi che affliggono la società stessa. Questo nostro obiettivo si inserisce a pieno titolo in quella che è la nostra idea di fare volontariato: il volontariato deve progressivamente abbandonare la mentalità di tipo assistenziale che in origine lo caratterizzava e deve invece lavorare all'interno del carcere non in maniera totalmente avulsa dalla realtà esterna, bensì guardando sempre e comunque al territorio (creando cooperative di solidarietà sociale e centri di accoglienza). Negli anni attorno al Gruppo ed alla Casa sono fiorite altre esperienze. Quella degli obiettori di coscienza al servizio militare che attraverso la Caritas hanno scelto il nostro gruppo per svolgere il loro servizio; l’apertura di una Cooperativa sociale di tipo B, "La Mongolfiera", costituitasi ormai 10 anni or sono e che si è posta l’obiettivo di dare risposta alle tante richieste di lavoro che provenivano dalle persone incontrate in carcere ed in seguito accolte nella casa: la Convenzione con il Comune di Lucca, anch’essa presente da oltre un decennio che ci ha consentito da un lato di seguire alcune attività che nostri operatori realizzano all’interno del carcere di Lucca (alfabetizzazione, musicoterapia, cineforum, attività psicomotoria, corsi di cucina; attività di pittura), dall’altro di disporre di risorse economiche per la gestione della casa stessa; la presenza delle volontarie e dei volontari del servizio civile nazionale, ultima esperienza in ordine di tempo ma non certo di importanza, dalla quale speriamo di riuscire a rinnovare i nostri interventi e a rinnovarci, poiché la presenza dei giovani è fondamentale per la vita del gruppo Dobbiamo portare avanti una cultura della comunicazione, del dialogo, della partecipazione, che superi quella, purtroppo ancora oggi in circolazione, della separazione tra carcere e società civile. È indispensabile far crescere una mentalità per cui l'intervento del volontariato non sia eccezionale e sporadico, ma si trasformi in un riconoscimento di spazi operativi volti ad aumentare la collaborazione e l'integrazione con gli operatori istituzionali.
Progetti
Da oltre 15 anni il Gruppo Volontari Carcere gestisce la Casa San Francesco per detenuti "dimessi" dal carcere e per quelli che usufruiscono di misure alternative. Gli interventi offerti vanno dall’accoglienza, all’orientamento professionale, all’azione rivolta al reinserimento nel mondo e, più in generale, nella società civile. Nel 2001 è nato, all’interno dell’esperienza della Casa San Francesco, il progetto "in ascolto per crescere" il cui più importante elemento di novità è stato quello della presenza costante di un educatore all’interno della struttura. Ciò ha permesso di rendere più organici vari interventi e ha dato la possibilità di individuare ed affrontare più precocemente determinate problematiche (condizioni di dipendenza da sostanze, problema degli immigrati non in regola, etc.) nonché il supporto delle stesse. Tale progetto è proseguito fino al 2003 sviluppando anche altre tematiche: l’educazione civica degli ospiti, un’attività ragionata di cineforum, un piccolo intervento di insegnamento dell’informatica di base che ha permesso anche agli ospiti di poter usufruire del PC a disposizione della Casa. Quella che viene proposta per il 2004 è la 3°fase del percorso che si prefigge di continuare l’azione iniziata mettendo in opera anche nuovi interventi:
Servizio Civile D.I.A.D.E.
Si tratta di un progetto presentato all’Ufficio nazionale servizio civile nel 2003 e che è stato riconosciuto meritevole di poter accogliere i volontari del servizio civile. Il progetto, partito con 3 volontarie e 2 volontari il 3 maggio 2004, si articola su diversi interventi:
Il progetto ha una durata di 12 mesi, dal 3 maggio 2004 al 2 maggio 2005 e con sede di svolgimento presso la Casa San Francesco, Piazza San Francesco, 19. L’orario di servizio settimanale è di 25 ore suddivisibili su 5 o 6 giorni. Con l’attività di volontario all’interno del progetto si acquisiscono competenze in ambito socio-assistenzale e nell’ambito della relazione di aiuto; tali competenze verranno certificate dal gruppo volontari carcere e potranno essere utilizzate per l’accesso a professionalità in questi due ambiti quando siano accompagnate da adeguata preparazione teorica nel settore (educatore professionale, assistente di base, counsellor, ecc.). C’è anche la possibilità del riconoscimento da parte della facoltà di Scienze della formazione di Firenze del periodo di servizio civile come periodo di tirocinio, su richiesta dell’interessato/a. Ricordiamo che possono accedere i ragazzi non abili al servizio di leva e le ragazze tra i 18 ed i 26 anni e che il volontario/la volontaria riceverà un compenso di 433,80 euro lordi mensili (poco meno di 840mila lire), con la possibilità di un riconoscimento della copertura ai fini previdenziali (come avviene per gli. obiettori di coscienza).
I.M.A.GI.N.E.
Immigrazione e Area della Giustizia: tra Normativa ed Esperienze
Il progetto è stato finanziato dal bando Cesvot Formazione 2004 e partirà nell'autunno 2004. Il progetto nasce dall’esigenza di approfondire il tema dell’immigrazione, con particolare riferimento ad immigrazione ed area penale, volendo descrivere con questa accezione tutto quel mondo di cittadini stranieri che, giunti in Italia, spesso senza permesso di soggiorno e privi di quei minimi standard di vita dignitosa, spesso "sopravvivendo", incrociano sempre più spesso le aule dei tribunali, o transitano in cella, o, nella migliore delle ipotesi, si trovano ad essere "utenti" dei centri di servizio sociale, in quanto beneficiari di una pena "alternativa". E’ un nuovo mondo nel "mondo a parte" che rappresenta oggi il carcere. Con questo corso di formazione si intende fornire contenuti relativi all’attuale normativa italiana, dalla Bossi-Fini alle varie sentenze che si sono succedute, alla situazione degli stranieri in carcere o nei centri di servizio sociale e dar voce ad alcune significative esperienze che lasciano le porte aperte alla speranza anche per questi cittadini spesso solo più sfortunati di noi. I bisogni formativi per i quali si propone il progetto sono quelli di:
Lo scopo del progetto è quello di fornire ai volontari elementi di conoscenza che possano soddisfare le necessità, i bisogni descritti al punto precedente. I cambiamenti che si intendono attivare sono quelli di una maggiore comprensione della materia e quindi di una maggiore consapevolezza nell’azione quotidiana di volontariato a fianco di cittadini immigrati soggetti all’area penale. I risultati attesi nel breve periodo sono quelli di una maggior disinvoltura nell’azione di accompagnamento di queste persone all’interno del progetto personale che si è definito con ognuno di loro. Nel lungo periodo un risultato atteso è quello di un maggior protagonismo dei volontari rispetto a questa particolare utenza, attraverso la presentazione di piccoli progetti inerenti la ricerca del lavoro, un inserimento comunitario, l’accompagnamento nella lunga trafila del tentativo di regolarizzarsi o nella preparazione ad un "buon" rientro in madrepatria. I bisogni formativi per i quali si propone il progetto sono quelli di: Poter disporre di maggiori informazioni da parte dei volontari inerenti il tema dell’immigrazione, poiché sempre più spesso gli utenti dei servizi svolti dall’associazione sono cittadini immigrati Avere a disposizione un quadro più completo sul fenomeno della migrazione in Europa per meglio comprendere le ragioni di chi emigra, il suo stile di vita, il suo credo religioso. Approfondire il tema della diversità, quale alterità (altro da me), con tutta la sua valenza positiva Potersi dotare di strumenti di base riguardanti le normative attualmente vigenti in Italia in tema di immigrazione e di ordinamento penitenziario Sapere di più sulla situazione dei cittadini immigrati in carcere, anche attraverso il racconto di esperienze dirette. Conoscere altre esperienze di accoglienza abitativa o lavorativa di cittadini immigrati detenuti, per meglio condividere l’esperienza del gruppo e poter uscire dall’isolamento. Poter progettare una piccola esperienza di lavoro di rete con altre associazioni ed istituzioni per seguire il percorso di un cittadino immigrato dal carcere alla esecuzione esterna all’inserimento lavorativo Potersi dotare di strumenti per aiutare a prepararsi al rientro "positivo" in madrepatria per coloro che sono destinati all’espulsione al termine della pena. Lo scopo del progetto è quello di fornire ai volontari elementi di conoscenza che possano soddisfare le necessità, i bisogni descritti al punto precedente. I cambiamenti che si intendono attivare sono quelli di una maggiore comprensione della materia e quindi di una maggiore consapevolezza nell’azione quotidiana di volontariato a fianco di cittadini immigrati soggetti all’area penale. I risultati attesi nel breve periodo sono quelli di una maggior disinvoltura nell’azione di accompagnamento di queste persone all’interno del progetto personale che si è definito con ognuno di loro. Nel lungo periodo un risultato atteso è quello di un maggior protagonismo dei volontari rispetto a questa particolare utenza, attraverso la presentazione di piccoli progetti inerenti la ricerca del lavoro, un inserimento comunitario, l’accompagnamento nella lunga trafila del tentativo di regolarizzarsi o nella preparazione ad un "buon" rientro in madrepatria.
I.C.A.R.E.
Insieme Caino ed Abele per una Riconciliazione Equa. Il progetto è stato finanziato dal bando Cesvot Innovazione 2004 e partirà nell'autunno 2004
Il progetto è suddiviso in due sezioni:
Un intervento come questo di informazione e formazione sul territorio rivolto al tema della mediazione riteniamo che sia un’azione particolarmente innovativa. Con questa accezione si intende l’azione di gestione dei conflitti nelle situazioni penali, del rapporto tra gli autori e le vittime dei reati. E’ un rapporto difficile: da una parte vi sono le vittime con la loro sofferenza, divise tra rancore e perdono, dall’altra la società tra sostegno ed indifferenza. Nel mezzo vi sta la giustizia tra singolo e società. Il progetto prevede di affrontare questo tema, abbastanza poco conosciuto con tecniche di counselling e di gestione dei conflitti in maniera nonviolenta, in piccoli gruppi a cui possano partecipare autori, vittime e semplici cittadini. Il Gruppo Volontari Carcere, nato nel 1991, nella sua azione di volontariato ha sempre cercato di porsi di fronte alle situazioni di disagio che ha incontrato, su due posizioni, vicine ma differenti: Una è stata quella dell’azione, dell’operatività, del cercare di dare risposte a problemi nell’immediatezza della richiesta, o successivamente: fornire sostegno morale, conforto, assistenza, donare vestiti a chi nulla possiede, dare la possibilità di un’accoglienza a chi non avesse un posto dove andare, individuare per altri percorsi più specifici quali quelli della comunità terapeutica; cercare di affrontare il problema del lavoro attraverso la creazione di una cooperativa sociale di tipo B. L’altra è stata quella della riflessione, dello studio, dell’approfondimento della realtà carceraria che esiste nella nostra città, della realtà della cosiddetta "area penale" intesa in senso più vasto, i cui protagonisti sono allora non più i soli detenuti, ma anche coloro che hanno la possibilità di accedere alle pene alternative al carcere, alla realtà "extra muraria", oltre alle "vittime", dei reati, coloro che li subiscono. E’ da questo secondo aspetto che negli anni ha preso il via la nostra riflessione, che all’inizio si è spontaneamente avviata a partire da questo semplice interrogativo: "Siamo un gruppo di volontari che opera in carcere, che ha come destinatari della propria azione dei detenuti, dei cittadini costretti al carcere a motivo delle loro azioni compiute al di fuori della legge. Non ci interessa ciò che hanno commesso, non ci interessa la colpa, noi abbiamo delle persone davanti, non le loro azioni. Ma…sì, c’è un ma! Queste azioni hanno probabilmente creato delle sofferenze, delle ingiustizie, delle vittime, che forse la giustizia dei tribunali ha cercato di risarcire, ma c’è qualcuno che pensa anche a loro?" Il nostro intervento iniziale è quindi stato un po’ scardinato da questo interrogativo lacerante, ed abbiamo iniziato a tenere in considerazione questo aspetto. Il poco che siamo riuscito a fare, nella relazione con i detenuti che abbiamo incontrato in carcere o quelli che sono stati accolti nella nostra struttura di accoglienza, di affrontare, laddove la persona ce ne ha dato la possibilità, l’argomento delle vittime delle loro azioni, del male causato, e di cercare, insieme di provare ad individuare gesti concreti per provare a"risarcire", chi avesse subito il torto, laddove ciò non fosse possibile ad inventare modalità nuove per "restituire" alla collettività un gesto di riparazione. La nostra esperienza ci ha fatto perciò riflettere sulla necessità di questa azione di mediazione che può essere pensata sia a livello individuale, ovvero tra colui che causa il danno e colui che ne è vittima, ma anche in senso più ampio quale argomento, materia di formazione e riflessione da proporre a tutti o, per lo meno, a tutti coloro che si mostrano sensibili a tali problemi. Le parole di Vincenzo, un detenuto con "fine pena mai" ci sembra che meglio delle nostre descrivano il bisogno che si intendeva descrivere:"Un giorno da ricordare, dove incontrare pezzi di noi stessi sparsi all’intorno, e sanguinare per le tante vittime del reato, per le tante vite dimezzate, denudate della propria dignità, un giorno in carcere per toccare con mano ferma e non caritatevole l’urgenza di un ripensamento culturale, che induca non solo a richiedere il castigo per chi infrange la legge, ma riconosca il valore della riconciliazione, della ricomposizione, attraverso un’attenzione sensibile, che non è accudente, ma accompagna nelle proprie responsabilità e nei propri intendimenti di ritornare ad essere uomini nuovi. Un giorno dietro le sbarre per comprendere l’esigenza di giustizia di chi ha subito come di chi subisce affinché una Giustizia equa favorisca davvero la nascita di uomini equi… Gli scopi del progetto sono: Far conoscere il tema della mediazione e della gestione dei conflitti inerenti l’area penale. Questa prima finalità è di carattere culturale e la riteniamo fondamentale per gli esiti del progetto stesso. Talvolta si è infatti inclini a ridurre il tema del carcere alla necessità della sua esistenza per garantire un luogo dove i "cattivi" o gli "indesiderati", possano essere collocati. Questa visione, che banalizza la questione, dimentica anche che se esistono dei "malandrini" esistono spesso anche delle vittime, più o meno sofferenti e sempre dimenticate, salvo ricordarle per aumentare l’audience dei network televisivi in occasione dell’episodio eclatante Ecco, l’opera iniziale di sensibilizzazione al tema rivolta alla cittadinanza ci sembra molto importante, per far conoscere il tema della giustizia in maniera più ampia, a 360 gradi, e per descrivere la possibilità della mediazione. Creare uno o più gruppi di counselling inerenti l’attività di mediazione e di gestione dei conflitti inerenti l’area penale, rivolto agli attori di cui abbiamo parlato, vittime e carnefici. Questa seconda fase è successiva alla prima, che è quella della sensibilizzazione ed ha lo scopo di offrire un luogo, uno spazio alle persone per incontrarsi e per affrontare tutto ciò che è passato tra di loro, partendo certamente dai vissuti, dall’emotività di ognuno, nella speranza di permetter ad ognuno di vivere meglio il proprio fardello. Per ciò che concerne i cambiamenti, quello che ci aspettiamo dall’esecuzione del progetto è la nascita di un nuovo modo di pensare al carcere e alla pena, un modo che possa essere più equilibrato tra le posizioni ultra indulgenti e quelle ultra forcaiole, una modalità che permetta quindi di inserire all’interno anche coloro che da vittime sono spesso dimenticate da tutti. Nel breve periodo l’obiettivo minimo è quindi quello di fare incontri di sensibilizzazione con cadenza almeno settimanale, mentre nel medio periodo quello di creare un gruppo di studio, una sorta di osservatorio/forum sulla mediazione penale. Per ciò che concerne invece la creazione del gruppo, nel breve periodo l’obiettivo è quello di proporlo ad un buon numero di persone e ad iniziare con un gruppo con cadenza almeno quindicinale. Nel medio periodo trasformare la cadenza in settimanale, e, se necessario, aprire altri gruppi, considerando che il gruppo è previsto per un massimo di 10 persone. I destinatari sono:
Per quello che riguarda l’attività n. 1, considerando almeno un incontro settimanale di sensibilizzazione e considerando in 12 mesi la durata del progetto si prevedono 180 destinatari Per l’attività 2 si prevedono nell’arco dei 12 mesi 20 destinatari. Complessivamente i destinatari risultano 200. Azioni previste:
In ascolto per crescere
Da oltre 15 anni il Gruppo Volontari Carcere gestisce la "Casa S. Francesco" per detenuti dimessi dal carcere e per quelli che usufruiscono di misure alternative. Il numero sempre crescente di persone che si rivolgono all’Associazione con richieste di aiuto sempre più diversificate ha moltiplicato nel tempo il numero e la varietà degli interventi offerti, che vanno dall’accoglienza, all’orientamento professionale, all’azione rivolta al reinserimento nel mondo del lavoro e, più in generale, nella società civile. Nel corso del 2001-2002 ha visto la nascita, all’interno dell’esperienza della Casa San Francesco il progetto "In Ascolto per crescere", il cui più importante elemento di novità è stato quello della presenza costante di un educatore all’interno della struttura. Ciò ha permesso di rendere più organici alcuni interventi: un’accoglienza mirata non solo all’ospitalità ma alla complessità della persona, con tutto il carico dei problemi che questa, dal carcere, spesso porta con sé; un raccordo continuo e professionale con il territorio, inteso sia nell’ambito dei servizi (Ser.T., Centro per l’Impiego, ecc.), che in quello delle realtà associazionistiche (Ce.I.S., Arci, Gruppo Volontari Immigrati, ecc.) In particolare, il rapporto privilegiato del consulente con gli ospiti della casa, agito sia individualmente, sia con gli interventi di gruppo, ha permesso la precoce individuazione di alcune situazioni problematiche, di rischio, ed il supporto di altre, legate magari alla condizione di dipendenza dalle sostanze (attuali o pregresse), alla condizione di cittadino immigrato non in regola con il permesso di soggiorno, di difficoltà di ricollocamento sul mercato del lavoro, ecc. Nel corso del 2002-2003 il progetto "In Ascolto per crescere", sulla base dei buoni risultati ottenuti nell’anno precedente, è continuato e sono stati sviluppati ed approfonditi altri ambiti e tematiche: l’educazione civica degli ospiti della casa, un’attività ragionata di cineforum, un piccolo intervento di informatica di base che ha permesso l’utilizzo del pc a disposizione della struttura ad alcuni ospiti che fino a quel momento non avevano alcuna dimestichezza con lo strumento informatico. Nel 2004 si svolge la terza parte del percorso, che, senza soluzione di continuità, si prefigge di continuare l’opera iniziata, implementandola, sia attraverso la messa in opera di nuovi interventi, sia attraverso il rafforzamento ed il miglioramento di ciò che fino ad ora è stato fatto. Tra i nuovi interventi previsti vogliamo sottolineare che in questa terza fase intendiamo utilizzare la risorsa dell’educatore/formatore non soltanto per attività direttamente rivolte agli utenti, ma, anche e soprattutto per attività che possano, attraverso una sorta di effetto a cascata, avere delle ricadute positive sugli stessi. Tra di esse citiamo:
L’obiettivo che ci si prefigge per questo terzo anno è quello ampliare la gamma dei servizi prestati dal nostro gruppo, di migliorane la qualità, di ampliare il numero dei volontari, attraverso il servizio civile nazionale ed anche un’azione di sensibilizzazione del territorio, di essere più presenti ed in maniera maggiormente incisiva sul territorio (associazioni, comunità parrocchiali, ecc), di costruire un numero maggiore di progetti cercando di accedere a forme di finanziamento diversificate.
Finalità
Fornire agli ospiti della casa degli strumenti che li rendano capaci di reinserirsi nel mondo esterno, sollecitare gli operatori per stimolarli ad interagire in maniera costruttiva con le persone accolte, attraverso interventi che superino il semplice momento assistenziale, agire nella direzione di un’opera di sensibilizzazione del territorio con particolare riferimento al tema della mediazione penale, migliorare la qualità dell’azione di gestione dei volontari in carico, ideare nuovi progetti e ricercare altre fonti di finanziamento di carattere pubblico.
Obiettivi
Obiettivi per la Casa San Francesco:
Obiettivi per i soggetti trattati
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