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Intervista a Gianni Boetto, presidente della Cooperativa
Come è nata la Graficom? La Graficom è nata come una s.n.c. nell’85, sempre in un’ottica di solidarietà, poi si è trasformata, nell’89/90, in cooperativa a r.l. e nel 97/98 è avvenuto il passaggio a cooperativa sociale di tipo B. Nelle finalità dell’attività produttiva che abbiamo c’è sempre stata quella di fare inserimenti lavorativi per soggetti svantaggiati, in particolar modo per detenuti, ma non solo. Abbiamo iniziato anche quando eravamo cooperativa normale a fare inserimento di detenuti; peraltro sia io che un altro socio della cooperativa siamo ex detenuti e quindi abbiamo sempre avuto sensibilità a questo tipo di problema. Nel diventare cooperativa sociale di tipo B avviene anche un passaggio ulteriore, nel senso che la cooperativa che è nata come Graficom, con riferimento esplicito a problematiche della stampa grafica, ha allargato il campo delle attività dalla stampa anche alle pulizie e trasporti in genere in particolar modo curiamo il trasporto di cibi precotti in alcune fabbriche della zona industriale e poi abbiamo piccole attività saltuarie di traslochi etc., in più adesso stiamo anche curando l’accompagnamento di disabili presso l’Associazione "Il Fienile". Anche quello delle pulizie è un ramo che abbiamo aperto da poco e che sta andando bene, perché è uno di quei settori in cui c’è sempre lavoro: attualmente abbiamo sei persone in regola che lavorano in tale settore.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontra una cooperativa sociale nel trovare un proprio spazio nella cosiddetta "economia di mercato"? Dovete tener conto di diverse problematiche economiche: le leggi del mercato, le gare d’appalto, la spietata concorrenza che c’è, e le difficoltà di rapporto con gli enti pubblici. Nonostante ci sia la legge che prevede la possibilità per le cooperative di evitare le gare di appalto e ottenere l’incarico diretto, ciò non avviene sempre. Ultimamente abbiamo un buon rapporto con l’USL, che ci sta dando diverse commesse di lavoro. Rispetto all’ultimo inserimento, fatto con il SIL (Servizio per l’Inserimento Lavorativo), stiamo facendo in modo che loro capiscano che c’è la disponibilità da parte nostra di fare altri inserimenti, purché ci venga dato lavoro… non chiediamo finanziamenti, chiediamo commesse di lavoro.
Complessivamente quanti dipendenti avete? Sei nelle pulizie, due nei trasporti e tre nella stampa, quindi undici persone in tutto.
Tutti provenienti dall’area del disagio? No, attualmente quelli provenienti dall’area del disagio sono tre. Abbiamo anche due immigrati, ma non rientrano tra le persone svantaggiate. La cooperativa sociale di tipo B, per avere le agevolazioni fiscali, dovrebbe avere il 30% di lavoratori svantaggiati: ora questo rapporto non c’è, quindi stiamo inserendo un’altra persona svantaggiata. I soggetti con cui adesso stiamo lavorando provengono dalla tossicodipendenza, disagio psichico e carcere.
Nell’inserimento in cooperativa di queste persone, incontrate difficoltà particolari? Ultimamente, la richiesta di inserimento per Nicola è andata male perché non gli hanno concesso la semilibertà, e questo ci ha creato dei problemi. Quando fai dei progetti, anche di espansione delle attività, con dei detenuti, uno dei problemi più grossi è che i tempi, dal momento in cui tu dai la disponibilità all’assunzione al momento in cui hai la risposta, sono lunghissimi. Se poi, come è successo a noi, la risposta è negativa, a fronte degli investimenti già fatti per permettere l’inserimento lavorativo previsto, è chiaro che nascono dei grossi problemi, anche per l’eventuale finanziamento avuto. Noi abbiamo dovuto, alla fine, ricorrere a delle misure di ripiego, perché il progetto previsto non potevamo più portarlo a termine.
Quali sono, invece, i maggiori problemi che si verificano dopo l’inserimento? A qualcuno dei detenuti che hanno lavorato da noi è stata revocata la misura alternativa. È ovvio che, avendo a che fare con problematiche di tossicodipendenza, disturbi psichici e carcere, ci possono essere dei problemi, ma per quanto riguarda i detenuti sono stati quelli che hanno creato meno problemi sul piano lavorativo, rispetto ai tossicodipendenti o ai disabili psichici.
La sede della cooperativa è sempre stata questa, in Via Tiziano Aspetti? Sì, siamo sempre stati qui, ma ultimamene abbiamo preso in affitto l’intero stabile e sopra c’è un appartamento già abitato. Stiamo ristrutturando altri locali, che diventeranno la sede del Consorzio di Cooperative, appena costituito, comprendente due Cooperative Sociali di tipo A, una Piccola Cooperativa, una che si occupa di offrire servizi ai Comuni, Radio Sherwood, e un’altra Cooperativa ancora, che si occupa di consulenze e di servizi informatici.
Chi entra in cooperativa diventa automaticamente socio? In genere, quelle che inseriamo sono persone che conosciamo già, o comunque ci vengono segnalate da qualcuno. Poi facciamo comunque un colloquio e, come nell’ultimo inserimento, è previsto anche uno stage. Nel momento in cui si crea un rapporto, soprattutto sul piano umano, concordi i successivi passaggi dell’inserimento. Poiché siamo poche persone, il rapporto è prima di tutto umano: non sono numeri che devi collocare, sono prima di tutto persone, con cui instauri un rapporto alla pari.
La cooperativa è impegnata anche in attività di promozione sociale non specificamente legate all’inserimento lavorativo? Il fatto di trasformare la vita delle persone, di riuscire a dare loro prospettive di vita diverse, rappresenta di per sé un’attività politica: non vedo una separazione tra questo tipo di attività e quella che è la politica con la P maiuscola.
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