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Indicazioni di comportamento di un volontario carcerario Milano, 15 marzo 2001
Questa
relazione è il frutto del lavoro di riflessione di un gruppo ristretto di
volontari. La prima edizione portava la data del 19 gennaio 1997. Scopo della
relazione è saper arrivare al cuore, al momento più profondo della attività
del volontario, cioè l’incontro con il detenuto. Tutto il resto - procurare
gli indumenti, espletare pratiche, far avere sussidi e magari la casa, il
lavoro, etc. - è importante, ma la solitudine del detenuto resterebbe anche se
quei problemi fossero risolti.
La relazione è divisa in 6 parti:
1)
Il principio informatore della attività dell’ assistente volontario; 2)
Natura del sostegno morale; 3)
Il carcere e il detenuto; 4)
Qualità e ruolo del volontario; 5)
Forma del colloquio; 6)
Una specie di decalogo di cose da fare e di cose da non fare.
Parte 1°: Il principio informatore della attività del volontario
1) Il
comando "Non giudicare" Il
principio che dà criterio e norma alla attività dei volontari carcerari,
appartenenti alla Associazione Sesta Opera San Fedele, è un comando evangelico
: "Non giudicare". Nessuno infatti potrà mai sapere quanto l’ educazione, l’ambiente, le esperienze abbiano giocato sulla responsabilità di un colpevole. Il volontario ha di fronte soltanto un uomo privato della libertà. Di lui non sa nulla, non sa come sia cresciuto, che genitori ha avuto, etc. Non sa come è giunto in carcere, per quali percorsi di violenze (magari subìte), di immoralità, di educazione al male, di brutalità, di assenze di valori, di miserie. Chi può dire che un altro, cresciuto in quelle condizioni, si sarebbe comportato diversamente? Per questi motivi il volontario non può giudicare. Nella
Sacra Scrittura questo comando è categorico. Esso viene ripetuto parecchie
volte con parole forti e chiare. In
termini meno solenni, il saggista Hein diceva "Quando si è pieni di voglia di
giudicare, resta poco spazio per la saggezza".
2) Il
volontario e la questione della innocenza o della colpevolezza del detenuto C’è
stato un arresto, un processo o una misura decisa dalla Magistratura e a questo
il volontario deve attenersi. Il
volontario non sa nulla del reato commesso o ascritto, salvo quanto il detenuto
ha voluto raccontargli; non sa nulla del processo, delle prove; non ha udito le
ragioni dei Giudici. E
si dice ciò non perché il volontario se ne debba informare, ma per fargli
notare che sbaglia sia quando sposa unilateralmente le ragioni del detenuto, sia
quando giustifica le azioni compiute o le minimizza. Cavalcare
unilateralmente le "ragioni" del detenuto, potrebbe solo servire a
rinforzargli la convinzione che ha subìto una ingiustizia. Così
facendo non gli si porta reale aiuto. Non lo si conduce, sia pur gradualmente, a
fargli comprendere le gravi sofferenze che il suo gesto, se colpevole, ha
inferto a se stesso, alla parte lesa e ai suoi famigliari spesso lasciati allo
sbaraglio.
3) Atteggiamento di ascolto Il volontario non deve fare domande che riguardano il reato, né tanto meno assumere atteggiamenti indagatori: lascerà al detenuto l’iniziativa di una maggior o minor confidenza. Il
volontario potrà invece chiedere quale è la posizione giuridica del detenuto:
se è in attesa del giudizio di primo grado, se è appellante (in attesa del
giudizio di appello), se ricorrente (inattesa del giudizio di Cassazione), se
definitivo (condannato definitivamente) (vedi punti 8 e 19).
4) La
tentazione di ammirare il male Capita
che il detenuto racconti al volontario perché è finito in carcere. Si deve però
sottolineare che il volontario deve guardarsi dalla tentazione di "ammirare il
male", dall’essere risucchiato dalla voglia di volerne sapere di più, di
girarci attorno con una certa morbosità. Se
un volontario soggiace a questo tipo di tentazione, abbandoni questo servizio:
non è fatto per lui e il Signore gliene renderà merito.
Parte Seconda - Natura del sostegno morale
5) L’art.
78 della Legge 354/75 L’art.
78 della legge 354/75 , che istituisce la figura del volontario carcerario,
recita : L’amministrazione
penitenziaria può, su proposta del magistrato di sorveglianza autorizzare
persone idonee all’assistenza e alla educazione a frequentare gli istituti
penitenziari allo scopo di partecipare all’opera rivolta al sostegno morale
dei detenuti e degli internati, e al futuro reinserimento nella vita sociale. Gli
assistenti volontari possono cooperare nelle attività culturali e ricreative
dell’istituto sotto la guida del direttore , il quale ne coordina l’azione
con quelle di tutto il personale addetto al trattamento. L’attività
prevista nei commi precedenti non può essere retribuita. Gli
assistenti volontari possono collaborare con i centri di servizio sociale per
l’affidamento in prova, per il regime di semilibertà e per la assistenza ai
dimessi e alle loro famiglie" L’art.
78 sostanzialmente afferma che l’opera del volontario deve essere volta : -
al sostegno morale; -
al futuro reinserimento sociale; -
al sostegno dei suoi diritti. 6) Natura
del sostegno morale
Il
sostegno viene manifestato sostanzialmente porgendo attenzione al detenuto,
non solo con le labbra, ma con il cuore. Il volontario non deve tirar dritto
per la sua strada, ma fermarsi come il samaritano. Il
volontario si deve accostare al detenuto con grande serenità di animo, avendo
lasciato dietro la porta i propri problemi. Il
detenuto deve capire che il volontario è lì per lui, che è a sua
disposizione, che null’altro in quel momento è più importante di lui. L’atteggiamento
fondamentale, irrinunciabile è il primato dell’ascolto.
7) Situazione
del detenuto Il
detenuto è una persona essenzialmente sola, strappata ai suoi affetti. Magari
è senza colloqui, come succede ai detenuti la cui famiglia non c’è o è
lontana (questa è la situazione di molti tossici e di tutti gli
extracomunitari). È
una persona che si trova in fondo ad un pozzo. Giocoforza si dibatte, cerca di
attirare l’attenzione su di sé, si agita, chiede lo stesso intervento a più
volontari per essere sicuro di essere aiutato; cerca di impietosire. Il
volontario deve prestargli attenzione e comprenderne la situazione. Ma nello
stesso tempo non deve farsi strumentalizzare andando a fare cose impossibili, od
inutili, o peggio dannose, solo perché è impietosito dal caso. Il
volontario deve aiutare l’uomo che ha di fronte a rientrare in sé, a darsi
linee interiori di rettitudine, a trovare la misura della sincerità e della
verità, che sempre creano benessere interiore. Il rischio grande in carcere è
che il detenuto bari con tutti, a cominciare da sé stesso.
8) Educare
il detenuto Educare
è un’arte difficilissima per la quale è impossibile dare regole precise. Il
detenuto (soprattutto quello italiano) spesso proviene da periferie disastrate.
Raramente ha chiara la distinzione tra il bene e il male, ma possiede solo un
groviglio di pensieri poveri e confusi, un mucchio di notizie contraddittorie.
Dirimere, fare ordine, instillare un metodo di ragionamento, fargli distinguere
ciò che è bene da ciò che è male, è educare. Questo sarebbe il compito
primario di tutta la struttura rieducativa: ma è difficile e manca il tempo. I
volontari spesso non ne sono all’altezza. Ma
attenzione. Le cose che contano sono due : la gratuità del volontario
(testimonianza di esempio) e poche sagge parole di "invito al bene". Del
volontario quello che più importa è che sia saggio piuttosto che colto : per
questo motivo volontari semplici, ma di buon senso, sono preziosissimi.
9) Sostegno
dei diritti del detenuto Il
volontario deve aiutare il detenuto che é nelle condizioni previste dalla legge
per poter uscire dal carcere, ma che non ha forza sufficiente per rimuovere gli
ostacoli, a volte puramente burocratici. Questo
rientra pienamente nell’ambito di azione del volontario, che continua a non
entrare nel merito della innocenza o della colpevolezza, ma che aiuta il
detenuto a far valere diritti previsti dalla legge (punto 19).
Parte
Terza - Il carcere e il detenuto 10) Cosa
dichiarano i detenuti Molti
detenuti (forse la maggioranza) si dichiarano innocenti (e alcuni sono veramente
tali); molti si dichiarano colpevoli, ma riducono subito la portata del reato a "sciocchezza", rovesciando così il torto sui Giudici che hanno comminato
una condanna che appare spropositata; infine pochi si dichiarano pienamente
colpevoli. Di fronte al detenuto che si dichiara innocente, il volontario non può
che prenderne atto, non fare commenti, tacere ogni dubbio che gli venisse in
mente.
11) Il
detenuto tossicodipendente I
detenuti tossicodipendenti sono molti. Per mostrare quanto è importante
comprendere i caratteri generali di una categoria di detenuti, riportiamo quanto
scrive un esperto a proposito di essi: "Il
tossicodipendente è estremamente seduttivo e fantasioso, capace di coinvolgerci
e raggiraci secondo le proprie necessità, fermo restando gli indubbi vissuti di
disagio e di sofferenza che egli prova. Se ci mettiamo dalla sua parte, facciamo
solo il suo gioco, che lo porta all’ autodistruzione. Chiedo soprattutto alle
donne di stare inguardia, perché in questi casi l’istinto materno viene
particolarmente stimolato e seguirlo può condurre a commettere gravi errori,
peggiorando la situazione". Ogni
categoria di detenuti ha un proprio profilo generale: diverso è il caso del
tossico da quello del trafficante, dell’ usurario o del piromane psicopatico. Come
ovviamente diverso è il rapporto con una persona che ha preso quattro mesi per
un oltraggio o con chi invece ha sulle spalle l’ergastolo, o se lo aspetta.
Altri saranno gli approcci, altri i contenuti dell’assistenza.
12) Gli
extracomunitari in carcere
Le
condizioni degli extracomunitari sono particolarmente penose. Accanto a qualche
terribile figura di impietoso e crudele sfruttatore di bambini e di giovani
donne, c’è un mondo di poveracci, buttati dentro senza tanti complimenti.
Ragazzi
giovani, giovanissimi, in carcere a migliaia di chilometri da casa, lontani
dagli affetti, senza futuro, senza soldi, spesso con la grande vergogna di
essere stati incarcerati. Molti
di loro ritengono di poter tornare alle loro case solo da "vincitori":
ricchi e trionfanti. L’impossibilità del ritorno in queste condizioni li
rende eternamente esuli, randagi e costretti alla recidività.
Parte
Quarta- Qualità e ruolo del volontario 13) Atteggiamento
del volontario Il
sostegno morale non consiste nel dare ragione a priori al detenuto. Il
volontario non resta indifferente di fronte agli arrovellamenti, alle
contorsioni mentali del detenuto, per le quali egli non può non provare
comprensione. Ma
non deve farsi tirar dentro dal detenuto. Come pure il volontario non deve farsi
trascinare nelle diatribe o invettive o polemiche verso i giudici. Il
volontario deve aiutare il detenuto a dare un senso alla sua sofferenza giusta o
ingiusta. Potrebbe essere nel peggiore dei casi espiazione di colpe (anche se
converrebbe espiare con forme più razionali della privazione della libertà
tramutata in ozio) e nei migliori dei casi uno strumento per crescere in forza
umana. L’ideale
sarebbe di riuscire a fare del carcere una positiva forza di vita, anziché,
come può accadere, una scuola di delinquenza.
14
) Il
volontario deve stare al suo posto Il
volontario deve imparare a stare al suo posto, rispettare la sua identità.
Ognuno fa il suo mestiere: il volontario non deve fare mestieri di altri,
inventarsi di essere qualcosa per mostrare al detenuto (o a se stesso) che si dà
da fare. Il
volontario può entrare in relazione con i vari operatori (giudici, avvocati,
psicologi, educatori, etc). Anzi uno scambio di opinioni può essere utile per
comprendere meglio quanto si può fare per il detenuto. La
sottolineatura che qui si vuol fare è un’altra : è quella di evitare
invasioni di campo, confusioni. Il
volontariato maturo esige il rispetto dei ruoli.
15) Stile
del volontario
Il
volontario deve avere un comportamento molto discreto, magnanimo, cordiale,
trasparente. L’atteggiamento sereno di colui che passa attraverso il male
senza esserne toccato. Sono fuori luogo gli atteggiamenti da allegri compagnoni,
come pure atteggiamenti moralistici da fine ottocento. 16) Qualità
del volontario Il
volontario "ideale" possiede delle "capacità elettive" quali : -
l’umiltà che lo dispone sia a correggersi, sia ad apprendere; -
il rispetto dell’altro, della sua storia personale, cultura, tradizione,
provenienza; -
l’accoglienza, accettare l’altro per quello che è; -
l’ascolto; -
il desiderio di far emergere il bene da una persona. È
bene tuttavia che conservi un sano distacco, una certa "distanza
relazionale", non per esprimere una superiorità che non c’è, quanto per
attrarlo verso comportamenti differenti, fargli nascere la nostalgia del bene;
indurlo a "discernere" ciò che è bene da ciò che è male; sapere dire,
quando è necessario, di "no". Il
controllo di sé permette di comprendere meglio la situazione : un
coinvolgimento emotivo non dominato, non è un atteggiamento maturo.
17) Identità
del volontario La
nostra Associazione ritiene che il volontario non debba mai far parte di
commissioni, équipe, etc, sia pur in qualità di osservatore. Perderebbe subito
la fiducia dei detenuti e snaturerebbe la sua identità. Il volontario è
l’unica persona non pagata che il detenuto incontra in carcere e che non fa
parte della struttura: egli è "altro" dall’istituzione, è "oltre"
l’istituzione e non deve pertanto essere assorbito dalla istituzione.
Il
volontario rappresenta la semplice "normalità", il testimone della vita
corrente che corre parallelamente a quella del carcere. È una persona che
vive del proprio lavoro, fa andare avanti la casa, vive in famiglia, è
integrato nella comunità, cerca di fare opera sociale. Se è vero che il
volontario deve conoscere alcuni elementi basilari del diritto penale e delle
misure alternative, è pur vero che egli resta pur sempre un volonteroso che fa
quello che può, quando può e, quando esce dal carcere, fa tutt’altro. Egli
cercherà di diventare un "esperto di umanità", l’unica "professionalità"
che ci si deve attendere da lui. Una professionalità difficile, il cui
apprendimento è molto particolare, che richiede saggezza e serietà, piuttosto
che scienza.
18) Soddisfazioni
di un volontario Il
volontario non deve attendersi soddisfazioni se non quelle di avere fatto buone
azioni. L’esperienza ha mostrato che certe delusioni sono quasi scontate.
Capita di non ricevere neppure un grazie, dopo essersi dati magari tanto da
fare. Succede
anche che il detenuto con il quale il volontario ha un ottimo rapporto, una
volta liberato, scompaia, nonostante le assicurazioni di eterna amicizia che aveva
dato. Parte
Quinta- Forma del colloquio 19) Dare
del "lei" o dare del "tu" In
generale è bene dare del "lei" per una forma di rispetto, soprattutto
all’inizio. Molti detenuti sono stati a lungo mal vessati : un atteggiamento
rispettoso li aiuta a ricuperare il senso della propria dignità, a sentirsi
trattati finalmente da uomini degni. È
possibile poi che dal "lei" si passi al "tu", quando la confidenza e la
prolungata frequentazione permettono di dare al rapporto un senso di affettuosità
e in un certo qual modo di amicizia. È
un passaggio che viene da sé, senza forzature e quindi non toglie niente al
rispetto dovuto ad ogni uomo. Anche
sotto questo profilo i colloqui vanno personalizzati e niente deve essere uguale
per tutti.
20) Il
primo colloquio con il detenuto Uno
schema di primo colloquio con un detenuto potrebbe essere il seguente: il
volontario chiede l’età; quando è entrato in carcere; se è in attesa del
processo o se è appellante o ricorrente o definitivo; qualora fosse stato
giudicato, quale pena gli è stata inflitta. Confrontando la pena con la data di
ingresso in carcere si incomincia a capire se il detenuto è in prossimità di
godere dei benefici di legge. Poi
gli si può chiedere se è sposato, dove abita la famiglia, se ha figli. In ogni
caso occorre tener presente che quello che più importa è stabilire una
relazione con il detenuto.
21) Gradualità
dell’intervento del volontario Il
detenuto ha bisogno innanzi tutto di essere incoraggiato, soprattutto se è
appena entrato in carcere per la prima volta. All’inizio al volontario è
richiesto di far coraggio. La maggior parte dei detenuti sono persone giovani e,
come tutti i giovani, hanno un gran bisogno di essere incoraggiati. Il
volontario deve anche fare da parafulmine agli sfoghi e alle rabbie. Infine
lentamente deve trasmettere semplici e chiari "input" per un corretto
discernimento: imparare a distinguere ciò che è bene da ciò che è male e
assumere la responsabilità di questa scelta. Da
qui si può iniziare a guardare insieme gli eventi per rimettere a posto i vari
tasselli, per comporre una vita più vera, più autentica.
22) Spronare È
vero che, perlomeno a San Vittore, le condizioni di detenzione sono tali da far
passar ogni voglia di far qualcosa. Tuttavia il volontario deve
spronare,incoraggiare il detenuto a reagire , a non restare soltanto sulla
branda a guardare la TV. Occorre
raccomandare di tenersi in efficienza a tre livelli : a livello del corpo, a
livello della mente, a livello dello spirito, pur sapendo che tra questi 3
livelli c’è correlazione e non netta separazione: basta pensare ai disturbi
psicosomatici così frequenti in carcere. Per
il corpo si raccomandi di andare all’aria, di fare per quanto possibile la
ginnastica, di tenersi in movimento. Per
la mente si raccomandi la lettura di libri o perlomeno di giornali (meglio
comunque la Gazzetta dello sport che la TV) , lo studio, magari lo scrivere
(p.e. tenere un diario). Per
lo spirito si raccomandi la riflessione (magari scritta); se la persona è
ricettiva, si può gradualmente aprire il discorso etico/religioso, un
percorso formativo.
23) Cosa
domandare ai detenuti Nei
colloqui chiedere se è sposato , se ha figli, come si chiamano, se ha legami
con la famiglia, con gli amici. Prendere nota di queste notizie, di modo che la
volta successiva, avendo guardato prima gli appunti, si è in grado di chiedere
come stanno i figli, nominandoli per nome. Il detenuto avrebbe un segno di
attenzione particolare che sicuramente gli farà piacere. Se
il detenuto ha trascurato, per vari motivi, la famiglia, occorre aiutarlo a
riannodare i fili piuttosto consumati, specialmente con i figli. Purtroppo
ci sono detenuti che non hanno famiglia e che non sono attesi da nessuno: hanno
un fallimento alle spalle e un futuro senza prospettive. Qui
occorre il coraggio del volontario per assumersi il carico di non por fine al
dialogo neppure alla fine della detenzione.
24) Gesti
di amicizia del detenuto Occorre
raccomandare gesti di amicizia verso i compagni di cella, soprattutto i più
indifesi, di sostegno dei compagni in crisi, di aiuto, di conforto: il dolore
degli altri, spesso molto grande, ridimensiona il proprio.
25) Raccomandazioni
al detenuto Se
il detenuto ha figli occorre raccomandargli di scrivere a loro frequentemente:
essi devono sapere che il papà li pensa, li ama. Essendo venuta meno la
presenza fisica, il ricordo deve essere di più alta intensità. Fargli
capire che è sciocco dire "tanto lo sanno che gli voglio bene" , perché
alla stessa stregua i famigliari potrebbero non venire a trovarlo in carcere "tanto lo sa che gli vogliamo bene".
I
figli non hanno bisogno di tante parole, ma di gesti concreti , di scritti che
correggano la sensazione di abbandono; di piccoli doni, di oggetti fisici, come
una cartolina, che quasi faccia loro sentire "l’odore" del papà.
Fra
le tante problematiche della famiglia quella educativa è certamente
prioritaria. In molti detenuti è radicata ancora l’idea che educare
significhi "fai quello che ti dico e non guardare quello che faccio". La
discrepanza tra principi e vita ha creato dei grossi danni nei figli
adolescenti. Questo punto merita di essere approfondito nei colloqui con i
detenuti. La
presenza idealmente più profonda del papà è di vitale importanza per i figli.
26) L’incoraggiamento
del volontario credente I
detenuti, soprattutto se giovani, vanno molto incoraggiati.Il Signore sa
trasformare un periodo tetro e duro in un periodo benedetto. La gran parte dei
nostri detenuti è molto giovane : tutta la vita sta ancora davanti a loro perché
possa essere riacciuffata. Il
volontario deve infondere molto coraggio. Tutto è ancora possibile. Poiché si
è toccato il fondo, adesso non si può che risalire. Il
volontario deve sostenere l’ascesa, che non sarà senza smarrimenti, come per
ogni percorso spirituale. Quello che conta è fare tutto il possibile per
riuscirci. Il resto lo metterà il Signore : questo vale in tutte le cose della
vita. Per
i detenuti giovani c’è da imbastire il discorso della speranza che troverà
nelle risorse personali, nel rafforzamento della volontà, nella ricerca
coraggiosa delle vie oneste, anche dopo il marchio della trasgressione. Il
volontario credente può trovare modo di proporre la Parola del Signore, che
spalanca un domani di salvezza.
27) L’incoraggiamento
del volontario non credente Se
il punto precedente è visto da parte del credente, non meno vera, non meno
forte è la condivisione del volontario non credente dei temi del coraggio,
della umana risalita, della speranza. La
dignità, l’ onestà, la magnanimità, l’essere giusto, tutte queste "cose
belle" (cose di lassù, le chiamerebbe san Paolo) sono certamente "cose
belle" per i volontari non praticanti o non credenti. La
speranza non è solo la speranza cristiana, ma anche la speranza laica di un
mondo migliore.
28) Il
detenuto cambia raggio o cambia carcere Se
il detenuto cambia carcere, è molto difficile seguirlo epistolarmente. I
trasferimenti sono molto frequenti ed è quasi impossibile star dietro a tutti. Se
un volontario intende mantenere un rapporto epistolare con un detenuto, valuti
bene se poi è veramente in grado di farlo.
29) Il
detenuto va agli arresti domiciliari Se
il detenuto viene mandato agli arresti domiciliari e il volontario intende
andare a trovarlo, deve farsi autorizzare dal Magistrato di Sorveglianza. Andare
agli arresti domiciliari, vuol dire che il detenuto dipende da un’altra
autorità. Non vuol dire che è quasi in libertà.
Parte Sesta - Indicazioni di cose da fare e da non fare
30) Indicazione
generale Lo
stesso detenuto non deve essere seguito da più volontari. Quando un volontario
si accorge che un detenuto è seguito da un altro volontario, dovrebbe
contattare l’altro volontario per accordarsi sul da farsi. In
alcuni casi particolari (p.e. nel caso di un detenuto depresso e ammalato) è
addirittura utile che più volontari si alternino nel seguire lo stesso
detenuto.
In
altri casi è opportuno che un volontario chieda l’intervento di una
volontaria, quando, per esempio, si deve contattare la famiglia del detenuto e
ci sono di mezzo dei bambini. Deve
essere tuttavia salvaguardato il diritto del detenuto a scegliere il volontario
che desidera. Questa scelta , quando c’è, è prioritaria rispetto a qualsiasi
accordo tra i volontari.
31) Numero
di detenuti da seguire Il
numero di detenuti da seguire non deve essere troppo alto, altrimenti essi
verrebbero seguiti male. È
importante che il volontario trovi la giusta misura per lavorare bene e per non
stressarsi troppo. Un
numero ragionevole di detenuti evita anche disguidi in caso di assenza
prolungata.
32) La
domandina : procedura per San Vittore Il
volontario può parlare solo con i detenuti che hanno fatto regolare "domandina". Se un detenuto chiede ad un volontario di potergli parlare,
bisogna dirgli di fare la domandina nella quale egli indica esplicitamente di
poter parlare con lui. Ma,
ripetiamo, il volontario non può avere colloqui con un detenuto senza una
autorizzazione, quella che gli viene conferita dalla domandina presentata e
vistata. La
domandina vale per un solo colloquio. Se il detenuto vuole vedere altre volte il
volontario, sulla domandina deve richiedere di avere colloqui "in via
permanente".
33) Osservanza
delle regole del carcere Il
volontario deve scrupolosamente osservare alla lettera le regole vigenti in
carcere, non dimenticando mai che il mondo della giustizia è molto formale,
molto "procedurale". Si interroghi frequentemente su quello che fa e se ha
dubbi si rivolga alla Direzione o per lo meno ad un volontario esperto.
34) Segreto
professionale Il
volontario deve essere molto riservato circa nomi, tipo di reati, etc. In
qualche modo è tenuto ad una sorta di segreto professionale. A maggior ragione
in un periodo di "privacy". 35) Contatti
con i magistrati Come
già detto più volte, il volontario deve agire nell’ambito dell’articolo 78
della Legge 354/75, riportato al punto 7. Questo deve essere il termine di
riferimento, la "stella polare" dell’azione del volontario. Gli
unici magistrati con i quali il volontario può avere contatti sono i magistrati
del Tribunale di Sorveglianza. Il volontario deve, negli eventuali contatti con
questi magistrati, soltanto "informarsi" e non discutere, consigliare,
sottoporre. Un volontario non può, tanto per capirci, andare da un magistrato
di sorveglianza e dirgli che deve liberare assolutamente un detenuto.
36) Il
volontario e la parte lesa Il
volontario non viene praticamente mai in contatto con la parte lesa. Ed è bene
così. Il volontario non deve infatti mai cercare la parte lesa per invocare
pietà o peggio per giustificare il colpevole. Sarebbe una mossa che
travalicherebbe di moltissime volte il nostro compito e che probabilmente
sarebbe penalmente perseguibile. Non fatelo mai !. C’è stato un reato : la
giustizia provvederà. Nel
caso di un delitto verificatosi all’interno della famiglia, la parte lesa è
ovviamente la famiglia stessa. In questo caso non prendete contatto con la
famiglia!
37) L’art.
17 della Legge 354/75 Il
volontario che invece entra con l’art. 17 della Legge 354/75 deve ovviamente
attenersi all’ambito di tale articolo, che recita così: Art.
17 (Partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa): La finalità
del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere
perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di
istituzioni o associazioni pubbliche e private all’azione rieducativa. Sono
ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l’autorizzazione e secondo
le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore,
tutti coloro che avendo concreto interesse per l’opera di risocializzazione
dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti
tra la comunità carceraria e la società libera. Le
persone indicate nel comma precedente operano sotto il controllo del direttore. Sostanzialmente
si entra in carcere con l’art. 17 per un "progetto" o un "servizio"
preciso, voluto dalla Direzione del carcere. Per esempio: un servizio scolastico
(insegnamento di materie scolastiche), un servizio culturale (gestione di una
biblioteca), un servizio sociale (distribuzione di indumenti), un "progetto"
(redazione di una rivista scritta da detenuti), etc. Il
volontario che entra in carcere con l’art. 17, si attenga rigorosamente
all’ambito definito: se, ad esempio, entra in carcere per insegnare
l’inglese e i detenuti lo portano a parlare di indulto, deve dir loro che lui
è lì soltanto per insegnare l’inglese. Un volontario deve essere sempre
formalissimo: lo ripeteremo alla nausea.
38) Correttezza
delle informazioni Il
volontario, quando dà al detenuto delle informazioni, soprattutto se di tipo
legale o legislativo, deve essere ben sicuro di quello che dice.
39) Non
portar dentro "nulla" in carcere Il
volontario non deve porta dentro in carcere "nulla" (libri compresi), senza
la formale autorizzazione scritta della Direzione del carcere. È
concesso di fatto che si possa offrire una sigaretta o una caramella, come atto
di amicizia, come pure qualche foglio da lettera, qualche busta, francobolli per
una affrancatura, ma sempre in modo molto aperto, alla luce del sole.
40) Non
portare fuori "nulla" Il
volontario non deve neppure portare fuori "nulla", senza la formale
autorizzazione scritta della Direzione del carcere. Se
un detenuto chiede ad un volontario di imbucare una lettera o di consegnare a
qualcuno un messaggio scritto, questi non deve mai accettare. Gli si danno i
francobolli per l’affrancatura, se questo è il problema, e gli si dice di
consegnare la lettera a chi di dovere. 41) Evitare
scambi Se
un volontario parla con un detenuto davanti alla porta di una cella, rimanga
sempre ad una certa distanza, in modo da evitare il sospetto che qualcosa possa
essere scambiato. Se il detenuto vuole per esempio passargli un foglietto che
riporta semplicemente un indirizzo o un numero di telefono, non lo prenda, ma
chiami l’agente per farselo consegnare.
42) Le
telefonate per conto dei detenuti Anche
le telefonate che si fanno per conto dei detenuti, richiedono attenzione.
Occorre la conoscenza della posizione giuridica del detenuto : se è in attesa
di giudizio, le sole telefonate che il volontario può fare sono quelle
all’avvocato difensore, al Sert, al Tribunale, al Consolato, agli Enti
assistenziali, etc. Tuttavia, prima di chiamare l’avvocato, è bene
controllare sull’elenco degli avvocati se effettivamente la persona indicata
è un avvocato. Se
il detenuto è già stato giudicato (in primo grado o in appello) il volontario
può telefonare anche alla moglie o alla madre per piccoli avvisi (p.e. portare
al prossimo colloquio la biancheria). In ogni caso occorre qualificarsi come
assistente volontario. Il
volontario non deve accettare di telefonare con la richiesta esplicita di non
qualificarsi come assistente volontario per lasciare messaggi a chissà chi. Le
telefonate è bene che siano fatte da un telefono pubblico o dal telefono della
Associazione.
43) Commissioni
per detenuti Occorre
molta prudenza nell’accettare commissioni per i detenuti. Chiedete
possibilmente sempre l’autorizzazione della Direzione. In ogni caso riflettete
su quanto vi viene chiesto. Se
un detenuto vi chiede di far sostituire la pila del proprio orologio (per la
qual cosa vi sarete già fatti autorizzare), ma vi impone di andare da un
determinato orologiaio, non accettate, perché ciò è sospetto. Se
un detenuto vi chiede di comprare un pacchetto di sigarette da un particolare
tabaccaio, non fatelo mai. Quando offrite le sigarette, siano poche e sciolte,
mai un pacchetto intero.
44) Le
telefonate alle mogli dei detenuti Ancora
a proposito di telefonate. Tenete presente la situazione: il marito è in
carcere, è isolato, non sa bene cosa succede fuori. Le notizie che gli arrivano
spesso sono di seconda o di terza mano con tutte le deformazioni che esse
subiscono passando da persona a persona. Se
il volontario -incaricato di telefonare alla moglie per chiedere come mai non si
è presentata al colloquio l’ultima volta - dirà brutalmente al detenuto che
non l’ha mai trovata in casa, lui subito penserà che è andata con un altro. Occorre
assumere una posizione molto neutrale, tenendo presente che, nella maggior parte
dei casi, è più "lei" ad avere ragioni, che non "lui".
45) Non
dare nominativi di avvocati È
fatto divieto al volontario di consigliare la nomina di un particolare avvocato
difensore: é proibito per legge (art. 25 DPR 431/1976). Il motivo è ovvio: il
volontario potrebbe essere sospettato di interesse personale.
46) Non
ritirare nulla senza autorizzazione Se
un detenuto vi chiede di andare a casa sua a ritirare un vestito o un documento,
facendosi dare le chiavi dalla portinaia o da qualcun altro, ditegli che avete
assolutamente bisogno della autorizzazione del magistrato, che lui stesso deve
chiedere. Se insiste, ditegli che voi siete operatori carcerari previsti dalla
legge e che non potete fare nulla, come è vero, senza la autorizzazione del
magistrato o del direttore del carcere. Se
il detenuto vi chiede di andare alla stazione a ritirare uno zaino, rinunciate.
L’esperienza ha mostrato che può essere una fonte di guai. Innanzitutto il
ritiro è molto costoso, perché lo zaino è in deposito da tanti giorni, alle
volte da diversi mesi ed il contenuto non vale questo prezzo. Ma
c’è una questione molto più delicata: nello zaino ci può essere refurtiva,
magari droga. È vero che avreste ritirato lo zaino con il permesso scritto
della Direzione (dopo quanto abbiamo detto lo diamo per scontato), ma non è
comunque piacevole, né privo di rischi andare dalla stazione al carcere con uno
zaino magari pieno di droga. Per
impietosire il volontario, il detenuto magari vi inventa che nello zaino ci sono
le uniche fotografie che possiede dei suoi bambini: dategli un francobollo per
farsele rispedire da casa.
47) Recapiti
dei volontari Il
volontario deve essere riservato e prudente. Non deve dare l’indirizzo di
casa, il numero di telefono, se non quando la conoscenza si è molto
approfondita. Qualora
il volontario entrasse in corrispondenza con un detenuto, lasci questo recapito:
Nome
Cognome
Assistente
Volontario Piazza
Filangeri, 2 20123
Milano oppure
Nome Cognome
c/o
Sesta Opera San Fedele Piazza
San Fedele, 4 20121
Milano 48) Il
volontario lavoratore Durante
l’orario di lavoro, il volontario non deve fare telefonate (o scrivere lettere
o altro) per un detenuto. Non sarebbe corretto nei confronti della ditta per la
quale lavora. Il lavoro è una cosa, il volontariato è un’altra. Se
un detenuto chiede al volontario di fare telefonate che non potrebbero essere
fatte se non durante l’orario di lavoro, egli deve dirgli tranquillamente,
senza paura di apparire scortese o di non volerlo aiutare, che non lo può fare
per etica professionale e che eventualmente chiederà a qualcun altro se potrà
farlo.
49) Impegno
del volontario carcerario Il
volontariato carcerario esige un impegno minimo, costante: andare una volta alla
settimana in carcere. Diversamente sarebbe impossibile tenere un filo continuo
di rapporti con i detenuti. Se
un volontario non può offrire un impegno costante, allora è bene che si
accompagni con un altro volontario costante. Egli potrà seguire con profitto,
anche se più episodicamente, i detenuti. Così
pure se un volontario deve assentarsi per un periodo lungo, deve provvedere ad
affidare ad un altro volontario i detenuti da lui seguiti.
A
San Vittore ciò riuscirebbe più facile se un gruppetto di persone (3/4
volontari) frequentasse lo stesso raggio nello stesso giorno.
50) Priorità
da osservare
51) I
volontari giovani I
volontari molto giovani che si trovano davanti un detenuto con un vissuto molto
delicato farebbero bene a chiedere la collaborazione di un volontario più
esperto che gli dia indicazioni e consigli ed eventualmente che partecipi a
qualche colloquio. Comunque,
se appena avvertisse un disagio, non indugi, ma si faccia aiutare da un
volontario esperto.
52) Umiltà
di chiedere Il
nostro lavoro richiede sempre molto scrupolo, molta attenzione, molta
concentrazione. Non si possono fare errori per leggerezza, pressappochismo, che,
oltre a danneggiare il detenuto, metterebbero in dubbio anche la nostra
presenza. Il volontario deve avere la umiltà di chiedere.
53) Nuovi
volontari Noi
chiediamo che i nuovi volontari rimangano per un tempo adeguato in
accompagnamento degli assistenti più anziani di servizio. Appendice
- Le scritture (a proposito del giudizio)
Lettera
ai Romani
"Sei
dunque inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi" (2,1) "Chi
sei tu per giudicare un servo che non è tuo ? " (14,4) "Ma
tu, perché giudichi il fratello ? " (14,10) "Cessiamo
dunque dal giudicarci gli uni gli altri. " (14,13)
Prima
Lettera ai Corinzi
"Il
mio giudice è il Signore. Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo,
finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e
manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio"
(4,5)
Lettera
di Giacomo
"Chi
sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo ? " (4,12)
Vangelo secondo Matteo
"Non
giudicate per non essere giudicati; perché con il giudizio con cui giudicate
sarete giudicati e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché
osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della
trave che hai nel tuo occhio ?" (7,1-2) "Misericordia
io voglio e non sacrificio" (Mt 12,7)
Vangelo
secondo Luca
"È
venuto Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite :
Ha un demonio: È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite:
Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori" (Lc 22,
33-34)
Vangelo
secondo Giovanni
"Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio" (7,24)
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