La Chiesa continuerà a fare dell'accoglienza la sua ragion 
  d'essere 
di Cosmo Francesco
Ruppi, Arcivescovo di 
  Lecce
 
L'Osservatore Romano - 25 Giugno
2003
Le 
  drammatiche vicende di questi giorni, col viavai di carrette del mare, 
  centinaia di morti e feriti nel Mediterraneo, e l'immancabile clamore politico 
  intorno al fenomeno immigratorio, hanno scosso ancora una volta la coscienza 
  dei cristiani ed hanno posto inquietanti interrogativi allo Stato e alla 
  Chiesa, sollevando un polverone di problemi, in cui si capisce una cosa sola, 
  cioè che non basta una nuova legge a fermare scafisti e immigrati, ma occorre 
  invece un'azione concertata tra Governi e Forze dell'ordine, ma soprattutto 
  occorre portare lo sviluppo nei luoghi da cui partono queste folle di poveri e 
  sciagurati. 
Per la verità, lo avevamo capito anni addietro, quando lo 
  stesso fenomeno si verificò lungo il Canale d'Otranto col viavai di scafisti 
  che scaricavano sulle coste del Salento migliaia e migliaia di profughi, quasi 
  tutti accolti generosamente, a volte eroicamente, dalla Chiesa con un'opera di 
  volontariato cristiano che ha meritato gli elogi più alti e significativi di 
  istituzioni e autorità. Lo ripetemmo cento e cento volte che l'immigrazione è 
  inarrestabile e che va affrontata coniugando insieme accoglienza e 
  legalità. 
Non siamo stati ascoltati. O, quanto meno, siamo stati 
  disattesi. Ed ora, mentre ciò che avveniva sulle coste salentine si è spostato 
  su quelle siciliane, siamo al punto di partenza, anzi, con un clamore in più 
  di chi vorrebbe usare i cannoni per fermare le carrette del mare e aggiungere 
  disastro a disastro, con l'aggravante che tutto questo lo si vuol fare col 
  crisma della legalità, magari col consenso generoso del 
  Governo. 
Scoppia così, in questi giorni, una rovente polemica, che 
  prima di essere politica, è civile e morale e richiede necessariamente qualche 
  intervento che illumini la pubblica opinione e consenta di meglio conoscere la 
  vera posizione dei cristiani, che non è contro questa o quella legge, ma è 
  solo a favore di coloro, che essendo uomini, oltre che poveri e poverissimi, 
  si meritano almeno il rispetto che si deve a tutti gli esseri 
  umani. 
Il fatto che in dieci anni s'è cambiata tre volte la legge 
  sull'immigrazione, vuol dire che non s'è ancora imboccata la strada giusta; 
  vuol dire che l'immigrazione non è problema che può essere risolto da questa o 
  quella parte politica, ma va affrontato da tutti, insieme, perché è di tale 
  portata che solo la coralità e la concordia sono in grado di portarlo a 
  soluzione. 
Per fare un paragone, assai noto agli studenti delle 
  nostre scuole, siamo quasi di fronte ad una nuova secessione della plebe, ad 
  una vera e propria rivolta dei poveri, ad una ribellione di chi muore di fame 
  e tenta tutti i mezzi per incamminarsi verso nuovi sentieri di 
  speranza. 
Che vi siano profittatori e speculatori che sfruttano la 
  miseria per lucri ingenti, è un altro problema; ma è certo che tutti quelli 
  che tentano la fuga e varcano il mare con i mezzi di trasporto più pericolosi, 
  non lo fanno per il gusto di evadere, ma solo perché spinti dalla 
  disperazione: fuggono dalla miseria africana, asiatica, curda, irachena, 
  perché sperano di trovare altrove motivo di sopravvivenza. 
Difendere 
  le coste è un dovere; trattare con gli Stati rivieraschi per la riammissione 
  dei profughi è necessario, come urgente e necessario è rinvenire una politica 
  comunitaria sull'immigrazione, com'è stato ribadito di recente a 
  Salonicco. 
Nel frattempo, però, queste masse di profughi che giungono 
  sulle nostre coste non si possono gettare a mare, come mai è stato fatto negli 
  anni scorsi da noi, quando l'Adriatico era divenuto un corridoio di speranza e 
  di morte. 
Il profugo è prima di tutto un uomo. Povero, disgraziato, 
  miserabile, fin che volete, ma è un uomo; per noi, vero figlio di Dio, 
  fratello nostro. E la Chiesa, nonostante le cannonate verbali che le sono 
  scagliate contro, continuerà a fare dell'accoglienza la bandiera preferita, la 
  sua ragione d'essere; e - sia ben chiaro - non si fermerà mai, neppure di 
  fronte alle minacce, fatte alle persone o alle chiese... 
Fin che 
  avremo voce, ci batteremo per umanizzare l'accoglienza e migliorare una legge 
  che ha le sue lacune e i suoi limiti soprattutto in alcuni punti particolari, 
  assai ben conosciuti dai politici e dagli esperti. 
Quel che è 
  drammatico annotare è che il Mediterraneo è divenuto ormai un grande, 
  sterminato cimitero, senza neppure le croci: le coste siciliane, come quelle 
  pugliesi e calabresi, sono destinate a divenire terra d'approdo di moltitudini 
  di disperati che bussano alla nostra porta. 
Speriamo che la ragione 
  prenda il posto della emozione, che il clamore di certi politici venga fermato 
  e si torni a pensare a soluzioni serie e organiche, per promuovere lo sviluppo 
  dei Paesi poveri, che costituiscono il giacimento naturale dei flussi 
  migratori. Speriamo che si dibatta, a livello alto, senza acrimonia, il 
  fenomeno di questi giorni e si ritrovi un minimo di unità e di dialogo per 
  affrontare seriamente il problema dell'immigrazione, coniugando costantemente 
  legalità ed accoglienza. 
La legalità invocata a gran voce, infatti, 
  non serve a niente se non c'è anche l'impegno e il dovere della umanità; né 
  servono le navi e i cannoni, perché i poveri - dovrebbero saperlo anche le 
  pietre! - sono più spavaldi e più forti di tutti i cannoni di questo mondo, 
  perché hanno come polvere da sparo la miseria, e la miseria più 
  nera. 
I cristiani, anche in questo momento, sono chiamati a far 
  sentire la loro voce con tenacia e coraggio, auspicabilmente anche con unità. 
  Non siamo di fronte a scelte tecniche di poco conto. Siamo di fronte al valore 
  della vita e della solidarietà ed abbiamo tutti il dovere di anteporre tali 
  valori agli schieramenti e agli interessi di bottega. 
"Ero forestiero 
  e mi avete ospitato" è la legge di sempre, che cristiani e uomini di buona 
  volontà devono anteporre a tutti gli altri problemi, anche a costo di essere 
  svillaneggiati e combattuti da chi, per sterili interessi elettorali, chiede 
  di gettare a mare carrette e immigrati. Da che mondo è mondo, i ricchi hanno 
  sempre tentato di gettare a mare i poveri e gli straccioni, ma se li sono 
  trovati e se li troveranno sempre tra i piedi: oggi come acerrimi nemici, 
  domani come spietati giudici.