|
Da qualche anno i detenuti del carcere di Opera, in temporaneo permesso d’uscita, trovano ospitalità a Melegnano, in locali messi a loro disposizione dall’associazione Il Bivacco. Restano per pochi giorni, a volte sono raggiunti dalle loro famiglie provenienti spesso da altre regioni. (...) Capita che nell’appartamento siano ospitati provvisoriamente anche ex detenuti che, usciti da prigione, non trovano facilmente un’abitazione. In questi giorni Pierfelice Bertuzzi ha rilanciato la discussione intorno al tema della revisione delle pene assegnate ai terroristi. Un dibattito che periodicamente, specialmente in occasione di agevolazioni e abbuoni concessi ad alcuni brigatisti, e non manca di generare polemiche, opinioni contrastanti ed un forte coinvolgimento emotivo in chi quegli anni se li ricorda bene. Sulla questione Bertuzzi non ha dubbi: sono pene severe, dure, giustificate da una situazione d’emergenza, che meritano ora di essere ridimensionate. Perciò riproporrà con forza un progetto legislativo di indulto in occasione del convegno su legislazione e detenzione politica, organizzato dalla camera penale di Milano presso il palazzo di giustizia sabato prossimo. Quella dei detenuti per reati di terrorismo e dei carcerati in genere è una realtà ben conosciuta dai volontari dell’associazione Il Bivacco. Nata nel 1989 a Melegnano, attualmente conta 74 soci di cui quindici lavorano attivamente in alcuni istituti penali, a San Vittore, a Busto Arsizio, ma soprattutto a Opera, dove sono reclusi nove appartenenti alle Brigate Rosse, condannati all’ergastolo per reati di sangue. I volontari del Bivacco si adoperano per il reinserimento nella società dei detenuti che hanno scontato la pena e collaborano all’interno della struttura carceraria per creare attività produttive, quindi remunerate all’esterno, come il laboratorio femminile di ceramica, le coltivazioni della serra, la tipografia, che, oltre a fornire delle entrate, garantiscono l’apprendimento di un mestiere. Oppure c’è il progetto dei libri telematici e informativi per non vedenti, dischetti per computer leggibili attraverso il codice Braille o la sintesi vocale. Spiega Pierfelice Bertuzzi: "Un lavoro socialmente utile che fornisce prodotto a basso prezzo e di poco ingombro in cui sono impegnati alcuni ex terroristi". I volontari del Bivacco organizzano mostre, fanno da tramite con la normale rete distributiva, cercando di ricucire un tessuto strappato tanti anni prima. "Diventa difficile" commenta Pierfelice Bertuzzi "dare un senso alla parola recupero quando la persona da recuperare sconta una pena che supera i quindici o vent’anni di reclusione, quando esiste ancora l’ergastolo. Restano in carcere a tempo pieno, in media da almeno quindici anni, varie decine di persone condannate per fatti di terrorismo degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta. Continuano a trovare applicazione le aggravanti di pena che allora venivano motivate dall’emergenza. Ci sembra oggi incomprensibile continuare a dare applicazione a condanne spropositate senza procedere ad un doveroso riequilibrio delle pene".
Patrizia Ereditieri, Il Cittadino, 14 dicembre 1995
Il Bivacco punta al reinserimento dei detenuti di Milano-Opera e Milano-San Vittore. L’associazione di volontariato nata nel 1989, gestisce attualmente un progetto di sperimentazione di servizi innovativi dal titolo: Carcere e territorio: a porte aperte. Dunque, si lavora per connettere carcere e territorio, detenuti e sistema sociale, attraverso un sistema di reciprocità. Nella sede di via Castellini 72/80, completamente ristrutturata, si trovano un Centro Servizi e una casa di accoglienza per detenuti in permesso premiale ed ex detenuti, sprovvisti di una casa. Con il Centro Servizi si cerca di creare collegamenti duraturi tra il carcere e i soggetti esistenti sul territorio, come le istituzioni, la comunità civile e le risorse di volontariato e imprenditoriali, all’azione rieducativa. "Il detenuto" spiega Mario, un volontario "incontra nella casa di accoglienza una comunità, opportunità lavorative, relazioni di aiuto che gli restituiscono parte di una nuova identità sociale, affidabilità, competenza, fiducia". Presto nascerà la cooperativa sociale Il Bivacco che gestirà svariate attività: falegnameria, produzioni di composizioni floreale, pelletteria e lavorazioni di ferro battuto.
Marco Ostoni, Il Giorno, 28 ottobre 1998
"Per detenuti e volontari il giorno di Natale è anche un’occasione per fermarsi e riflettere su altre cose e non sui soliti problemi", dice Mafalda Occioni, impegnata nell’associazione Il Bivacco e che dirige la cooperativa Soligraf, nata per l’inserimento lavorativo dei detenuti. "Stiamo organizzando una festa in un reparto del carcere e il 24 dicembre un rinfresco e una S. Messa fuori per tutti coloro che sono in permesso premiale, i familiari e gli ex detenuti".
Luisa Bove, La Repubblica, 20 dicembre 1998
Il dottor Agazio Mellace dirige un "paese" di 2000 persone: "In un posto dove serenità e partecipazione sono indispensabili. (...) Preferisco cercare sbocchi concreti. Vorrei ringraziare soprattutto le associazioni, come Il Bivacco di area cattolica, che ci aiutano a garantire un lavoro esterno a chi ne avrebbe i requisiti teorici. I semiliberi, qui a Opera, sono circa settanta. La questione di fondo, per un direttore, è proprio questa: contemperare lavoro e sicurezza".
Pa. B., Corriere della Sera, 23 marzo 1999
"... Sperimentare condizioni di cambiamento rappresenta un processo complesso che deve coinvolgere l’insieme del sistema sociale nelle sue diverse articolazioni. Trovare un lavoro e un alloggio, costruirsi una nuova progettualità per il futuro, avvicinarsi ad opportunità e modalità nuove d’appartenenza al sistema sociale sono problematiche costanti nei soggetti con periodi significativi di detenzione. Paradossalmente il carcere fornisce risposte "contenitive" che riducono l’incertezza e il rischio ingenerando una nuova identità: "il carcerato". Sperimentare la fecondità dell’affacciarsi all’esterno, riprendere in mano percorsi emancipativi fuori dal circuito "illegale" resta, ad oggi, onere esclusivo dei singoli che si trovano ad affrontare una molteplicità di disagi e di pregiudizi. Per dare concretezza a tali convincimenti abbiamo...".
Mafalda Occioni, MoV.I - Fogli d’informazione e di coordinamento - n.1/2000
Dopo aver scontato alcuni anni all’interno del carcere Oscar Del Negro (condannato per reati amministrativi), ha riacquistato la libertà attraverso l’affidamento a Il Bivacco, l’associazione di volontariato che opera a Melegnano e che fa da tramite tra le carceri con il passaggio alla libertà. Oscar Del Negro è un esempio di reinserimento perfettamente riuscito grazie alle risorse messe in campo dai volontari del Bivacco. E sul reinserimento dei detenuti nella società, a partire dall’interno del carcere, del luogo di pena, il Del Negro ha idee ben precise. Lui che fra le mura di un penitenziario ha passato diversi anni della sua vita, che ha sofferto per le privazioni, per la mancanza di proposte alternative, dice: "Un ruolo importante, all’interno delle fredde mura carcerarie, ha l’arte, nello specifico il lavoro teatrale, inteso non solo come rappresentazione, ma attraverso corsi di formazione, può assumere un ruolo di accompagnamento alla diffusione di una nuova cultura". L’esperienza del vissuto attraverso l’arte, e soprattutto della complessità del lavoro di arte e mestiere, davanti e dietro le quinte, possono diventare importanti per una crescita artistica e trattamentale delle persone coinvolte. Il teatro costituisce un doppio sostegno per la persona ristretta in carcere, ma anche perché considerato debole. Aiuta a ricordare, nella ripresa del vissuto, quei sentimenti perduti o dimenticati nell’alienazione del carcere o dell’isolamento della società. Attraverso la rappresentazione teatrale si riscoprono l’interazione, la solidarietà: la messa in scena diventa collettivo di impresa. Nessuna arte, come il teatro, può contribuire all’inserimento o al reinserimento di un essere umano, isolato relativamente dalla comunità di un sistema chiuso, o ristretto a tempo determinato e indeterminato in carcere. Il vissuto sul palcoscenico, con le sue multi interdiscipline, può consentire la nascita di una propensione artistica o artigianale dell’individuo recluso o parzialmente isolato nella società: dall’impiantistica alle luci, alla realizzazione di oggetti e scene, imparare a recitare o suonare uno strumento, alla organizzazione degli spazi in cui si fanno le prove, o scrivere per la ricerca drammaturgica finalizzata alla rappresentazione. La nascita di una associazione culturale o la convergenza di associazioni già esistenti, per la realizzazione di un laboratorio creativo fatto da svantaggiati per il sociale: dalla lettura all’applicazione della parola attraverso l’immagine, il disegno, la pittura, la ceramica. Una esperienza questa descritta, che a giudizio di Del Negro potrebbe essere un ponte non metaforico per la coerente dualità di cooperative di tipo A e quelle di tipo B che siano operanti all’interno del terzo settore. Brevemente, attraverso queste esperienze, il detenuto potrebbe diventare tramite le misure alternative alla detenzione, un ex carcerato ed intraprendere quella strada della riabilitazione unitamente ad un mestiere che sanciscano il rientro nella società, nella vita normale.
Pierfranco Redaelli, Avvenire, 31 marzo 2000
Uno dei momenti più a rischio di ricaduta, nella vita di un ex detenuto, è in reinserimento sociale. Ripartire dopo un periodo di reclusione, soprattutto se lungo e provante, non è facile. Ci vuole molta energia, e anche una certa dose di coraggio per far fronte alle resistenze che la collettività ha verso gli ex carcerati. Sono problematiche che le associazioni di volontariato conoscono molto bene, e che fino ad ora hanno cercato di risolvere senza programmi precisi, appoggiandosi alle risorse presenti sul territorio. Il Bivacco, un’organizzazione impegnata nel settore dal 1989, ha pensato di investire in questa direzione, e ha ideato un progetto di accompagnamento per aiutare chi esce di prigione. Il progetto prevede l’utilizzo di tutor, che il detenuto inizia a conoscere mentre è ancora in carcere. Durante i loro incontri, che servono innanzitutto a creare una relazione fra le due persone, si inizia a programmare l’uscita e a pensare come valorizzare le competenze professionali del detenuto. Al momento della libertà, poi, il tutor aiuta a riallacciare i contatti, a trovare una sistemazione e a creare le basi per la nuova vita. I tutors lavorano in èquipe e sono seguiti da un supervisore professionista, che verifica a mano a mano il lavoro eseguito. E’ un’attività di volontariato, senza alcuna retribuzione, anche se potrebbero esserci in futuro veri sbocchi professionali.
Marta Ghezzi, Corriere della Sera, 2 novembre 2000
Parte da Melegnano, dall’associazione Il Bivacco un nuovo percorso per il reinserimento nella società di detenuti ed ex carcerati. Il nuovo progetto: "carcere: percorsi di tutoring" che interessa la popolazione carceraria ammessa alle misure alternative della pena, affida alla figura di un tutor le funzioni di accompagnamento alle persone nella fase di reinserimento nell’ambito della collettivitàˆ. E’ questo un progetto che qualifica questa organizzazione di volontariato che ha la sua sede a Melegnano e sin dal 1989 si adopera per la risocializzazione dei detenuti dei carceri di Opera e Milano San Vittore, promovendo contatti e iniziative tra la comunità carceraria e la società libera. Dal 1997 poi, nella sede di Melegnano è in funzione una casa di accoglienza per detenuti in permesso speciale o per ex detenuti sprovvisti di alloggio. C’è poi un centro servizi che, supportato dalla Caritas ambrosiana, favorisce una forma autonoma di imprenditorialità attraverso la cooperativa Soligraf, che consente inserimenti lavorativi oltre a percorsi integrati che vedono gli ex detenuti occupati con tirocini formativi, lavorativi, stage, corsi di lavoro. Per meglio finalizzare le potenzialità di chi è uscito dal carcere e che attraverso il lavoro vuole rifarsi una nuova vita, nei prossimi giorni prende vita il percorso di tutoring. Per la buona riuscita di questa nuova iniziativa, determinante è la figura del tutor che, con il proprio supporto, oltre alla consulenza, all’accompagnamento materiale, rappresenta il punto di riferimento per l’ex detenuto. Patrizia Giovanelli, fra le responsabili del Bivacco, parla della figura di questo nuovo operatore, non un semplice volontario, ma una persona che dispone di competenza ed è in grado di costruire e sviluppare percorsi rigorosi con chi gli viene affidato. Una figura capace di raccordare, nel momento difficile in cui un uomo lascia una struttura carceraria, le istituzioni con il mondo produttivo e l’associazione socio-assistenziale
Pierfranco Redaelli, Avvenire, 4 novembre 2000
|