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Considerazioni conclusive
Oggi dentro e fuori il carcere stiamo attraversando una fase impregnata da una cultura che non crede più nell’uomo. Occorre un’azione di resistenza molto forte perché i principi costituzionali siano riaffermati. Chi sbaglia deve avere una sanzione, che però non dovrà essere degradante o inumana e non necessariamente carceraria. Se il detenuto che si confronta con una pena non vive la conferma di un sentimento di giustizia positivo e coerente, le forme di trattamento le più avanzate non hanno alcun senso. Per la grande maggioranza dei detenuti occorre pensare ad una nuova concezione di trattamento quale concreta offerta di opportunità, ma non con il solo mero scopo di sfoltire le carceri. L’esecuzione penale deve essere assunta quale autentica espressione delle politiche sociali, ridisegnando l’intero sistema organizzativo attraverso cui essa si realizza, vista l’esigenza di coordinarsi e di integrarsi con il sistema regionale dei servizi - a livello legislativo e di programmazione - e con la rete locale dei servizi, a livello attuativo. Il problema della recidività va necessariamente riportato ad una dimensione più ampia che non può tradursi nel solo inasprimento delle pene e drastico ridimensionamento delle misure alternative; occorre piuttosto promuovere la sperimentazione di nuovi percorsi che tutelino il cittadino, ma anche i soggetti deboli. I problemi nascono all’interno della Società e qui vanno prevenuti, affrontati e risolti. Il carcere, quale contenitore finale di molti disagi e contraddizioni espresse per lo più dalle fasce deboli della comunità, è e deve essere l’extrema ratio, come ha sottolineato il cardinale Martini nel volume "Sulla giustizia". E’ necessario attivare percorsi formativi e di comunicazione ed effettuare sperimentazioni concrete che ricolleghino il carcere al territorio ed alle libere iniziative della comunità civile, perché possa realizzarsi il cambiamento culturale propedeutico ad una nuova e più umana idea della pena. In questo contesto, per il volontario che vuole operare nell’ambito della giustizia, la buona volontà non basta più; bisogna essere volontari al 100% con un’attitudine al lavoro per nulla diversa da quella richiesta per qualsiasi altro impiego. Spesso c’è più generosità che umiltà di sottoporsi a percorsi formativi, per l’errato modo di pensare che chi è disponibile è già volontario pronto ed utile ad operare. Solidarietà è anzitutto la qualità della preparazione che possiamo fornire, insieme alla ricchezza degli ideali e delle motivazioni. I volontari dovranno lasciarsi alle spalle quello che oggi è il loro lato più debole: la mancanza di professionalità. Professionalità è molto di più di un insieme di regole o strategie; professionalità è coscienza, responsabilità, formazione adeguata, capacità di rapportarsi con la "globalizzazione" perché l’esclusione sociale è un fenomeno di tale complessità e vastità che immediatamente ci proietta in dimensioni internazionali, laddove oggi esistono potentati economici dell’informazione e di carattere finanziario. Ringraziamenti
Nel corso di questi primi dieci anni hanno collaborato e condiviso il nostro operare molte persone, enti ed associazioni. In ordine assolutamente casuale e sicuri che non tutti riusciremo a ricordare, ringraziamo: Alberto Girompini, Maria Vincenzina Pigorini Zorzoli, Alessandra Rampoldi, Giovanni Bedoni, Cesare Bedoni, Suor Raffaele Maria, Enrica Spreafico, Gabriele Rossi, Corrado Mandreoli, Cinzia Monico, Sonia Ambroset, Osvaldo Rosa, Don Virginio Colmegna, Don Gianpiero Guidetti, Don Stefano Penna, Mons. Giuseppe Merisi, Livio Ferrari, Domenico Bardelli, Domenico Castellini, Giorgio Maglio, Giulia Borgomaneri, Antonella Maiolo, Tiziana Maiolo, Umberto Gay, Paolo Del Debbio, Giuseppe Bersani, Giorgio Bedoni, Giorgio Grignani, Giuseppe Mauceri, Ettore Zambonardi, Guido Toja, Marco Locatelli, Stefano Locatelli, Marta Ghezzi, Angelo Valsecchi, Felice Bocchino, Aldo Fabozzi, Antonio Pirretta, Paolo Bellomi, Maria Pia Giudici, Marina Livraghi, Aldo Longoni, Cristina Wass, Giuseppe Beccarini, Fondazione Luigi Moneta, SNAM S.p.A., Fondo Sociale del Gruppo ENI, AMBIENTE S.p.A., Fondo di Solidarietà Cofermetal, Centro ZOEÕ, CARITAS Ambrosiana, Agenzia di Solidarietà per il Lavoro, Camera del Lavoro di Milano, Direzione della Casa di Reclusione di Milano-Opera e della Casa Circondariale di Milano-S.Vittore, Consorzio Nova Spes, Consorzio Sistema Imprese Sociali, Consorzio Terzo Sistema, GALDUS, AiBi, Lions Club, SODALITAS, C.S.S.A. di Milano e Pavia, Tribunale di Sorveglianza di Milano, ASL 2 Milano, Cooperativa Sociale OMNICOOP, Cooperativa Sociale SOLIGRAF, Banco Alimentare, Comune di Melegnano, Comune di Milano, Comune di Opera, Comune di Cesano Boscone, Comune di Peschiera Borromeo, Unione Italiana Ciechi di Monza e di Bologna, Fondazione CARIPLO, Banco di Brescia, Carabinieri di Melegnano, Studio Novati, Gruppo RAS, MO.VI., ZIVAGO, SELENE edizioni Milano, Seac, Fondazione Italiana per il Volontariato, Associazione CIAO, Incontro e Presenza, Sesta Opera San Fedele, Articolo 3, CIESSEVI Milano. Un ringraziamento particolare all’associazione culturale "Il Levante" che ha strettamente collaborato con noi per la realizzazione di questo libro e del convegno del 20 gennaio 2001 riguardante la reintegrazione sociale della persona detenuta. Un caloroso ringraziamento a tutti quelli che, a vario titolo, nel tempo sono stati Soci, Simpatizzanti, Sostenitori, Obiettori di coscienza, collaboratori, ed un sentito ricordo per Pietro Gilardi, Socio Fondatore, scomparso prematuramente.
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