Caritas Diocesana di Avellino

 

L'attività della Caritas Diocesana di Avellino per il carcere

 

Caritas

Diocesana

 

C/o Curia Vescovile

Piazza Libertà, 23

83100 - Avellino

 

Introduzione

Caritas Diocesana e disagio penitenziario

L’Accoglienza dei Detenuti nell’Opera Pastorale della Caritas Diocesana

Presentazione del Laboratorio di Filosofia

Un anno di lavoro e un convegno per riflettere

Statistica degli Interventi nelle Case Circondariali di Bellizzi Irpino e Lauro

Cooperativa Sociale Onlus "L’Approdo"

 

Introduzione

 

La Caritas Diocesana di Avellino svolge, da alcuni anni, un lavoro di osservazione del territorio al fine di individuare le varie realtà di povertà nuove ed antiche in un contesto di pastorale della Diocesi per l’evangelizzazione della carità. In questo ambito, sono state realizzate "opere segno" nei settori del disagio degli anziani, dell’immigrazione, delle tossicodipendenze, degli handicap di vario genere (fisico, mentale, ecc.) ed in quello della giustizia.

In quest’ultimo, la Caritas Diocesana è operativa fin dagli anni "80 con un proprio "gruppo carcere" di volontari che mantiene rapporti costanti con le case circondariali di Bellizzi Irpino (AV), Lauro (AV) e Ariano Irpino (AV). Partendo dal presupposto che qualunque opera di evangelizzazione non può prescindere dalla promozione umana, si è pensato di agire su tre tipologie di interventi:

accoglienza;

accompagnamento;

avviamento al lavoro.

I primi due sono effettuati dal gruppo di volontari che, coadiuvati dallo psicologo e in stretta collaborazione con il cappellano, si fanno carico dei rapporti interpersonali con i detenuti dalle catechesi ai colloqui singoli, dalla fornitura di aiuti materiali di vario tipo (denaro, abiti, libri, ecc.) ai contatti con le istituzioni del territorio al fine di favorire la realizzazione di percorsi alternativi alla detenzione.

Per il terzo intervento è stata costituita una cooperativa sociale onlus denominata "L’Approdo" (identificata nel progetto come "ente gestore") la quale, nello spirito dell’impresa e della solidarietà, si preoccupa di realizzare spazi di accoglienza ed occasioni di lavoro degnamente retribuite per i detenuti che possono usufruire di misure alternative sotto forma di affidamento per attività di volontariato o lavorativa (ex art. 21 O.P.).

 

Analisi del territorio

 

La popolazione carceraria negli istituti della Provincia è, a tutt’oggi, di circa 700 unità così suddivise:

ca. 450 nella C.C. (Casa Circondariale) di Avellino di cui ca. 100 in alta sicurezza con la presenza di ca. 30 donne;

ca. 200 nella C.C. di Ariano Irpino (AV);

ca. 50 nella C.C. a detenzione attenuata di Lauro (AV) specifica per tossicodipendenti.

Rimanendo nell’ambito della Diocesi di Avellino (Ariano è a se stante e Lauro appartiene a Nola-NA) ci si può facilmente rendere conto che la C.C. locale non è una struttura di secondaria importanza: essa accoglie detenuti da varie parti d’Italia (in particolare dalle province di Avellino, Salerno e Napoli) ed anche membri appartenenti ad organizzazioni camorristiche e mafiose. Inoltre, sono molti i residenti in diocesi reclusi in altre strutture italiane o che hanno alle spalle esperienze di detenzione.

Stando ai dati del C.S.S.A. territoriale (Centro Servizi Sociali per Adulti), solo una minima parte beneficia delle pene alternative alla detenzione e, per quanto riguarda quelle legate ad un contratto di lavoro, spesso sono precarie o fasulle. In questa situazione, l’individuo che si vuole riscattare da un passato a dir poco torbido, non ha molte possibilità di farlo, una volta scontata la pena. È evidente che chi proviene da situazioni familiari disastrate e da ambienti sociali disagiati non potrà far altro, una volta fuori, che rientrare in quel circolo vizioso fatto di piccole illegalità quotidiane e di estrema diffidenza verso il prossimo e la società in genere.

La comunità locale non dispone di alcuna realtà di accoglienza e di inserimento sociale; anzi, non sono pochi i parroci che, periodicamente, si rivolgono alla Caritas per rispondere a richieste di aiuto da parte di parrocchiani detenuti. In passato si è riusciti a risolvere qualche caso singolo fidando sulla buona volontà dei volontari e sulla capacità di accoglienza di qualche imprenditore locale, ma ormai è arrivato il tempo di uscire fuori dall’intervento occasionale per dare vita ad una pastorale che tenga conto anche del problema lavorativo per persone che, altrimenti, non avrebbero nessuna possibilità di riscatto.

Così, grazie agli sforzi di un nucleo di volontari che in modo totalmente gratuito e con spirito evangelico ha saputo mettere su una struttura imprenditoriale, si è riusciti a costituire la cooperativa su citata per la realizzazione della quale è stato dato grande impulso dal Vescovo di Avellino, mons. Antonio Forte, il quale ha sempre garantito la sua paterna e fattiva assistenza, oltre la presenza personale anche all’interno della struttura carceraria tramite celebrazioni penitenziali, eucaristiche e sacramentali in genere e colloqui privati.

 

Origine e motivazioni del progetto

 

Situazioni di bisogno

 

Il detenuto è di per sé quanto di più emarginato ed emarginabile possa esistere: emarginato perché spesso proviene da un ambiente che è già ai margini della società (pensiamo alle grandi aree metropolitane di periferia o ai piccoli sobborghi della provincia) in cui lui stesso ha, inconsapevolmente o coscientemente, scelto di rimanervi; emarginabile perché chi commette un reato verso la collettività finisce per essere sempre più messo da parte al fine di evitare il ripetersi dei reati (sono molti, ormai, gli italiani favorevoli alla pena di morte!). Anche se le leggi attuali prevedono, sulla carta, un impegno che eviti tutto questo, nella sostanza ciò non accade.

L’esperienza della Caritas diocesana ha portato, pertanto, a considerare quello del disagio penitenziario un settore prioritario di intervento per i motivi su citati. In poche parole, la dignità della persona umana, qualunque sia il suo comportamento sociale, è frequentemente messa sotto i piedi dalla cultura imperante dell’emarginazione e dai limiti propri delle istituzioni preposte (carcere, polizia, magistratura) che non possono (o non vogliono) andare oltre l’opera di reclusione e di contenimento del danno. La stessa assistenza legale riesce ad essere valida solo a costo di corpose parcelle, nonostante la normativa preveda il gratuito patrocinio per chi non è in grado di pagarsi l’avvocato.

 

Indicatori di partenza

 

Nell’ambito, quindi, dell’osservazione del territorio, la Caritas diocesana si è fatta carico di tali povertà (l’annichilimento della persona umana è la povertà più estrema!) tentando di dare vita a un progetto globale che tenga conto di tutti i fattori (aspetti economici, legali, di relazionalità, inserimento al lavoro, ecc.).

Questo può essere riassunto in alcuni punti fondamentali:

attenzione ai bisogni primari del detenuto: ascolto, accoglienza, catechesi, aiuti economici, assistenza legale e medica, ecc.;

contatti continui con la locale Magistratura di sorveglianza e con il Centro Servizi Sociali per Adulti (CSSA);

creazione di corsi formativi e opportunità di lavoro tenendo conto dei bisogni del territorio al fine di favorire una piena integrazione;

attenzione alla famiglia per comprendere le dinamiche di disagio createsi al suo interno e che hanno sicuramente inciso nella crescita sociale e personale del detenuto.

Su questi due ultimi punti si sta lavorando in sinergia tra il "gruppo carcere" dei volontari e i membri della cooperativa "L’Approdo", ognuno per la sua specificità; il primo nei contatti con i detenuti e le loro famiglie, i secondi nella creazione e realizzazione di progetti lavorativi.

Pertanto, la Caritas diocesana ritiene che siano questi gl’indicatori di partenza alla luce dei bisogni individuati. Al momento sono circa un centinaio i detenuti contattati dei quali un buon numero sta seguendo vari percorsi di approfondimento delle dinamiche di recupero e di reinserimento. Di questi, otto sono inseriti nella cooperativa in qualità di soci lavoratori, mentre altri due provengono dalla comunità Koinon (sempre di matrice Caritas) che opera nel settore del disagio mentale.

Per quanto riguarda l’accoglienza dei detenuti in pene alternative alla detenzione, al momento sono ospitati presso la sede della cooperativa, ma è in programma la realizzazione di un centro di accoglienza (casa-famiglia).

In definitiva, la pastorale della Caritas diocesana nel settore delle povertà tende, attraverso i progetti citati, all’inserimento pieno di uomini e donne che, per una serie di motivi, si trovano a fare i conti con situazioni di emarginazione costante da parte di una società che giudica l’uomo per quello che fa e non per quello che è.

Caritas Diocesana e disagio penitenziario

 

Un po’ di storia

 

Il rapporto tra la Caritas di Avellino e il disagio penitenziario ha inizio negli anni "80 quando, nella Casa Circondariale di Bellizzi Irpino (AV), si trovavano reclusi alcuni protagonisti degli "anni di piombo". Con essi, spinti dalla volontà di porre in atto un’opera di riconciliazione tra il terrorismo e la società civile, al di là delle vicende giudiziarie, furono realizzate diverse iniziative che ebbero una risonanza nazionale indicando l’esperienza di Avellino come un’esperienza pilota alla quale fare riferimento. Dopo quel periodo, l’opera del volontariato penitenziario è continuata in modo abbastanza autonomo con interventi mirati ai singoli soggetti, ma priva di una progettualità che potesse intervenire in modo globale nel mondo della giustizia e della reclusione.

Alla fine dell’anno giubilare, i rapporti tra la Caritas e il carcere di Bellizzi, e tra le varie anime del volontariato e le istituzioni, sono stati ricuciti, seppure in modo non ancora totale, inserendo i vari interventi in un programma che tiene conto delle esigenze dei singoli detenuti, ma anche delle problematiche legate al variegato e complesso mondo della giustizia. Infatti, il pianeta carcere ha problematiche e sfaccettature talmente diverse da quelle di altre situazioni di disagio (anziani, handicappati, ecc.) da poter essere classificato davvero come un mondo a parte. In esso, inoltre, confluiscono tutti gli altri problemi esterni perché un detenuto può essere, al tempo stesso, anziano, malato, tossicodipendente ed immigrato.

 

Oggi

 

Attualmente i rapporti con le istituzioni sono tesi alla ricerca di collaborazioni mirate per singoli progetti. La Caritas di Avellino è in continuo contatto con la magistratura di sorveglianza, con il Centro sociale per adulti e, ovviamente, con le case circondariali di Bellizzi e Lauro (carcere a reclusione attenuato che ospita solo tossicodipendenti per i quali è previsto un percorso ad hoc di riabilitazione).

Nell’ambito dell’azione pastorale, esiste da alcuni anni una catechesi permanente all’interno del carcere per i detenuti che vogliono ricevere i sacramenti (battesimo, comunione e cresima) ma anche per gli altri che intendono approfondire le ragioni della propria fede. L’équipe è composta da un diacono e sei volontari,oltre quelli che agiscono in altri ambiti (cultura, accompagnamento, formazione, ecc.)

Oltre le catechesi, gli altri interventi sono:

colloqui con i singoli detenuti al fine di instaurare un rapporto di fiducia e di collaborazione per un percorso alternativo alla detenzione;

laboratorio di filosofia, un’esperienza nuova che sta dando ottimi risultati soprattutto nello stimolare i singoli soggetti all’uso della ragione per migliorare i rapporti interpersonali e quelli con il mondo esterno;

ufficio legale rivolto a quei detenuti (principalmente immigrati) che non possono permettersi la spesa di un avvocato. Inoltre sono in fase di realizzazione una serie di progetti di corsi di formazione esterni per elettricisti, installatori e assemblatori di computer e conseguimento della Patente europea del computer (ECDL).

Nel gruppo dei volontari è anche presente il Centro Italiano Femminile C.I.F. (sezione di Avellino) che opera nel reparto femminile da alcuni anni dove è anche attiva la presenza di suor Maria Agnese, dinamica suora vincenziana che si prodiga da tempo per le detenute e le loro famiglie, oltre che per la catechesi.

 

Domani

 

Un’iniziativa che sta molto a cuore alla Caritas è la realizzazione di un centro di accoglienza nelle immediate vicinanze del carcere per le famiglie che vengono a trovare i loro cari le quali, al momento, sono costrette a lunghe ore di attesa all’aperto. Un altro progetto in itinere è la realizzazione di una casa-famiglia per accoglienze a lungo termine rivolte a:

detenuti in pena alternativa (affidamento in prova ai servizi sociali, detenzione domiciliare, semilibertà, ecc.) che non hanno un appoggio all’esterno;

ex detenuti che hanno bisogno di un periodo di tranquillità per iniziare a programmare una nuova vita tramite la ricerca di un lavoro e di un domicilio stabile;

figli di detenuti, minori a rischio o minori che hanno avuto problemi con la giustizia ai quali garantire un percorso di "messa alla prova" con sostegno scolastico e attività di formazione e avviamento al lavoro.

Inoltre è previsto un sostegno scolastico per quei ragazzi che, pur frequentando la scuola, hanno bisogno di un aiuto in più per conseguire un diploma o una laurea. I rapporti con le direzioni di Avellino e Lauro sono abbastanza buoni: nonostante le mille difficoltà, si sta cercando di creare una rete di interventi che possa dare risposte diversificate al disagio penitenziario a seconda dei singoli casi.

Infine, la Caritas diocesana sta pensando ad una serie di interventi atti a portare fuori dalle mura la tematica della detenzione per coinvolgere le istituzioni e la cittadinanza e creare, così, una cultura nuova. Nell’anno 2002 è stato realizzato il convegno "Filosofia fuori le mura" per presentare alla cittadinanza un bilancio sul primo anno di vita del laboratorio di filosofia. Quest’anno è in programma un altro convegno sul tema "la certezza e l’eticità della pena.

 

Interventi sul territorio nell’ambito lavorativo

 

La cooperativa sociale onlus "L'approdo", nasce nel 1998 per volontà della Caritas Diocesana di Avellino come risposta al forte disagio sociale e in particolare a quello delle persone disagiate. Infatti la cooperativa è di tipo B (secondo la legge 381/91) cioè di inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Seguendo la logica pastorale della Caritas, essa ha la sede operativa (uffici e depositi) presso i locali della ex casa di accoglienza per gli obiettori al fine di essere segno visibile per la città intera. La cooperativa è costituita da 13 soci comprendenti il Presidente, il Consiglio di Amministrazione, il Collegio Sindacale, soci lavoratori svantaggiati e non, e volontari. E' iscritta inoltre alla Confederazione delle Cooperative Sociali di Avellino dal settembre 2001 (vedi scheda successiva).

La cooperativa realizza anche corsi di formazione per i soci (alcuni di loro stanno completando gli esami per il conseguimento della Patente Europea del computer) e per i non soci, in particolare detenuti, quali: assemblaggio hardware, conoscenza e tutela dell’ambiente per il quale è stato presentato un progetto alla Regione Campania.

Le persone disagiate che collaborano e lavorano all’interno della cooperativa seguono un percorso di formazione preparatorio, all’interno della struttura carceraria, e di accompagnamento durante il periodo di affidamento esterno.

Collaborano in modo stabile, ognuno per il proprio settore: un’equipe psico-sociologica e un agronomo. Per la parte economica relativa a buste paga, inquadramento INAIL e INPS, ecc. ci si avvale della collaborazione esterna di un noto studio commerciale di Avellino.

L’Accoglienza dei Detenuti nell’Opera Pastorale della Caritas Diocesana

 

La Caritas diocesana di Avellino è da tempo impegnata nel lavoro di recupero e reinserimento delle persone svantaggiate appartenenti all’area del disagio penitenziario. Diverse iniziative, negli ultimi anni, ne hanno caratterizzato l’azione pastorale e tuttora sono in fase di realizzazione e di sviluppo una serie di attività tese alla valorizzazione del detenuto come persona con una propria dignità, per la quale una serie di avvenimenti ne hanno segnato l’esistenza in modo indelebile.

Partendo dal principio che ogni essere umano ha diritto ad una crescita spirituale e civile che tenga conto delle capacità di ciascuno, la Caritas ha realizzato una serie di interventi nei quali il detenuto è sempre visto come persona di pari dignità rispetto a chi non ha riportato condanne penali. Anzi, partendo dal fatto che in carcere la stragrande maggioranza è composta da individui deboli e già emarginati da liberi, l’attenzione è maggiore rispetto ad essi.

In quest’ottica, l’accoglienza presso le proprie strutture di detenuti in permesso premio o in affidamento risulta uno dei momenti fondamentali per un approccio non viziato da mura e sbarre di ferro. Sono molti quelli che, per un giorno o anche per mesi interi, hanno trovato ospitalità e opportunità di dialogo in strutture adeguate alle loro esigenze, prima fra tutte il bisogno di riallacciare rapporti "liberi" con i propri familiari.

L’accoglienza si pone un duplice obiettivo:

  1. instaurare o approfondire un rapporto umano che vada al di là dei dieci minuti di colloquio in carcere;

  2. dare al detenuto la possibilità di iniziare a rapportarsi con il mondo esterno, seppure per un giorno, al fine di alimentare la speranza che un nuovo orizzonte di vita gli si possa aprire davanti.

Va detto, per inciso, che non sempre si riescono ad avere buoni risultati; a volte, anzi, si ha l’impressione di lavorare per chi non lo merita, ma questo, si sa, fa parte del gioco. La ricerca della gratificazione è bandita dall’opera del volontariato ed, in particolare, da quello cattolico: ma a volte, l’amarezza è tanta e non è facile accettare le sconfitte.

A cominciare da quest’anno, si sta dando ad alcuni anche la possibilità di uscire con affidamento a lavoro retribuito, con la costituzione di una cooperativa sociale onlus "L’Approdo" la quale, sfruttando al meglio le normative vigenti, offre un’opportunità "seria" di accoglienza e reinserimento.

Presentazione Laboratorio di Filosofia

 

Tra le varie attività che la Caritas diocesana svolge all’interno della Casa Circondariale di Bellizzi Irpino, ha preso piede un progetto di "laboratorio di Filosofia" tenuto dal prof. Luigi Iandoli, con due incontri settimanali per classi di 8 detenuti ciascuna.

Tale progetto nasce dalla convinzione che l’attività filosofica implica dinamiche di trasformazione profonda in aspetti importanti della personalità degli individui, sia sul piano cognitivo che affettivo, con l’apprendimento di una pluralità di temi e di problemi, di mondi di senso, di concetti e teorie spendibili nella vita di relazione. In particolare la filosofia, come attività eminentemente comunicativa e dialogica, è in grado di favorire oltremodo il processo di socializzazione dei detenuti. Peraltro, la presenza del volontariato non è da intendersi come mero sostegno economico ed emozionale, ma va valorizzato al fine di esprimere tutte le sue potenzialità quale funzione sociale, pedagogica ed educativa.

Come ben sanno gli addetti ai lavori, la pena in sé non è per niente educativa: pertanto s’impongono interventi e strategie che possano favorire il recupero e la risocializzazione, soprattutto dei soggetti più deboli. L’attività filosofica, svolta in forma laboratoriale, non richiede da parte dei destinatari alcun particolare pre-requisito culturale e consente loro di affrontare ed approfondire tematiche esistenziali; ciò al fine di spiegare, esprimere e razionalizzare la propria esistenza, costruire una propria visione del mondo, elaborare razionalmente posizioni di valore e partecipare responsabilmente all’esercizio della cittadinanza, sensibilizzandosi alle grandi problematiche sociali, etiche, politiche ed economiche.

 

Luigi Iandoli

Un anno di lavoro e un convegno per riflettere

 

Il 9 giugno, presso il salone del Palazzo Vescovile in Avellino alle ore 17, si terrà il convegno "Carcere e Territorio: certezza ed eticità della pena" a cui parteciperanno, in qualità di relatori, il senatore Nicola Mancino, il giudice Alessandro Margara e il vescovo di Avellino mons. Antonio Forte. Qualche parola va spesa sul giudice Margara che risulterà sconosciuto alle masse, ma è molto noto nell’ambiente giudiziario italiano. Magistrato dal 1958, Alessandro Margara ha svolto varie funzioni nel ramo penale e civile. Presidente della sezione di sorveglianza a Bologna, prima, e a Firenze, poi, nel 1997 è stato nominato direttore generale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Successivamente, è stato assegnato al tribunale di sorveglianza di Firenze e da oltre un anno è in pensione. Ha partecipato attivamente alla stesura delle leggi Simeone e Gozzini che hanno dato un forte impulso al lavoro rieducativo e riabilitativo del detenuto attraverso l’attuazione delle pene alternative alla detenzione carceraria. Il convegno, pertanto, s’inserisce quale tappa di riflessione aperta a tutta la cittadinanza sull’opportunità di considerare il detenuto una persona alla quale viene riconosciuto il diritto al recupero morale e sociale e ad una completa integrazione nella società civile.

Un’ulteriore tappa, dopo quella del convegno dell’anno scorso sulla "Filosofia fuori le mura", nell’azione pastorale della Caritas di Avellino verso uomini e donne con percorsi di devianza e di criminalità. Certa della possibilità di recupero di queste persone, la Caritas da anni sta tentando di attuare questo percorso attraverso colloqui singoli, catechesi permanenti nel Carcere e momenti di riflessione attraverso il "laboratorio di filosofia"; inoltre, tramite la cooperativa sociale "L’Approdo" sta cercando anche di dare un’opportunità lavorativa altrimenti negata a chi è marchiato come "carcerato" per tutta la vita.

Ma l’opera pastorale non si può fermare al soggetto interessato, ma deve coinvolgere l’intera popolazione su una problematica, quella della giustizia e della sua applicazione, dalla quale nessuno deve sentirsi escluso, se è vero che la maggior parte dei detenuti è formata da tossicodipendenti, extracomunitari e soggetti segnati da esperienze sociali e familiari di grossa sofferenza e provenienti da aree sub-urbane degradate (quartieri di città come Napoli e Palermo, paesi dell’hinterland napoletano, ecc.). Il convegno, pertanto, si propone di stimolare una riflessione su questi temi attraverso le relazioni di personaggi esperti del diritto e della sofferenza umana.

Statistica degli Interventi nelle Case Circondariali di Bellizzi Irpino e Lauro

 

Periodo: 2001 – 2003

 

Pastorale catechetica e sacramentaria

 

Detenuti che hanno partecipato alle catechesi in maniera assidua

Alta Sicurezza n. 40

Comuni n. 60

Totale detenuti che hanno ricevuto i sacramenti della Confermazione e dell’Eucarestia n. 30

 

Pastorale dell’incontro

 

Colloqui singoli n. 100

Laboratorio di Filosofia: partecipanti n. 60

Totale detenuti coinvolti 300

 

Pene alternative

 

Detenuti in affidamento n. 4

Detenuti in art. 21 c/o Cooperativa L’Approdo n. 2

Ex detenuti o ex tossicodipendenti c/o Cooperativa L’Approdo n. 3

 

A tutto questo va aggiunto il lavoro dei cappellani padre Lorenzo Fortugno (ottobre 2001 - settembre 2002) e padre Giovanni Crisci (da settembre 2002 a tutt’oggi) che hanno svolto o svolgono il proprio servizio con assiduità all’interno della Casa Circondariale di Bellizzi Irpino.

Cooperativa Sociale Onlus "L’Approdo"

 

L’Approdo è una cooperativa sociale di tipo "B", volta cioè all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, così come previsto dalla legge 381/91, ed è ONLUS, cioè organizzazione non lucrativa a fini di utilità sociale. Gode, pertanto, di tutte le agevolazioni previste dalla normativa vigente con evidente vantaggio per gli Enti ed i soggetti privati con i quali lavora. I dipendenti e le persone svantaggiate che vi operano passano attraverso un percorso serio di "formazione-lavoro".

Costituita nel 1998, il percorso di strutturazione avviato all’inizio del 1999, ha visto la cooperativa impegnata su vari fronti, interni ed esterni. Gli obiettivi posti nel lontano 1998 erano da un lato quelli di rafforzare lo spirito e l’atteggiamento della vita di cooperazione e dall’altro di sostenere lo sviluppo e l’immagine sul territorio.

Fanno riferimento ad essi una serie di attività come la formazione in materia di legislazione che ha portato la cooperativa ad avere una sensibilità verso i problemi e le attese sia dei soci sia dei committenti e degli utenti. Nel primo caso la cooperativa si è dotata, prima della scadenza di legge, del regolamento interno dei soci lavoratori, nel secondo caso è in via di realizzazione il primo Bilancio Sociale.

L’avviamento delle attività:

la raccolta degli "abiti usati" ha visto una prima fase, iniziata nella primavera del 2001, detta del porta a porta, con il coinvolgimento, tramite la CARITAS Diocesana, delle Parrocchie locali, ed una seconda fase, avviata nella primavera del 2002, con il reperimento ed il posizionamento di 44 cassonetti in 16 comuni della provincia. Che garantiscono, in base agli ultimi dati statistici, una raccolta media mensile pari a quintali 200;

l’archiviazione di atti e pratiche, presso enti pubblici (Camera di Commercio di Avellino) ha visto impegnata la cooperativa sin dall’ottobre 2001. Il più che discreto livello di professionalità acquisito garantisce ancora oggi la continuità dell’impegno della cooperativa in questo settore;

fortemente voluta dall’incontro delle volontà del Vescovo Antonio Forte e del suo staff, dal Direttore della CARITAS Diocesana Mons. Ferdinando Renzulli e dalla dirigenza della cooperativa, l’azienda agricola "Ischia delle Donne" rappresenta il vero fiore all’occhiello della cooperativa. Essa è il risultato di un progetto a fasi progressive di partenariato, con una prima fase che consta nella disponibilità del suolo da parte della Diocesi, nella volontà della CARITAS di assegnare alla cooperativa la fase operativa. La fase operativa ha preso spunto dallo studio colturale e quindi dalla scelta sperimentazione legata ad una estensione di 2.500 mq di terreno a frutti di bosco. Il successo dell’operazione ha indotto i partner ad avviare la seconda fase. Nell’estate 2002 si è deciso di ampliare il terreno messo a coltura diversificando anche le qualità colturali da impiantare. La scelta è ricaduta su:

ampliamento del frutteto dai 2.500 ai 5.000 mq;

impianto di 11.000 mq per la produzione di Fiano di Avellino doc, considerata la particolare vocazione dell’area;

impianto di un frutteto volto alla valorizzazione di prodotti autoctoni;

impianto di un uliveto;

una quota di 1.500 mq sono destinati alla coltivazioni di ortive.

La pianificazione delle attività è articolata nei seguenti punti:

lavorazione e preparazione del terreno;

esecuzione dell’impianto e messa a dimora delle piantine;

cura dell’impianti;

raccolta e commercializzazione dei prodotti.

Piano degli obiettivi e delle attività - Periodo 01.01.2003 – 31.12.2003

 

Raccolta abiti usati

 

E’ stata la prima attività della cooperativa, inizialmente era svolta con il sistema del porta a porta e tramite anche l’interessamento delle parrocchie presenti sul territorio comunale. Questo però dava notevoli difficoltà sia dal punto di vista organizzativo sia dal punto di vista strutturale, con ritorni sia economici che di materiale raccolto inferiore alle aspettative.

Nel mese di maggio 2002 la cooperativa ha stipulato apposita convenzione con un Consorzio di Bari, oggi disponiamo di 44 cassonetti così posizionati:

23 cassonetti in 16 comuni della provincia di Avellino;

21 cassonetti su territorio comunale di Avellino.

I dati statistici relativi alla raccolta, nel periodo (Agosto-Ottobre), sono così articolati:

Cassonetti: 44 

Raccolta media nel periodo: 300 Quintali 

Media di passaggi nel periodo: 10 il giorno

 

Servizio di archiviazione

 

Nel mese di ottobre 2001 e fino a giugno 2002 è stato affidato alla cooperativa la commessa di sistemazione e catalogazione dell’intero archivio della Camera di commercio di Avellino, per circa 10.000 pratiche.

 

Sviluppi futuri

 

Le azioni per il 2003 sono così articolate:

consolidamento del rapporto con la Camera di commercio di Avellino;

entro la fine del primo semestre attuazione del servizio presso:

Comune di Atripalda;

Comune di Solfora;

Scuola Professionale I.P.I.A Amatucci.

Avviamento alla fase di studio e formazione in tema di archiviazione ottica. Avere entro la fine dell’anno un tecnico specializzato formato.

 

Azienda agricola

 

Nel mese di febbraio 2002, su un terreno concesso in comodato alla cooperativa dalla Diocesi di Avellino, sono iniziati i lavori per la coltivazione dei frutti di bosco. Nel mese di aprile è stato messo in opera l’impianto di coltivazione con la relativa messa a dimora delle piantine di lamponi, ribes, more, uva spina. Il costo dell’impianto con relative piantine, sistemazione e concimazione del terreno (incolto da diversi anni), si è aggirato intorno a € 5.000/00, impegnando soci e dipendenti per il numero di quattro unità. Il primo raccolto si è avuto alla fine di giugno prosegue a tutto oggi con cadenza settimanale e si prevede resti tale fino al periodo fine settembre inizio ottobre. Ad oggi sono stati raccolti kg 60 di lamponi (uniferi + rifiorenti). Si è concluso un accordo commerciale con un grosso distributore di Petina (Sa), che settimanalmente ritira il prodotto.

 

Sviluppi futuri

 

Le azioni per il 2003 sono così articolate:

ampliare la superficie destinata alla coltivazione dei frutti di bosco, fino ad una estensione complessiva di mq. 5.000. La particolare cultivar sarà specializzata in:

Lamponi uniferi

Lampone rifiorente

Mirtilli

Uva spina

Ribes

in merito alle Ortive, sulla base delle risultanze dello scorso anno, si ritiene opportuno di estendere la coltivazione su una superficie di 2.000 mq, che, a regime, dovrebbe dare una produzione di circa kg. 1.500;

in merito al Vigneto l’operatività è articolata alle fasi di:

esecuzione dell’impianto e messa a dimora delle piantine;

cura dell’impianti;

la previsione per una prima raccolta nella vendemmia del 2003 è pari al 20% della potenzialità dell’impianto;

raccolta e commercializzazione dei prodotti;

in merito al Frutteto si ritiene opportuno di destinare mq 2.500 a frutteto alla coltivazione delle qualità autoctone come la mela "limongella" la mela "chianelle" e la mela "champagne".

 

Installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione di impianti elettrici

 

La cooperativa ha avuto, di recente, l’abilitazione all’installazione, trasformazione, ampliamento e manutenzione di impianti elettrici di cui all’ Art. 1 della Legge n. 46/1990:

impianti di produzione, trasporto, distribuzione e utilizzazione dell’energia elettrica all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell’energia fornita dall’ente distributore;

impianti radio televisivi ed elettronici in genere, le antenne e gli impianti di protezione da scariche elettriche;

impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso e di qualsiasi natura o specie;

impianti idrosanitari nonché quelli di trasporto, di trattamento, di uso, di accumulo e di consumo di acqua all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell’acqua fornita dall’ente distributore;

impianti per il trasporto e l’utilizzazione del gas allo stato liquido o aeriforme all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall’ente distributore;

impianti di sollevamento di persone o cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili;

impianti di protezione antincendio;

 

Sviluppi futuri

 

La cooperativa ha fatto richiesta di accreditamento presso enti pubblici (possibilità di partecipare a gare d’appalto) e soggetti privati con progetti di manutenzione di condomini e altro.

 

Servizi per Enti privati e pubblici

 

La cooperativa è accreditata presso la Banca d’Italia per l’esecuzione di interventi vari quali facchinaggio, cura del verde e archiviazione manuale.

 

Accoglienza

 

I dipendenti e le persone che operano nella cooperativa passano attraverso un percorso serio di "formazione-lavoro" e più precisamente sono tre le fasi fondamentali : l’accoglienza, l’accompagnamento e il lavoro. L’accoglienza ha il suo avvio ancor prima dell’arrivo in cooperativa, grazie all’impegno del gruppo volontari carcere della Caritas Diocesana, che stabilisce un primo contatto con i detenuti che vogliono avviare un percorso di reinserimento sociale attraverso i benefici previsti dalle leggi vigenti.

L’accompagnamento è la fase centrale del percorso di reinserimento ed è quella che permette alle persone un impatto "più dolce" con una realtà sociale il più delle volte ostile. L’obiettivo di questa fase è quello di porre attenzione alla persona ascoltando tutti i suoi disagi e timori. Il tutto è supervisionato da uno psicologo che redige un programma aderente alle esigenze e alle problematiche di ogni persona. Il lavoro è uno strumento attraverso il quale la persona verifica sia le proprie qualità sia la propria capacità di costruire relazioni in un contesto lavorativo organizzato.

Insieme a questi tre cardini di intervento della cooperativa si inserisce anche il discorso sull’accoglienza dei detenuti in permesso premio. Questo consiste nella possibilità data al detenuto che ne faccia richiesta e che possa godere di tale beneficio, di trascorrere un breve periodo presso la struttura della cooperativa con la possibilità di ricevere visite anche dai propri familiari. L’accoglienza dei detenuti in permesso premio, è dalla cooperativa presa in seria considerazione, data anche la sua natura sociale, tanto che si sta cercando insieme al Gruppo volontari penitenziari della Caritas di Avellino di sviluppare un progetto che renda questo servizio ancora più funzionale e socialmente valido. Ad oggi sono stati ospitati in permesso premio tre detenuti che hanno usufruito presso la nostra struttura di tale beneficio.

 

Soci lavoratori e volontari

 

La cooperativa è formata da 13 soci di cui sette soci lavoratori e sei volontari.

Il personale retribuito è composto da 7 soci lavoratori e 2 dipendenti non soci.

L’organigramma della cooperativa è così strutturato:

3 componenti del Consiglio di Amministrazione;

3 componenti effettivi del Collegio Sindacale, più 2 supplenti;

1 responsabile del personale;

1 dottore commercialista responsabile amministrativo;

2 responsabili rispettivamente della raccolta abiti usati e dell’azienda agricola;

1 responsabile dei rapporti con il carcere;

1 responsabile degli impianti elettrici

1 equipe formata da 2 psicologi e 1 animatore di comunità che curano l’accompagnamento e la formazione.

 

Ad oggi (maggio 2003) la cooperativa ha avviato all’inserimento lavorativo 6 persone e con scadenza un mese verranno avviate all’inserimento altre 2 persone.

 

 

 

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