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Newsletter numero 6 dell'Associazione "Antigone" a cura di Nunzia Bossa e Patrizio Gonnella
L’Editoriale: Le ultimissime novità in tema di Garante dei diritti delle persone private della libertà, di Patrizio Gonnella
Nel novembre del 1997 a Padova per la prima volta iniziammo a discutere pubblicamente di difesa civica nei luoghi di detenzione e di forme di tutela non giurisdizionale dei diritti delle persone private della libertà. In un paese come il nostro, che delega alla magistratura ogni forma di risoluzione dei conflitti, sembrava a quel tempo anomalo e utopico ragionare intorno alla diffusione di centri di controllo dei luoghi detentivi. In questi anni abbiamo organizzato seminari e convegni in giro per l’Italia, abbiamo sollecitato la presentazione di vari progetti di legge, abbiamo intrapreso studi comparati. Nelle ultime settimane qualcosa si è mosso. La sequenza di quanto accaduto è di per sé significativa. A Roma, prima il Consiglio e poi la Giunta hanno deliberato l’istituzione del garante dei diritti delle persone private della libertà nel territorio comunale. Sono stati chiamati ad occuparsene Luigi Manconi e Stefano Anastasia. A Firenze è stato nominato Franco Corleone. A Bologna, ed è questa notizia di pochi giorni fa, il Consiglio comunale ha modificato lo Statuto introducendo la figura del garante negli atti costitutivi del Comune. Infine, la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha votato un testo unico che raccoglie e unifica le tre proposte pendenti – a prima firma rispettivamente di Anna Finocchiaro (Ds), Giuliano Pisapia (Prc) e Erminia Mazzoni (Udc) – sul difensore civico delle persone private della libertà. Ora speriamo che si proceda velocemente alla approvazione del testo, possibilmente migliorandolo rispetto ad alcune cautele sinora emerse, come quelle riguardanti l’obbligo di preavviso prima dell’azione ispettiva nei centri di permanenza temporanea per immigrati, nelle stazioni di polizia e nelle caserme dei carabinieri. Anche a Torino, a Milano, a Bari si sta discutendo di organismi locali di controllo nei luoghi di detenzione. I diritti umani sono universali. Valgono per tutti, senza eccezioni. L’Italia ha firmato, ma non ancora ratificato, il protocollo alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura. Esso prevede un meccanismo universale indipendente di controllo di prigioni e luoghi di privazione della libertà. Dalla ratifica del protocollo deriva l’obbligo di dar vita a organismi nazionali indipendenti di ispezione e monitoraggio di tutti i luoghi detentivi. Ugualmente, una indicazione in questo senso è arrivata dal Parlamento Europeo lo scorso settembre. Qualcosa si è mosso. Ora si tratta di non fermarsi. Osservatorio Parlamentare, a cura di Francesca D’Elia
Primo sì alla proposta di legge sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. In data 21 gennaio, il Senato ha approvato in prima battuta la riforma dell'ordinamento giudiziario. Il provvedimento, presto all'esame della Camera dei Deputati, riscrive le regole della professione di magistrato; tra i punti salienti, segnaliamo la separazione delle funzioni tra giudice e pubblico ministero, il divieto di partecipazione dei magistrati alla vita dei partiti e dei movimenti politici, la gerarchizzazione degli uffici delle Procure. Nel reclutamento dei giudici si riduce il numero degli aspiranti con criteri di maggiore specializzazione: infatti, per accedere al concorso non basterà più la laurea in giurisprudenza, ma occorrerà aver frequentato corsi di specializzazione.Quanto alla separazione delle funzioni giudicante e requirente (uno dei punti fondamentali della riforma) si stabilisce che la distinzione avrà luogo fin dalla presentazione della domanda per accedere al concorso, che sarà incentrato su due distinte prove d'esame, scritte ed orali, con alcune materie in comune ed altre diverse. Analogamente, anche le commissioni giudicanti saranno distinte. Inoltre, nell'ambito della riorganizzazione dell'ufficio del Pubblico Ministero, il Procuratore generale potrà delegare ad altri giudici procedimenti o atti di procedimenti o interi settori. In caso di “vacatio” della carica, poi, il Procuratore può nominare un vicario che lo sostituisca in sua assenza. Altra novità: viene introdotta la figura dei “collaboratori”, nominati direttamente dal Capo della Procura, e non più dal Consiglio Superiore della Magistratura. Dunque, vengono meno gli aggiunti, e si creano dei sostituti procuratori delegati. La riforma introduce poi la "temporaneità degli incarichi direttivi", che non potranno superare la durata di quattro anni, con possibilità di rinnovo per altri due; allo scadere di questo periodo, il magistrato potrà richiedere il conferimento di un ufficio direttivo presso un distretto diverso. Approvato anche il divieto per i magistrati di aderire o iscriversi a partiti e movimenti politici, oltre che l’articolo in tema di procedure per le sanzioni disciplinari nei confronti dei giudici, nel quale si stabilisce l'obbligatorietà dell'azione disciplinare da parte del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Il 27 gennaio in Aula a Montecitorio la proposta di legge Cirielli “Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi e di termini di prescrizione del reato”(A.C. 2055/A). Arriva all’Aula di Montecitorio la proposta di legge sulla recidiva, presentata dal deputato di An Edmondo Cirielli, di cui avevamo esaminato le caratteristiche nella newsletter di novembre scorso. L'esame del provvedimento è stato fissato per il 27 gennaio prossimo. Al testo, che prevede 'un giro di vite' contro chi torna a delinquere, nel corso dei lavori in Commissione Giustizia, è stata approvata una sola modifica: è stato soppresso l’art. 4 -modifica proposta dall’on. Perlini (Fi)- che limitava l'istituto della prescrizione, eliminando la valutazione, ai fini della determinazione della pena, delle circostanze attenuanti. In data 3 novembre 2003, nella discussione generale avviata sul provvedimento dall’assemblea della Camera, era stata anche presentata una pregiudiziale di costituzionalità (per contrasto con l'articolo 27, terzo comma, della Costituzione) a firma Fanfani, Cento, Mantini, Ruta, Annunziata, che verrà votata all’inizio della discussione del 27; se approvata, non si procederà oltre nell’esame della proposta. La recensione: La città e le ombre. Crimini, criminali, cittadini di A. Dal Lago, E. Quadrelli, Feltrinelli, 2003, di Tilde Napoleone
Attraverso una ricerca etnografica Alessandro Dal Lago ed Emilio Quadrelli indagano i mondi criminali; il metodo di indagine scelto è quello di dare voce a chi solitamente voce non ha. Le interviste agli attori criminali più diversi (malavitosi, bravi ragazzi, componenti di bande, rapinatori, usurai, attori del gioco clandestino, ecc) sono infatti il materiale da cui partono per parlare di criminalità al di là e al di sopra delle retoriche ufficiali, delle interpretazioni politiche, delle indagine statistiche. Le interviste sono state realizzate tra il 1997 e il 2002 nella zona di Genova o all’interno degli istituti penitenziari. Sono voci dense di sapere, di immagini del mondo, sono narrazioni che parlano di verità, esattamente come la verità narrata dalla società cosiddetta legittima. La ricerca ha anche un interesse di tipo storico, oltre che sociologico; infatti ricostruisce, sempre attraverso la voce dei protagonisti, le evoluzioni delle attività illegali, delle organizzazioni del crimine, legandole al mondo dell’economia e alle strategie istituzionali. Attraverso le narrazioni l’ipotesi da cui gli attori erano partiti trova conferma, e cioè i mercati illegali sono solo in parte di competenza dei criminali. Il crimine non è un affare esclusivo dell’ombra, di qualcosa che è lontano dalla luce della normalità e della società legittima; non è qualcosa che appartiene agli altri, relegato alle tenebre, come in alcuni romanzi dell’800 veniva rappresentato. Hugo ne I Miserabili dice “ Cosa ci vuole per far svanire queste larve, luce, fiumi di luce. Illuminate la città dal disotto”. La ricerca invece dimostra che non esiste un sopra e un sotto quando si parla di criminalità; non esiste un sopra che trema per un sotto che incombe. Questa visione manichea viene ribaltata: i due mondi fanno parte di una stessa medaglia, luce e ombra non potrebbero esistere l’una senza l’altra. Nonostante l’incessante sforzo di porre delle differenze nette tra un noi e loro, esercitato da media, istituzioni e scienze specialistiche, l’indagine dimostra che questa differenza non esiste. “Crimine e criminali sono parole con cui si cercano di catturare la complessità dei traffici sociali e l’evanescenza degli attori che vi si dedicano”. Il mondo legittimo e quello considerato ufficialmente come illegittimo sono intrecciati; l’uno non potrebbe esistere senza l’aiuto fornito dall’altro, se quell’altro non fosse così organizzato, se non fosse basato sul consumo e sul denaro, se non se ne servisse “per molte prestazioni, dal lavoro domestico a quello in nero, dalla prostituzione, agli stupefacenti, dal gioco d’azzardo, al credito illegale”. Eppure le illegalità della società legittima vengono rimosse e attribuite solo ai criminali. Solo alcuni crimini emergono, frutto di stigmatizzazioni attuate di volta in volta da differenti attori sociali, che producendo un discorso sul crimine, in quel momento utile ai propri interessi o alla propria strategia politica, producono la realtà del crimine. In questo processo gli unici che rimangono incastrati nella rete del controllo, gli unici ad essere additati come colpevoli e a finire quindi nelle maglie della giustizia e in carcere, sono le vittime o comunque i soggetti più deboli, prostitute, tossicodipendenti, stranieri, delinquenti occasionali, giovani privi di risorse. Non esiste una criminalità altro da noi da cui difendersi e di cui avere paura, ed è per questo che il libro si conclude con un invito, quello di non guardare più al crimine cercando di illuminare i bassifondi o guardando la società dal disotto, ma piuttosto, guardandola dal suo interno. L'inaugurazione dell'anno giudiziario 2004, di Patrizio Gonnella
La fase esecutiva della pena è caratterizzata dall’assenza di una visione d’insieme e di una progettualità complessiva. È quanto affermato dal Procuratore generale Francesco Favara nella sua relazione introduttiva all’anno giudiziario, e come si può dargli torto. L’ordinamento penitenziario negli ultimi 5 anni ha subito molte modifiche, non tutte nello stesso segno e non tutte apprezzate allo stesso modo dal Procuratore generale. Da un lato vi è stata una estensione applicativa del regime duro previsto dall’articolo 41 bis, dall’altro l’allargamento dei limiti di concedibilità della liberazione anticipata, da una parte l’esclusione dai benefici premiali per alcuni reati, dall’altra la concessione più rapida della liberazione anticipata affidata all’organo monocratico. Si tratta di provvedimenti legislativi che rispondono a filosofie di fondo non coincidenti, in parte restringono e in parte allargano le maglie dell’ordinamento penitenziario. Il Procuratore Generale parla di leggi-tampone, le quali producono una sorta di effetto fisarmonica al sistema penitenziario, provocando sconcerto tra gli operatori -direttori, educatori, poliziotti, magistrati di sorveglianza- i quali perdono di vista gli obiettivi finali del loro lavoro. I 13.423 procedimenti pendenti davanti ai circa 200 magistrati di sorveglianza sono definiti “intollerabili” e costituiscono appunto il segno di un affaticamento dell’intero sistema, che negli ultimi mesi, ha subito, tra l’altro, l’ulteriore aggravio di lavoro prodotto dall’indultino, senza che questo abbia, al momento, svuotato le carceri. I giudici di sorveglianza sono sempre più i giudici in concreto della pena, coloro i quali decidono la effettiva quantità di anni di galera da scontare. Nel corso del tempo il numero dei detenuti in misura alternativa si è progressivamente espanso, sino agli attuali 40 mila soggetti che scontano una pena, in parte, o del tutto, fuori dal carcere. Il Procuratore Generale, inoltre, attenua gli allarmi sulla sicurezza. Le misure alternative funzionano. Le revoche o le fughe dai permessi premio sono al di sotto dell’1%, ossia al limite “dell’irrilevanza statistica”. L’espansione dell’area penale esterna non ha ridotto il sovraffollamento carcerario. Oggi, dopo i primi mesi di applicazione della legge sull’indultino, i detenuti sono circa 55 mila contro i 56.403 del 30 giugno 2002. La capacità regolamentare massima è di 42 mila posti letto. Ciò significa che ancora vi sono 13 mila detenuti in più rispetto alle potenzialità ricettive del nostro sistema penitenziario. Il sovraffollamento riduce la qualità della vita in carcere. Seppur non dimostrabile, un nesso con gli atti di autolesionismo e i suicidi è comunque evidente. Il Procurate Generale ne cita 83 nel periodo che va dal 1° gennaio 2002 al 30 settembre 2003, ma soprattutto lamenta l’assenza di dati precisi. Solo nell’ultima settimana ci sono stati altri 3 morti in carcere, uno a Napoli, uno a Roma e uno a Gorgona (omicidio). Qualche giorno prima si era ammazzato un ragazzino rumeno di 16 anni a Casal del Marmo a Roma. Gli extracomunitari sono circa il 30% della popolazione detenuta. I tossicodipendenti sono il 27%. I delitti per cui si va maggiormente in prigione sono il furto e la violazione della normativa sugli stupefacenti –rispettivamente 36.996 e 21.286 condanne nel 2002. Le condanne per omicidio sono state, nello stesso arco temporale, 1.118, in crescita rispetto agli anni precedenti, al pari delle lesioni personali volontarie. Infine, il Procuratore Francesco Favara valuta positivamente la riduzione percentuale del numero degli imputati in carcere in custodia cautelare. I detenuti condannati definitivamente sono 34.695. Nonostante ciò l’Italia resta il paese che usa con più disinvoltura nel vecchio continente la carcerazione preventiva. Presentato il bilancio del "Progetto Or.f.eo", a cura di di Licia Roselli
Nel mese di dicembre è stato presentato a Milano il bilancio del progetto Orientamento, formazione ed occupazione detenuti (Or.f.eo). Si tratta di un insieme di azioni – incontri di gruppo, colloqui individuali - interne ed esterne ai luoghi di detenzione, che puntano a qualificare o riqualificare professionalmente chi sta scontando una pena. L’iniziativa, proposta dalla Provincia di Milano con alcune associazioni, tra cui l’Agenzia di Solidarietà per il Lavoro (AgeSoL), in un anno di attività ha raggiunto circa mille tra detenuti, ex detenuti e persone soggette a vincoli della libertà, su una popolazione carceraria complessiva -negli istituti di Opera, San Vittore, Bollate, Monza, Beccaria e Centro Giustizia Minorile- di quasi 4.500 individui. Visti i risultati positivi, il progetto è stato rinnovato per il 2004, con il nome di Or.f.eo 2, e ad esso si affianca “Euridice”, per sensibilizzare le imprese al problema del lavoro per ex-detenuti. Il fatto che si sperimentassero nuove modalità di finanziamento e nuove forme di approccio ha inciso molto nella fase di avvio. Ciononostante, Or.f.eo ha dato buoni risultati -come dimostrano la tenuta del progetto e le assunzioni- gli operatori hanno soddisfatto appieno le aspettative e i fruitori hanno iniziato una vera rivisitazione del sé in percorsi leciti. L’Agenzia di Solidarietà per il Lavoro AgeSoL onlus, di cui fanno parte tra l’altro Caritas Ambrosiana, Api, LegaCoop, CGIL CISL UIL e Gruppo di lavoro San Vittore, è nata nel ’98 per favorire l'inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti nella società produttiva, facilitare la realizzazione d’attività lavorative all'interno del carcere e sviluppare l'istruzione e la preparazione professionale in previsione di un lavoro esterno. Qui di seguito il bilancio del "Progetto Or.f.eo".
Popolazione carceraria
Il progetto si rivolge ai detenuti, agli ex detenuti, alle persone soggette a vincoli della libertà prevalentemente di sesso maschile adulti, e ai minorenni dell'Istituto Penitenziario Minorile Beccaria e del Centro Giustizia Minorile segnalati dagli operatori. Al 25/11/2003, la popolazione carceraria nella provincia milanese si componeva come segue:
Circa la metà delle 4.498 persone detenute nelle carceri sono attualmente in attesa di giudizio: in ragione del loro stato precario, non è possibile iniziare con loro alcun percorso di accompagnamento a medio termine.
Attività
Le modalità di azione del progetto possono essere raggruppate in tre aree di intervento:
Azioni interne agli istituti di pena: incontri di informazione orientativa, colloqui di accoglienza, formazione orientativa di gruppo, determinazione di un bilancio attitudinale personale, colloqui orientativi e motivazionali. Vengono proposte ai detenuti durante il loro periodo di reclusione dagli operatori qualificati. La fruizione di questi servizi è stata la seguente:
Azioni esterne: percorsi di integrazione sociale, di conoscenza del mondo del lavoro locale e delle sue esigenze, tutoraggio all’inserimento lavorativo in cooperative sociali e aziende private. Sono le iniziative svolte al di fuori degli istituti carcerari, per collegare la realtà lavorativa a quella della detenzione. L’interfaccia tra "dentro" e "fuori", per gli adulti è lo Sportello Esterno, punto di contatto tra operatori, richiesta e offerta di impiego. Ricadono in questa categoria le iniziative di inserimento lavorativo vere e proprie.
Lo sportello di orientamento esterno ha raggiunto un totale di 199 persone adulte. Sono stati coinvolti in percorsi di formazione/orientamento/tutoraggio e inserimento lavorativo 24 giovani.
Attività di rafforzamento del sistema: informazione orientativa rivolta ai familiari (per un totale di 14 ore di servizio erogate), formazione rivolta agli operatori del progetto e del sistema carcerario (24 ore di servizio erogate). L’obiettivo è creare le precondizioni ad un sostegno che continui oltre il termine del progetto.
Incidenza dei raggiunti e assunzioni
In media, il progetto ha potuto avvicinare circa un detenuto su cinque, tra quanti stavano scontando la propria pena negli istituti di riferimento:
I progetti di tutoraggio hanno portato ad un numero di inserimenti lavorativi pari, in valore numerico, a 70 unità, tra cui 23 stranieri e 16 minori o giovani adulti.
Sul totale di 356 contattati dalle azioni di orientamento/inserimento lavorativo, l’incidenza di assunti arriva quindi circa al 20%, 37 detenuti adulti e 6 giovani sono mantengono il posto di lavoro dopo il periodo di inserimento lavorativo "accompagnato" dal progetto. Dei rimanenti, 17 adulti attraversano attualmente una fase di definizione contrattuale assistita dal progetto. Per quanto riguarda i giovani stanno proseguendo nel percorso di qualificazione professionale.
Considerazioni finali
In sintesi il progetto Or.f.eo ha potuto raggiungere circa un quinto dei detenuti negli istituti milanesi, trovando un impiego duraturo al 3,5% della popolazione maschile complessiva. Il più grande ostacolo al lavoro degli operatori è stata la rigidità dei meccanismi e delle procedure, che ha reso più difficili i contatti e lo svolgimento dei processi di inserimento.
Per l’anno 2004, visti i risultati significativi, il progetto è stato riproposto grazie a un contributo provinciale con il nome di Or.f.eo 2. Oltre a proseguire l’accompagnamento dei soggetti avvicinati da Orfeo, il nuovo progetto sarà allargato a nuovi beneficiari. Confinizero, a cura delle Associazioni "Contro la legge Fini sulle droghe e contro le politiche proibizioniste"
Antigone è una delle associazioni che hanno dato vita al cartello "Contro la legge Fini sulle droghe e contro le politiche proibizioniste". La tutela dei diritti e delle libertà di scelta impone la mobilitazione dei più ampi settori della società civile, degli operatori, dei consumatori di sostanze e di tutti quelli convinti che sia ora necessario attivarsi per dire no al disegno di legge sulle droghe firmato da Fini. Un'orchestrazione repressiva che mette in discussione la facoltà di ogni individuo ad autodeterminare la propria esistenza e rappresenta un ulteriore strumento attraverso cui si spiana la strada alla frenetica maratona repressiva attuata da questo governo. Dietro la legge appare chiara una più generale volontà di vietare e punire, prima ancora del consumo, il comportamento e lo stile di vita di una cospicua parte della popolazione. Il concetto da cui prende forma questo decreto, ovvero la criminalizzazione del consumatore, la messa in discussione della sua libertà di scelta, ma anche di cura, calpesta il referendum popolare del '93 che già 10 anni fa, aveva sancito la non punibilità penale del consumo. Segue poi l'abolizione della distinzione tra droghe leggere e pesanti; un'ulteriore modifica in linea con la precedente che getta in un unico calderone tutte le sostanze, alimentando la propaganda terroristica della tolleranza zero. Il disegno di legge svilisce il ruolo del servizio pubblico, scatenando una competitività sfrenata tra strutture pubbliche e private, umiliando e mortificando il lavoro e l'esperienza di chi, come gli operatori dei Ser.T. e delle unità di strada, attraverso le strategie della riduzione del danno, limita gli effetti negativi dovuti al mercato nero e all'abuso di sostanze. Rispetto a metodi alternativi e alle sperimentazioni in atto negli altri paesi europei, invece di promuovere i servizi orientati a pratiche non coercitive, questa legge si basa su pericolose falsità antiscientifiche: la marijuana rende schizofrenici, non ha effetti terapeutici, il metadone nuoce ai tossicodipendenti. Già a causa dell'attuale legge quasi il 40% della popolazione carceraria è detenuta per reati connessi alle droghe; se questa legge trovasse applicazione, sarebbero gravemente inasprite le vessatorie sanzioni amministrative che limitano le libertà personali. Una legge che metterebbe in galera altre decine di migliaia di persone che fumano marijuana o che ne assimilano il principio attivo per uso terapeutico, aggravando così ulteriormente la già vergognosa condizione di sovraffollamento delle carceri e ignorando l'imminente necessità di attuare misure alternative alla detenzione per i tossicodipendenti. Una legge che fa comodo ai narcotrafficanti che si arricchiscono col proibizionismo, mentre sulla scia dell'ennesima caccia alle streghe, i governi muovono guerre globali sventolando anche il vessillo della "war on drugs" planetaria. Recuperando innanzitutto i concetti di riduzione del danno, di promozione della salute e di corretta informazione, distinguendo tra consumo, abuso e dipendenza, rifiutiamo con forza lo strumentalismo repressivo veicolato da questa legge e rivendichiamo una politica alternativa sulle droghe che vada oltre anche l'attuale legislazione. Per la completa depenalizzazione del consumo. Per il rafforzamento delle pratiche di riduzione del danno. Giusto o sbagliato non può essere reato! Le iniziative di Antigone, a cura di Nunzia Bossa
Domenica 1 febbraio 2004 a Roma si terrà l’Assemblea Nazionale delle associazioni che partecipano al cartello contro il ddl Fini, a partire dalle ore 11.30 presso il Csoa Forte Predestino; mentre sabato 21 febbraio, sempre a Roma, ci sarà una manifestazione nazionale. Antigone e Medici contro la tortura organizzano due seminari tenuti da Mauro Palma, componente di nomina italiana del Comitato per la prevenzione della tortura (CPT), nonché presidente onorario di Antigone. Gli incontri sono previsti per lunedì 23 febbraio e lunedì 22 marzo 2004 presso la Sala Blu dell’Assessorato alle Politiche per le Periferie, per lo Sviluppo Locale, per il Lavoro del Comune di Roma in Lungotevere de’ Cenci, 5, secondo piano dalle ore 17.30 alle 20.00; saranno intitolati, rispettivamente: L’impunità, la tortura e i torturatori nell’Europa vista dal Comitato di Strasburgo e Il profilo della vittima di tortura in Europa. Venerdì 12 marzo 2004 Antigone, Comune di Roma, Amnesty International e Istituto dell’ Enciclopedia Italiana organizzano un incontro internazionale sul nuovo Protocollo delle Nazioni Unite alla Convenzione contro la tortura. Il convegno si terrà presso l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana in Piazza dell’Enciclopedia Italiana a Roma dalle ore 15.30 alle 20.00.
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