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Newsletter numero 23 dell'Associazione "Antigone" a cura di Nunzia Bossa e Patrizio Gonnella
L’Editoriale: A volte (spesso) ritornano, di Patrizio Gonnella
Ritornano le leggi speciali o di emergenza che dir si voglia. Estensione dei colloqui investigativi, fermo di polizia portato a 24 ore, introduzione della figura dell’immigrato pentito, controlli a tappeto di e-mail e telefonate, aumento di pene e arresto obbligatorio per alcuni reati (false generalità). Se non è legge speciale questa...Nel dibattito al Senato c’è chi ha detto che non appena finirà questo brutto periodo verranno ripristinate le regole ordinarie, implicitamente ammettendo la straordinarietà di quelle votate a Palazzo Madama. Il dibattito non è stato un dibattito che rimarrà nella storia parlamentare di questo Paese. I rapporti tra stato di diritto e stato di eccezione, tra libertà personale e sicurezza collettiva, tra diritto penale ordinario e diritto penale d’urgenza non sono stati minimamente indagati. Esiste un nucleo invalicabile e insopprimibile di diritti e libertà che devono essere sottratti al gioco contingente della politica. I diritti fondamentali non sono oggetto di dibattito. Lo stato di eccezione è un paradosso. Il diritto penale d’urgenza è l’esatto contrario del diritto penale liberale. Non siamo ingenui illuministi o garantisti utopici. La vita delle persone, a partire da quelle messe a rischio dal terrorismo, è quella che più ci interessa. Solo che per proteggere quella vita non è necessario, anzi è all’opposto pericoloso, andare a intaccare la vita di altre persone, presunte innocenti. Immagino che chiunque sia disposto ad aprire una volta in più una valigia pur di non saltare in aria. Non è qui il problema. Il problema è difendere l’idea di uno stato capace con le regole ordinarie di difendersi da chiunque attenti alla vita democratica e alle vite umane. A furia di piccole erosioni si arriva a cancellare il sistema delle libertà costituzionali. Brutto periodo quello che stiamo vivendo. Da un lato con le norme sulla recidiva si apre una fase di internamento di massa per gli espulsi dal welfare, dall’altro si abbassa per tutti la soglia della propria libertà. Tutto questo è accaduto in pochi giorni. La mannaia repressiva rivolta contro i soliti clienti delle galere italiane (tossicodipendenti e immigrati) nulla ha a che fare con la lotta al terrorismo; o meglio un link esiste. Con la ex Cirielli si andrà a indebolire ulteriormente quel già esile senso di fiducia che chi viene da paesi lontano ha nei confronti della gente e delle istituzioni nostrane. La dolcezza delle pene, un linguaggio accogliente, il buon senso al governo sono le componenti essenziali di una ricetta equilibrata capace di evitare pericolose tracimazioni verso un sistema circolare di violenza.
Il vaso di Pandora, a cura del Coordinamento Osservatorio Nazionale
Continua la nuova rubrica degli Osservatori regionali di Antigone, che abbiamo chiamato Il vaso di Pandora in continuità con la rubrica di Fuoriluogo (supplemento mensile a Il Manifesto) gestita dal nostro Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione in Italia. Oltre a un utile momento di scambio di informazioni ed esperienze, auspichiamo che questo spazio possa costituire un punto di contatto tra l’associazione e il territorio. Invitiamo chiunque abbia segnalazioni da fare a scrivere agli Osservatori locali agli indirizzi che trovate di volta in volta indicati. Questo mese la parola va all’Osservatorio lombardo.
L’Osservatorio regionale della Lombardia, di Alessandra Naldi
Al 31 dicembre 2004 le persone recluse nelle diciotto carceri lombarde erano 8.043, di cui ben 3.435 nei soli tre istituti della città di Milano: San Vittore, Opera e Bollate; è per questo che l’Osservatorio regionale lombardo sulle condizioni di detenzione ha scelto di iniziare le proprie attività di quest’anno con la visita ai tre istituti milanesi e, più in generale, con un’attenzione alla situazione penale e penitenziaria della città. I tre istituti penitenziari milanesi, nella loro diversità, costituiscono un valido esempio della varietà e complessità dell’intero sistema carcerario nazionale, sotto tanti punti di vista: dalle caratteristiche strutturali degli istituti alla composizione della popolazione detenuta, alle modalità di direzione e gestione delle attività trattamentali e della disciplina interna nei singoli istituti. La casa circondariale di San Vittore è uno dei principali esempi italiani di carcere classico: struttura imponente, costruita nell’ottocento secondo i canoni del panopticon benhtamiano e collocata all’interno del tessuto urbano, tanto che da anni si parla di un suo spostamento per utilizzare in maniera ben più redditizia un’area così centrale e appetibile della città; è stata più volte definita un vero e proprio ‘quartierè cittadino, non solo per la quantità di persone che vivono e lavorano in essa (tra i 1.200 e i 1.500 detenuti e detenute e più di mille agenti di polizia penitenziaria, di cui molti alloggiati nella caserma interna) ma anche perché ogni giorno è visitata da una marea di operatori, avvocati, volontari che, molto più che altrove, vivificano il legame tra il carcere e la comunità esterna. San Vittore è anche un esempio evidente dei paradossi che segnano il carcere moderno, il suo ruolo e le sue funzioni: luogo di rieducazione e trattamento per una parte della popolazione detenuta, come nel ‘fiore all’occhiello’ del terzo raggio (sezione recentemente ristrutturata, rispettando quanto più possibile le indicazioni del nuovo Regolamento di esecuzione, riservata esclusivamente a detenuti coinvolti in attività lavorative, scolastico - formative o in progetti sperimentali di trattamento avanzato delle tossicodipendenze); ma anche luogo di segregazione e vera e propria discarica sociale per i nuovi esclusi, prevalentemente cittadini stranieri accusati di reati minori o spesso solo del mancato rispetto della legge sull’immigrazione, per cui la detenzione è anche sovraffollamento, condizioni igieniche decisamente precarie e assoluta mancanza di interventi di trattamento e spesso anche di sostegno individuale. D’altronde San Vittore è un carcere in cui, stando ai dati raccolti al momento della visita dell’Osservatorio (maggio 2005), si registrano mediamente 35/40 ingressi al giorno, che vanificano di fatto gli sforzi delle strutture locali dell’Amministrazione penitenziaria per rendere più accettabili le condizioni di vita interne all’istituto e di ridurne il sovraffollamento attraverso una politica di continui sfollamenti (in media in questo periodo si riescono a spostare circa 90/100 persone alla settimana, indirizzate soprattutto verso il nuovo istituto di Milano-Bollate). Ben diversa è la situazione delle due case di reclusione milanesi, Opera e Bollate. Entrambi istituti di recente costruzione (Opera è una delle ‘carceri d’oro’ degli anni ‘80; Bollate è stato inaugurato, dopo un lunghissimo iter di progettazione ed edificazione, alla fine del 2000), rispondono alla logica di decentrare le istituzioni totali in aree periferiche e marginali della città; la povertà del territorio in cui entrambi gli istituti sono stati collocati si traduce così non solo in scomodità per gli operatori e per i parenti che si recano ai colloqui, ma anche in una maggiore difficoltà a costruire e mantenere relazioni tra l’interno del carcere e la comunità esterna. Come tutte le case di reclusione, soffrono molto meno le condizioni di sovraffollamento e di precarietà in cui versa il sistema penitenziario italiano e, anche dal punto di vista della vivibilità all’interno, mostrano una situazione decisamente migliore di quanto registrato a San Vittore. Ma le analogie tra i due istituti si fermano qui, a dimostrare come le differenze nella gestione di ogni singolo istituto possono tradursi in situazioni diametralmente opposte per le persone recluse. A Opera, a parte i detenuti coinvolti nelle attività lavorative (che sono circa 400 su circa 1.400 detenuti, ma solo 80 di essi sono impiegati in lavorazioni non di tipo domestico), i pochi che frequentano le attività formative e scolastiche (un tempo fiore all’occhiello di questo istituto, con una sezione intera di scuola superiore oltre ai normali corsi di scuola dell’obbligo e di alfabetizzazione per stranieri), i semiliberi e i detenuti in ciò che rimane della sezione di custodia attenuata (fino a pochi mesi fa una vera e propria sezione staccata, ora soltanto un piano di una sezione interna), per la maggioranza della popolazione detenuta vige un regime chiuso, con scarsissime occasioni per uscire dalla propria cella al di fuori delle ore d’aria e con un’offerta di attività trattamentali, culturali e ricreative decisamente insufficiente. Ad eccezione del "Free Opera", la squadra di calcio di detenuti che ha ottenuto l’autorizzazione di partecipare al campionato di calcio regolare conseguendo ottimi risultati dal punto di vista sportivo ma, come ci è stato segnalato da diverse persone che operano all’interno dell’istituto, distogliendo risorse per tutte le altre attività e creando percorsi privilegiati per i detenuti-calciatori (la partecipazione alla squadra di calcio, infatti, non risulta vincolata a precisi criteri dettati dalla pena o dal trattamento, ma prevalentemente è il frutto di una selezione per qualità fisiche e meriti sportivi). Nel carcere di Bollate, invece, l’impostazione è radicalmente opposta: le celle di giorno sono sempre aperte, non solo per i detenuti coinvolti nel progetto sperimentale con cui era stato aperto questo istituto (originariamente infatti a Bollate dovevano essere indirizzati solo detenuti definitivi coinvolti in attività lavorative e con un progetto trattamentale già ben avviato) ma anche per i detenuti - prevalentemente stranieri - della seconda e della quarta sezione, dove cioè sono ubicati i "frutti degli sfollamenti" di San Vittore; inoltre la direzione cerca di rendere quanto più possibile e di incentivare la partecipazione dei detenuti ad attività di ogni genere anche cercando la collaborazione della comunità esterna. Per contattare l’Osservatorio regionale della Lombardia scrivete a: osservatoriolombardia@associazioneantigone.it
Osservatorio Parlamentare, a cura di Francesca D’Elia
Slitta il parere della Commissione Bilancio sul ddl Fini
Da oltre un mese l’iter del provvedimento nelle Commissioni congiunte Giustizia e Sanità è bloccato dall’attesa delle valutazioni della Bilancio sull’adeguata copertura finanziaria di alcuni articoli del testo. Infatti, il relatore di maggioranza aveva sottolineato la necessità di chiarimenti in merito ed il sottosegretario all’economia e finanze, l’on. Armosino, si era riservata di dare le risposte con una relazione tecnica. È quindi praticamente impossibile che prima della sospensione dei lavori per le ferie estive le commissioni competenti possano riprendere i lavori sul ddl, valutando i numerosissimi emendamenti proposti dai gruppi di opposizione, che in parte saranno presi in considerazione dai relatori di maggioranza. In particolare, l’esame di merito dovrebbe proseguire non prima della seconda metà di settembre e, dunque, appare impossibile giungere al definitivo varo della legge di riforma del testo unico del 1990 entro la legislatura: il confronto in Aula sul ddl Fini non potrà svolgersi prima di ottobre, cioè quando Senato e Camera saranno impegnati nella sessione di bilancio; inoltre, il testo varato dai senatori dovrà poi essere discusso dai deputati in prossimità della campagna elettorale per le politiche.
Interrogazione del Prc alla Camera sull’effettiva applicazione del nuovo regolamento penitenziario
L’on. Giuliano Pisapia - capogruppo di Rifondazione Comunista in Commissione Giustizia, nonché ex Presidente del "Comitato Carceri" della Camera dei Deputati- ha presentato un’interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia ai fini di una verifica rispetto alle ristrutturazioni espressamente richieste dal regolamento penitenziario del 2000 e che, in particolare, avrebbero dovuto essere effettuate entro il 2005. Trattasi di interventi strutturali assolutamente necessari ed urgenti, e sui quali in realtà non si hanno informazioni specifiche; in particolare, erano stati imposti - rispetto agli istituti di pena già esistenti, senza alcun riferimento quindi a nuove strutture carcerarie - in relazione a fondamentali diritti dei detenuti (in materia ad es. di servizi igienici, cucine, locali per il vitto e spazi aperti per i colloqui). Si attendono i dovuti chiarimenti rispetto all’effettiva realizzazione di tali ristrutturazioni.
Modifiche alla Camera sui cd. "Reati di opinione"
In data 6 luglio, la Camera dei Deputati ha licenziato un testo che rivede le norme sui cd. "Reati di opinione", in particolare eliminando o riducendo la pena detentiva per molte fattispecie punite finora in base alle severe regole del codice Rocco. Il testo è stato approvato con 227 sì, 166 no e 23 astenuti. A favore ha votato la Casa delle Libertà; si sono astenuti i Verdi ed il Prc mentre contro ha votato la Fed. Ora passa al Senato il testo che inoltre cancella dal codice penale reati quali l’attività antinazionale all’estero e l’apologia sovversiva antinazionale. In particolare, nessuno potrà più essere perseguito per aver criticato il capo dello Stato, attribuendogli la responsabilità di misure prese dal governo. Per altri reati, come il vilipendio alla bandiera, la punizione non sarà più il carcere, ma il pagamento di una multa, che nel caso specifico potrà arrivare a 10mila euro se l’offesa al tricolore avviene durante una cerimonia pubblica. Viene inoltre punito, ma con un’ammenda minore, anche chi offende la bandiera di uno Stato estero. Il carcere resta invece per tutti i casi dove alle parole si accompagni la condotta violenta: ma anche in quei casi il carico viene "alleggerito": scompare, ad esempio, l’ergastolo per gli attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità della nazione, che saranno puniti con un massimo di dieci anni di reclusione.
Approvata la riforma dell’ordinamento giudiziario, Ciampi la firma: è legge.
In data 20 luglio, la Camera ha approvato, dopo il voto di fiducia, la riforma dell’ordinamento giudiziario; il testo è tornato quindi all’esame del Quirinale, dopo che la prima versione era stata rinviata al Parlamento a dicembre dal Presidente Ciampi, il quale l’ha invece definitivamente firmato il 26 luglio: è legge. Sul testo erano state anche presentate 5 pregiudiziali dall’Unione per bloccare l’esame del provvedimento, poi bocciate. Questi i punti salienti della riforma: Separazione delle funzioni - Il concorso per entrare in magistratura resta unico, ma dopo 5 anni di servizio il magistrato dovrà scegliere se fare il Pm o il giudice. Per cambiare funzione dovrà sostenere un esame orale, frequentare un corso di formazione presso la Scuola della magistratura e ottenere una valutazione positiva. Ma soprattutto dovrà cambiare distretto giudiziario. La scelta poi diventa irrevocabile. Prima delle prove scritte e orali, il candidato dovrà indicare nella domanda, pena l’inammissibilità, se preferisce la funzione di giudice o di Pm. Colloquio psico-attitudinale - Nel primo testo della Camera, si parlava di "test psico-attitudinale"; poi si è preferita la versione soft di "colloquio di idoneità psico-attitudinale". Si prevede che l’aspirante ‘magistrato sia valutato anche da un punto di vista psicologico durante le prove orali. Sistema dei concorsi - Per fare carriera velocemente il magistrato dovrà affrontare concorsi per titoli ed esami. La prova dovrà riguardare la soluzione di un caso pratico. Accogliendo uno dei rilievi di Ciampi, il Senato ha stabilito che sull’esito dei concorsi il Csm avrà sempre l’ultima parola. Norma "anti-Caselli" - Approvando un emendamento del senatore di An Bobbio il Senato ha cambiato alcune regole sui limiti di età per il passaggio agli incarichi direttivi. Nei confronti di Caselli, viene quindi "stoppata" la possibilità di essere nominato capo della procura nazionale antimafia. Organizzazione delle procure - Solo il procuratore capo è titolare esclusivo dell’azione penale: gli atti che incidono sulla libertà personale devono essere assunti con il suo preventivo consenso. Questo è un aspetto del provvedimento sul quale è stata presentata una pregiudiziale di costituzionalità firmata dall’Unione - primo firmatario l’on. Pisapia - per contrasto con l’art. 112 (principio dell’ obbligatorietà dell’azione penale) e art. 3 (uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge). Scuola della magistratura - Ha il compito di gestire la formazione degli uditori giudiziari; organizzare i corsi di aggiornamento professionale; valutare la professionalità dei magistrati; promuovere iniziative di studio e ricerca. I corsi e gli esami della nuova scuola serviranno solo a concedere una idoneità, ma la decisione finale sulle carriere dei magistrati spetterà sempre al Csm: è questo uno dei punti modificati dal Senato per rispondere ai rilievi di Ciampi. Azione disciplinare - Diventa obbligatoria. Nella riforma si indicano tutte le infrazioni dei magistrati che faranno scattare il procedimento: dall’iscrizione ai partiti o ai movimenti politici, fino al rilasciare dichiarazioni o interviste. L’azione disciplinare è esercitata dal procuratore generale presso la Cassazione entro un anno dalla notizia del fatto. Può essere promossa anche dal ministro della Giustizia. Le nomine - Venendo in parte incontro ai rilievi di Ciampi, il Senato aveva eliminato il potere del ministro di impugnare davanti al Tar le delibere del Csm sugli incarichi dei magistrati: tale potere resta solo nei casi in cui i conferimenti di incarichi da parte del Csm presentino vizi di legittimità. Relazione del ministro alle camere - Anche questo punto è stato cambiato in seguito al rinvio di Ciampi. Nella relazione, il ministro non potrà più indicare le linee di politica giudiziaria, presentare le leggi e le riforme che il governo intende far approvare dalle Camere. Sempre su sollecitazione di Ciampi è stato cancellato l’ufficio per il monitoraggio dell’attività dei Pm. Incarichi extragiudiziari - Più pubblicità per gli incarichi extragiudiziari dei magistrati. Ogni sei mesi, sarà reso noto un elenco degli incarichi autorizzati dal Csm; saranno indicati l’ente che conferisce l’incarico e l’eventuale compenso percepito.
Mai più CPT, di Gennaro Santoro
Il disegno di legge presentato il 21 Luglio alla Camera dei Deputati concernente modifiche al Testo Unico sull’immigrazione, primo firmatario Giuliano Pisapia del PRC (gli altri firmatari sono: On. Mauro Bulgarelli, On. Carlo Leoni, On. Marco Boato, On. Paolo Cento, On. Elettra Deiana, On. Pietro Folena, On. Graziella Mascia, On. Maria Celeste Cardini, On. Gabriella Pistone, On. Ermete Realacci, On. Giovanni Russo Spena, On. Alba Sasso, On. Tiziana Valpiana, On. Katia Zanotti), parte dalla consapevolezza della necessità di un intervento legislativo che ridisegni in toto la disciplina che regola il fenomeno migratorio, abolendo in primis il postulato su cui poggia l’odierna concezione capitalista secondo cui i confini nazionali vengono meno per ciò che attiene la libera circolazione del capitale o delle merci, mentre per ciò che attiene la libera circolazione delle persone non comunitarie (compresa la loro forza lavoro) assumono le vesti di insormontabili fili spinati, carrette di mare speronate e inumani centri di detenzione. Bisognerebbe insomma abolire l’idea antiliberale (oltre che inconciliabile con una concezione di stato sociale di diritto) secondo cui l’ingresso legale del cittadino non comunitario è subordinato al c.d. contratto di soggiorno, ossia, all’incontro, a distanza, tra domanda ed offerta del lavoro e dunque all’attivazione della procedura di richiesta di autorizzazione al lavoro dal paese di provenienza e all’emanazione in suolo italico di decreti flussi sganciati dalle reali esigenze dell’economia nazionale. L’auspicio di una revisione globale dell’intera materia che permetta realmente di contrastare l’immigrazione c.d. clandestina e di integrare gli stranieri mediante politiche attive che superino definitivamente l’odierno ordinamento repressivo-criminalizzante (oltre che speciale, emergenziale ed extra-ordinem) cui è relegato il cittadino straniero non può però prescindere da un intervento urgente, e non più procrastinabile, sui CPT, veri e propri luoghi di privazione della libertà nei confronti di soggetti autori dell’illecito amministrativo (e non penale) dell’ingresso o della permanenza irregolare nel "Belpaese" (un tempo, luogo di emigrazione). Per questo ordine di motivi, e sulla base degli impegni assunti l’11 Luglio a Bari dalla società civile e dai governatori delle regioni italiane, l’associazione Antigone, con il sostegno di rappresentanti di tutte le forze dell’opposizione, ha pensato di proporre un disegno di legge che inizi ad intraprendere la strada del cambiamento e della ri-democratizzazione del paese partendo dall’abolizione di quella aberrazione giuridica nota con il nome di CPT. Il disegno di legge si prefigge di trasformare tali "non luoghi" in luoghi con la funzione (umanitaria) di prima accoglienza dei migranti appena giunti in Italia, piuttosto che centri di detenzione amministrativa coatta. Nello stesso tempo c’è l’esigenza di abrogare l’attuale procedura di espulsione/intimazione coatta (e criminalizzante) sostituendola con una nuova procedura interamente giurisdizionalizzata. In altre parole chi oggi - e fino a quando non vi sia una riforma organica della materia - è destinatario di un provvedimento di espulsione o allontanamento può eccepire l’illegittimità dello stesso innanzi al giudice ordinario (e non più il giudice di pace) e non potrà essere espulso fino a quando non intervenga la decisione dell’autorità giudiziaria. L’accoglimento del ricorso potrà avvenire anche nei casi in cui, pur essendo legittimo il provvedimento d’espulsione, l’interessato adduca ragionevoli motivi che giustificano il soggiorno regolare nel nostro paese (c.d. regolarizzazione permanente); nelle ipotesi di rigetto del ricorso, inoltre, il giudice potrà liberamente determinare il periodo di tempo di interdizione al rientro in Italia, venendo meno la regola secondo cui tale divieto operi di regola per un periodo di 10 anni o, eccezionalmente, per almeno 5 anni. A tutela dell’ordine pubblico e della effettività delle espulsioni legittime viene introdotta la misura della sorveglianza speciale - disposta dal questore con decreto motivato e sottoposta alla convalida del giudice entro 48 ore -, ossia, l’obbligo per chi è destinatario di un provvedimento espulsivo di dichiarare un domicilio dove dovrà rendersi reperibile in determinate ore del giorno; in via sussidiaria, ossia, per chi non abbia alcun luogo dove poter eleggere domicilio, quest’ultimo potrà essere eletto presso i Cpt. Naturalmente, vi dovrà essere l’impegno della società civile e degli enti locali per creare strutture idonee dove lo straniero senza dimora possa eleggere domicilio senza essere costretto a passare alcune ore della giornata in Cpt; ma la preoccupazione che, per dirla spiccia, il trattenimento nei Cpt esca dalla porta per entrare dalla finestra viene meno se si considera il vasto intervento (anche) nel campo dell’accoglienza già oggi esistente grazie all’impegno delle associazioni di settore che potrà essere finalmente essere sorretto dallo Stato e dagli enti locali: si consideri l’ingente somma di denaro che la finanza pubblica risparmierà una volta che verrà smantellata la logica custodiale sottesa ai Cpt (e si consideri come le risorse umane e finanziare delle forze dell’ordine - le prime a lamentarsi al riguardo - finalmente potranno essere destinate a problemi reali quali la lotta al terrorismo e alla criminalità). Allo stesso tempo si è pensato di creare un meccanismo premiale nei confronti dello straniero che si attenga alle prescrizioni impartite nel provvedimento che dispone la sorveglianza speciale, ossia, in caso di rigetto del ricorso e conseguente esecutività del provvedimento espulsivo, non solo non vale la regola del divieto di rientrare in Italia per almeno 5 anni ma anche non viene effettuata la segnalazione al SIS, in tal modo incoraggiando il rispetto delle prescrizioni impartite; nei confronti di chi si renda irreperibile può invece scattare l’arresto fino ad un mese, così come, nei confronti di chi rientri in Italia contravvenendo l’interdizione al rientro per un determinato periodo di tempo l’espulsione è immediatamente esecutiva. L’altra novità principale del Ddl è rappresentata, infine, dall’abrogazione del trattenimento dei richiedenti asilo in centri di identificazione o in Cpt. Per farla breve, non è concepibile che chi fugge da guerre o persecuzioni possa essere ingabbiato per via di fittizie traversie burocratiche e in beffa alla Convenzione di Ginevra che al suo art.31 dispone il divieto di sanzionare l’ingresso o la permanenza irregolare del richiedente asilo. Si riconosce che tale proposta possa risultare - oltre che parziale - a seconda di chi la vede, troppo permissiva o troppo restrittiva nei confronti degli odierni (e nostrani) "irregolari". Non è un caso che, nonostante la proposta abbia trovato l’approvazione di rappresentanti appartenenti a tutte le forze dell’opposizione, addirittura all’interno di rifondazione vi è chi la esalti e chi, pur condividendola, la consideri come una soluzione, per così dire, timida. Chi ha concepito tale disegno non sostiene l’immutabilità della proposta ma l’esatto contrario: in altre parole, si è ritenuto opportuno passare dalle dichiarazioni programmatiche scaturite dall’incontro del Levante a una bozza su cui lavorare insieme perché i diritti fondamentali dei migranti non siano relegati all’arbitrio del momentaneo Legislatore o alla sola prassi amministrativa e poliziesca. Il fine ultimo di questo Ddl è insomma quello di rescindere il tabù secondo il quale i Cpt sono un "male necessario" e l’alternativa sola è rappresentata da una proliferazione degli stessi in ogni regione italiana per evitare il sovraffollamento e l’inumanità di tali luoghi. Al contrario, riteniamo che le logiche della repressione e della criminalizzazione del migrante vadano estirpate alla radice istituendo un tavolo di lavoro che ripensi l’intero assetto normativo, e, al contempo, si adoperi immediatamente al fine di porre fine all’abnegazione del diritto e della democrazia edificata in gabbie etniche comunemente note al nome cipitì.
Parole in libertà, a cura di Nunzia Bossa
Hanno detto…
"Una legge può essere condivisa o meno, ma deve essere rispettata. Quindi il mio appello è rispettate il Parlamento" - Roberto Castelli, Ministro della Giustizia.
"La magistratura opera, non sciopera" - Roberto Calderoli, Ministro per le Riforme istituzionali.
"Lo sciopero delle toghe è politico e controriformista. A difesa di una corporazione e dei suoi privilegi. Una scelta grave, perché uno dei poteri dello Stato non dovrebbe scioperare contro lo Stato" - Isabella Bertolini, vice presidente dei deputati di Forza Italia.
"Lo sciopero dei magistrati, il quarto contro questo governo, evidenzia purtroppo ancora una volta il muro di gomma alzato dall’Anm contro qualsiasi forma di dialogo" - Jole Santelli, sottosegretario alla Giustizia.
"Di fronte allo sciopero dei magistrati, la prima cosa che dovremmo fare è quella di ringraziare le forze dell’ordine: loro non scioperano mai, tanto meno per ragioni politiche" - Lucio Malan (Forza Italia)
"I magistrati vogliono esercitare un duplice potere: quello giudiziario, quando rimane loro tempo fra convegni e scioperi e, indirettamente, quello legislativo facendo pressioni contro il Parlamento. Ditemi se questa non è eversione costituzionale" - Luigi Bobbio (AN).
"Esiste un problema di interferenza del Csm sul Parlamento sovrano, noi abbiamo il problema di riformare il bicameralismo, non certo quello di fare il ‘tricameralismo’ " - Marcello Pera, Presidente del Senato.
"Noto che nell’ultimo periodo vado sempre più d’accordo con Pera: non so se esserne contento o se preoccuparmene" - Rocco Buttiglione, Ministro dei Beni culturali.
"An si è battuta sin dall’inizio perché la riforma dell’ordinamento giudiziario non disattendesse le aspettative dei magistrati e quelle degli avvocati. Posso dire che grazie al nostro lavoro siamo di fronte a un testo equo, equilibrato, intermedio tra le due posizioni, in grado di rilanciare la giustizia in Italia. È equo, perché non soddisfa appieno gli avvocati e non soddisfa appieno i magistrati. Soddisfa invece i cittadini, che volevano fosse riformato un sistema antiquato" - Ignazio La Russa (AN)
"Bisogna essere ottimisti, l’Italia è un paese che vive nel benessere: parlo con i miei amici imprenditori e mi dicono che fanno utili e non licenziano, in classe di mio figlio i ragazzi hanno due telefonini a testa, le autostrade e i ristoranti sono pieni. Inoltre circolano molte più auto di lusso rispetto a prima. C’è da lavorare e da fare molto, ma non bisogna essere pessimisti, perché l’Italia è una paese che va" - Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio.
Antigone consiglia, a cura della Redazione
Ricordiamo ai nostri lettori l’uscita del nuovo libro di Stefano Anastasia e Patrizio Gonnella Patrie galere - Viaggio nell’Italia dietro le sbarre, Carocci editore. Le mura, le sbarre, la fatica di viverci e quella di lavorarci. Un viaggio nelle carceri italiane nell’epoca di una nuova grande trasformazione. Dall’immatricolazione all’uscita le ansie, le speranze, le storie di chi è costretto in galera in nome della legge e per conto di una società sofferente, che chiede alla pena e al carcere di essere rassicurata dalle paure che la tormentano. Patrie Galere è disponibile nelle migliori librerie.
Ricordiamo, ancora, che è uscito anche un nuovo volume della collana "I Quaderni di Antigone", dal titolo Europa. Carcere, penalità, lavoro, a cura di Alessandra Naldi, Sinnos Editrice. Il volume - secondo prodotto del lavoro di ricerca che l’Associazione Antigone ha svolto nell’ambito del Progetto Equal "Araba Fenice" - presenta i risultati di un’indagine transnazionale sulle legislazioni, gli strumenti esistenti e le prassi adottate nei paesi europei per favorire il reinserimento sociale delle persone sottoposte a misure penali, con un riferimento particolare alle indicazioni contenute nelle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa in materia di penalità e carcere. Il libro è disponibile presso la sede dell’Associazione, è possibile richiederlo contattando la segreteria di Antigone allo 065810299 o via mail scrivendo a associazione.antigone@tin.it
Le Iniziative di Antigone, a cura della Redazione
Sabato 3 settembre ore 15.00 nel quartiere Corviale a Roma si svolge la III edizione del Forum Sbilanciamoci: "L’impresa di un’economia diversa". Antigone promuove un seminario tematico dal titolo "Modelli di sviluppo urbano, sicurezza e diritti". Il Forum vedrà la partecipazione di esperti di sviluppo locale, amministratori, magistrati, operatori di polizia, sociologi ed urbanisti, e baserà la propria riflessione su queste esperienze per verificarne i risultati e tracciarne le prospettive di sviluppo. Intervengono: Massimiliano Bagaglini, Associazione Antigone; Mirella Di Giovine, Direttore del Dipartimento XIX del Comune di Roma ; Luigi Nieri, Assessore al Bilancio, programmazione economico-finanziaria e partecipazione della Regione Lazio; Aurelio Picca , scrittore
Sabato 10 settembre ore 21.00, Antigone, in collaborazione con il Festival del Cinema di Massenzio, presenta il film "Il silenzio dell’allodola" di David Ballerini (Italia 2005, 96’). Con Ivan Franek, Marco Baliani, Flavio Bucci, Anna Maria Gherardi, Pietro Ragusa, Augusto Zucchi. La proiezione si terrà presso la Basilica di Massenzio nella cornice dei Fori Imperiali a Roma. Domenica 25 settembre ore 21.30 Area Dibattiti, Festa nazionale di Liberazione, Via Ostiense, ex Mercati Generali "Carceri: un sistema fuori legge". Ne discutono: Carmen Bertolazzi, Patrizio Gonnella, Luigi Manconi, Sandro Margara, Giuliano Pisapia.
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