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Le modalità di iscrizione per il lavoro per i detenuti
Milano, novembre 2003
Con
il Decreto Legislativo 297/2002, che introduce modifiche alla disciplina del
collocamento ordinario, le liste ordinarie e speciali di collocamento sono state
soppresse, fatta eccezione per gli elenchi dei lavoratori in mobilità, per i
disabili e i lavoratori per lo spettacolo. I
modelli di comunicazione, il formato di trasmissione ed il sistema di
classificazione dei dati contenuti nella scheda anagrafica e nella scheda
professionale dei lavoratori, che costituiscono la base dei dati del sistema
informativo saranno forniti, successivamente, con un decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro per l’innovazione
e le tecnologie, d’intesa con la Conferenza Unificata. Fino all’adozione del
decreto si utilizzeranno i vecchi modelli. Pertanto
le Province devono predisporre interventi, strumenti ed operatori per procedere
all’interno degli Istituti penitenziari alla registrazione di disponibilità
al lavoro dei detenuti, (iob card), sia precedentemente iscritti al collocamento
sia per quelli che desiderano farlo. Le disponibilità al lavoro per i detenuti/e delle carceri milanesi e di Monza e le attività di orientamento vengono realizzate presso le carceri stesse, in seguito si rilascia la job card all’interessato/a. Si ricorda comunque che l’art. 19 della Legge 56/87 prevedeva: "I detenuti e gli internati hanno facoltà di iscriversi alle liste di collocamento, finché permane lo stato di detenzione e d’internamento sono esonerati dalla conferma dello stato di disoccupazione. Su richiesta del detenuto o dell’internato, la direzione dell’istituto penitenziario provvede a segnalare periodicamente lo stato di detenzione o d’internamento". Il Ministero del Lavoro, su quesito della C.R.I. della Lombardia del 11.599 "in materia di incidenza dell’effettuazione di lavoro domestico all’interno dell’istituto penitenziario sulla maturazione dell’anzianità di iscrizione alle liste di disoccupazione", in data 1.12.99 così rispondeva "si condivide la soluzione secondo cui, ricorrendone le condizioni, il lavoro svolto dal detenuto nell’istituzione carceraria, può consentire la maturazione dell’iscrizione nella lista di disoccupazione di lunga durata":
Gli strumenti di mediazione al lavoro
Le ASL e i Comuni hanno il compito di promuovere tutte le iniziative utili a realizzare progetti individualizzati di integrazione lavorativa. Gli strumenti che consentono di supportare ogni inserimento sono molteplici e possono essere modulati da parte dei Servizi Pubblici Territoriali, secondo le specifiche situazioni della persona e dell’azienda, questi servizi e recentemente anche i Servizi Privati convenzionati in raccordo con gli Uffici Educatori degli Istituti Penitenziari e con il C.S.S.A. Centro Servizio Sociale Adulti del Ministero della Giustizia, si occupano dei contatti con le aziende esterne, progettando i singoli percorsi di inserimento e fornendo il necessario supporto alla persona ed all’impresa. I principali strumenti sono: il tirocinio formativo, si tratta di uno stage di breve durata (un paio di mesi) che consente di verificare sul campo le competenze lavorative della persona e le capacità di adattamento alle regole della vita esterna. Non sono previsti corrispettivi economici ma solo le coperture assicurative; il tirocinio lavorativo, rappresenta una seconda tappa più avanzata di un percorso d inserimento: consente di apprendere, in azienda o cooperativa, competenze lavorative. La durata è variabile da un minimo di un mese ad un massimo di dodici mesi, durante il quale il tirocinante percepisce un contributo economico (€ 180/300) erogato dal Servizio e a carico del Fondo Regionale e dei Comuni; la borsa lavoro è finalizzata a costituire il rapporto di lavoro al termine del percorso di formazione in azienda. Può durare da tre a dodici mesi. Il borsista riceve un contributo (€ 250/400 mensili) sempre a carico della Regione e del Servizio, che in molti casi sono anticipati dall’impresa.
Si delineano le diverse tipologie di rapporto di lavoro carcerario che si possono così riassumere: il lavoro svolto all’interno dell’istituto alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria, cd. lavori domestici; il lavoro svolto all’interno dell’istituto alle dipendenze di terzi, cd. lavorazioni; il lavoro extramurario, svolto in regime di semilibertà o di lavoro all’esterno.
La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha accettato in pieno il carattere di specialità del lavoro carcerario, il quale, in quanto strumento per il recupero del detenuto è una modalità trattamentale, da valorizzare per i suoi scopi special-preventivi e rappresenta qualcosa di diverso dal lavoro dei non detenuti. Ma tale valutazione, per la Corte Costituzionale, è limitata al solo lavoro inframurario alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria. Infatti si deve intendere che il rapporto che viene a instaurarsi nel lavoro extramurario e anche nel lavoro svolto all’interno dell’istituto alle dipendenze di terzi, è disciplinato, nei suoi elementi essenziali, dal diritto comune.
Lavoro all’interno degli istituti penitenziari
Secondo l’art. 19 della Legge 56/87: Lo stato di detenzione o di internamento non costituisce causa di decadenza dal diritto all’indennità di disoccupazione ordinaria o speciale. Quando il lavoro a domicilio si svolge all’interno degli istituti penitenziari, il datore di lavoro versa alla direzione dell’istituto medesimo le somme dovute al lavoratore al netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti, dimostrando ad essa l’adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa, previdenziale ed infortunistica. Per il lavoro a domicilio svolto all’interno dell’istituto penitenziario (lavoro "domestico"), si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge sull’Ordinamento Penitenziario in materia di svolgimento di attività artigianali, intellettuali o artistiche per proprio conto." I detenuti che lavorano in carcere godono comunque degli stessi diritti e doveri dei lavoratori "liberi", in caso di contenzioso con il datore di lavoro sono garantiti tutti i diritti costituzionali davanti al Giudice del Lavoro.
Lavoro all’esterno degli istituti penitenziari
Lavoro all’esterno art. 21 O.P.:
"Nel caso in cui il lavoro sia svolto presso imprese private, l’O.P. prevede esplicitamente che "il lavoro deve svolgersi sotto il diretto controllo della Direzione dell’Istituto a cui il detenuto o l’internato è assegnato, la quale può avvalersi a tal fine del personale dipendente e del Servizio Sociale" (art. 21 O.P.). Al lavoro esterno sono equiparati, i corsi di formazione professionale tenuti all’esterno del carcere. È data la possibilità di accedere a questo tipo di attività lavorativa a tutti i detenuti e gli internati, quindi anche a coloro che sono in attesa di giudizio, ma devono essere rispettate una serie di rigorose disposizioni che attengono: all’orario di uscita, al tragitto per recarsi sul luogo di lavoro, ai mezzi di trasporto usati per i trasferimenti, alla sede del lavoro, alla pausa per il pranzo e all’esatta individuazione del luogo dove consumare il pasto, nonché all’orario di rientro nell’istituto di Pena. Il programma di ammissione al lavoro esterno è redatto dal Direttore dell’Istituto ed approvato dal Magistrato di Sorveglianza.
Semilibertà
"Consiste nella concessione al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dall’Istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale" (art. 48 O.P.). Possono essere ammessi a questo regime:
chi è stato condannato alla pena dell’arresto e della reclusione non superiore a 6 mesi, se il condannato non è stato affidato in prova ai Servizi Sociali; la persona con pena detentiva non superiore a tre anni, se mancano i presupposti per la concessione dell’affidamento in prova ai Servizi Sociali; il detenuto che abbia scontato almeno metà della pena.
Questo regime prevede una maggiore libertà di movimento rispetto all’ipotesi dell’art. 21 O.P., in quanto si considera unicamente il rispetto degli orari di uscita e di rientro negli Istituti, appositamente istituiti per ospitare i semiliberi, i quali possono così organizzare più autonomamente la propria giornata e i conseguenti spostamenti sul territorio. Affidamento in prova ai Servizi Sociali: è questa la misura alternativa al carcere che consente al condannato di usufruire di maggior libertà, con alcune restrizioni: di rientrare e uscire al/dal domicilio entro un orario predeterminato, di restare generalmente entro l’ambito provinciale e di avere colloqui periodici con gli operatori del C.S.S.A.
La Legge Smuraglia 193/2000 e successivi decreti attuativi
La
Legge n. 193/2000, cd. Smuraglia, ha dettato una nuova importante disciplina
mirante a favorire l’attività lavorativa dei detenuti. La legge Smuraglia si
può considerare costituita da "due leggi": l’una che ha inciso
sulla preesistente normativa in materia di Cooperative Sociali (Legge 381/91) e
l’altra che ha determinato una estensione delle agevolazioni contributive ed
ha introdotto sgravi fiscali. Accanto,
ci sono le norme della Legge Smuraglia "parte seconda" che sono
rivolte a soggetti del tutto diversi "imprese e aziende": si presume
venga utilizzato il termine "aziende" laddove si è voluto includere
anche il pubblico e "impresa" laddove il legislatore forse intende
solo il privato, purtroppo non esplicitando se in questo concetto d’ impresa
si ricomprendono anche le cooperative.
(*) Il beneficio spetta anche nei sei mesi successivi alla cessazione dello stato di detenzione
Tossicodipendenti e alcooldipendenti
Nel Testo Unico sugli stupefacenti: D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 è stata accorpata tutta la normativa in materia di stupefacenti. Sono
previsti interventi per agevolare i trattamenti terapeutici dei
tossicodipendenti autori di reato ed a non interrompere i percorsi riabilitativi
già in atto. L’art. 89 sancisce che non può essere disposta la custodia
cautelare in carcere salvo che sussistano esigenze di eccezionale rilevanza,
quando imputata è una persona tossicodipendente o alcooldipedente che abbia in
corso un programma terapeutico di recupero. Deve anche essere revocata la
custodia cautelare in carcere nei confronti del tossicodipendente o
alcooldipendente che intende sottoporsi a un programma terapeutico.
Con la normativa attuale, la cd. Legge Bossi-Fini, Legge 189/2002, il legislatore è intervenuto in modo radicale al fine di perseguire finalità di nuova disciplina di flussi migratori e di contrasto all’immigrazione clandestina, non si è in grado di suggerire modalità di comportamento omogenee e certe per quanto riguarda l’avviamento al lavoro di cittadini stranieri che abbiano avuto problemi con la giustizia o attualmente detenuti. Prima
della Bossi-Fini ai detenuti stranieri era corrisposto analogo trattamento
previsto per i detenuti di nazionalità Italiana (art. 21, O.P. semilibertà,
affidamento ai Servizi Sociali) in quanto prevaleva lo status di
"detenuto" rispetto a quello di "straniero", con le relative
regole di riferimento.
Il
periodo detentivo deve essere utilizzato per migliorare la professionalità, in
tutti gli Istituti Lombardi si svolgono corsi professionali, promossi dalle
Province e/o Enti specializzati. È indispensabile frequentare i corsi per conseguire la licenza media inferiore, titolo di studio richiesto per qualsivoglia tipo di lavoro. L’art.
21 O.P. prevede uscite dal carcere anche per stage e tirocini formativi.
Riforma dell’ordinamento penitenziario: Legge 26 luglio 1975 n. 354. Legge Gozzini: Legge 10 ottobre 1986 n. 663. Legge Simeone Saraceni: Legge 27 maggio 1998 n. 165. Nuovo Regolamento Penitenziario: DPR n. 30 giugno 2000 n. 230. Testo Unico sugli stupefacenti: D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.
Legge 8 marzo 2001 n. 40 Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e minori. Legge 12 luglio 1999 n. 231 Disposizioni in materia di esecuzione della pena, di misure di sicurezza e di misure cautelari nei confronti di soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave.
Legge 30 luglio 2002 n. 189 Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.
Norme sull’organizzazione del mercato del lavoro.
Legge Regionale 7 gennaio 1986 n. 1 Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali della regione Lombardia. Questa legge prevede apposite risorse per favorire l’inserimento lavorativo "mirato" di cittadini svantaggiati, fra i quali i detenuti e gli ex detenuti. Le ASL e i Comuni hanno il compito di promuovere tutte le iniziative utili a realizzare progetti individualizzati di integrazione lavorativa.
Legge Regionale 15 gennaio 1999 n. 1 Politiche regionali del lavoro e dei servizi per l’impiego. La Regione Lombardia ha inteso definire le competenze dei nuovi poteri locali in materia di lavoro e di servizi per l’impiego da attribuirsi concretamente alle Province. Fra le politiche attive del lavoro (art. 10) sono previsti specifici interventi per sostenere i soggetti appartenenti a categorie deboli, fra i quali l’erogazione di incentivi alle imprese per l’assunzione a tempo indeterminato di soggetti tossicodipendenti o alcooldipendenti che abbiano intrapreso un percorso terapeutico concordato con i servizi pubblici locali, di ex detenuti e detenuti ammessi al lavoro all’esterno nonché minorenni sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria.
Decreto Legislativo 23 dicembre 1997 n. 469 Conferimento alle Regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro" Il legislatore ha trasferito le funzioni di collocamento, alle Regioni e Province. Agli enti territoriali sono stati altresì affidati compiti di politica attiva del lavoro: collaborazione relativa all’elaborazione di progetti per l’occupazione di tossicodipendenti ed ex detenuti. Fra le innovazioni principali vi è il riconoscimento anche a soggetti privati, debitamente qualificati, attrezzati e autorizzati dal Ministero del Lavoro, della possibilità di svolgere attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro, segnando il superamento del monopolio pubblico del cosiddetto "collocamento".
Legge 8 novembre 1991 n. 381 Disciplina delle Cooperative Sociali.
Legge Smuraglia: Legge 22 giugno 2000 n. 193 Norme per favorire l’attività lavorativa dei detenuti.
Decreto del Ministero della Giustizia 9 novembre 2001 Sgravi fiscali a favore delle cooperative sociali relativamente alle retribuzioni corrisposte alle persone detenute o internate negli istituti.
Decreto del Ministero della Giustizia 25 febbraio 2002 n. 87 Regolamento recante sgravi fiscali alle imprese che assumono lavoratori detenuti.
Decreto legislativo n. 297/2002 Modifiche alla disciplina del collocamento ordinario. Il legislatore ha previsto l’abolizione delle liste ordinarie e speciali di collocamento fatta eccezione per gli elenchi dei lavoratori in mobilità, dei disabili e dei lavoratori per lo spettacolo. Le assunzioni da parte dei datori di lavori privati e degli enti pubblici economici avverrà per domanda per qualsiasi tipo di rapporto, salvo l’obbligo di assunzione mediante concorso, se espressamente previsto dagli statuti degli enti economici.
Accordo quadro tra Regione Lombardia e Ministero della Giustizia del 3 marzo 2003 individuazione delle priorità in materia di esecuzione penale degli adulti e dei minori. Con il presente accordo sono state determinate le linee di intervento e le indicazioni operative per i soggetti sottoposti a misure restrittive e/o limitative della libertà personale e per i minori sottoposti a procedimento penale, con particolare attenzione alle priorità territoriali, correlando attraverso la progettazione integrata le rispettive e reciproche competenze.
Circolare INPS 25 luglio 2002 n. 134 Nel dettare disposizioni operative per la fruizione dei benefici previsti dal D.M. 9 novembre 2001 a favore delle cooperative sociali e/o aziende pubbliche e privare che impiegano persone detenute o internate, l’Istituto chiarisce che, mentre per le cooperative sociali i benefici trovano applicazione a prescindere dal luogo nel quale le persone detenute od internate svolgono l’attività lavorativa (quindi sia all’interno che all’esterno del carcere), le aziende pubbliche o private che organizzano attività di servizi o produttive sono ammesse alle agevolazioni limitatamente alle persone impegnate nelle attività lavorative che si svolgono all’interno degli istituti penitenziari.
Indultino: Legge 1 agosto 2003 n. 207, sospensione condizionale dell’esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni Questa Legge, è andata ad arricchire il già vasto panorama delle misure alternative al carcere. Il Legislatore ha optato per l’introduzione di "nuovo affidamento in prova ai servizi sociali", la cui applicazione è rimessa alla valutazione discrezionale del Magistrato di Sorveglianza, in altre parole, nei confronti del condannato che ha scontato almeno metà della pena, può essere sospesa la pena residua nel limite di due anni.
Legge Biagi: Decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276 Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge delega n. 30/2003 La cosiddetta riforma Biagi sul mercato del lavoro è ispirata all’adozione di regole idonee a favorire il reciproco adattamento delle esigenze dei lavoratori e quelle dell’imprese, con particolare riguardo all’orario del lavoro, nonché a promuovere un lavoro regolare e non precario, fornendo strumenti di tutela effettiva.
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