Straniero in degrado o povertà

 

Non punibile straniero in degrado o povertà

che non ottempera ad espulsione

Tribunale di Roma, sez. I penale, sentenza 08.04.2004 n° 8525

 

Gli atti di espulsione sono illegittimi, allorché siano carenti del requisito della traduzione in una lingua conosciuta dall’imputato, o che, comunque, omettano di dar conto delle motivazioni di scelta di una diversa lingua adottata.

Ciò, poiché la mancata comprensione dell’ordine del Questore incide gravemente sul diritto di difesa, anche alla luce del fatto che l’imputato possa trovarsi nella condizione di non aver comprese le conseguenze penali della violazione dell’ordine impartito.

A questo si aggiunga che, ove dimostrato o, comunque, non smentito da risultanze processuali, una situazione di non abbienza e di condizioni di degrado, può ragionevolmente integrare quel giustificato motivo che, sotteso alla permanenza sul territorio dello Stato, esclude la sussistenza del reato.

 

Fonte: www.Altalex.it

Tribunale ordinario di Roma in composizione monocratica
I Sezione Penale

 

Repubblica Italiana
in nome del popolo italiano

Il giudice della Prima Sezione Penale, dottoressa Donatella Pavone
alla pubblica udienza del 8 aprile 2004, ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

nei confronti di XXX imputata del reato di cui all’art. 14 co. 5 ter D. L.vo 286/98 (così come modificato dalla legge 30.7.2002 n. 189) perché, senza giustificato motivo si tratteneva nel territorio dello Stato, in violazione dell’ordine impartito dal Questore di Roma in data 3.7.03 ed a lei notificato il 3.7.03. In Roma il 10/7/03.

 

Fatto e diritto

 

In data 10 luglio 2003, XXX, in epigrafe indicata, veniva tratta in arresto per il reato di cui al capo di imputazione.

Portata, l’11 luglio, la prevenuta avanti al tribunale in composizione monocratica il Giudice, sentiti l’operante e la stessa XXX, convalidava l’arresto e disponeva l’immediata liberazione dell’imputata.

Adottato il rito abbreviato, all’udienza dell’8 aprile 2004, le parti concludevano come in epigrafe.

Al fine di giudicare nel merito il reato di cui al capo di imputazione occorre premettere alcune osservazioni generali, anche tenuto conto della sentenza del 12 dicembre 2003 con la quale la Consulta, pur dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, ha affermato importanti principi di diritto alla luce dei quali va valutata la sussistenza della fattispecie penale concreta. Va inoltre tenuto conto della giurisprudenza di merito già formatasi e per tutta la sentenza del tribunale di Roma (del 16.1.03 imp. Porcaru Maria) che riporta alcune considerazioni condivise da questa giudice e sotto riportate.

Detta ultima pronuncia fonda l’intero sistema di cui al DPR 286/98, come modificato dalla Legge Bossi-Fini sulla sussistenza di un valido decreto di espulsione "amministrativa" emesso dal Prefetto ex art. 13 commi 2 e 3 T.U., del quale l’ordine del Questore costituisca poi mezzo di esecuzione; è del resto la violazione di quest’ultimo a costituire condotta penalmente sanzionabile.

La sentenza elenca quindi una serie di requisiti del provvedimento prefettizio di espulsione alla mancanza dei quali consegue la illegittimità del provvedimento medesimo, illegittimità rilevabile d’ufficio anche dal giudice penale che deve in tal caso disapplicare l’atto amministrativo e quindi assolvere l’imputato per insussistenza del fatto; l’illegittimità del decreto di espulsione comporta infatti anche l’illegittimità dell’ordine del Questore poiché ne costituisce necessario presupposto.

Tra tali requisiti viene indicato quello della traduzione "allo straniero che non comprende la lingua italiana" "nella lingua a lui comprensibile" ovvero, "se ciò non è possibile", "in una delle lingue inglese, francese e spagnola", "secondo la preferenza indicata dall’interessato" e motivazione in ordine alle scelte al riguardo adottate. La predetta sentenza enuclea una serie di requisiti anche con riferimento all’ordine del Questore dalla mancanza dei quali discende l’illegittimità del provvedimento che pertanto può essere disapplicato dal giudice penale con conseguente assoluzione dell’imputato per insussistenza del fatto venendo meno uno degli elementi oggettivi della fattispecie incriminatrice. Anche tra tali requisiti viene indicata la traduzione in una lingua "conosciuta" dallo straniero (13 comma 7 T.U.), ovvero, ove non sia possibile, in una delle lingue inglese, francese e spagnola, secondo la preferenza indicata dall’interessato (ancora art. 13 comma 7 T.U., specificato da art. 3 3° comma DPR 394/1999).

La citata sentenza di merito fa alcune considerazioni in ordine all’elemento del "giustificato motivo" del trattenimento sul territorio dello Stato da parte dello straniero che deve essere escluso per ritenere sussistente l’elemento oggettivo della fattispecie incriminatrice.

A questo proposito, la sentenza della Consulta soccorre definendo la clausola "senza giustificato motivo" come una "valvola di sicurezza del meccanismo repressivo" poiché evita che "la sanzione penale scatti allorché – anche al di fuori della presenza di vere e proprie cause di giustificazione – l’osservanza del precetto appaia concretamente inesigibile in ragione, a seconda dei casi, di situazioni ostative a carattere soggettivo e oggettivo, di obblighi di segno contrario, ovvero della necessità di tutelare interessi configgenti, con rango pari o superiore rispetto a quello protetto dalla norma incriminatrice, in un ragionevole bilanciamento di valori". La Corte ha peraltro affermato come quegli stessi motivi che legittimano la pubblica amministrazione a non procedere all’accompagnamento coattivo alla frontiera (modalità che invece costituisce la regola) "non possono costituire sicuri indici di riconoscimento di situazioni nelle quali può ravvisarsi, per lo straniero, la sussistenza di giustificati motivi per non ottemperare l’ordine del Questore" riconoscendo peraltro che in tale contesto la formula "senza giustificato motivo" riduce notevolmente e di fatto l’ambito applicativo della norma, pur non contrastando con le norme costituzionali.

Ciò premesso in via generale, venendo al caso concreto in esame, si osserva quanto segue.

Come risulta dagli atti, e in particolare dal verbale di arresto e dell’udienza di convalida, l’imputata non parla che la lingua rumena; sia il decreto prefettizio che quello del Questore sono invece stati redatti in lingua italiana e inglese. In essi viene dato atto dell’impossibilità di reperire un interprete di lingua rumena, così come viene dato atto che la lingua inglese è stata indicata dalla XXX; si tratta con tutta evidenza di motivazioni di stile che peraltro vanno valutate alla luce della circostanza che sono di provvedimenti dell’Autorità di una grande città come Roma.

Gli atti di espulsione sono quindi illegittimi, per carenza del requisito della traduzione in una lingua conosciuta dall’imputata e per carenza di motivazione (non di stile) sulla scelta della lingua adottata, tenuto conto che la mancata comprensione dell’ordine incide sul diritto di difesa anche in considerazione del fatto che la XXX non ha potuto comprendere le conseguenze penali della violazione dell’ordine impartito.

Disapplicato l’atto di espulsione per l’illegittimità dello stesso, l’imputata va assolta come in dispositivo.

Ad analoga conclusione si perviene anche esaminando il merito poiché l’imputata, colpita dall’ordine di espulsione in data 3 luglio 2003, notificato in pari data, è stata tratta in arresto il 10 luglio cioè dopo pochissimi giorni dalla scadenza prevista per allontanarsi dal territorio italiano; tenuto conto che la XXX è senza fissa dimora, era in Italia solo da un mese al momento dell’arresto, è priva di occupazione e ha dichiarato di non avere i mezzi per tornare in Romania, ritiene questa giudice che non possa affermarsi che la stessa fosse economicamente in grado di acquistare i biglietti di viaggio per allontanarsi dal territorio dello Stato, anche sul rilievo che lo stesso ordine del Questore indica l’irreperibilità di un mezzo di trasporto.

La descritta situazione di non abbienza e di condizioni di degrado può ragionevolmente integrare quel giustificato motivo che, sotteso alla permanenza sul territorio dello Stato, esclude la sussistenza del reato. Deve infatti operarsi, come affermato dalla Consulta, un bilanciamento tra l’interesse, perseguito dal legislatore, di regolare i flussi immigratori rimovendo situazioni di illiceità o pericolo correlate alla presenza dello straniero in Italia, con valori fondamentali come quello della solidarietà economica e politica che impegnano anche virtù di norme sopranazionali ormai generalmente riconosciute come costituenti diritti umani. In tale bilanciamento, a parere di questo giudice, la situazione in cui versa l’imputata (non smentita da alcuna risultanza probatoria) che ha dichiarato in sede di arresto di non sapere come fare (circostanza credibile attesa la sua situazione) non può che prevalere e la XXX deve essere assolta come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Visti gli artt. 442, 530 ss c.p.p. assolve XXX dal reato ascrittole perché il fatto non sussiste. Motivazione riservata in gg 60.

 

Roma 8 aprile 2004

 

Il Giudice, Donatella Pavone

 

 

Precedente Home Su Successiva