|
Questionari Progetto Sportelli - Carcere
Durante la presentazione dei questionari nei vari Istituti e ai CSSA della Regione, c’è stata una buona partecipazione della polizia penitenziaria in raccordo con gli educatori dell’amministrazione penitenziaria. Tra febbraio e marzo sono stati presentati i questionari; le presentazioni sono servite anche per informare molti operatori penitenziari e del CSSA sul progetto "sportelli immigrati" e collocare questa indagine all’interno del percorso realizzato dal 1998 a livello regionale. Dopo diversi incontri del gruppo di pilotaggio regionale che hanno definito i criteri di costruzione del campione e le modalità di somministrazione dei questionari nelle diverse case circondariali. Visto il carattere qualitativo - e non statistico – della ricerca si è concordato di coinvolgere il 10% della polizia penitenziaria scegliendo preferibilmente gli agenti che lavorano nelle sezioni a contatto con i detenuti immigrati , gli ispettori senza dimenticare qualche operatore dell’ufficio matricola. Invece i questionari sono stati distribuiti a tutte le altre figure: direttori d’Istituto, educatori, operatori dell’area sanitaria, operatori e mediatori degli sportelli e assistenti sociali del CSSA. La ricerca tende a comprendere il punto di vista dei vari attori (operatori penitenziari, operatori enti locali che intervengono nella gestione degli sportelli e operatori del CSSA), rispetto al progetto regionale, ai mutamenti intervenuti e alla natura delle interazioni tra gli attori stessi per produrre risposte concrete nella gestione del fenomeno immigrazione in carcere. La scelta di un questionario a domande aperte è legata al carattere qualitativo della ricerca e alla volontà di dare spazio all’espressione del punto di vista degli operatori. Questa ricerca servirà a valutare meglio come proseguire questa esperienza regionale tenendo conto, appunto, della situazione sul campo e del parere di chi si trova a gestire quotidianamente i problemi.
Il metodo della rielaborazione
La rielaborazione vuol fare emergere la "mappa delle risposte" come "mappa di concetti chiave"; indicatori importanti per capire percezioni, vissuti, interrogativi e rappresentazioni della pluralità degli attori coinvolti. Vogliamo ricordare – riprendendo l’approccio interpretativo dell’antropologia riflessiva di Pierre Bourdieu, - che ogni spazio di relazioni, è uno spazio di relazioni tra soggetti e attori diversi con ruoli, funzioni e status diversi; che ogni spazio di relazioni è uno spazio sociale dove si costruiscono rappresentazioni e regole; che ogni spazio sociale è uno spazio simbolico fatto di valori, giudizi, pregiudizi che determinano la natura dei rapporti e le gerarchie tra gli attori. Ogni attore ha un proprio habitus: un insieme di disposizioni socialmente interiorizzate cioè un insieme di abitudini mentali; una struttura mentale che riflette la struttura sociale interiorizzata. Per il carcere si potrebbe dire che la polizia penitenziaria, gli educatori, gli operatori sanitari, quelli degli enti locali e del CSSA hanno un proprio habitus che veicola una propria rappresentazione delle cose e un proprio senso pratico. Il senso pratico che esprime ogni habitus passa attraverso una "mappa di concetti e categorie" che media percezioni, produce rappresentazioni e determina l’agire sociale di ognuno. Questo è vero per il carcere come per qualsiasi altro contesto formale o informale. Le strutture sociali incorporate diventano disposizioni dei "corpi" in un determinato "campo"; ogni "campo" è strutturato come un insieme di "campi specifici" legati gli uni agli altri ma ognuno con la propria autonomia; per cui il campo Istituto penitenziario è un insieme di campi che producono degli habitus ma che sono anche prodotti da questi; c’è quello della direzione, della sezione sanitaria, delle sezioni con le celle, quello dell’area pedagogica e di quella dello sportello. Ognuno interagisce con l’altro inglobando la struttura del campo generale ma produce anche un proprio "capitale culturale specifico" cioè un proprio modo di vedere e di comprendere nella pratica. Questo lavoro ci permetterà di costruire la mappa dei concetti chiave dei vari habitus prodotti nei vari campi specifici rispetto all’oggetto immigrazione e alla sua gestione attraverso un campo specifico come lo sportello. Qual è la comprensione pratica dei vari attori cioè qual è il loro habitus, il loro senso pratico nella gestione dello spazio carcerario visto come un insieme di relazioni tra disposizioni nell’affrontare la gestione di un campo in mutazione dal punto di vista della sua composizione antropologica con l’arrivo dei detenuti immigrati. E come viene visto, vissuto e capito nel rapporto pratico della gestione operativa del fenomeno migratorio l’agire specifico dello sportello? Quello che vogliamo comprendere con questa indagine è quello che Bourdieu chiama, nella sua "Antropologia riflessiva", la "comprensione pratica" che gli "agenti" di un determinato campo hanno del mondo sociale dove e attraverso il quale vivono. La mappa dei concetti chiave e delle categorie costituiscono gli "schemi dell’habitus" di ogni attore - che sono il prodotto dell’incorporazione delle strutture - del campo -; questi "schemi di percezione, di apprezzamento e di azione "permettono di comprendere gli "atti di conoscenza pratica" rispetto al mondo sociale del "campo specifico", in questo caso l’Istituto penitenziario nel suo rapporto con l’immigrazione e il ruolo , in tutto questo, dello sportello. Attraverso questa indagine che ci permetterà di avere alcuni elementi di conoscenza pratica per proseguire l’esperimento regionale; l’habitus degli attori (polizia penitenziaria, educatori, operatori e mediatori sportello, operatori sanitari, assistenti sociali) fatto di percezioni, disposizioni (strutture sociali interiorizzate) e senso pratico, rappresenta la mediazione per eccellenza nella misura in cui determina gli orientamenti pratici. Dopo un primo "check list" delle risposte nella parte comune e trasversale a tutti gli istituti e a tutte le categorie professionali ci sarà un lavoro di aggregazione delle risposte per la parte specifica per ogni Istituto e per ogni categoria professionale.
Nella rielaborazione finale si terrà conto di tre "variabili focali":
Seguiranno alcune considerazioni finali come spunto per un confronto successivo. Vorrei ricordare che questo lavoro parte dai materiali prodotti dagli attori che lavorano sul campo e che il processo della ricerca vuol essere interattivo e partecipato; abbiamo ripetuto in più occasioni che non si può non partire dalle condizioni concrete di realizzazione dei progetti, che queste condizioni concrete passano attraverso i vissuti reali degli operatori che quotidianamente gestiscono gli interventi. Questi vissuti, le stesse percezioni, il modo di vedere le cose sono determinanti nel condizionare le forme pratiche dell’attuazione dei progetti. Mi sembra significativo che su 274 questionari restituiti dai diversi Istituti 177 siano stati compilati dagli operatori della Polizia penitenziaria; cioè il 65% dell’insieme, e sappiamo tutti che la polizia penitenziaria è l’anello più importante- dal punto di vista funzionale- dell’organizzazione carceraria. E’ la Polizia penitenziaria che ha i rapporti più stretti con i detenuti e quindi capire come questa si vive nel rapporto con i detenuti immigrati, e come vede gli interventi tipo sportello. Case circondariali: 274 questionari
Domande/risposte
Come vedo gli immigrati in carcere? Quali cambiamenti sono avvenuti? Quali sono i problemi e i bisogni dei detenuti immigrati? Serve intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti? Cosa fare per migliorare la situazione?
Centro Servizi sociali: 87 questionari
Case Circondariali
Bologna: 53 questionari
Polizia penitenziaria: 44 Educatori: 5 Mediatori e operatori sportello: 3 Operatori sanitari: 1
Ferrara: 26 questionari
Direttore: 1 Polizia penitenziaria: 17 Educatori: 2 Mediatori e operatori sportello: 1 Operatori sanitari: 5
Forlì: 47 questionari
Direttore: 1 Polizia penitenziaria: 42 Educatori: 3 Mediatori e operatori sportello: 0 Operatori sanitari: 1
Modena: 25 questionari
Direttore: 1 Polizia Penitenziaria: 12 Educatori: 3 Esperti: 2 Mediatori e operatori sportello: 2 Operatori sanitari: 3 Tirocinanti: 2
Parma: 22 questionari
Polizia Penitenziaria: 10 Mediatori e operatori sportello: 2 Operatori sanitari: 8 Ex-art. 80: 2
Reggio - Emilia: 23 questionari
Direttore: 1 Polizia penitenziaria: 15 Operatori sanitari: 3 Esperti: 2 Educatori: 2
Piacenza: 30 questionari
Direttore: 1 Polizia penitenziaria:17 Educatori:3 Mediatori e operatori sportello: 1 Operatori sanitari: 8
Ravenna: 21 questionari
Direttore: 1 Collaboratore d’Istituto:1 Polizia Penitenziaria:7 Educatori:1 Mediatori e operatori sportello:2 Esperto:1 Psicologo:1 Operatori sanitari:7
Rimini: 27 questionari
Direttore: 1 Polizia Penitenziaria: 13 Educatori: 4 Mediatori e operatori sportello: 4 Operatori sanitari: 5
Come vedo la presenza degli immigrati
I mutamenti intervenuti
Quali sono i problemi e di bisogni dei detenuti immigrati?
Serve intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti?
Cosa fare per migliorare la situazione?
CSSA
Come vedo gli immigrati in carcere?
Neo-assunti:
Quali cambiamenti sono avvenuti?
Neo-assunti:
Quali sono i problemi e i bisogni dei detenuti immigrati?
Neo-assunti
Serve intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti?
Neo Assunti
Cosa fare per migliorare la situazione?
Neo assunti
Parte specifica per categoria professionale
Direttori C.C.
Utilità dello sportello
Lo sportello può diventare un sevizio organico dell’Istituto
Educatori
Differenze tra detenuti immigrati e italiani nel trattamento
I rapporti con gli agenti nella gestione trattamentale dei detenuti immigrati e il ruolo degli educatori
Rapporti con lo sportello
Lavoro di rete e collegamenti interno - esterno
Operatori e mediatori dello sportello
Riconoscimento del ruolo di mediatore
Rapporti con agenti ed educatori difficoltà e positività
Bisogni dei detenuti immigrati e risposte dello sportello
Come migliorare la rete degli sportelli
Operatori dell’area sanitaria
Le problematiche nel lavoro con i detenuti immigrati
Lo sportello ed il ruolo dei mediatori
Come migliorare la situazione
Polizia Penitenziaria
Conoscenza e rapporti con lo sportello: cosa ne pensa?
Rapporto con gli educatori
Relazione tra detenuti italiani e stranieri
Assistenti sociali del CSSA
Rapporti con lo Sportello – utilità nel rapporto con l’esterno
Come dovrebbe essere uno sportello proiettato verso l’esterno?
Proposte
Premessa metodologica
I questionari compilati dagli operatori degli Istituti sono 274; 53 per Bologna, 47 per Forlì, 30 per Piacenza, 27 per Rimini, 26 per Ferrara, 25 per Modena, 21 per Ravenna, 22 per Parma e 23 per Reggio Emilia. A questi occorre aggiungere 83 questionari compilati dai diversi Centri per i Servizi sociali. Dalla lettura numerica dei questionari per Istituto si evidenzia lo sforzo di Forlì e la consistenza dei diversi Istituti. Ovunque la Polizia penitenziaria ha fornito un impegno significativo così come gli operatori dell’area sanitaria. Ci è sembrato più utile aggregare le risposte trasversalmente e non focalizzarci su ogni Istituto; dalla lettura delle risposte per categoria professionale non emergono poi differenze così grosse tra le varie realtà locali. I problemi incontrati sono simili con gradazioni diverse in tutti gli Istituti. Questa indagine si configura come una ricerca qualitativa con un approccio interattivo di valutazione dei processi di formazione del modo di rappresentarsi l’immigrato in carcere, di costruzione del rapporto con gli sportelli e di strutturazione degli interventi pratici. Il questionario è stato lo strumento - costruito con gli operatori del gruppo tecnico regionale - per esplorare problematiche, bisogni, nodi critici , punti di forza e proposte. Per riprendere quello che scriveva John Dewey in " Esperienza e educazione" abbiamo la convinzione che solo la valutazione dell’esperienza pratica possa fornire gli elementi necessari per uno sviluppo ulteriore del progetto regionale: "Tutto dipende dalla qualità della esperienza che si ha. La qualità di ogni esperienza ha due aspetti: da un lato essa può essere immediatamente gradevole o sgradevole, dall’altro essa esercita la sua influenza sulle esperienze ulteriori…L’effetto di un’esperienza non lo si può conoscere subito. Pone un problema all’operatore, quello di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno". Dopo l’analisi delle risposte si tratterà quindi, rispetto al progetto Sportelli "di scegliere il tipo di esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno". Abbiamo scelto un approccio interattivo coinvolgendo tutti gli operatori per avere delle informazioni e il punto di vista degli attori che interagiscono nella gestione dei progetti locali; sempre Dewey diceva che "ogni esperienza umana alla fin fine è sociale e implica contatto e comunicazione"; gli scopi di questa indagine sono: studiare i vissuti o meglio le attribuzioni che il singolo attore o la singola categoria professionale assegna all’esperienza con i detenuti immigrati e al suo rapporto con lo sportello; ricostruire il "sistema concettuale" impiegato da ogni attore per esplicitare la sua esperienza; considerare il "fatto immigrazione in carcere"- che è un fatto sociale totale, per usare una espressione di Marcel Mauss - e "l’evento Sportello" per il ruolo che esso ha in quanto stimolatore e organizzatore dell’esperienza. Quest’approccio interattivo si realizza attraverso la procedura della ricerca partecipata cioè un metodo che si giova dell’associazione alle operazioni e alla ipotesi della ricerca di coloro che entrano a far parte del campo di ricerca. Questo spiega il coinvolgimento dei rappresentanti dei vari gruppi (Istituti, CSSA, enti locali, Prap) e degli stessi operatori(polizia penitenziaria,educatori,operatori sanitari,mediatori sportello e assistenti sociali). Ogni attore ha così il modo di "disvelare le proprie potenzialità interpretativa e propositiva", le loro ragioni e i loro bisogni; questa ricerca partecipata ha costruito una rete e ha funzionato come un processo di riflessione sistemica e di analisi dell’esperienza. Parole chiave, incidenti critici, differenziatore semantico (misurazione psico-simbolica delle cose attraverso "reattivi" cioè concetti ricorrenti) servono nella nostra ricerca a mettere in evidenza i "modelli pratici", le "mappe mentali" che consentono ai vari attori di agire e di orientarsi. Il sistema carcere; inteso come spazio di relazioni formali e informali, funziona come uno "spazio simbolico" dove l’habitus, per riprendere l’analisi di P.Bourdieu, cioè quell’insieme di disposizioni cognitive e pratiche traduce le modalità soggettive incorporate dalle strutture sociali; in questo caso dalla presenza degli immigrati e dall’apertura di un intervento specifico come lo sportello. Questa indagine si colloca in un momento particolare della storia dell’ordinamento penitenziario e della sua evoluzione; è Don Luigi Ciotti che affermava tempo fa: " le carceri italiani stanno scoppiando sotto il peso di una politica della sicurezza esclusivamente repressiva. A farne le spese, però, sono le fasce deboli della società. Con buona pace della funzione riabilitativa della sanzione". Rusche e Kirchheimer ci hanno mostrato che la pena è un "prodotto storico" che subisce dei mutamenti in relazione con l’insieme dei rapporti sociali; è uno strumento delle "classe pericolose"- come venivano chiamate una volta. Oggi le "classi pericolose" vengono identificate con gli immigrati; inoltre le problematiche che emergono dalle risposte al questionario riflettono uno stato di sofferenza complessiva del Sistema carcere. Questo stato di sofferenza che viene espresso dalle risposte date dalla polizia Penitenziaria soprattutto, ma in qualche modo anche dagli altri attori, si colloca nel quadro di una tendenza generale ; Massimo Pavarini ci ha mostrato come a partire dal 1990 i tassi di carcerazione indicano un costante trend di crescita (negli ultimi 6 anni sono lievitati del 40%). Abbiamo scelto di codificare il materiale emerso dalle risposte allo scopo di categorizzarlo per riflettere sugli sviluppi successivi del progetto regionale: il metodo utilizzato è quello della "codifica aperta" cioè esprimere i dati sotto forma di concetti; individuando dei "concetti chiavi" e dei "temi sensibili". Attraverso questo tipo di rielaborazione ci proponiamo d’individuare le mappe concettuali, i sistemi rappresentativi degli attori, le tematiche calde e le proposte. Il sistema carcere funziona come un campo interattivo; un insieme di rapporti strutturanti che s’impongono a tutti quelli che entrano in questo campo e che sono spesso irriducibili alle intenzioni degli agenti individuali. E questo campo sociale strutturato come spazio multidimensionale di posizioni, ruoli e funzioni degli attori che produce le rappresentazioni; da questo punto di vista l’immigrazione; la presenza significativa di detenuti stranieri spinge questo campo di forza a riorganizzarsi. In che misura lo sportello può rappresentare una risposta funzionale a questa riorganizzazione; in che modo s’inserisce in questo campo strutturato oppure ne rimane come un elemento periferico non organico e quale funzione viene conferito a questo servizio? Quali risposte offre ai bisogni dei detenuti immigrati e alle nuove esigenze della gestione del periodo di pena e del trattamento? Ecco alcune delle domande alle quali si tenta di rispondere analizzando le risposte degli operatori stessi in quanto attori-agenti di questo campo strutturato chiamato carcere. Abbiamo deciso di raggruppare le risposte in modo trasversale; trasversale sia rispetto alle categorie professionali che agli Istituti Penitenziari. Questo ci permette di analizzare le risposte del sistema carcere come insieme di relazioni e di risposte. Ci sono alcune differenziazioni per categoria professionale che verranno riprese nella parte specifica; alla lettura delle risposte provenienti dai vari Istituti ci siamo resi conto che non esistono grosse differenze. La sostanza delle risposte è abbastanza omogenea sia per i grandi che i piccoli Istituti . Questo può sembrare strano poiché si potrebbe pensare che in una realtà più piccola cambia il tipo di relazione. In realtà la struttura del carcere con il suo sistema gerarchizzato e Di vincoli è simile in tutti gli Istituti e i vissuti dei singoli operatori e delle singole categorie sono abbastanza omogenei. Le cose si differenziano quando si analizza la parte specifica; qui ogni operatore esprime un punto di vista particolare. Il grosso delle risposte nella parte comune proviene dalla polizia penitenziaria che rappresenta circa il 60% dei questionari consegnati dagli Istituti; gli educatori sono circa il 10%; gli operatori o mediatori degli sportelli il 5,5% (questo dato è anche significativo perché indice di una scarsa partecipazione; le ragioni sono in parte legate al piccolo numero di queste figure; alla loro presenza frammentaria; gli operatori sanitari sono presenti con un numero significativo (il 15%); tra di loro si sono collocati diversi psicologi; notiamo che tutti i direttori e alcuni collaboratori d’Istituto hanno risposto. Abbiamo diviso il dentro dal fuori, da una parte gli Istituti e dall’altro i CSSA. Per questi hanno partecipato tutti i CSSA e anche un gruppo consistente di neo-assunti. Durante la presentazione dei questionari sia nei vari Istituti che nei diversi CSSA abbiamo notato una partecipazione attenta; e in alcune situazioni molto dinamica. Negli Istituti c’è stata una presenza consistente della polizia penitenziaria; presenza confermata dai questionari consegnati. Abbiamo potuto constatare che in molti Istituti ; e anche nei diversi CSSA, gli operatori ignoravano quasi del tutto l’esistenza dello sportello. Negli incontri sono emersi riflessioni e considerazioni sul fenomeno migratorio; sull’utilità di un intervento del tipo Sportello; i pareri erano spesso differenziati ma anche con una tendenza - determinata dal contesto - a leggere e giudicare l’immigrazione attraverso il prisma particolare (e minoritario) della presenza immigrata in carcere. Molte domande sullo Sportello sono state fatte durante la presentazione del questionario, per questa ragione è stata anche un’occasione per informare gli operatori penitenziari e gli assistenti sociali del CSSA. In diverse sedi abbiamo registrato in modo netto l’esigenza di avere informazioni più precise sull’evoluzione delle normative in materia di immigrazione ma anche sulle culture di appartenenza dei detenuti. Sono emerse preoccupazioni e giudizi negativi nei confronti dei detenuti di religione islamica. Molti agenti hanno manifestato il loro pesante carico di lavoro e la grave situazione del sovraffollamento nelle celle che crea tensioni tra i detenuti aumentando il disagio. Complessivamente tutta la rete d’Istituti e di CSSA ha risposto positivamente partecipando alla presentazione dei questionari e poi alla loro compilazione. La presenza degli immigrati: percezioni e rappresentazioni
In molte risposte viene evidenziato il carattere fortemente problematico della presenza degli immigrati in carcere e in Italia. Troviamo in modo ricorrente frasi come "un grave problema", "portano molti problemi" "creano problemi", "non positiva", "male", non rispettano le regole". Questa percezione è fortemente presente nel corpo di polizia penitenziaria ma anche tra gli educatori e gli operatori sanitari. La percezione problematica del fenomeno va da l’espressione di un semplice disagio, di un sentimento d’impotenza a veri e propri giudizi di valore sugli immigrati. Le cause della problematicità degli immigrati in carcere viene vista nelle differenze culturali e religiose; nel numero (questo provoca una situazione di sovraffollamento che produce disagio per tutti; operatori e detenuti); nei problemi di comunicazione. In diverse risposte si parla di "pericolo per la sicurezza" e di incapacità delle strutture penitenziarie di gestire il fenomeno. Sono frequenti l’espressione di giudizi di valore negativi su alcune categorie di detenuti immigrati come quelli di religione musulmana. Molti operatori prendono atto del mutamento intervenuto e evidenziano le difficoltà di gestione della detenzione Tutti gli operatori in modo differenziato sentono la necessità di cercare delle soluzioni nuove. La percezione netta è che il carcere rispecchia in modo accentuato in cambiamenti intervenuti nella società. Ci sono anche giudizi (forse bisognerebbe chiamarli pregiudizi) negativi sui paesi di provenienza. I giudizi sui detenuti di religione musulmana sono spesso negativi ("non si vogliono integrare", "non riescono ad adeguarsi all’occidente", "non accettano le regole"). La polizia penitenziaria sottolinea come sia difficile la convivenza tra persone di cultura e religione diversa in celle sovraffollate. Rispetto ai modi problematici vengono segnalate la violenza, l’alcolismo, la tossicodipendenza e l’autolesionismo. La mappa delle percezioni tende ad identificare il detenuto immigrato come fortemente problematico e di difficile gestione. Osserviamo che queste risposte non provengono solo dalla parte più importante dei questionari compilati dalla polizia penitenziaria, ma anche dalle altre categorie professionali. Anche nelle risposte degli assistenti sociali dei CSSA troviamo un quadro concettuale simile anche se l’accento viene posto sul fatto che gli immigrati non ottengono l’accesso alle misure alternative e che il loro possibile reinserimento sociale in uscita è spesso problematico. Tra gli assistenti sociali come fra l’altro tra la polizia penitenziaria diversi operatori pensano che i detenuti stranieri dovrebbero "espiare" la pena detentiva nei loro paesi di origine. Nei problemi che si pongono viene anche indicato il rischio di un aumento del razzismo tra gli operatori.
Presenza degli immigrati (% sull’insieme dei questionari)
Problema: 80% Dato di fatto: 20% Lingua: 90% Cultura: 60% Religione: 55% Comunicazione: 80% Tossicodipendenza: 35% Alcoolismo: 30% Autolesionismo: 30%
Nei problemi percepiti ci sono quelli legati alla comunicazione; è sicuramente l’aspetto problematico più significativo che emerge dall’insieme delle risposte; difficoltà comunicative dovute alla lingua, alle differenze culturali, (costumi e religione) nonché alla situazione di disagio che vivono in generale i detenuti . Ci sembra anche interessante sottolineare la risposta data alla domanda se "serve intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti". Ci sono tre tipi di risposte: 1) chi dice che i detenuti immigrati dovrebbero eseguire la pena nei paesi di origine; 2) chi sottolinea che l’intervento trattamentale in Italia è un obbligo e 3) chi dice che bisognerebbe affrontare il problema a monte, cioè il controllo delle frontiere. Qualcuno vede nella minaccia di una espulsione per eseguire la pena nel paese d’origine come un deterrente per costringere l’immigrato a farsi identificare.
I problemi e i bisogni dei detenuti immigrati
La lingua è uno dei problemi per molti immigrati; la difficoltà di potersi spiegare, di capire e di comprendere regole, diritti e doveri quando entrano in carcere. Molti operatori fanno osservare che la lontananza dalla famiglia, la difficoltà, e in alcuni casi l’impossibilità di telefonare ai parenti aumento lo stato d’isolamento comunicativo del detenuto. Ci sono poi bisogni elementari come: lavorare, telefonare a casa, risolvere i problemi attinenti ai documenti, la mancanza di soldi. C’è anche l’ansia e la paura per quello che succederà in uscita: espulsione o no. Diversi operatori mettono in evidenza che la paura provoca spesso uno stato depressivo oppure aumenta l’aggressività; produce anche spesso autoisolamento rafforzando così il senso di solitudine. Il detenuto immigrato vive un enorme deficit di affettività visto l’impossibilità di avere contatti con i propri familiari ma anche, nel caso particolare dei musulmani di poter praticare il proprio credo religioso. Inoltre l’impossibilità di lavorare crea tensione e aumenta il disagio del detenuto; a questo bisogna aggiungere i problemi di tossicodipendenza, di alcoolismo e i fenomeni di autolesionismo. Molti operatori notano come non sia semplice la convivenza in un contesto ristretto e sovraffollato come quello carcerari. C’è anche qualcuno che sottolinea le problematiche specifiche delle sezioni femminili evidenziando come mancano lì progetti specifici.
Problemi e bisogni degli immigrati
Permesso di soggiorno: 90% Contatti con la famiglia: 85% Lavoro: 80% Soldi: 80% Culto: 50% Tossicodipendenza: 20% Autolesionismo: 20% Disagio psico-affettivo: 70%
Per molti operatori penitenziari, in particolare per la polizia penitenziaria ma anche una certa percentuale di operatori sanitari, ci sono detenuti stranieri che presentano più problemi di altri: sarebbe il caso di albanesi, marocchini, tunisini, ed algerini. Secondo questi operatori questa categoria "etnica" di detenuti perché "abituati a vivere in un altro modo" non rispettano le regole e si dimostrano più aggressivi.
Serve occuparsi dei detenuti senza documenti destinati all’esclusione
Si: 70% No: 25 La pena va eseguita nel paese di origine: 20% Dipende: 5%
La maggioranza degli operatori considera che "l’intervento trattamentale" è un obbligo; l’intervento serve al recupero della dignità e per dare al detenuto il coraggio di affrontare la situazione in uscita dal carcere. Un 20% afferma che i detenuti dovrebbero compiere la pena nei loro paesi di origine. Tra i problemi sottolineati dalle risposte troviamo quello della difficile identificazione di molti detenuti.
Proposte per migliorare
Diversi operatori della polizia penitenziaria chiedono un maggior riguardo per il lavoro che svolgono; molti chiedono di affrontare il problema del sovraffollamento delle celle che crea disagio e tensioni. L’incremento del personale in carico e l’alleggerimento dei turni di lavoro. Molti operatori mettono l’accento sull’importanza della conoscenza delle lingue oppure sull’utilità di rafforzare la presenza dei mediatori linguistico-culturali. Occorre predisporre degli opuscoli plurilingue come si sta già facendo in alcune case circondariali. Preparare professionalmente gli operatori penitenziari con corsi di aggiornamento sulla mediazione culturale, sui paesi di provenienza dei detenuti, sull’evoluzione del quadro normativo. Qualcuno pensa che sia più utile prevedere delle sezioni carcerarie per solo detenuti immigrati ma anche favorire l’accesso al lavoro; questo può migliorare la qualità della comunicazione e abbassare la tensione. Ci vuole la collaborazione degli enti presenti sul territorio: comuni, servizio sociale. Qualcuno si spinge anche a proporre dei corsi di lingua araba per gli operatori vista la presenza consistente di detenuti provenienti del Maghreb.
C.S.S.A.
Percezione del fenomeno immigrazione
Le parole ricorrenti sono difficoltà e problema; le difficoltà vengono indicate, la diversità di lingua, di cultura, e di abitudini. Molti operatori evidenziano che il numero di immigrati in carcere è destinato ad aumentare visto che ottengono con difficoltà i benefici di legge oppure non accedono alle misure alternative. La percezione è quella di un carcere come "scarica sociale". Qualche operatore pensa tuttavia che gli immigrati che commettono reato dovrebbero eseguire la pena nel paese d’origine. Tra i neoassunti si nota un aumento dell’intolleranza e del razzismo; si mette in evidenza che molti problemi vengono amplificati. Molti operatori pensano che bisogna utilizzare modalità d’intervento e strumenti diversi per rispondere a fenomeni e situazioni nuove; inoltre l’entità dei problemi non troverebbe un corrispondente nelle risorse messe a disposizione. Tra i problemi preoccupanti vengono indicati: il sovraffollamento e quindi il peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie e l’aumento del disagio.
I bisogni degli immigrati
Molti operatori mettono in evidenza la difficoltà degli immigrati a comprendere l’aspetto giuridico, l’iter burocratico per ottenere i benefici della legge e per accedere ad una difesa legale accettabile. Le difficoltà comunicative dovute alla lingua e alla cultura costituiscono spesso un handicap per l’immigrato nella comprensione dei diversi passaggi del suo percorso carcerario. Permesso di soggiorno, lavoro, alloggio e mancanza di mezzi di sussistenza rappresentano i bisogni fondamentali del detenuto immigrato: molti operatori aggiungono a questo la paura e l’angoscia poiché non hanno prospettive di reinserimento in Italia all’uscita. Vengono anche citati tra i bisogni i contatti con le famiglie, le consulenze legali, la mancanza di relazioni con l’esterno. Per molti operatori i problemi dei detenuti immigrati sono simili a quelli degli italiani ma vengono esasperati dalla mancanza di rete di supporto familiare e dall’0angoscia dell’espulsione.
I detenuti immigrati senza documenti
Gran parte degli operatori considerano che bisogna comunque intervenire anche nei confronti degli immigrati detenuti senza documenti fosse solo per ragioni umanitarie.Tuttavia non mancano le perplessità: a) chi dice bisogna stare attenti a non creare false aspettative; b) che il mantenimento in carcere rappresenta un costo per una persona che non ha nessuna possibilità in Italia; c) chi viene espulso rimane comunque in Italia. Diversi operatori si chiedono se non sarebbe possibile pensare a dei percorsi di accompagnamento per il ritorno nel paese di origine. Comunque la maggioranza pensa che l’intervento serve perché dà la possibilità alla persona di conservare un minimo di dignità.
Proposte
Una serie di suggerimento va nel senso di più formazione agli operatori; più coordinamento tra l’interno e l’esterno e più possibilità di incontro tra operatori. Ci sono altre proposte come: a) incrementare gli interventi di mediazione culturale (con una particolare attenzione dentro-fuori) b) formare e sensibilizzare il personale penitenziario c) aumentare oil numero degli operatori dell’area educativa d) comunicare di più tra i servizi e) potenziare qualitativamente la presenza dello sportello. Ci sono poi proposte che riguardano specificatamente i detenuti: prevedere un trattamento più personalizzato; favorire l’accesso al lavoro e alla formazione, fornire maggiore informazione ai detenuti, favorire la comunicazione, con la presenza e il supporto dei mediatori, per diminuire la conflittualità. Il lavoro di rete, il collegamento con la formazione professionale e i centri d’ascolto del territorio possono costituire altre possibilità per diminuire anche la conflittualità e il disagio tra i detenuti.
Parte specifica per categoria professionale
Direttori Case Circondariali
a) Utilità
Tranne per Parma abbiamo la risposta di tutti i direttori d’Istituto e in alcuni casi anche dei collaboratori d’Istituto. Lo sportello viene visto da tutti come uno strumento utile per favorire la comunicazione con i detenuti immigrati ed entrare in relazione con i loro bisogni. Viene sottolineato il ruolo positivo del mediatore nell’attività d’informazione e di sostegno dei detenuti; lo sportello da questo punto di vista costituisce un utile servizio d’ascolto delle problematiche dei detenuti immigrati. Si chiede tuttavia che lo sportello abbia un’attività più costante; in alcuni Istituti si lamenta la discontinuità del servizio.
b) Un servizio organico dell’Istituto
Un direttore esplicita il suo parere favorevole alla trasformazione dello sportello in un servizio dell’Istituto; gli altri si dicono favorevoli chiedendo tuttavia una maggiore presenza degli operatori e degli obiettivi più specifici. Un direttore fa presente che non è utile che lo sportello diventi un servizio dell’’Istituto poiché è già previsto dall’O.P; basterebbe sensibilizzare la polizia penitenziaria. Il timore di molti direttori è che ci siano della sovrapposizioni di ruoli.
Educatori
Per diversi educatori si lamenta la discontinuità e frammentarietà dei rapporti con lo sportello; si chiede un potenziamento della presenza dello sportello; una maggiore presenza dei mediatori (e una formazione specifica per quest’ultimi). Gli educatori cercano di collaborare con uno strumento che vedono come utile per favorire informazioni e seguire altri casi. Si chiede che lo sportello intervenga nella fase informativa nei confronti di tutti i detenuti immigrati. Ci vorrebbe tuttavia maggiore coordinamento e un rapporto più strutturato nel tempo. Il ruolo del mediatore viene visto come importante sia per fornire informazione al detenuto che per orientarlo. Va tuttavia curato meglio l’aspetto informativo dello sportello sia nei confronti dei detenuti che degli operatori. Molti educatori pensano che lo sportello possa svolgere una "funzione ponte" tra l’interno e l’esterno attraverso un lavoro di orientamento. La presenza dei mediatori può rassicurare alcuni detenuti stranieri e produrre in questo modo un calo della tensione. Qualcuno chiede anche la presenza nell’ambito dello sportello di un supporto psicologico per il detenuto straniero nelle situazioni difficili e necessarie.
Operatori e mediatori dello sportello
Il ruolo
Moti operatori e mediatori si sentono visti come volontari; molti agenti di polizia penitenziarie ignorano quello che fa lo sportello. Manca un riconoscimento effettivo del lavoro svolto; c’è riconoscimento con gli operatori che sono a contatti con lo sportello. Molti operatori dichiarano anche essere confusi rispetto al loro ruolo specifico. In genere i rapporti con gli educatori sono di collaborazione positiva; i problemi che esistono dipendono dall’organizzazione degli orari e quindi dalle difficoltà di incontrarsi. I rapporti con gli agenti sono importanti anche se ignorano spesso quello che fa lo sportello; inoltre molti agenti dimostrano delle chiusure non piccole nei confronti degli immigrati.
Bisogni dei detenuti immigrati
Le questioni legate ai documenti, al contatto con le famiglie nel paese di origine, la contatto con gli avvocati; alle richieste da mandare al tribunale, al lavoro e allo stato d’indigenza. Ci sono anche bisogni legati alla sofferenza psichica; stati depressivi e solitudine; stati di ansia e paure di fronte alla prospettiva dell’espulsione. I detenuti immigrati vorrebbero usufruire delle misure alternative e dei benefici come gli italiani. Da questo punto di vista lo sportello rappresenta uno spazio d’ascolto, molti immigrati vanno allo sportello per parlare e sentirsi ascoltati. Il supporto linguistico e l’assistenza religiosa, in particolare nel caso dei musulmani, costituiscono altre richieste dei detenuti che hanno spesso bisogno di un sostegno di natura psicologica.
Proposte
I mediatori chiedono un riconoscimento giuridico del loro ruolo; chiedono di potere avere degli scambi con gli operatori degli altri sportelli. Tra le proposte c’è quella di garantire maggior continuità agli interventi nonché favorire una formazione più mirata. Manca anche un lavoro d’équipe sistematico con gli educatori, gli operatori sanitari e gli agenti.
Polizia penitenziaria
Il dato che emerge da tutte le risposte della polizia penitenziaria è la non conoscenza dell’esistenza dello sportello. Sull’insieme dei questionari compilati l’ottantacinque per cento dichiara avere sentito parlare dello sportello per la prima volta il giorno della presentazione del questionario. Molti si lamentano del poco coinvolgimento della polizia e della scarsa collaborazione e informazione. Solo nel 15 % dei questionari si dice di sapere più o meno cosa fa allo sportello. In questo caso la valutazione dell’utilità di un intervento di questo tipo è positiva. Alcuni agenti chiedono un intervento dei mediatori nelle sezioni per aiutare ad abbassare le tensioni che scoppiano; molti problemi nascono da difficoltà comunicative. Gli agenti lamentano una superficialità e saltuarietà dei rapporti con gli educatori; per molti di loro non c’è abbastanza collaborazione. Viene anche precisato che non c’è abbastanza attenzione per le donne detenute che presentano problemi specifici. Il rapporto tra detenuti immigrati e italiani sono visti come difficili e problematici; ci sono tensioni e anche episodi di razzismo alimentato anche dalla logica di clan che domina in carcere. Si fa notare come manca una preparazione adeguata per affrontare questa nuova situazione che richiederebbe la presenza di mediatori culturali preparati Molti agenti segnalano le condizioni di sovraffollamento delle celle come uno dei grossi problemi poiché il disagio ambientale accentua tensioni, conflitti e incomprensioni. Inoltre non viene visto necessariamente come soluzione la separazione etnica dello spazio carcerario. Diversi agenti pensano che alcuni immigrati siano più problematici per motivi etnici e culturali il razzismo costituisce uno dei problemi ma non sembra quello determinante per gli agenti. L’attività dello sportello rimane tuttavia sconosciuta alla maggioranza degli agenti. Lì dove gli agenti hanno avuto occasione di conoscere lo sportello la valutazione fatta è positiva.
Lo sportello per gli agenti che lo conoscono
Attività positiva: 80% Perplessi: 10% Inutile: 10%
Punti forti
Mezzo di supporto al detenuto straniero: 70% Filo con l’esterno: 20% Informa e orienta: 10%
Molti agenti riportano comunque le difficoltà comunicative e il ruolo è positivo che possono avere i mediatori. Nella valutazione della condizione del detenuto immigrato occorre tener conto di quello che il sociologo algerino Abdelmalek Sayad chiama in un bel libro dedicato all’immigrazione maghrebina in Francia, "la doppia assenza". "Dalle illusioni dell’immigrato alle sofferenze dell’immigrato". Pierre Bourdieu scrive nella prefazione di questo libro che emigrazione e immigrazione sono due fenomeni indissociabili " come il dritto e il rovescio dello stesso foglio". Sayad ci restituisce le storie vive della migrazione con questi i due momenti ( emigrazione e immigrazione) inscindibili; l’emigrazione è infondo una grande "menzogna collettiva" attraverso la quale l’immigrazione si riproduce poiché ogni immigrato è portato, per rispetto per se stesso e per il gruppo che lo ha delegato ad esiliarsi, a dissimulare le sofferenze legate all’emigrazione e ad incoraggiare in questo modo nuove partenze. La doppia assenza della condizione dell’immigrato: assente dalla sua famiglia, dal suo villaggio, dal suo paese-quindi colpita da una colpevolezze non espiabile- ma anche assente sul paese di arrivo perché escluso o trattato come semplice forza lavoro. Dalle risposte degli operatori degli sportelli sui bisogni dei detenuti immigrati questa "doppia assenza" che è anche una "doppia colpevolezza" diventa insopportabile provocando una destrutturazione della personalità, una forte tensione psichica ed una impossibilità di "espiare" questa doppia colpa sia nei confronti della società di partenza che di quella di arrivo.
Assistenti sociali CSSA
La stragrande maggioranza degli assistenti sociali dichiara mancare di informazioni sull’attività dello sportello; il rapporto quando c’è molto saltuario ( molti assistenti dicono aver avuto conoscenza dello sportello attraverso i seminari regionali). Lo sportello dovrebbe essere più collegato alle questure e d ai CSSA si lamenta anche l’esistenza di mediatori preparati per gestire l’accompagnamento e il reinserimento in uscita dal carcere, gli assistenti sociali insistono molto:
Considerazioni finali
Si tratta di leggere il risultato di questo lavoro da due punti di vista:
Inoltre non si può non introdurre la variabile della nuova normativa che finirà per incidere in modo non trascurabile sull’andamento del progetto. Non è un risultato trascurabile l’avere costruito una rete di connessioni tra Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria, Regione, Istituti Penitenziari, Enti locali e CSSA; la mediazione continua tra questi vari soggetti istituzionali non è stata sempre semplice. Occorre anche aggiungere a questo che sia durante i seminari regionali che le riunioni del gruppo di pilotaggio regionale gli operatori (agenti, educatori, assistenti sociali, operatori e mediatori sportelli) hanno avuto la possibilità di conoscersi e confrontarsi. La stessa metodologia di lavoro di una partecipazione attiva degli stessi operatori alla costruzione dell’indagine valutativa ci sembra un risultato positivo. Basta pensare a quello che è avvenuto durante la presentazione dei questionari nei vari Istituti e CSSA. Negli Istituti c’è stata una presenza significativa della polizia penitenziaria con gli interventi di chiarimento e l’espressione di diversi punti di vista sulla questione immigrazione vista dall’osservatorio carcerario. Educatori, operatori sanitari e operatori degli sportelli hanno partecipato attivamente a questi incontri che sono spesso diventati dei momenti per conoscere meglio il progetto regionale. Nei CSSA gli operatori hanno chiesto informazioni e manifestato l’interesse per un progetto più visibile e collegato con il territorio. Tutti gli operatori informati e a conoscenza del progetto lo giudicano positivamente e chiedono una presenza più costante degli operatori dello sportello. C’è anche la consapevolezza del ruolo del mediatore ma c’è anche la richiesta di una maggiore definizione di quest’ultimo. Dalla ricerca emergono tre tipi d problematiche rispetto al progetto Sportelli e alle sue possibili prospettive: Deve diventare un servizio organico all’amministrazione penitenziaria? In che misura il Ministero di Grazia e Giustizia è disposto a rendere più strutturale la funzione degli sportelli all’interno degli Istituti Penitenziari? Per rispondere a questa domanda occorre chiarire gli ambiti di intervento degli sportelli all’interno degli Istituti ma anche come interfaccia con l’esterno.
Grosso modo le funzioni svolte dai vari sportelli al di là delle peculiarità locali sono 4:
Queste funzioni svolte dagli sportelli richiedono la presenza di diverse competenze che già in parte si stanno sperimentando sulla gestione degli interventi. Un coordinatore del servizio in grado di gestire la complessità dei rapporti con gli attori interni ed esterni all’Istituto e dei mediatori formati a lavorare in ambito penitenziario con i detenuti. Questo spiega perché molti operatori propongono una formazione più adeguata dei mediatori e anche una definizione più precisa del ruolo per evitare sovrapposizioni e situazioni conflittuali con altre figure professionali. Per esempio nel rapporto con gli altri operatori dell’aerea pedagogica. Inoltre questa maggiore chiarezza del ruolo che dovrà anche passare attraverso il riconoscimento del profilo professionale permetterà ai mediatori di non essere più percepiti dalla polizia penitenziaria come dei volontari. Alcuni temi da affrontare: Il riconoscimento e la definizione del ruolo implica anche l’elaborazione di un codice deontologico. Molti agenti vedono nei mediatori degli strumenti utili per l’identificazione dei detenuti. La domanda è : è deontologicamente accettabile e rientra nel ruolo del mediatore dello Sportello? Oppure la richiesta di fare intervenire i mediatori nelle sezioni per mediatori nelle sezioni per mediare rispetto a conflitti che scoppiano; rientra nei compiti del mediatore? Insomma occorre fare uno sforzo di definizione del ruolo e circoscrivere dei compiti Un altro punto di grande importanza riguarda la formazione e l’aggiornamento delle competenze degli operatori penitenziari per gestire una situazione cambiata radicalmente sul piano antropologico. Agenti di polizia penitenziaria, operatori dell’aerea pedagogica dell’area sanitaria e assistenti sociali. Credo che la situazioni nuova ha creato nuovi bisogni e nuove esigenze; ci vogliono nuovi saperi, nuovi strumenti, nuove conoscenze e metodologie d’intervento. Nelle risposte ai questionari sono gli stessi operatori a chiedere una maggiore formazione e un aggiornamento delle loro conoscenze. L’importanza del lavoro sociale di rete: Oltre a facilitare l’accesso dei detenuti ai propri diritti occorre porsi il problema dello sportello come mediazione funzionale con l’esterno. Già adesso molti sportelli hanno dei rapporti con i servizi socio-assistenziali e sanitari del territorio, con il servizio sanitario, i Centri per l’impiego, le Questure e le Autorità Consolari. Dalle risposte date dagli educatori e dagli assistenti sociali emerge l’importanza del ruolo-ponte dello sportello con l’esterno; tra la fase trattamentale e l’uscita del detenuto. Che tipo di progettualità per il reinserimento sociale in Italia oppure che tipo di transizione-accompagnamento per un possibile rientro in Patria. Non solo dei collegamenti con i servizi ma anche con l’associazionismo (compreso quello degli immigrati) il privato sociale (in particolare le cooperative sociali) i Centri di formazione professionale e le ONG. Arrivato a questo punto del progetto sarebbe importante che si aprisse una rete interattiva tra gli sportelli; con la creazione di uno spazio internet, e che si costituisse una documentazione con inserimento informatico in un sito coordinato dalla Regione. Ci vuole anche un maggiore coinvolgimento degli operatori penitenziari con l’organizzazione di incontri periodici tra esperienze. L’esperienza regionale ha permesso di riflettere sul profilo professionale del mediatore culturale e il suo ruolo. Intanto gli operatori della comunicazione interculturale dovrebbero avere una serie di competenze trasversali ma anche delle competenze specifiche. Ci sembra di poter indicare alcune di queste competenze; competenze che sono spesso esperienziali ma che devono diventare professionali. Per esempio: per non ridurre il ruolo del mediatore a quello di interprete non basta essere un operatore proveniente dalla stessa area geo-linguistica dell’immigrato per essere in grado di gestire in termini di facilitazione i processi comunicativi. Non è detto che un marocchino per il fatto di essere un marocchino, sappia lavorare con altri marocchini. Per di più il mediatore di origine marocchina può trovarsi a lavorare con immigrati di altre provenienze geo-linguistiche e culturali. L’importante è che l’operatore della comunicazione interculturale abbia rielaborato in termini professionali, la propria esperienza migratoria. Da questo punto di vista non è escluso che degli italiani abbiano questi prerequisiti. L’Operatore della comunicazione interculturale o mediatore culturale ha come compito di produrre relazione d’aiuto in un contesto multietnico e pluriculturale, deve facilitare la comunicazione, favorire l’accoglienza e l’accesso degli immigrati al sistema dei servizi sul territorio, produce azioni comunicative per favorire una integrazione sociale rispettosa delle diversità e del pluralismo culturale. Una volta acquisito le competenze trasversali necessarie il mediatore deve diventare un esperto della comunicazione interculturale in un settore di attività specifico: per esempio l’ambito giudiziario. Diventa importante arrivare alla definizione di u profilo professionale giuridicamente formalizzato. Nel caso contrario questa figura rischia di rimanere ambigua, debole e poco chiara sia rispetto al proprio ruolo che al proprio ambito contrattuale. Analisi di un contesto situazionale: sportello immigrati e carcere
Premessa
Ogni contesto funziona come un sistema interattivo che produce rappresentazioni e autopercezioni degli attori che lo compongono. La proposta è di fare un’analisi etnologica del contesto carcerario partendo dall’agente analizzatore sportello immigrati. Il metodo d’indagine è quello sviluppato dall’etnometodologia: il metodo documentario delle procedure interpretative (gli etnometodi) dei vari gruppi ed attori del contesto. È proprio attraverso le interazioni di campo che si costruiscono le rappresentazioni che organizzano lo spazio sociale di relazioni fatto di regole, vincoli e codici. L’etnometodologia mira a comprendere le procedure pratiche degli attori che interagiscono tra di loro: questo tipo di indagine ha come scopo di rendere leggibile il contesto ai suoi attori e di fare emergere la costruzione dell’immagine dell’altro nella dinamica dei ruoli. Capire qual è la percezione dell’attività dello sportello ci permetterà anche di valutare qual è la rappresentazione che ogni attore ha del proprio ruolo ne l rapporto con gli altri e nel lavoro con i detenuti immigrati.
Una ricerca azione ed intervento per migliorare il sistema di risposte
Questa indagine viene concepita come:
Questo spazio di ricerca può evidenziare nodi critici, bisogni non esplicitati, zone potenziali di sviluppo nel lavoro con detenuti immigrati: in questo senso il metodo della ricerca qualitativa ha anche per obiettivo di favorire un processo autoformativo. Gli sportelli informativi saranno le regie di diffusione dei questionari che serviranno a rilevar i dati utili allo sviluppo dell’indagine.
Strumento: questionario a domande aperte
Il questionario sarà strutturato in due parti: (1) una parte trasversale per tutti gli attori (direttori, agenti, educatori, assistenti sociali, operatori sanitari e mediatori sportelli) e (2) una specifica per ogni attore. Il questionario va somministrato a tutti gli agenti, a tutti gli educatori, a tutti gli assistenti sociali e a tutti i mediatori. Il questionario sarà anonimo e verrà distribuito attraverso i referenti individuati dal gruppo di pilotage regionale.
Parte comune:
Direttori degli Istituti Penitenziari
Educatori
Polizia Penitenziaria
Centro servizi sociali
Operatori e mediatori dello Sportello
Operatori dell’area sanitaria
|