Commento sentenze 222 e 223

 

L’udienza di convalida dell' espulsione amministrativa

di Mario Pavone (Avvocato Patrocinante in Cassazione)

 

1. Premessa

 

La Corte Costituzionale, con sentenze n. 222 e n. 223 del 8.7.2004 - 15.7.2004 ha dichiarato:

1) l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), introdotto dall’art. 2 del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51 (Disposizioni urgenti recanti misure di contrasto all’immigrazione clandestina e garanzie per soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera), convertito, con modificazioni, nella legge 7 giugno 2002, n. 106, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida debba svolgersi in contraddittorio prima dell’esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa;

2) la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 4 e 5, del citato decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e dell’art. 13, comma 4, dello stesso decreto legislativo n. 286 del 1998, come sostituito dall’art. 12, comma 1, lettera c), della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), sollevate, in riferimento agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Roma. (v. Sentenza n. 222/2004)

3) l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), inserito dal comma 1 dell’art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, nella parte in cui stabilisce che per il reato previsto dal comma 5-ter del medesimo art. 14 è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto;

4)la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 558 del codice di procedura penale, nonché degli artt. 13, commi 3, 3-bis, 3-quater, e 14, comma 5-quinquies, del predetto decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificati dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata, in riferimento agli artt. 24, 101, secondo comma, e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Firenze. (v.Sentenza n. 223/2004)

 

2. La illegittimità della convalida della espulsione amministrativa

 

La norma dell’art. 14 (ex art.13, comma 5 bis introdotto dalla Legge 106/2002)del T.U. sull’immigrazione, che disciplina il giudizio di convalida della espulsione amministrativa,sin dalla sua emanazione, ha suscitato in Dottrina e Giurisprudenza numerose perplessità specie in tema di tutela del diritto di difesa del cittadino straniero espulso.

L’art. 14 ha sancito che "quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o respingimento (...) il Questore dispone che lo straniero sia trattenuto presso il Centro di permanenza temporanea ed assistenza più vicino (...)"(art.14, comma 1).

In tal caso, "il Questore trasmette copia degli atti (di espulsione) al tribunale in composizione monocratica senza ritardo e comunque entro le 48 ore dall’adozione del provvedimento "ai fini della convalida (art.14, comma 3).

In conseguenza "Il Tribunale ,ove ritenga sussistenti i presupposti di cui agli artt.13 e 14,convalida il provvedimento del Questore nei modi di cui all’art.737 e seguenti del CPCC, sentito l’interessato. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia convalidato nelle 48 ore successive.

Entro tale termine la convalida può essere disposta anche in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione (art.14, comma 4).

E’ stato, in particolare, sostenuto da più parti che il rito camerale di convalida del trattenimento dello straniero nei centri di permanenza temporanea leda i diritti costituzionali di difesa (1) ed alla luce del dettato normativo,alcuni valenti Magistrati ne hanno eccepito la incostituzionalità a causa della introduzione di quella che è stata definita da alcuni commentatori (2) una sorta di "detenzione amministrativa" degli stranieri colpiti da provvedimento di espulsione presso i centri di permanenza mettendo in luce ancora una volta la mai sopita diffidenza verso il controllo di legalità demandato alla magistratura ed hanno posto in evidenza la carenza di una visione del sistema di garanzie che possa assicurare a tutti, anche a chi appartiene alle fasce più deboli della società, identiche possibilità di tutelare i propri diritti fondamentali e la propria libertà.

In questa prospettiva,una valenza emblematica assumerebbe proprio la disciplina della c.d. "detenzione amministrativa"dello straniero destinatario di un decreto di espulsione che apparirebbe, secondo tale opinione,una forma di vera e propria limitazione della libertà personale (3).

Una assimilazione alla carcerazione emergerebbe,in effetti,da una lettura approfondita del Testo Unico e del Regolamento laddove viene stabilito il divieto per lo straniero di allontanarsi dal centro, autorizzano l’uso della forza pubblica per riportare nel centro lo straniero che se ne sia allontanato, affidano la gestione del centro al questore, che può porre in essere tutte le misure necessarie a impedire l’allontanamento degli stranieri detenuti.

In particolare, viene sottolineata da più parti la grave carenza di garanzie difensive che rendano effettivo il diritto di difesa dello straniero destinatario di questi provvedimenti, in un sistema caratterizzato dalla concessione di grandi poteri discrezionali, direttamente incidenti sulla libertà personale, alla autorità amministrativa di pubblica sicurezza, dalla riduzione del ruolo del magistrato ad una semplice verifica, a volte incompleta e burocratica, dei presupposti della misura, dalla automaticità delle conseguenze del provvedimento, senza che il Giudice, come accade per le misure limitative della libertà personale, possa incidere sulla durata della detenzione adeguandola al caso concreto.

Merita di essere sottolineato come queste misure riguardino un illecito amministrativo che è costituito dall’ingresso e della permanenza nel territorio dello Stato che ha natura permanente e tendenzialmente indefinito nel tempo e che nessun fatto diverso da un provvedimento legislativo di sanatoria può far cessare.

In questo ambito, sulla base di valutazioni del tutto discrezionali e sostanzialmente incontrollabili, il prefetto può disporre che l’espulsione avvenga con accompagnamento immediato alla frontiera.

Tale provvedimento finisce con il costituire una misura che incide direttamente sulla libertà personale dello straniero, il quale viene assoggettato ad un potere esterno e viene privato di autodeterminazione senza che tale misura venga sottoposta ad un controllo preventivo di legittimità del giudice benché,a mente dell’art. 13 della Cost., la libertà personale, dichiarata pressoché inviolabile,possa essere limitata soltanto in forza di un atto motivato dell’autorità giudiziaria e sulla base di una espressa disposizione di legge.

E’ quindi consentito dalla Costituzione solo ed esclusivamente al Giudice di poter disporre,con obbligo di adeguata motivazione ed attenendosi alla lettera della legge,una misura sanzionatoria tale da limitare la libertà personale e solamente in presenza di una sentenza passata in giudicato per un reato di notevole gravità e pericolosità sociale, quindi al termine di un procedimento pubblico, il processo, nel corso del quale sia garantito al sottoposto l’esercizio del diritto di difesa, diritto che la Costituzione dichiara parimenti inviolabile "in ogni stato e grado del procedimento" a mente dell’art. 24 della Costituzione.

Nel caso dei C.P.T., invece, una misura sotto tutti gli aspetti sanzionatoria e limitatrice della libertà personale e,come tale,assimilabile alla pena, quale il "trattenimento" all’interno del centro, viene disposta dal Questore, un organo amministrativo,la cui azione è pertanto improntata alla discrezionalità e pertanto non vincolata all’osservanza di una norma che ne precisi la condotta. Ciò nondimeno,l’unico controllo giurisdizionale è previsto solo nel caso in cui, a causa della impossibilità di eseguire l’espulsione immediata con accompagnamento alla frontiera, lo straniero venga inviato presso un centro di permanenza, nelle ipotesi previste dal citato art. 14 del testo unico sulla immigrazione.

Anche in questo caso vanno sottolineate incongruenze del sistema, nella parte in cui viene scelto un procedimento, disciplinato dal codice di procedura civile, del quale la dottrina processualistica più attenta ha da tempo evidenziato aspetti di contrasto con le garanzie costituzionali se utilizzato per la tutela di diritti, per la grave compromissione del diritto di difesa.

La disciplina del d.lgs. n. 286/99, inoltre, non consente al giudice di limitare la durata del trattenimento al periodo di tempo congruo in relazione alle concrete esigenze del caso.

Il controllo giurisdizionale non è,dunque, effettivo e si limita ad una semplice convalida del provvedimento del questore: davvero troppo poco per consentire una limitazione all’esercizio della libertà personale.

La recente "Carta dei diritti e dei doveri per il trattenimento della persona ospitata nei centri di permanenza temporanea", contenuta in una direttiva emanata dal Ministero dell’Interno, riconosce, almeno formalmente, il diritto di difesa al trattenuto, prevedendo altresì il gratuito patrocinio per gli espellendi, ma sinora sono pochissimi i casi in cui lo straniero sia stato adeguatamente informato ed assistito in sede di convalida della misura di trattenimento (4).

Non si può sottacere che la legge, tuttavia, non prevede che il difensore venga avvisato immediatamente al momento in cui inizia il trattenimento, ma solo in relazione alla udienza di convalida con la conseguente riduzione dei tempi per l’organizzazione di una difesa efficace, che possa ad esempio raccogliere elementi di prova in favore dello straniero.

Il differimento della nomina del difensore d’ufficio al momento della convalida, unito al breve termine di cinque giorni per l’impugnazione del decreto di espulsione, comporta poi una ulteriore compromissione del diritto di difesa dello straniero e del diritto di impugnare efficacemente proprio il provvedimento che è a monte dell’intero procedimento e rispetto al quale il giudice è fornito di maggiori poteri di indagine e controllo rispetto alla fase di convalida.

In conseguenza è stato eccepita la incostituzionalità della norma dell’art. 14 nella parte in cui non è stato previsto dal Legislatore,in conformità all’art. 386 CPP, l’obbligo degli ufficiali di polizia giudiziaria di informare l’arrestato della facoltà di nominare un difensore di fiducia, né il conseguente dovere di informare immediatamente il difensore così nominato (5).

Se a questi rilievi si aggiungono le ordinarie difficoltà connesse alla traduzione degli atti processuali ed all’assistenza di un interprete, si può constatare la sostanziale inadeguatezza dell’attuale disciplina a garantire l’effettività del diritto di difesa e l’effettiva tutela del diritto alla libertà personale

Tale situazione ha indotto il Comitato Italiano per i Rifugiati, indipendentemente dalla questione di principio se tali centri siano necessari all’interno di una politica complessiva di immigrazione, indipendentemente quindi, da una eventuale riforma legislativa su questo aspetto,a chiedere che i diritti fondamentali, i diritti che risultano dalle Convenzioni dell’ONU e del Consiglio d’Europa contro la tortura ed il trattamento inumano o degradante, nonché i diritti che più specificatamente risultano dal Testo Unico ed il suo Regolamento siano scrupolosamente rispettati nei confronti dei cittadini stranieri trattenuti in tali centri. (6)

 

3. L’udienza di convalida

 

Alla luce delle suesposte osservazioni e dei rilievi venuti dalla Corte Costituzionale con le citate sentenze,lo svolgimento della udienza di convalida del trattenimento nei CTP merita un attento esame poiché costituisce momento essenziale del controllo di legittimità del provvedimento espulsivo prefettizio che,va ricordato,è esecutivo e non suscettibile di sospensione a prescindere dalla impugnazione dello stesso.

 

a) la durata del trattenimento

 

Va ricordato, innanzitutto, che la Cassazione (7) ha sancito da tempo i limiti di durata massima del trattenimento,stabilendo che il provvedimento disposto dal questore comportando, una volta convalidato dal giudice, la permanenza dello straniero nel centro di assistenza per un periodo complessivo di venti giorni(divenuto con la Legge Bossi-Fini di gg. 30-ndr), prorogabile di ulteriori dieci giorni (attualmente gg. 30 ndr), deve considerarsi provvedimento incidente sulla libertà personale non suscettibile di reiterazione da parte dell’autorità amministrativa una volta scaduto il termine massimo previsto dal legislatore.

Ne consegue che, decorso detto termine, l’accompagnamento od il respingimento dello straniero (verso lo Stato appartenenza ovvero, quando non sia possibile, verso lo Stato di provenienza) debbono trovare immediata esecuzione,salva in ogni caso la tutela di eventuali diritti fondamentali configgenti.

 

b) la ricorribilità della convalida

 

La Cassazione ha,inoltre,chiarito, quali siano i limiti di ricorribilità dei decreti espulsivi e del provvedimento di convalida stabilendo che le nuove norme dirette a regolare l’espulsione amministrativa dello straniero, hanno innovato la materia dei rimedi giurisdizionali avverso i provvedimenti espusivi e si sono tradotte nella sottoposizione alla cognizione camerale del Pretore (ora Tribunale Monocratico - ndr) delle misure di espulsione.

Più in particolare, mentre il preesistente regime prevedeva la ricorribilità innanzi al T.A.R. di tutti i provvedimenti di espulsione, così da delineare un sistema di controlli del tutto interno alla giurisdizione amministrativa e come tale non sottoponibile al ricorso straordinario ex art. 111, secondo comma, della Carta Costituzionale, nel nuovo sistema e’ stata mantenuta al sindacato della giurisdizione amministrativa del T.A.R. del Lazio (comma undicesimo) la valutazione della sola legittimità dell’espulsione disposta dal Ministro per ragioni di ordine pubblico o sicurezza (comma primo), mentre il sindacato sulla validità dell’espulsione disposta dal Prefetto nei casi di cui alle lettere a), b), c) del comma secondo ( sintetizzabili nelle tre ipotesi de : lo straniero entrato clandestinamente; lo straniero carente del titolo per soggiornare; lo straniero "pericoloso" o sospetto di appartenenza mafiosa ) e’ stato affidato (al pari di quello sui provvedimenti con i quali il Questore - ex art. 12, commi primo, secondo, terzo e quarto - nei casi d’impossibilita’ di respingimento o espulsione immediata dello straniero, dispone il trattenimento temporaneo dello straniero in centri di permanenza )in via esclusiva al Pretore(ora Tribunale monocratico) nei modi di cui agli artt. 737 e seguenti cod. proc. civ. (commi ottavo, nono, decimo).

Ferma la non riconducibilità di una tale cognizione - che investe la denunciata lesione di veri e propri diritti soggettivi - all’ambito della mera "giurisdizione volontaria", tuttavia, mentre nei casi dei provvedimenti su citati del Questore, il sindacato del Pretore(ora Tribunale monocratico) si conclude con decreti di convalida o di proroga della misura assunta dall’autorità amministrativa, i quali sono immediatamente ricorribili in Cassazione, nel caso dei provvedimenti di espulsione del Prefetto,la decisione pretorile (ora del Tribunale monocratico-ndr) - invece - è suscettibile previamente di reclamo ai sensi dell’art. 739 cod. proc. civ. (norma richiamata con il rinvio contenuto nel citato comma 9 dell’art. 11, agli artt. 737 e seguenti cod. proc. civ. ), e solo all’esito - pertanto - si rende instaurabile, nei confronti della pronuncia assunta dal Tribunale in sede di reclamo, il ricorso per Cassazione ai sensi dell’Art. 111 della Carta Costituzionale (8).

 

c) il controllo di legittimità del provvedimento espulsivo

 

Si impone, comunque, al Magistrato un controllo rigoroso dei provvedimenti espulsivi,come ha ricordato la Cassazione anche di recente (9) precisando che costituisce un obbligo del giudice del merito quello di verificare l’esistenza del provvedimento espulsivo e di indicarlo, non essendo sufficiente la sola menzione dell’esistenza del provvedimento di trattenimento del Questore ovvero il rinvio all’espulsione prefettizia.

La Suprema Corte ricorda,in sentenza, come,in conformità alla giurisprudenza della Corte Cost., ha chiaramente indicato nella misura di trattenimento l’esistenza di un provvedimento idoneo ad ottenere la "privazione della libertà personale indotta da atti comunque e sempre sindacabili" ed ha perciò predicato la necessità di un controllo imposto dagli artt. 13 e 111, secondo comma, Cost (10).

Da questa impostazione-secondo la S.C.- consegue la necessità che il procedimento di convalida sia ispirato al più rigoroso controllo del titolo di privazione della libertà personale e, quindi, del suo presupposto indefettibile: l’espulsione del Prefetto.

L’esistenza di tale provvedimento costituisce il prius logico-giuridico del trattenimento che, senza di esso, si rivelerebbe del tutto ingiustificato e carente di titolo, sì da comportare la sua mancata convalida.

Inoltre, la norma dell’art.14 presenterebbe un ulteriore profilo d’illegittimità,come osservato dal Tribunale di Roma in alcune recenti sentenze(10-bis).

L’ordine del Questore ex art. 14 comma 5 bis D.Lgv. 25.7.1998, n. 286 non conterrebbe alcuna indicazione " delle modalità della sua impugnazione" ( cfr. artt. 13 comma 7 T.U. ed art. 3, ultimo comma, L. 241 / 1990 ).

Infatti,secondo il Tribunale,seppure non prevista direttamente dall’art. 14 comma 5 bis T.U., deve ritenersi debba essere presente nell’ordine del Questore l’indicazione delle modalità per impugnarlo, indicazione imposta in via generale dall’art. 3 u.c. L. 241 / 1990 "per ogni atto amministrativo" e, con norma speciale, dall’art. 13 comma 7 T.U. "per ogni atto concernente l’espulsione..." .

Si deve,infatti, ritenere condivisibile l’interpretazione invalsa nelle Sezioni Civili del Tribunale di Roma,circa il fatto che l’ordine del Questore ex art, 14 comma 5 bis,nonostante il silenzio sul punto di tale disposizione, sia impugnabile con quello stesso ricorso al Tribunale in composizione monocratica previsto dall’art. 13 8° comma T.U. per l’impugnazione del decreto di espulsione del Prefetto.

Tale estensione analogica appare corretta sia dal punto di vista logico (dovendosi ritenere che il mezzo di gravame in parola, utilizzabile contro il decreto di espulsione, sia a fortiori utilizzabile contro l’ordine del Questore che, in concreto, incide sui diritti dello straniero), sia tenendo conto di una interpretazione costituzionalmente orientata, in quanto sana quella che altrimenti rimarrebbe un’omissione in contrasto con le disposizioni della Costituzione che garantiscono il diritto di tutela delle posizioni di diritto e di interesse legittimo - art. 24 Cost.- nonché con quelle che assicurano la razionalità delle disposizioni di legge - art. 3 -( tenuto anche conto del fatto che l’ordine del Questore può costituire condizione di un arresto obbligatorio ).

Passiamo,quindi,ad esaminare gli aspetti procedurali del controllo in sede di convalida del provvedimento di espulsione.

 

d) il contenuto del fascicolo processuale

 

All’udienza stabilita per la convalida del trattenimento il Giudice dispone di un fascicolo in cui sono contenuti la richiesta di convalida del questore con allegati il decreto di espulsione del prefetto e il provvedimento di trattenimento del questore.

Nell’esame formale del provvedimento di trattenimento del questore,occorre preliminarmente verificare se la richiesta di convalida sia stata depositata nella cancelleria del Giudice entro le 48 ore dalla data del provvedimento stesso,come sancisce l’art.14 del T.U..

In caso di inosservanza del termine, la richiesta di convalida dovrebbe essere ritenuta dal Giudice inammissibile.

Altra questione della massima rilevanza è quella relativa al termine di quarantotto ore concesso per la convalida, pena la perdita di efficacia del "trattenimento", termine che decorre dal deposito della richiesta del questore nella cancelleria ai sensi dell’art. 14,4 comma del TU (11).

Di norma l’udienza di convalida viene fissata il giorno dopo, ma nel caso di richiesta depositata il Sabato,alcuni autori dubitano - e l’opinione appare condivisibile- se la convalida possa avvenire entro la corrispondente ora del Lunedì (11-bis).

In tal caso, tuttavia, potrebbe ritenersi rispettato il termine purché l’udienza abbia inizio prima dell’ora corrispondente al deposito della richiesta, senza che abbia rilevanza l’orario in cui lo straniero è stato sentito ovvero la singola audizione, con il provvedimento, sia stata conclusa (in questo senso per l’analoga situazione del termine per la convalida dell’arresto.

Altro controllo formale che può condurre a negare la convalida attiene alle modalità ed alla completezza del provvedimento del questore (e del prefetto, nel caso di espulsione con accompagnamento immediato).

 

e) la traduzione degli atti

 

Ciò riguarda anzitutto la traduzione dei provvedimenti notificati allo straniero che deve essere fatta in una lingua comprensibile per lo straniero oppure,in mancanza, almeno nella lingua inglese, francese e spagnolo.

In proposito la Corte di Cassazione (12), nell’intento di salvaguardare il diritto di difesa dello straniero, ha dichiarato la nullità del provvedimento di espulsione del cittadino extracomunitario che non sia stato tradotto nella lingua del Paese d’origine dell’immigrato o in altra lingua a lui conosciuta. Ciò per impossibilità dell’interessato di comprendere la natura e gli effetti dell’atto, nonché le modalità per impugnarlo.

La traduzione in lingua inglese del provvedimento,non accompagnata dalla contestuale e necessaria giustificazione dell’impossibilità di rendere compiutamente noto il provvedimento al suo destinatario, non sanerebbe il vizio di nullità del decreto, in quanto la legge consente la traduzione in una delle tre lingue, solo "ove non sia possibile" quella in una lingua nota all’interessato.

Secondo recenti sentenze del Tribunale di Roma, la disposizione che consente di tradurre gli atti da consegnare allo straniero in una delle lingue previste dall’ art. 13, comma 7, del D.Lgv. 25.7.1998, n. 286 (francese, inglese o spagnolo) anche se non nota allo straniero, ponendosi in contrasto con il più generale principio di garanzia che impone la conoscibilità degli atti giuridici, va ritenuta norma di stretta interpretazione, da riferirsi quindi solo a lingue particolarmente rare o poco note (almeno nella nostra area geografica) come lo swaili o l’indi.

E’ quindi senz’altro illegittima la prassi, di fatto invalsa, che considera le lingue dell’Europa orientale idiomi particolarmente rari, per i quali la Prefettura e la Questura non sono in grado di reperire un interprete, tanto più che gli atti previsti dal D.Lgv. 286/98 sono per lo più seriali e quindi suscettibili di essere predisposti una volta per tutte in ognuno degli idiomi (almeno) europei e soprattutto in considerazione del fatto che nella capitale vi sono ben due ambasciate per ogni nazione del mondo (una per lo Stato italiano ed una per il Vaticano), presso le quali ben potrebbero reperirsi interpreti non solo delle lingue più comuni, ma anche di quelle rare o rarissime

La stessa Corte di Cassazione, nel rigettare in toto le argomentazioni espresse nel ricorso prefettizio, ha fornito un’interpretazione della normativa di riferimento (art. 13, comma 7, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, in vigore al momento dei fatti di cui è causa) fondata sulle primarie esigenze di tutela del diritto di difesa dello straniero, anche a scapito delle esigenze organizzative dell’Amministrazione.

La Suprema Corte si è posta con ciò sulla scia di quanto auspicato e stabilito da due recenti sentenze della Corte Costituzionale (13) che, pongono a carico delle autorità preposte a emanare provvedimenti restrittivi della libertà di autodeterminazione e scelta dell’individuo l’onere di far sì che i destinatari siano messi nella condizione di capirne contenuto e significato.

 

f) la nomina e l’assistenza del difensore

 

I provvedimenti di trattenimento (come quello di espulsione) debbono, comunque, contenere "l’avvertimento" che lo straniero può nominare un difensore di fiducia (e che in caso di omissione, sarà nominato un legale d’ufficio). Tale disposizione è stata introdotta con il Regolamento del 31 agosto 1999, per quanto riguarda il decreto di trattenimento.

L’omissione dell’avvertimento dovrebbe essere causa di inammissibilità o di rigetto della richiesta di convalida. L’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (14) vuole che, nel procedimento conseguente al ricorso avverso il decreto di espulsione dello straniero, il Giudice senta in ogni caso l’interessato. Tale necessità risulta imposta, sul piano normativo, dall’inciso presente nel comma 9 dell’art. 13 D.L.vo n. 286/98 e, dato l’indubbio carattere contenzioso del procedimento, trae giustificazione da quello stesso principio del contraddittorio che impone - art. 4 del D.L.vo 113/99, che introduce l’art. 13 bis nel D.L.vo n. 286/98 - la notifica, a cura della cancelleria, del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio all’autorità emittente.

Quello stesso decreto, peraltro, deve essere comunicato allo straniero, sia per ragioni di coerenza con il modello procedimentale richiamato - perché gli artt. 737 ss. CPC impongono l’audizione degli interessati - sia perché l’art. 3, comma 1, del d.p.r. n. 394/99 dispone che: "Le comunicazioni dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria relative ai procedimenti giurisdizionali previsti dal testo unico e dal presente regolamento sono effettuate con avviso di cancelleria al difensore nominato dallo straniero o a quello incaricato di ufficio".

Si deve, infatti, rilevare che, ai sensi dell’art. 13, comma 10, citato D.L.vo 286, il ricorso avverso il decreto d’espulsione può essere sottoscritto personalmente, ma nel procedimento camerale il ricorrente deve essere assistito da un difensore (o di propria nomina o nominato d’ufficio).

Ne consegue che l’obbligo di audizione non è soddisfatto se il ricorrente non viene convocato con il mezzo indicato dal regolamento, né sembra praticabile - di fronte al dettato normativo - l’ipotesi che ricada sul ricorrente l’onere di informarsi quotidianamente della data fissata dal tribunale per sentirlo.

Il principio è stato affermato anche da altra sentenza del 2002 (15), secondo la quale il provvedimento che definisce il giudizio conseguente al ricorso dello straniero avverso il decreto di espulsione è nullo se l’opponente non è stato posto in condizione di essere sentito in camera di consiglio, ai sensi dell’articolo 13, comma nono, D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286, per non essergli stata data comunicazione dell’udienza di comparizione, con conseguente lesione del suo diritto di difesa, e non rileva la presenza all’udienza del difensore nominato d’ufficio, poiché, dato il meccanismo previsto per la nomina, non sussiste alcun collegamento tra lo stesso e l’espulso, se non quello che può solo eventualmente intervenire al di fuori del processo, o in sede di udienza stessa (ove entrambi vi compaiano).

 

g) i casi più ricorrenti

 

Ritornando allo svolgimento dell’udienza,il caso più ricorrente all’esame dei Magistrati è comunemente ritenuto quello del provvedimento di espulsione del prefetto per mancanza del permesso di soggiorno. In questi caso la convalida è subordinata all’accertamento della comunicazione all’interessato del provvedimento contenente l’intimazione a lasciare il territorio dello Stato. Ogni altra questione relativa alla validità e legittimità del decreto di espulsione è riservata al ricorso contro il decreto prefettizio per il quale è previsto un termine di 60 giorni per la presentazione.

Altro caso ricorrente è quello costituito da un provvedimento di espulsione dell’autorità giudiziaria.

Nel caso di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva, è ammesso l’accompagnamento forzato ed immediato (senza la concessione del termine) e il provvedimento di trattenimento da parte del questore (vedi articolo 16 del D.Lgs).

In questo caso la convalida è inevitabile, salvo questioni di carattere puramente formale, mentre non vi è alcuna possibilità di ricorso neppure contro il provvedimento di espulsione.

In caso di decreto del prefetto con espulsione immediata,i due provvedimenti, del prefetto e del questore, risultano avere la stessa data e notificati contestualmente allo straniero.

I casi in cui l’espulsione del prefetto può essere eseguita immediatamente dal questore con l’accompagnamento forzato e con il provvedimento di trattenimento sono:

- nel caso di sottrazione ai controlli di frontiera e di mancanza di documento attestante l’identità o la nazionalità (art. 13 comma 2 lett.a)

- nel caso di presenza nel territorio senza aver chiesto il permesso di soggiorno, nei termini, o il suo rinnovo (art. 13 comma 2 lett.b)

- nel caso di persone pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico o appartenenti ad associazioni mafiose (art. 13 comma 2 lettera c).

Tale condizione viene attestata generalmente da un provvedimento dell’autorità giudiziaria penale (espulsione a titolo di misura di sicurezza:vedi articolo 15 del D.Lgs)

 

h) la motivazione del provvedimento di trattenimento

 

In tutti i casi di espulsione con accompagnamento immediato di cui sopra, il decreto del prefetto deve contenere,per la legittimità del provvedimento, la motivazione del concreto pericolo che lo straniero si sottragga all’esecuzione del provvedimento, tenuto conto di circostanze obiettive, riguardanti il suo inserimento sociale, familiare e lavorativo.

La motivazione può essere ritenuta insufficiente o "apparente" quando il prefetto si limiti a ripetere la formulazione legislativa, ma ciò non impedisce che gli elementi "obiettivi" possano essere ricavati dalle stesse dichiarazioni dello straniero che in sede di udienza per la convalida, confermi le circostanze.

Nel caso in cui la motivazione sia insufficiente o inesistente o solamente apparente, se lo

straniero contesti le circostanze obiettive rilevate genericamente dal prefetto, la convalida del trattenimento dovrebbe essere negata.

 

i) l’audizione dello straniero

 

Come sancito dalla Cassazione, l’udienza per la convalida si svolge con l’audizione dell’interessato, alla presenza del difensore (nominato eventualmente d’ufficio) dell’interprete e del funzionario delegato dal Questore (i cui poteri di rappresentanza devono essere documentati espressamente).

E’ dubbio se l’udienza possa svolgersi senza il difensore che sia stato nominato ed avvertito. In mancanza di esso, poiché è prevista la presenza di un difensore d’ufficio, si potrebbe ritenere che il problema possa essere superato da tale assistenza,benché l’orientamento della Suprema Corte sia di diverso avviso (16).

Il giudice può rivolgere allo straniero le domande che riterrà opportune, con particolare riferimento al suo ingresso in Italia, al suo inserimento lavorativo, sociale e familiare nel paese, la sua condizione abitativa.

La S.C.,tuttavia, si è espressa ripetutamente su tale questione (17) ed ha affermato il principio secondo il quale la convalida, ai sensi dell’articolo 14 del D.Lgs 286/98, del provvedimento del questore, richiede, ancorché il procedimento sia caratterizzato da motivi di speditezza e celerità, la previa audizione dell’interessato, costituendo questa, non una mera facoltà, ma un obbligo del giudice che attiene al rispetto di un valore costituzionale, l’inviolabilità del diritto alla difesa in ogni tipo di giudizio.

La violazione di tale obbligo, infatti, comporta una nullità insanabile, rilevabile anche d’ufficio.

Il provvedimento di convalida non richiede particolari motivazioni, oltre a quelle contenute nello stampato in uso mentre una succinta motivazione è prevista in caso di rigetto della richiesta di convalida (18).

 

l) l’istruttoria della convalida

 

Il Giudice non è quindi tenuto ad altri accertamenti tranne quelli relativi alla regolarità formale dei provvedimenti del prefetto e del questore, accertamenti e verifiche che molte volte sono le uniche attività possibili da parte del Magistrato, dal momento che il procedimento di convalida si svolge quasi esclusivamente allo stato degli atti, senza che sia prevista un’istruttoria, che, quando necessaria deve considerarsi del tutto eccezionale.

Accade abbastanza frequentemente che lo straniero, colpito da provvedimento di espulsione, ormai definitivo, rappresenti circostanze che potrebbero giustificare il rilascio del permesso di soggiorno (lavoro, abitazione, inserimento familiare).

Il trattenimento, nel concorso delle altre circostanze, deve essere convalidato, poiché il giudice non può sostituirsi all’autorità amministrativa.

Lo straniero dovrà quindi lasciare il territorio e fare domanda di ingresso, rispettando tutte le condizioni previste dalla legge per il rilascio del regolare documento.

Altro caso diffuso è quello dello straniero che dichiara una identità diversa da quella fornita al momento del trattenimento, magari eccependo che esiste un permesso di soggiorno sotto altro nome e che in definitiva non si identifica con la persona indicata nel provvedimento di espulsione. In tali casi è difficile che la convalida del trattenimento possa essere evitata, dal momento che il provvedimento del questore è finalizzato anche alla identificazione della persona che non ha documenti.

Tali circostanze, salvo casi di carattere estremo ed in presenza di elementi acquisiti, non giustificano neppure un accertamento supplementare da parte del giudice.

Nel caso di straniero espulso dal prefetto, ma entrato nel territorio dello Stato prima del 23 marzo 1998 (se risulta da circostanze obiettive), non è consentito l’accompagnamento forzato alla frontiera, ma il questore può disporre egualmente la misura del trattenimento, per la sua identificazione.

In questo caso è il decreto del questore che deve essere motivato in tal senso, altrimenti la convalida non dovrebbe essere concessa (articolo 13 del D.Lgs comma 15).

Un controllo di merito, sui provvedimenti del prefetto e del questore è ipotizzabile esclusivamente in relazione ai divieti di espulsione, di cui all’articolo 19,comma 2 del D.Lgs.

Il divieto di espulsione dal territorio, di cui al comma 1 dell’articolo 19 del D.Lgs (straniero che si dichiara perseguitato) nessun accertamento può essere fatto in sede di convalida. Lo straniero comunque può presentare alle stesse autorità che lo trattengono,domanda per vedersi riconosciuto lo stato di apolide o di rifugiato o di asilo politico. In tal caso l’espulsione non viene eseguita sino a quando sulla domanda non si sia pronunciata la Commissione competente.

Gli altri divieti di espulsione di cui al comma 2 dell’articolo 19, possono richiedere una accerta mento supplementare, soprattutto per quanto attiene alle donne che si dichiarino in stato di gravidanza ovvero di stranieri che si dichiarino minori degli anni diciotto.

Si ritiene che lo stato di gravidanza può essere accertato dalle autorità sanitarie preposte al CTP.

Il secondo caso (minori di anni diciotto) richiederebbe un accertamento di carattere medico - legale, che può essere richiesto alla stessa autorità di polizia.

Nel caso in cui si accerti (o sia dubbio) che l’interessato sia maggiore degli anni diciotto, la convalida va negata ed il minore affidato ai servizi sociali del Comune con comunicazione immediata al Tribunale per i minorenni ed al giudice tutelare.

Nei casi suddetti può essere sfruttato il termine di 48 ore rinviando al giorno successivo il provvedimento sulla convalida ovvero può essere disposta la convalida provvisoria del trattenimento, l’inibizione alla espulsione sino al compimento degli accertamenti e la revoca della convalida, quando l’esito sia favorevole allo straniero.

Qualora l’Autorità non compia gli accertamenti delegati dal giudice nel termine fissato, la convalida deve essere negata o revocata.

Altra soluzione ammissibile, che in ogni caso conduce al medesimo risultato, è quella di "riservare la decisione all’esito degli accertamenti", considerando che lo scioglimento della riserva può considerarsi rientrare nei limiti temporali costituiti dall’apertura dell’udienza

 

m) la traduzione del provvedimento di convalida

 

Esaurita la procedura prevista il Giudice oltre ad emanare il provvedimento di convalida della espulsione dovrà provvedere alla liquidazione dei compensi all’interprete e la liquidazione degli onorari all’avvocato nominato d’ufficio.

Si può ritenere a buon diritto che anche il provvedimento di convalida vada tradotto nella lingua dello straniero,benché la procedura non lo contempli espressamente,poiché l’art.13, comma 7 che impone la traduzione anche "di ogni altro atto concernente l’ingresso,il soggiorno e la espulsione,unitamente alle modalità di impugnazione" e quindi anche dell’ordinanza di convalida della espulsione che costituisce il presupposto della esecuzione del provvedimento prefettizio.

 

4. Le censure della Corte Costituzionale

 

Accogliendo, sia pure in parte, le eccezioni di incostituzionalità sollevate da vari Magistrati la Corte, motivando la sentenza n.222/2004, ha ritenuto fondati i rilievi mossi alla normativa vigente sottolineando come l’intervenuta generalizzazione dell’espulsione tramite accompagnamento alla frontiera non ha portato all’eliminazione dell’istituto del "trattenimento": L’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 286 stabilisce tuttora che "quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera" (e cioè nelle seguenti ipotesi: quando vi sia necessità di soccorrere lo straniero, ovvero di accertare la sua identità o nazionalità, o ancora di acquisire i documenti di viaggio, o quando sia indisponibile il vettore o altro idoneo mezzo di trasporto) lo straniero venga trattenuto presso un centro di permanenza temporanea, in base a provvedimento del questore.

Ricorda la Corte come,già con la sentenza n. 105 del 2001, avesse sottolineato come l’accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica investisse la libertà personale e fosse quindi misura assistita dalle garanzie previste dall’art. 13 Cost. al pari del trattenimento. Il controllo del giudice su quest’ultima misura, osservò la Corte,doveva estendersi anche all’accompagna- mento coattivo poiché l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto portare il suo esame sui motivi che avevano indotto l’amministrazione procedente a disporre quella peculiare modalità esecutiva dell’espulsione amministrativa consistente, appunto, nell’accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica. Un controllo - precisò la Corte - da intendersi nella sua accezione più piena, secondo quanto imposto dal precetto costituzionale di cui all’art. 13 Cost. Nonostante le modifiche introdotte dalla Legge 106/2001,il procedimento regolato dall’art. 13, comma 5-bis, contravviene ai principî affermati dalla Corte nella sentenza sopra ricordata: il provvedimento di accompagnamento alla frontiera è eseguito prima della convalida da parte dell’autorità giudiziaria. Lo straniero viene allontanato coattivamente dal territorio nazionale senza che il giudice abbia potuto pronunciarsi sul provvedimento restrittivo della sua libertà personale. È, quindi, vanificata la garanzia contenuta nel terzo comma dell’art. 13 Cost., e cioè la perdita di effetti del provvedimento nel caso di diniego o di mancata convalida ad opera dell’autorità giudiziaria nelle successive quarantotto ore. E insieme alla libertà personale è violato il diritto di difesa dello straniero nel suo nucleo incomprimibile. La disposizione censurata non prevede, infatti, che questi debba essere ascoltato dal giudice, con l’assistenza di un difensore. Non è certo in discussione la discrezionalità del legislatore nel configurare uno schema procedimentale caratterizzato da celerità e articolato sulla sequenza provvedimento di polizia-convalida del giudice. Vengono qui, d’altronde, in considerazione la sicurezza e l’ordine pubblico suscettibili di esser compromessi da flussi migratori incontrollati. Tuttavia, quale che sia lo schema prescelto, in esso devono realizzarsi i principî della tutela giurisdizionale; non può, quindi, essere eliminato l’effettivo controllo sul provvedimento de libertate, né può essere privato l’interessato di ogni garanzia difensiva

Sempre in tema di mancato rispetto delle garanzie difensive,con la sentenza n. 223/2004, la Corte è pervenuta alla declaratoria dell’art.14,comma 5-quinquess che prevede l’arresto obbligatorio per lo straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato a seguito del provvedimento di espulsione.

La Corte rileva,in proposito, che secondo l’ordinamento processuale le misure coercitive possono essere applicate solo quando si procede per un delitto e, in particolare, ai sensi dell’art. 280 cod. proc. pen., per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni ovvero, nel caso in cui sia applicata la misura della custodia cautelare in carcere, non inferiore nel massimo a quattro anni; nell’ipotesi di convalida dell’arresto l’art. 391, comma 5, cod. proc. pen. consente l’applicazione di una misura coercitiva al di fuori dei limiti di pena previsti dall’art. 280 dello stesso codice, ma limitatamente ai delitti di cui all’art. 381, comma 2, o ai delitti per i quali è consentito l’arresto anche fuori dei casi di flagranza.

La norma censurata prevede invece l’arresto obbligatorio per un reato contravvenzionale, per di più sanzionato con una pena detentiva, l’arresto da sei mesi a un anno, di gran lunga inferiore a quella per cui il codice ammette la possibilità di disporre misure coercitive. Ne consegue - attesa l’autonomia tra il giudizio di convalida, volto a verificare ex post la legittimità dell’operato dell’autorità di polizia, e la protrazione dello stato di privazione della libertà personale, per la quale è richiesto un ulteriore e autonomo provvedimento il giudice chiamato a pronunciarsi sulla convalida dell’arresto per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 286 del 1998 deve comunque disporre l’immediata liberazione dell’arrestato ex art. 391, comma 6, cod. proc. pen., ove non vi abbia già provveduto il pubblico ministero a norma dell’art. 121 delle norme di attuazione del codice di procedura penale, posto che per tale reato la legge gli preclude di disporre la custodia cautelare in carcere e, più in generale, qualsiasi misura coercitiva.

L’arresto obbligatorio previsto dall’art. 14, comma 5-quinquies, è dunque privo di qualsiasi sbocco sul terreno processuale, è una misura fine a se stessa, che non potrà mai trasformarsi nella custodia cautelare in carcere, né in qualsiasi altra misura coercitiva, e non trova alcuna copertura costituzionale.

 

5. Conclusioni

 

Da quanto innanzi esposto emerge chiaramente come l’udienza di convalida possa rappresentare l’unico baluardo per far valere la illegittimità della espulsione dello straniero.

A tanto aggiungasi che edifici inadeguati, scarsi contatti con il Servizio sanitario nazionale, insufficiente assistenza legale e psicologica, abuso nella somministrazione di psicofarmaci, eccessi negli interventi delle forze dell’ordine: sono le principali violazioni che l’associazione umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF) ha riscontrato nei Centri di Permanenza Temporanea per stranieri in Italia.

La denuncia è contenuta in un Rapporto presentato il 26 Gennaio 2004 dall’associazione umanitaria vincitrice del Nobel per la Pace nel 1999

"Nei centri non è garantita l’assistenza legale ai richiedenti asilo che, secondo diverse convenzioni internazionali siglate anche dall’Italia, dovrebbero ricevere tutt’altro trattamento - ha ricordato Enrico Davoli, direttore esecutivo di MSF-Italia -. Contrariamente alle finalità della legge che li ha istituiti, poi, il 60% degli ospiti dei Cpt proviene dal carcere. Spessissimo gli immigrati che dalla prigione vengono trasferiti nei Cpt hanno già scontato la pena per gli illeciti commessi: il trattenimento nel Cpt diventa, dunque, un’incomprensibile estensione del periodo di detenzione".

In conseguenza MSF giudica inaccettabile la convivenza forzata tra ex detenuti e coloro che fuggono da guerre e persecuzioni per cercare protezione in Italia.

E’ un giudizio di valore che può essere condiviso,stante le denunce avanzate da vari organismi umanitari,da coloro che sono chiamati ogni giorno a difendere i diritti umani nel rispetto delle convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia.

 

Ostuni, luglio 2004

 

Note

 

(1) v.Tribunale Brindisi-Ordinanza GOT Micelli 23/1/2001-Questore Bari/Rifaii Said

(2) v G. Campo, intervento sui CTP

(3) v. G. Campo, intervento citato

(4) v. Ministero dell’Interno, Direttiva generale in materia di CTP del 30/8/2000 prot.3435/50

(5) v. Tribunale Brindisi -Ordinanza citata

(6) v. CIR , comunicato sui CTP

(7) v.Cassazione Civile ,Sez.I, n.15203/2001 del 20/11/2001

(8) v.Cassazione Civile,Sez.I,sentenza n.1082/1999 del 21/1/1999.

(9) v. Cass.Civ., Sez., sentenza 3/6/2004 n.10559I

(10) v. Cassazione 9003/2000 e 15203/2001 (10-bis) sentenza 15/5/2004,Giudice Amadori

(11) v. Scarlato, Il nuovo diritto dell’immigrazione,IPSOA,pag.206(11-bis)così Bucci, Prime osservazioni sulle convalide nei CTP, in Erasmi.it

(12) v.Cass.Civ.,Sez.I,sentenza n. 9138 del 6 luglio 2001

(13) v.Corte Cost. sentenze nn. 198 e 227 del 2000)

(14) v. Cassazione sentenze.n.. 5376/90 e n. 2833/92)

(15) v Cassazione sentenza n. 10303/2002

(16) v.Cassazione sentenza n.6996/2004 cit.

(17) v.Cassazione Civ.Sez.I 13/4/2004 n.6996; v. Cass., 5 dicembre 2001, n. 15413

(18) v. Cassazione sentenza n. 13865/ 2001;cfr sentenza 23 marzo 2004, n. 5728

 

 

Precedente Home Su Successiva