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Messaggio Ministero dell’Interno del 9 settembre 2003
Principio della non retroattività della legge per gli ingressi nel territorio dello Stato e per i rinnovi di permessi di soggiorno successivi alla data di entrata in vigore della legge 189/2002
Messaggio telegrafico n° 300/C/2003/1851/P/12.222.11/I div. del 9.9.2003
Oggetto: Art. 4, comma 3, e art. 26, comma 7 bis, del d.lgs. 286/98, così come modificato dalla legge 189/2002.
A seguito dei numerosi quesiti pervenuti in ordine alla corretta applicazione della normativa in oggetto, si rappresenta che, posto il principio di non retroattività della legge, le nuove norme dispongono solo per gli ingressi nel territorio dello Stato e per i rinnovi di permessi di soggiorno successivi alla data di entrata in vigore della legge 189/2002. Per quanto concerne l’ingresso nel territorio dello Stato, la legge é esplicita nel conferire all’organo amministrativo il potere di respingimento in tutti i casi di condanna per determinati reati, mentre non si riscontra un pari automatismo e perentorietà delle disposizioni legislative nel caso del rinnovo del permesso di soggiorno. In questo caso è rimesso al questore il potere-dovere di esaminare la situazione complessiva in cui versa attualmente lo straniero (art. 5, comma 5, del testo unico, non modificato dalla nuova legge). Pertanto si ritiene che la condanna per uno dei reati indicati nell’art. 4, comma 3, della legge in oggetto, non comporti automaticamente il rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, rappresentando la stessa uno degli elementi di valutazione, unitamente ad altri, quali la condotta complessiva del soggetto, il livello del suo inserimento sociale, la sua condizione familiare nel nostro paese, in una prospettiva necessariamente rivolta alle esigenze di prevenzione e di sicurezza pubblica rimesse all’autorità amministrativa. Fermi restando gli aspetti di polizia giudiziaria, analogo discorso può essere portato avanti per tutte le condanne intervenute prima dell’entrata in vigore della l. 189/02 ed emerse sempre nell’ambito della procedura di rinnovo del permesso di soggiorno in sede di riscontri fotodattiloscopici. A conclusioni diverse deve pervenirsi nell’ipotesi di cui all’art. 26, comma 7 bis del d.lgs. 286/98, così come modificato dalla l. 189/02. La norma predetta collega chiaramente la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione dello straniero all’emissione di una sentenza irrevocabile per i reati previsti, senza che all’autorità di P.S. sia lasciato alcun margine di apprezzamento. Pertanto gli aspetti automaticamente conseguenti alla condanna irrevocabile non possono che riguardare la sola condanna successiva all’entrata in vigore della l. 189/02.
Il direttore centrale: Pansa Quali prospettive per gli stranieri una volta terminata la pena?
È importante prendere in considerazione anche la condizione di quei detenuti stranieri per i quali non sussistono i presupposti, sopra elencati, per cui può venire disposta l’espulsione a titolo di sanzione alternativa alla detenzione. Questi soggetti continueranno quindi a scontare la pena nelle carceri italiane e in taluni casi avranno la possibilità di compiere un percorso di reinserimento sociale, usufruendo talvolta anche delle misure alternative. Vale la pena, però, considerare quali sono le prospettive per costoro una volta terminata la pena: per poter rimanere in Italia devono innanzitutto essere in regola con il permesso di soggiorno. Il Testo Unico sull’Immigrazione 25 luglio 1998 n. 286, all’art. 5, comma 5, prevede che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo siano rifiutati "quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato". A tal proposito l’art. 4, comma 3, dopo aver elencato i suddetti requisiti (scopo e condizione del soggiorno, disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno, etc.) precisa che non potrà essere ammesso in Italia lo straniero "che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato". La legge 30 luglio 2002, n. 189 ha poi così integrato quest’ultimo comma: "Non è ammesso in Italia lo straniero […] che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’art. 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite". Poiché, come è già stato reso noto anche nel capitolo 1 di questo elaborato, gli stranieri detenuti sono stati condannati nella maggior parte dei casi proprio per le suddette tipologie di reato, secondo quanto previsto dalla legge Bossi-Fini essi, una volta liberi, non potrebbero ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno e sarebbero quindi destinati all’espulsione. Va però detto che, sebbene le disposizioni appena considerate siano esplicite per quanto concerne l’ingresso nel territorio italiano, secondo quanto emerge dal Messaggio del Ministero dell’Interno del 9 settembre 2003 non sembra riscontrarsi un pari automatismo nel caso del rinnovo del permesso.
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