"Non
voglio morire in carcere"
Il
drammatico appello di un detenuto gravemente ammalato
Il
Piccolo, 5 giugno 2002
La mia è una vita balorda. Dei miei 38 anni ne ho trascorsi ben 14 in prigione.
Droga, furti e così via. Ho tanto sbagliato e meritato tante condanne. Ora però
sono alla disperazione. Sono gravemente malato. Ho tre gravi patologie, un
cancro alla vescica che è stato operato ma che continua, lentamente, a
uccidermi.
Le sofferenze fisiche e morali, il dolore e la disperazione sono grandi.
Purtroppo al Coroneo, con tutta la migliore buona volontà della direzione e
degli operatori sanitari, non è possibile somministrare a un malato grave,
quale sono io, tutte le cure necessarie.
Sono stato tradotto al centro clinico di San Vittore, l’unico in Italia
attrezzato per simili casi. Ci sono rimasto una decina di mesi, mi hanno curato
sinché mi sono ripreso un po’. Si è quindi deciso di rimandarmi a Trieste
con l’idea che soltanto nel nostro ospedale, dove sono stato operato e ben
conoscono il mio caso, avrei potuto ricevere tutte le cure necessarie.
A San Vittore venivo curato con lunghe e quotidiane flebo che qui non sono
possibili. A San Vittore mi veniva somministrato un farmaco che mi aiutava a
controllare l’incontinenza conseguente al cancro e all’operazione, qui al
Coroneo questo farmaco non è disponibile e mi forniscono quindi dei pannoloni.
Sono allo stremo, ho frequenti emorragie, mi reggo a stento in piedi.
Vivo in una cella destinata ad accogliere due detenuti. Il carcere è
sovraffollato e ci stiamo in sei, in letti a castello di tre piani. Nelle mie
condizioni, con i miei disturbi e i miei disagi, questa forzata promiscuità è
terribile. Lo è anche per i miei cinque compagni che devono sopportarmi.
Pur in questa situazione disperata sia la direzione che la polizia penitenziaria
che i compagni cercano di darmi una mano.
Il mio male però avanza e non posso avere quelle cure ospedaliere che
potrebbero rallentarlo, forse bloccarlo. I medici penitenziari hanno
ripetutamente certificato che le mie condizioni sono così gravi da essere
incompatibili con la permanenza in carcere, ma la magistratura, dopo mesi, non
ha ancora disposto il mio trasferimento in ospedale.
Chiedo soltanto di potermi curare per combattere la mia battaglia contro il
male. Ho commesso tanti reati ma nessuno così grave da meritarmi la pena di
morte.
Non mi posso permettere un collegio di difesa. Sono misero, malato, abbandonato.
Non voglio morire come un topo.