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Arresti domiciliari per potersi curare, di Aniello Carrillo Tratto dal sito del carcere di San Vittore, www.ildue.it
Possibilità di cure, nel mio caso, significa che prima devo avere un certificato medico da inviare loro per la concessione del permesso ad andare in ospedale, che attesti le necessità e poi, forse, ti concedono la possibilità di curarti. Il problema è che il medico se prima non ti visita come può attestare le
necessità di cui sopra? Quindi, in arresti domiciliari devi sperare di non avere emergenze mediche
"non molto gravi" (per quelle gravi sono "umani" e
comprendono ma, - facendo le corna - devi stare in ambulanza altrimenti se stai
andando in ospedale con mezzi tuoi t'arrestano per evasione).
Eppure costituzionalmente e per le norme dell'ordinamento penitenziario un cittadino detenuto, a prescindere che sia colpevole o innocente (perché ancora in arresti domiciliari si è in attesa di giudizio definitivo), deve avere le stesse opportunità di cure di un normale cittadino libero. Non sarebbe logico prevedere, per legge, strumenti come l' obbligo di
avvisare la polizia giudiziaria competente quando si esce per cure e, dopo le
stesse, esibire a chi di competenza la relativa documentazione? Come vedete la vera sfida non è convivere con l'Aids ma con la
"civilissima" società nella quale dovremmo anelare di tornare quali
esseri redenti.
Vi lascio riflettere e colgo l'occasione per salutare i più sfortunati di me che nelle mie condizioni sono ancora in carcere, con lo stress detentivo che inibisce, in gran parte, l' effetto dei farmaci loro prescritti, (vi assicuro che a me succedeva così ed infatti ora, nonostante tutto, sto un po' meglio). Saluti gli amici del C.P.A. di S. Vittore, gli operatori che ho lasciato lì,
e tutti coloro che mi stimano, un abbraccio ed un augurio di buona sorte.
Aniello Carrillo
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