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Indagine sui detenuti ricoverati nelle sei strutture ancora operanti in Italia: l’80% ha psicosi gravi
Hanno in media 41 anni, sono quasi tutti uomini (1.195 contro 87 donne) per lo più celibi (900 contro 125 coniugati), hanno un basso livello di istruzione e quasi la metà si è resa colpevole di un omicidio. In media rimangono internati per tre anni e oltre l’80% dei casi sono affetti da psicosi gravi, come la schizofrenia. Ma vi è anche un 20% che è ricoverato per reati minori. Sono i dati contenuti nella ricerca di "Anatomia degli ospedali psichiatrici giudiziari italiani". La ricerca, prodotta nel 2002 dall’ufficio studi e ricerche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), è stata curata e presentata ieri mattina dallo psichiatra Vittorino Andreoli. Alla presentazione del volume è stata dedicata una giornata di studio aperta a psichiatri e giuristi, incentrata anche sulla prospettiva di riforma degli Opg, che prevede il trasferimento delle competenze dalla medicina penitenziaria al servizio sanitario nazionale dopo una fase di sperimentazione in sei regioni. Al 12 marzo 2001, data di rilevamento, risultavano 1.282 i pazienti ricoverati nei sei Opg italiani (Montelupo Fiorentino, Castiglione delle Stiviere, l’unico che ospita donne, Barcellona Pozzo di Gotto, Napoli, Aversa, Reggio Emilia). Dal 1950 al 2000 le persone assistite negli Opg sono passate da 1.925 a 1.156. Gli Opg – è stato sottolineato nel corso della presentazione del volume, sono gli unici "manicomi" sopravvissuti alla riforma della legge Basaglia (legge 180) che nel 1978 ha chiuso gli ospedali psichiatrici ordinari. Essi dipendono dal ministero della Giustizia e non da quello della Salute. "Dalla mia esperienza – ha detto Andreoli – ho potuto verificare che la psichiatria non ha bisogno di manicomi e che è possibile, attraverso strutture operative e psichiatri motivati, che anche la legge 180 funziona. Certo costa di più, ma questo non può essere un limite". Andreoli ha quindi avanzato una sua proposta: pensare, ha spiegato, a piccole strutture diffuse sul territorio, a base regionale o interregionale, in rapporto con i servizi psichiatrici territoriali, intese anche come luoghi di studio del comportamento criminale. Per il Dap – ha detto Giovanni Tinebra, capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – "sarà una delle priorità occuparsi del problema degli Opg. Ho chiesto formalmente – ha proseguito – ai direttori degli Opg di costituire una sorta di tavolo permanente in cui dibattere e da cui far partire soggetti e segnali. C’è l’impegno per rendere gli Opg più vivibili, più aperti al trattamento della terapia e più improntati alla sicurezza interna ed esterna". La ricerca ha analizzato in particolare chi sono le persone ricoverate negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani, quale la diagnosi clinica, quale la tipologia della pericolosità sociale, basandosi sul rilevamento capillare "persona per persona della popolazione internata". Chi sono – L’età media è di 41,5 anni "età superiore – ha sottolineato Andreoli – all’età media della popolazione psichiatrica italiana. Il 30% ha una licenza elementare, il 46,5% ha un diploma di scuola media inferiore. La metà, prima del ricovero era disoccupato o nullafacente. Il maggior numero arriva da regioni come la Lombardia (144), Campania (176), Sicilia (191). La permanenza media negli Opg è di 36,33 mesi.
In generale, 23,2% è risultato ricoverato da meno
di 6 mesi e il 57% da meno di due anni, il 6,6% supera i 10 anni di permanenza.
"Non è vero – ha quindi sottolineato Andreoli – che gli opg sono una sorta di
stazioni cimiteriali". Disturbi psichiatrici – Per l’84% circa si tratta di disturbi schizofrenici (37,3%), disturbi psicotici (23,9%), e disturbi della personalità (14,8%). Poco più del 65% riguarda invece i disturbi dell’umore, quelli dell’ansia e quelli correlati all’alcol. Vi sono però anche 52 casi, sottolinea la ricerca, circa il 4% dell’intera popolazione, senza una diagnosi possibile. Si tratta in altre parole di casi "dubbi" o che non sono classificabili psichiatricamente.
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